Occorre distinguere tra le manifestazioni che riguardano i sensi esterni e quelle che invece si riferiscono allo spirito del profeta.

Fenomeni esteriori

   Ezechiele perse la facoltà motoria per vari mesi. Prima si sentì legato al letto sul lato sinistro; poi, quando una volta riuscì a cambiare posizione, restò immobilizzato sul fianco destro per 40 giorni. “Sdràiati sul tuo lato sinistro, e metti su questo lato l’iniquità della casa d’Israele; per il numero di giorni che starai sdraiato su quel lato, tu porterai la loro iniquità. Io ti conterò gli anni della loro iniquità in un numero pari a quello di quei giorni: trecentonovanta giorni [nel testo greco della LXX: ἀριθμὸν ἡμερῶν ἐνενήκοντα καὶ ἑκατὸν ἡμέρας (arithmòn emeròn enenèkonta kài ekatòn emèras, “numero di giorni: 190 giorni”)]. Tu porterai così l’iniquità della casa d’Israele. Quando avrai compiuto quei giorni, ti sdraierai di nuovo sul tuo lato destro, e porterai l’iniquità della casa di Giuda per quaranta giorni: t’impongo un giorno per ogni anno. Tu volgerai la tua faccia e il tuo braccio nudo verso l’assedio di Gerusalemme, e profetizzerai contro di essa. Ecco, io ti metterò addosso delle corde, e tu non potrai voltarti da un lato sull’altro, finché tu non abbia compiuto i giorni del tuo assedio”. – Ez 4:4-8.

   Saul, che partecipa al gruppo dei profeti, cade al suolo e resta disteso per un giorno e una notte: “Profetizzò in presenza di Samuele e rimase steso a terra nudo tutto quel giorno e tutta quella notte”. – 1Sam 19:24.

   Isaia nell’imminenza e durante la visione è preso da brividi e straziato da dolori, il suo sistema nervoso è tutto agitato, il suo cuore in sussulto: “I miei fianchi son divenuti pieni di penosi dolori. Mi hanno preso le stesse convulsioni, come le convulsioni di una donna che partorisce. Mi sono sconcertato così che non odo; mi sono turbato così che non vedo. Il mio cuore ha vagato; un brivido stesso mi ha atterrito”. – Is 21:2,4, TNM.

   Geremia si paragona a un ubriaco abbattuto dal vino e ha l’impressione di avere le ossa cadenti, slogate: “Il cuore mi si spezza nel petto, tutte le mie ossa tremano; io sono come un ubriaco, come un uomo sopraffatto dal vino, a causa del Signore e a causa delle sue parole sante”. – Ger 23:9.

   Ezechiele, dopo il misterioso viaggio a Tel Aviv presso i deportati, rimase tra gli anziani stordito per sette giorni senza poter articolare una parola: “Entrai dunque a Tel-Abib fra gli esiliati del popolo, che dimoravano presso il fiume Chebar, e dimoravo dove essi dimoravano; e continuai a dimorarvi per sette giorni, attonito [“triste e silenzioso”, NR] in mezzo a loro” (Ez 3:15, TNM). Fu uno sdoppiamento di personalità? Di certo ebbe un periodo di afasia in cui non sapeva parlare e sentiva la lingua attaccata al palato, finché questa non si snodò: “La tua bocca si aprirà allo scampato, e parlerai e non sarai più muto”. – Ez 24:27, TNM.

   Daniele, “tutto tremante” (Dn 10:11), sente il suo respiro arrestarsi (“Mi manca persino il respiro”, v. 17), mentre le sue membra sono prese da stiramenti spasmodici (“Le mie convulsioni si rivoltavano dentro di me”, v. 16, TNM), la sua sensibilità diminuisce e la lingua è atrofizzata (“Ero divenuto senza parola”, v. 15, TNM). Per l’astenia generale cade sulla faccia, completamente insensibile, come se fosse morto: “Caddi sulla mia faccia” (Ez 1:28), “Ero anche profondamente addormentato sulla mia faccia, con la faccia a terra” (Dn 10:9, TNM). Accadde così anche a Giovanni: “Caddi ai suoi piedi come morto” (Riv 1:17). Anche Paolo cadde a terra durante una visione: “Caduto in terra, udì una voce”. – At 9:4; cfr. 26:14.

