Una corretta esegesi del libro biblico di Apocalisse è possibile solo riferendoci all’epoca in cui fu scritto e agli avvenimenti che coinvolsero la prima comunità dei discepoli di Yeshùa. In tal modo le figure misteriose che vi compaiono possono essere identificate per quello che sono, senza fare voli di fantasia. Ancora una volta dobbiamo richiamarci ad alcuni esempi di queste fantasiose interpretazioni per capire quanto sia alla fine sciocca e ingenua questa strada.

   Si prenda Ap 11:8: “I loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il loro Signore è stato crocifisso”. Che cosa vuol dire? Secondo il già citato libro di Adelio Pellegrini, Il Popolo di Dio e l’anticristo attraverso i secoli (Tipografia Minigraf, Scurzolengo, At),  la “grande città” non è Gerusalemme ma “Babilonia la grande” e la crocifissione di Yeshùa va intesa come riferita a coloro che sono perseguitati a causa del Vangelo. Secondo lui la “piazza” di quella città è la Francia (cfr. pagg. 305-308). La Watchtower identifica invece la città in Gerusalemme, asserendo che la “controparte moderna dell’antica Gerusalemme è la cristianità” (La Torre di Guardia del 1° luglio 1978, pag. 31, 32). Il Pellegrino trascura che “Babilonia la grande” è già di per sé un nome simbolico e che quindi sarebbe strano che oltre a questo nome già simbolico si dicesse della stessa città che “simbolicamente si chiama Sodoma ed Egitto”; inoltre, sarebbe davvero strano che la piazza di tale città sia una nazione. D’altra parte, la Watchtower dà un’interpretazione pro domo sua, a proprio favore, perché vede nei “cadaveri” giacenti “sulla piazza della grande città” nientemeno che i “ministri responsabili della Società (Watch Tower)” che “furono imprigionati dietro false accuse di sedizione” e “ai summenzionati ministri che vennero imprigionati fu addirittura negata la libertà provvisoria in attesa dell’appello. Vennero esposti al pubblico ludibrio”. – Rivelazione: Il suo grandioso culmine è vicino!,  pag. 168.

   Mettendo da parte le fantasie e le americanate, per comprendere il passo apocalittico dobbiamo riferirci all’epoca dello scritto e agli avvenimenti che riguardarono la prima chiesa di Yeshùa. Rileggiamo: “I loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il loro Signore è stato crocifisso” (Ap 11:8). I cadaveri sono quelli dei “due testimoni” menzionati poco prima al v. 3. “Quando avranno terminato la loro testimonianza, la bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. I loro cadaveri …” (vv. 7,8). La “grande città” nella cui piazza giacciono è indubbiamente Gerusalemme, che fu teatro della passione di Yeshùa. Nel linguaggio profetico i nomi dati simbolicamente alla città che uccise il Messia sono i nomi dell’empia e peccatrice Sodoma e dell’ostinato Egitto. La città santa è così diventata sede dell’empietà, del peccato e dell’impenitenza. Tutto diventa chiaro senza ricorrere alla strana idea che qui si parli della Francia medievale o della cristianità dei tempi moderni.

   Se i riferimenti apocalittici vengono inquadrati nella storia dell’epoca giovannea, sono riconosciuti per quello che sono, senza volare di fantasia. L’Apocalisse non si esaurisce tuttavia in ciò: essa è orientata all’attesa della fine dei tempi. Pur sapendo cogliere correttamente i riferimenti alle tribolazioni vissute dalla prime comunità, cui Giovanni scrive, non bisogna mai perdere di vista tale orientamento verso la fine imminente. Sin dalla prima riga, infatti, si fa riferimento alle “cose che devono avvenire tra breve” (Ap 1:1). “Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!” (Ap 1:3). Il libro si chiude con il medesimo senso di grande attesa con cui è iniziato, perché tutto è stato scritto “per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra poco” (Ap 22:6). A Giovanni viene detto: “Non sigillare le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino”. – Ap 22:10.

   Nel rafforzare le comunità dei credenti, Giovanni addita la gloria di Dio senza nascondere le cose tremende che ancora devono accedere. Queste catastrofi, che erano imminenti, l’apostolo le descrive usando le tinte forti della letteratura apocalittica. È per questo che occorre conoscere, studiandolo, il materiale che Giovanni usa e che prende dalla tradizione, riconoscendo anche il modo particolare e personale con cui lui l’utilizza.

   In conclusione, l’approccio corretto all’Apocalisse, al fine di comprenderla, non può prescindere dalla conoscenza del pensiero apocalittico presente nella tradizione giudaica; neppure vanno trascurate le tradizioni delle religioni astrali e le tradizioni mitiche, non perché Giovanni si rifaccia ad esse ma perché le usa ai fini della predicazione. Ogni altro approccio non riuscirà a spiegare in modo adeguato e corretto i messaggi apocalittici e aprirà solamente la strada  a speculazioni del tutto arbitrarie, fantasiose e insensate, completamente estranee al pensiero biblico. Come quella che vede – per fare l’ennesimo esempio di sconclusionatezza – un riferimento alla storia delle tante religioni americane nel 20° secolo:

“Conosco la tua tribolazione e la tua povertà — ma tu sei ricco — e la bestemmia di quelli che dicono di essere essi stessi giudei, e non lo sono ma sono una sinagoga di Satana”. (Rivelazione 2:9) Gesù non rivolge alcuna critica ai suoi fratelli di Smirne, ma solo calorose parole di lode. Hanno sofferto molta tribolazione per la loro fede . . . Così come i cristiani di Smirne, oggi la classe di Giovanni e i suoi compagni sono stati e continuano ad essere “pienamente messi alla prova” . . . Negli Stati Uniti d’America un’ondata di persecuzione raggiunse il culmine con l’imprigionamento, avvenuto il 22 giugno 1918, del nuovo presidente della Società (Watch Tower), Joseph F. Rutherford, e di sette suoi compagni, condannati quasi tutti a 20 anni di reclusione. Nove mesi dopo furono rilasciati dietro cauzione. Il 14 maggio 1919 la corte d’appello annullò le loro ingiuste condanne … Molti di questi sono stati imprigionati e spietatamente perseguitati. (Rivelazione 12:17). – Rivelazione: Il suo grandioso culmine è vicino!,  pagg. 38-40.

   Al di là dell’evidente assurdità dell’interpretazione, va detto che il Rutherford era un despota presuntuoso dedito all’alcol. Occorre poi evidenziare che qui la Watchtower dà davvero prova di spudoratezza nell’applicarsi Ap 12:17 – “Il dragone si adirò contro la donna, e se ne andò a far guerra contro i rimanenti del seme di lei, che osservano i comandamenti di Dio e hanno il compito di rendere testimonianza a Gesù” (TNM) -, perché insegna che i santi Comandamenti di Dio sono stati aboliti.