Appendice


I LIBRI SAPIENZIALI APOCRIFI

 

 

Nel canone alessandrino, seguito pure dalla Chiesa Cattolica, si trovano due libri sapienziali: l’Ecclesiastico e la Sapienza. Questi due libri furono esclusi dal canone biblico dal concilio ebraico di Yamnia verso la fine del 1° secolo E. V.. Gli ebrei, quindi, non li accettano come ispirati. I protestanti seguono gli ebrei, non riconoscendoli canonici. Gli ortodossi lasciano libertà individuale nel ritenerli sacri o meno. Noi ci atteniamo scrupolosamente al canone degli ebrei e all’esempio dei primi discepoli di Yeshùa, per cui riteniamo che vadano esclusi dalla Sacra Scrittura.

   Premesso questo, dobbiamo anche dire che questi due libri della letteratura ebraica hanno pur sempre un valore notevole perché ci permettono una migliore comprensione delle Scritture Greche. Non ispirati non significa automaticamente spazzatura: si stia attenti a ragionare così, in maniera sbrigativa e bigotta. Neppure Giuseppe Flavio era ispirato, ma ogni serio studioso lo tiene in considerazione; a maggior ragione, quindi,  deve esserlo l’opera prodotta dalla sapienza ebraica. Noi facciamo nostra la tesi di Girolamo secondo il quale questi libri erano letti nella congregazione primitiva per edificazione, pur non ritenendoli ispirati. Al riguardo, si rammenti che il canone biblico, così come lo conosciamo oggi, fu fissato solo verso la fine del 1° secolo della nostra èra.

   Presentiamo perciò un breve studio sintetico di queste due opere.

Ecclesiastico

   Il titolo Ecclesiastico s’impose nella chiesa latina sin dai primi secoli (cfr. Cipriano in PL 4,696,729). Gli studiosi cattolici moderni preferiscono chiamarlo Siracide. Storicamente, il libro aveva in oriente diversi nomi.

   Fino a tempi recenti avevamo il testo del Siracide solo in greco, ma dal 1896 al 1900 nella gheniza (il ripostiglio dei libri sacri che si erano rovinati) del Cairo ne furono trovati vari fogli scritti in ebraico. Altri brani furono rinvenuti nell’Università di Cambridge, altri a Qumràn e altri ancora nella fortezza di Masada. Con questo ultimo reperto, anteriore al 73 E. V., si può ben documentare l’origine ebraica del libro, che ora in gran parte si conosce anche in ebraico. L’ultimo reperto di Masada ha risolto, in favore dell’origine ebraica, la dibattuta questione sorta in seguito al ritrovamento del manoscritto del Cairo: questo era ritenuto una versione medievale del greco o addirittura l’originale del libro.

   Autore. L’Ecclesiastico o Siracide è il solo tra gli apocrifi che porti il nome dell’autore:

 

“Una dottrina di sapienza e di scienza

ha condensato in questo libro

Gesù figlio di Sirach, figlio di Eleàzaro, di Gerusalemme,

che ha riversato come pioggia la sapienza dal cuore”. – 50:27, CEI.

 

   I cenni biografici vanno tratti da quanto questo Gesù di Sirach dice di se stesso nella sua opera e da quanto ce ne riferisce suo nipote nel prologo premessovi (nella LXX è in 1:1; il brano non compare nella traduzione della CEI): “Mio nonno Gesù, che si era molto applicato alla lettura della Legge, dei Profeti e degli altri scritti dei nostri padri, e aveva acquistato in questa materia una grande autorità, decise lui pure di comporre uno scritto sulla istruzione e sulla sapienza affinché quelli che hanno desiderio di imparare – facendo uso accurato di questo libro – possano più che mai progredire in una vita conforme alla Legge”.

   Il siracide (ovvero il Gesù di Sirach autore del libro omonimo) era un ebreo di Gerusalemme e precisamente uno scriba, come risulta non solo dal prologo ma anche da tutto quanto il libro stesso. Egli si era dato allo studio “della Legge, dei Profeti e degli altri scritti”. Abbiamo in questa formula il nome che gli ebrei danno alla Bibbia ebraica o Scritture Ebraiche: Tanàch, pronuncia delle prime tre lettere che indicano la suddivisione ricordata nell’Ecclesiastico:

 

ת נ ך

tanàch

תורה נביאים וכתובים

toràh nevyìm veketuvìm

insegnamento profeti e altri scritti

 

   In questa materia il siracide aveva acquistato notevole autorità. Egli conosceva a fondo le Scritture Ebraiche. La sua lode dei “padri” (44:1-50:24) viene espressa quasi con le identiche parole della Bibbia ebraica.