   Ezechiele riceve l’ordine di battere le mani e di pestare i piedi per terra: “Batti le mani e i piedi” (Ez 6:11); di gemere amaramente: “Tu, figlio d’uomo, gemi! con il cuore rotto, nell’amarezza, gemi” (22:11); di gridare e urlare: “Grida e urla, figlio d’uomo”. – 21:17.

   Il verbo qarà che indica “gridare” è spesso usato per i profeti: “Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele [קִרְאוּ (qru), “gridate”]” (Is 40:2, TNM); “Va, e devi gridare [קָרָאתָ (qaràta), “grida”] agli orecchi di Gerusalemme” (Ger 2:2, TNM); “Devi proclamare [קָרָאתָ (qaràta), “grida”] queste parole” (Ger 3:12, TNM); “Vi devi proclamare [קָרָאתָ (qaràta), “grida”] questa parola” (Ger 7:2, TNM); “I precedenti profeti chiamarono [קָרְאוּ (qarù), “gridarono”], dicendo: ‘Geova degli eserciti ha detto questo’” (Zc 1:4, TNM). Dio grida per mezzo dei profeti: “Non [dovreste voi ubbidire] alle parole che Geova proclamò per mezzo dei profeti precedenti”? (Zc 7:7, TNM); anche qui, dove il traduttore rende “proclamò” il testo ebraico ha קָרָא יְהוָה (qarà Yhvàh): “Yhvh gridò”.

   Per il comportamento strano dei profeti, nella Bibbia talora “profeta” è sinonimo di “pazzoide”. “Perché questo pazzo [riferito al profeta inviato da Eliseo] è venuto da te?” (2Re 9:11, TNM); cfr.: “Se tutta la congregazione si raduna in uno stesso luogo e tutti parlano in lingue, ma entrano persone comuni o increduli, non diranno che siete pazzi?” (1Cor 14:23, TNM). A Gat, Davide agisce da profeta quando perde la bava dalla bocca e si finge pazzo: “Dissimulò dunque la sua sanità di mente sotto i loro occhi e agiva follemente nella loro mano e faceva segni di croce sui battenti della porta e si faceva colare la saliva sulla barba. Infine Achis disse ai suoi servitori: ‘Ecco, vedete un uomo che si comporta da pazzo’” (1Sam 21:13,14, TNM). La malattia nervosa di Saul è indicata con la stessa parola ebraica (ytnabè) che si usa pure nel senso di “entrare nello stato profetico”: “Lo spirito cattivo di Dio divenne operante su Saul, così che si comportò da profeta dentro la casa” (1Sam 18:10, TNM). Sebbene qui la traduzione sia alquanto discutibile (non esiste, infatti, uno “spirito cattivo di Dio”), invece di “divenne operante” l’ebraico ha יִּתְנַבֵּא (ytnabè), letteralmente “entrò nello stato profetico”, come si comprende dal verbo stesso che contiene la radice nab (“profeta”). Pare che vi fossero nel Tempio delle catene per i forsennati che si davano a profetare in modo sgradito; qualcuno voleva assicurarvi anche il profeta Geremia: “Geova stesso ti ha fatto sacerdote in luogo di Ieoiada il sacerdote, per divenire il grande sorvegliante della casa di Geova verso qualunque uomo impazzito e che si comporta da profeta, e lo devi mettere nei ceppi e alla gogna; ora, quindi, perché non hai rimproverato Geremia di Anatot, che si comporta da profeta verso di voi?” (Ger 29:26,27, TNM). È lecito supporre che queste manifestazioni da pazzoidi si adattino di più al profetismo mestierante che alla vera forma profetica: “I profeti profetizzano in nome mio falsità. Io non li ho mandati, né ho comandato loro né ho parlato loro. Vi pronunciano profeticamente una visione falsa e una divinazione e una cosa senza valore e la scaltrezza del loro cuore” (Ger 14:14, TNM); “I suoi profeti hanno intonacato per loro con la calcina, vedendo in visione un’irrealtà e divinando per loro una menzogna, dicendo: “Il Sovrano Signore Geova ha detto questo”, quando Geova stesso non ha parlato”. – Ez 22:28, TNM.