   Fu molto discussa la relazione tra l’Ecclesiastico (apocrifo) e l’Ecclesiaste (canonico), e gli studiosi propendono per la dipendenza dell’apocrifo da quello canonico. Di certo nel Siracide si trovano molti pensieri del canonico Ecclesiaste, in particolare i temi principali: i lamenti sui dolori della vita umana (Siracide 40:1-10) e l’esortazione a non trascurare i godimenti della vita presente (Siracide 14:1-16). Tuttavia, questi temi sono immersi in Siracide come in un mare magno d’insegnamenti morali, senza rilievo, senza punte polemiche o senza altri indizi di evidente dipendenza da Ec. Il nostro pensiero al riguardo è che il Siracide non dipenda dall’Ecclesiaste: si tratta di patrimonio comune alla sapienza ebraica.

   L’autore aveva viaggiato parecchio fuori da Israele e aveva tratto profitto da questi viaggi: “Quando ero ancora giovane, prima di viaggiare, ricercai assiduamente la sapienza nella preghiera” (Siracide 51:13; cfr. anche 34:10-33). Forse fu proprio durante uno di questi viaggi che, denunciato calunniosamente da un re, corse grave pericolo di vita. – 51:1-12.

   Un altro fatto relativo alla biografia dell’autore riguarda la sua direzione di un’accademia per l’istruzione e l’educazione morale da lui stabilita a Gerusalemme verso la fine della sua vita: “Avvicinatevi, voi che siete senza istruzione, prendete dimora nella mia scuola”. – 51:23.

   Due cose ci colpiscono in modo tutto speciale circa l’autore:

1. La profonda conoscenza che egli ha della natura umana e i consigli stupendi che, proprio per questo, è in

       grado di dare ai suoi lettori sui soggetti più svariati.2

2. La profondità del sentimento spirituale che egli aveva, le sue esortazioni ad osservare la Legge, il suo

       invito a lasciarsi guidare in ogni azione e in ogni pensiero dal timore di Dio, il suo invito a confidare in

       Dio e a chiedere la guida divina in ogni circostanza della vita. Queste esortazioni tornano di continuo nel

       suo libro. Il siracide era una persona ben radicata nella spiritualità del suo popolo.

   Egli è anche un grande ammiratore del sacerdozio ebraico e del culto offerto al Dio di Israele nel Tempio. Egli considerava la Toràh, l’Insegnamento (tradotto impropriamente “Legge”) la suprema espressione della volontà di Dio. Egli rimane fedele al pensiero e alle tradizioni della sua nazione. Egli non vuole aver nulla a che fare con l’ellenismo che ai suoi tempi cercava di insinuarsi in Palestina.

   Gesù di Sirach, il siracide, è un buon giudeo di antico stampo, ma senza fanatismo, senza grettezze. Egli non ammette che Israele sappia ormai tutto e non abbia più nulla da imparare. Anzi, all’israelita che si applica a meditare la Toràh egli consiglia: “Viaggia fra genti straniere, investigando il bene e il male in mezzo agli uomini”. – Siracide 39:4.

   Datazione. Il libro contiene due racconti cronologici, e questi sono i soli che possono guidarci nella ricerca dell’età in cui vissero il siracide e suo nipote.

   Il primo, che si trova nel prologo, dice così: “Arrivato in Egitto l’anno 38 sotto il re Evergete, io [chi sta parlando è il nipote, traduttore del libro] rimasi là parecchio tempo e vi trovai molti modi per istruirimi” (Siracide 1:1, nella versione greca dei LXX). Questo accenno cronologico purtroppo non è del tutto chiaro, perché la dinastia egizia dei Lagidi (fondata da Tolomeo I, Lago, in Alessandria) ebbe due re che portarono il nome di Emergete (=  “il benefico”). Questi due re furono:

a)       Tolomeo III (Evergete I), 247-222 a. E. V.;

b)       Tolomeo VII (Evergete II), 170-117 a. E. V..

   Tolomeo VII, detto Fyskon (=  “l’obeso”), salì al trono nel 170 a. E. V. per regnare insieme al fratello Tolomeo VI. Nel 164 il regno fu diviso tra i due fratelli: Tolomeo VI si tenne l’Egitto e Cipro; Fyskon si prese la Cirenaica e la Lidia. Ma nel 146, essendo morto Tolomeo VI, Fyskon divenne re di tutto l’impero egiziano. Ecco perché l’inizio del suo regno, che risale propriamente al 170, si fa talvolta risalire al 146.

   La medesima incertezza appare nel secondo accenno, che si trova in 50:1-21, dove si elogia il sommo sacerdote Simone, figlio di Onia, in modo così caldo che si direbbe che il poeta di Sirach deve averlo conosciuto di persona. Ma – proprio come tra i re d’Egitto vi furono due Evergete – ci furono, nella serie dei sommi sacerdoti giudei, due Simone, e tutti e due figli di un Onia:

a)       Simone, primogenito di Onia I, soprannominato “il giusto” (Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche XII, II,5)

       fu sommo sacerdote dal 310 al 291 a. E. V.;

b)       Simone II, figlio di Onia II, fu sommo sacerdote dal 219 al 199 a. E. V..