   Il profeta si sente d’improvviso toccato da una subitanea forza estranea. È svegliato dal sonno: “Si coricò, e si addormentò sotto la ginestra. Allora un angelo lo toccò” (1Re 19:5); “L’angelo che parlava con me tornò e mi svegliò, come si sveglia un uomo dal sonno” (Zc 4:1). È toccato: “[Mentre] ancora parlavo nella preghiera, ebbene, l’uomo Gabriele, che avevo visto nella visione all’inizio, essendo stato reso affaticato dalla stanchezza, arrivava presso di me [ebraico “mi toccò”, Did] al tempo dell’offerta del dono della sera” (Dn 9:21, TNM). È scosso: “Una mano mi toccò, e gradualmente mi scosse” (Dn 10:10, TNM). Il profeta mangia una pergamena che gli pare più dolce del miele: “Mi disse: ‘Figlio d’uomo, nùtriti il ventre e riempiti le viscere di questo rotolo che ti do’. Io lo mangiai, e in bocca mi fu dolce come del miele” (Ez 3:3). Le labbra del profeta sono toccate dalla mano del Signore: “Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca” (Ger 1:9); sono bruciate da una pietra presa dal fuoco: “Uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, tolto con le molle dall’altare. Mi toccò con esso la bocca” (Is 6:6,7). Il profeta sente che la mano di Dio lo afferra: “La mano del Signore fu sopra Elia, il quale si cinse i fianchi” (1Re 18:46), “La mano del Signore fu sopra Eliseo” (2Re 3:15), “In quel luogo la mano del Signore fu sopra di me” (Ez 3:22). Questa mano pesa sul profeta: “La mano del Signore era forte su di me” (Ez 3:14); cfr. Is 8:11: “Così infatti mi ha parlato il Signore, quando la sua mano mi ha afferrato”.

   Dio apre gli occhi al profeta, così che possa vedere cose occulte: “Eliseo pregò e disse: ‘Signore, ti prego, aprigli gli occhi, perché veda!’. E il Signore aprì gli occhi del servo, che vide a un tratto il monte pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo” (2Re 6:17). Il profeta sente l’orrendo cigolio e il pauroso fracasso del carro divino: “C’era il suono delle ali delle creature viventi che da presso si toccavano l’una con l’altra, e da presso il suono delle ruote accanto a loro, e il suono di una grande impetuosità” (Ez 3:13, TNM), meglio tradotto da PdS: “Udii anche il rumore del battere d’ali degli esseri viventi e quello delle ruote. Era un gran fragore”. Il profeta ode anche il frullare delle ali dei cherubini che accompagnano il carro divino e che danno un fragore assordante: “Il medesimo suono delle ali dei cherubini si fece udire nel cortile esterno, come il suono di Dio Onnipotente quando parla” (Ez 10:5, TNM), più elegantemente reso da PdS: “Il rumore che i cherubini facevano con le ali arrivava fino al cortile esterno. Era simile al fragore della voce di Dio Onnipotente”. Geremia sente lo squillare della tromba bellica che annuncia la sventura: “Io ho udito il suono della tromba, il grido di guerra” (Ger 4:19). Il profeta sente anche l’urlo dell’esercito invasore e l’urlo di strazio della popolazione in fuga: “Al rumore dei cavalieri e degli arcieri tutte le città sono in fuga”, “Tutto intorno è terrore” (Ger 4:29;6:25); peccato a volte che le traduzioni impediscano al lettore di ascoltare lui stesso, traducendo il “rumore” bellico con un insulso “suono”: “A causa del suono dei cavalieri e dei tiratori d’arco” (TNM). Il profeta stesso prende parte alle vicende e grida: “Abbandonate Gerusalemme per mettervi in salvo!” (Ger 6:1, PdS). Il profeta è avvolto da silenzi paurosi: “Io guardo la terra, ed ecco è desolata e deserta; i cieli sono senza luce” (Ger 4:24). Il profeta vede il chiarore della luce di Dio che supera ogni altro chiarore: “Il suo corpo era come crisolito, la sua faccia splendeva come la folgore, i suoi occhi erano come fuoco fiammeggiante, le sue braccia e i suoi piedi erano come il rame splendente” (Dn 10:6). Pare che il profeta non abbia la sensazione di avere una visione, ma di partecipare a una realtà.

   Parlando sempre di manifestazioni esteriori, qualcuno si è domandato se i profeti si tatuassero. Sembra che almeno qualcuno avesse delle cicatrici alle mani e alla fronte, come segno di appartenenza a Dio (cfr. Is 49:14-16; Ap 14:1-9). Una cicatrice doveva essere sulla fronte, tra gli occhi. Quando l’ignoto uomo di Dio si toglie la benda che gli copriva la fronte, viene subito riconosciuto da Ieu quale profeta: “Egli si tolse in fretta la benda di sopra gli occhi, e il re d’Israele lo riconosceva, che era dei profeti” (1Re 20:41, TNM). La “benda di sopra gli occhi” doveva essere una benda sulla fronte, dato che il profeta aveva gli occhi aperti e riconobbe il re: “Il profeta andò e si fermò ad [aspettare] il re presso la strada, e si camuffava con una benda sugli occhi. E avvenne che mentre il re passava, egli gridò al re” (vv. 38,39, TNM). Un’altra cicatrice doveva essere sulla mano, come risulta da Zc 13:6: “Che sono quelle ferite che hai nelle mani?”. Nel Regno messianico tutti saranno simbolicamente tatuati, non solo il gruppo dei profeti, a indicare che tutti saranno profeti e apparteranno al Dio d’Israele: “Avevano il suo nome e il nome del Padre suo scritto sulle loro fronti” (Ap 14:1, TNM), cosa ben diversa dal marchio sulla fronte e sulla mano impressi ai disubbidienti. – Ap 13:16;20:4.

   Il segno in forma di croce indicava l’appartenenza a Yhvh: “Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e devi apporre un segno sulla fronte degli uomini che sospirano e gemono per tutte le cose detestabili che si fanno in mezzo ad essa”, “Dovete uccidere […]. Ma non vi accostate ad alcun uomo sul quale è il segno” (Ez 9:4,6, TNM). L’ebraico ha letteralmente: “Devi segnare un segno”, e la parola ebraica per “segno” è תָּו (tav), l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, che nella scrittura antica era un segno a forma di croce (x). In Gb 31:35 tav è tradotto “firma”. Nella iscrizione di Ahiram, in ebraico antico, il segno risulta X. In seguito divenne simile al tau greco (Τ). Nella futura Israele tutti dovranno avere simbolicamente un segno sulla mano: “Questo dirà: ‘Io appartengo a Geova’. E quello [si] chiamerà col nome di Giacobbe, e un altro si scriverà sulla mano: ‘Appartenente a Geova’” (Is 44:5, TNM). Il contesto del passo isaiano è messianico, infatti vi si legge: “Verserò il mio spirito sul tuo seme”. – V. 3, TNM.

Fenomeni interiori

   Le manifestazioni profetiche si sono attuate “molte volte e in molte maniere”. – Eb 1:1.

   Anzitutto abbiamo i sogni. I sogni godevano di ampia risonanza presso gli antichi. Dato che il sogno avviene quando è sospeso il libero esercizio delle facoltà umane, si riteneva che esso provenisse da una potenza superiore. V’era perfino la oniromanzia, una scienza che si dedicava all’interpretazione dei sogni. Vi sono al riguardo dei passi importanti nella Bibbia, specialmente in epoca patriarcale: “Ascoltate ora le mie parole; se vi è tra di voi qualche profeta, io, il Signore, mi faccio conoscere a lui in visione, parlo con lui in sogno. Non così con il mio servo Mosè, che è fedele in tutta la mia casa. Con lui io parlo a tu per tu, con chiarezza, e non per via di enigmi; egli vede la sembianza del Signore” (Nm 12:6-8). Cerchiamo di vedere meglio la traduzione di questo passo. Ecco la versione che ne dà TNM: “Udite le mie parole, suvvia. Se ci fosse un vostro profeta per Geova, mi farei conoscere a lui in una visione. Gli parlerei in un sogno. Non così il mio servitore Mosè! A lui è affidata tutta la mia casa. Gli parlo bocca a bocca, così mostrandogli, e non mediante enigmi; ed egli vede l’apparenza di Geova”. A parte il “suvvia” che svilisce il testo (meglio sarebbe tradurre con “ora”, Did), l’espressione “un vostro profeta” è molto corretta (non letterale è “qualche profeta” di NR). È però imprecisa TNM quando usa il condizionale: “Mi farei conoscere”; l’ebraico ha “mi faccio conoscere”. Si esprime non un’ipotesi ma una realtà. L’errore di partenza sta nel tradurre “se vi è” (VR) o “se ci fosse” (TNM). L’ebraico dice letteralmente: “Se ci sarà un vostro profeta in Yhvh”. In pratica si dice: Al vostro profeta approvato da me io mi faccio conoscere. Poi viene detto: “Mi faccio conoscere a lui in visione [בַּמַּרְאָה (bamaràh)], parlo con lui in sogno [בַּחֲלֹום (bakhalòm)]” (NR). Nella seconda parte va bene il letterale “a bocca a bocca” (non “bocca a bocca” di TNM, scorretto in italiano perché è un francesismo). Per il resto NR cerca di aggiustare e TNM crea una frase monca: “Gli parlo bocca a bocca, così mostrandogli, e non mediante enigmi; ed egli vede l’apparenza di Geova”. Che vuol dire “così mostrandogli”? Mostrandogli cosa? E che significa quella frase messa lì in mezzo senza capo né coda? Evidentemente c’è un’incomprensione del testo ebraico. L’ebraico dice: “Io parlo a lui a bocca a bocca. Egli vede l’aspetto e l’immagine di Yhvh, e non in enigma”. Stabiliti correttamente i versetti, il punto in questione è che qui non si fa differenza tra “sogno” e “visione”. I due termini sono usati nel classico parallelismo ebraico che ripete lo stesso concetto con due espressioni diverse. “Sogno” e “visione” sono entrambi mezzi con cui Dio rivela la sua parola ai profeti. Qualcuno suggerisce l’ipotesi che poiché il sogno è notturno, la visione sarebbe diurna; ma si tratta di speculazione. Va infatti notato che la parola ebraica maràh (“visione”) indica molto spesso la visione notturna. Anche nei testi di Ugarit la “visione” sta in parallelismo con “sogno”. Mosè, al contrario, vide l’aspetto di Dio. Attenzione: l’aspetto, non Dio stesso.

   In Dt 13:1 il profeta e il sognatore sono posti sullo stesso piano: “Quando sorgerà in mezzo a te un profeta o un sognatore”. Nei versetti seguenti si mostra che sia il profeta sia il sognatore può compiere segni eppure sviare. In tal caso non vanno seguiti, anzi, vanno giustiziati: “Quel profeta o quel sognatore sarà messo a morte”. – V. 5.

   Sogni e profezie sono doni che Dio riversa su tutte le persone nel Giorno del Signore: “Avverrà che io spargerò il mio Spirito su ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi faranno dei sogni, i vostri giovani avranno delle visioni” (Gle 2:28). Ciò accadde alla Pentecoste, dopo la morte di Yeshùa. – At 2:17.

   Saul si lamenta di essere abbandonato da Dio perché non gli risponde “né tramite sogni”, “né per mezzo dei profeti” (1Sam 28:6): “Dio si è ritirato da me e non mi risponde più mediante i profeti né tramite sogni” (v. 15). Allora si dà alla negromanzia. – Vv. 7-25.

   Anche Dn 7:1 parla di un sogno: “Daniele fece un sogno, mentre era a letto, ed ebbe delle visioni nella sua mente. Poi scrisse il sogno e ne fece il racconto”.

   Nelle Scritture Greche Giuseppe è avvertito regolarmente per mezzo di sogni, mentre Zaccaria e Miryàm hanno delle visioni.

   Con l’esilio degli ebrei i sogni iniziarono a essere disprezzati perché potevano facilmente essere prodotti da altri fattori che non erano divini. L’autore delle Lamentazioni vede due soli mezzi (insegnamento e profezia): “Non c’è più legge, e anche i suoi profeti non ricevono più visioni dal Signore” (Lam 2:9). Del sogno non si fa più menzione. Geremia attribuisce i sogni a falsi profeti, che continuamente ripetono: “Ho avuto un sogno! ho avuto un sogno!” (Ger 23:25). Al profeta sognatore si oppone il vero profeta che ha invece ricevuto la parola divina: “Colui che ha udito la mia parola, riferisca la mia parola fedelmente” “’Ecco’, dice il Signore, ‘io vengo contro quelli che profetizzano sogni falsi, che li raccontano e traviano il mio popolo’” (Ger 23:28,32). I sognatori sono poi equiparati agli indovini babilonesi: “I vostri profeti, che sono in mezzo a voi, e i vostri indovini non v’ingannino, e non date retta ai sogni che fate” (Ger 29:8) e sono equiparati ai maghi e agli stregono degli edomiti, degli ammoniti e dei fenici: “Non ascoltate i vostri profeti, né i vostri indovini, né i vostri sognatori, né i vostri pronosticatori, né i vostri maghi” (Ger 29:7). Anche Zaccaria afferma che i sognatori dicono cose vane: “I sogni mentono e danno un vano conforto” (Zc 10:2). Il sogno è cosa vana, è come il caso dell’affamato che sogna di mangiare e che poi si sveglia più affamato di prima: “Come un affamato sogna ed ecco che mangia, poi si sveglia e ha lo stomaco vuoto; come uno che ha sete sogna che beve, poi si sveglia ed eccolo stanco e assetato” (Is 29:8); “Come avviene d’un sogno quand’uno si sveglia”. – Sl 73:20.

   Un altro fenomeno profetico interiore è la locuzione esterna. Mosè udì la voce di Dio (Es 3:4-4:17), come la sentì pure Samuele nottetempo (1Re 19:12,13). Daniele vide una scrittura sulla parete (Dn 5:5), e – al dire di Girolamo – sebbene non si trattasse di “voce che perveniva all’orecchio del profeta, Dio parlava direttamente all’animo”. – Comm. in Is. Prol. PL 24,20.

   Altro fenomeno ancora è la visione immaginativa, ossia la formazione d’immagini interiori. Spesso le immagini profetiche si presentano come simboli allo sguardo interiore. Amos vede un’invasione di cavallette, una terribile siccità e un uomo con il piombino, una cesta di frutti estivi e la caduta del santuario (Am 7 e 8). Isaia contempla Dio sul suo trono celeste in mezzo ai serafini (Is 6:1-11). Geremia viene istruito molte volte per mezzo di visioni: ramo di mandorlo (Ger 1:11), caldaia bollente (14:18), cesta di fichi (24). Ezechiele ha la celebre visione delle ossa disseccate che riprendono carne e diventano viventi. – Ez 37:1-14.

   Il modo più elevato delle comunicazioni di Dio sta però nella visione intellettuale, senza immagini mentali. Si tratta della parola intellettuale, dell’idea nuova, della intuizione profetica. Si tratta della luce che il profeta riceve nel suo intimo più profondo da Dio e che ha risonanza tale da fargli vedere tutto sotto un aspetto nuovo. È come un balenìo che riscalda il profeta, lo rende sicuro che Dio gli ha parlato senza la necessità di segni esteriori. È un concetto che in sé racchiude una gamma d’implicazioni, di verità, di realtà che l’uomo non può avere per conto suo. È la comunicazione più sublime del divino all’umano. Avviene nel profondo dell’animo, dove ogni illusione è impossibile, dove le suggestioni non possono penetrare. Era questa la comunicazione che Dio aveva con Yeshùa.