   Come risolvere il problema? La soluzione sta nel senso che si dà all’accenno del prologo: “Arrivato in Egitto l’anno 38 sotto il re Evergete” (Siracide 1:1, nella versione greca dei LXX). È evidente che qui l’autore non vuole riferirsi alla propria età: questa non avrebbe avuto alcun valore per i posteri. In tal caso, poi, avrebbe dovuto dire: ‘Arrivato in Egitto nel mio 38° anno, sotto il re Evergete’; ma già a leggerlo suona male, per il motivo detto prima; e, comunque, così non è scritto. Si può quindi concludere che la data indica proprio il 38° anno del regno di Evergete. Tale dato, così inteso, non può riferirsi al Tolomeo III che regnò solo 25 anni. Può riferirsi solo a Tolomeo VII che stette al potere per oltre 50 anni. Il “Trentottesimo anno” sarebbe dunque il 132 a. E. V.. Nel 132 il traduttore dell’Ecclesiastico, nipote del siracide Gesù, andò in Egitto e poco dopo iniziò la sua traduzione. Il nonno avrebbe quindi dovuto comporre il suo libro tra il 190 e il 180 a. E. V.. L’elogio a Simone si riferisce al figlio di Onia II.

   Canonicità. L’autore di Ecclesiaste, conscio della sua missione, si pone lui stesso – sebbene come ultimo – nella serie degli scrittori della sacra letteratura ebraica, come erede dei sette sapienti e dei profeti delle antiche età:

 

“Io sono come un canale derivante da un fiume e come un corso d’acqua sono uscita verso un giardino. Ho detto: «Innaffierò il mio giardino e irrigherò la mia aiuola». Ed ecco il mio canale è diventato un fiume, il mio fiume è diventato un mare. Farò ancora splendere la mia dottrina come l’aurora; la farò brillare molto lontano. Riverserò ancora l’insegnamento come una profezia, lo lascerò per le generazioni future. Vedete, non ho lavorato solo per me, ma per quanti cercano la dottrina”. – 24:28-32, CEI.
“Io mi sono dedicato per ultimo allo studio, come un racimolatore dietro i vendemmiatori. Con la benedizione del Signore ho raggiunto lo scopo, come un vendemmiatore ho riempito il tino. Badate che non ho faticato solo per me, ma per quanti ricercano l’istruzione”. – 33:16-18, CEI.
“Una dottrina di sapienza e di scienza ha condensato in questo libro Gesù figlio di Sirach, figlio di Eleàzaro, di Gerusalemme, che ha riversato come pioggia la sapienza dal cuore. Beato chi mediterà queste cose; le fissi bene nel cuore e diventerà saggio”. – 50:27,28, CEI.

   Anche il nipote di lui, che lo tradusse in greco, paragonava il libro di suo nonno Gesù agli scritti sacri “della Legge, dei Profeti e degli altri scritti”. – Siracide 1:1, nella versione greca dei LXX.

   È anche certo che per un buon periodo di tempo, almeno in alcuni circoli giudaici, il Siracide fu tenuto per canonico: il Talmud lo cita più volte con la formula riservata ai libri sacri.

   Al tempo di Girolamo si leggeva nei codici insieme all’Ecclesiaste e al Cantico.

   Nelle Scritture Greche, specialmente nella lettera di Giacomo, si trovano parecchie reminescenze del libro. Diamo qui soltanto alcuni accenni dei molti riferimenti:

 

“Con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare mossa e agitata dal vento; e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l’animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni”. – Gc 1:6-8.
“Non essere disobbediente al timore del Signore e non avvicinarti ad esso con doppiezza di cuore. Non essere finto davanti agli uomini e controlla le tue parole”. – Siracide 1:25,26.
“La pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla”. – Gc 1:4.
“Abbi un cuore retto e sii costante”. – Siracide 2:2.
“La tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata”. – Rm 5:3.
“Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose, perché con il fuoco si prova l’oro”. – Siracide 2:4,5.
“Il Signore . . . è paziente”. – 2Pt 3:9.
“Il Signore è paziente”. – Siracide 5:4.
“Nel pregare, non dite ripetutamente le stesse cose”. – Mt 6:7, TNM.
“Non ripetere le parole nella tua preghiera”. – Siracide 7:14.
“Non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio”. – Rm 13:1.
“[Il Signore] investirà il magistrato della sua autorità”. – Siracide 10:5.
“[Dio] ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”. – Lc 1:52.
“Il Signore ha abbattuto il trono dei potenti, al loro posto ha fatto sedere gli umili”. – Siracide  10:14.
“Dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?”. – Lc 12:19,20.
“[Il ricco che] dice: ‘Ho trovato riposo, ora mi godrò i miei beni’, non sa quanto tempo ancora trascorrerà; lascerà tutto ad altri e morirà”. – Siracide 11:19.
“Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete”. – Mt 6:25.
“Non dite: ‘Di che cosa ho bisogno e quali beni disporrò d’ora innanzi?”. – Siracide 11:23.
“O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!”. – Rm 11:33.
“La maggior parte delle sue opere sono nel mistero. Chi a Dio annuncerà le opere di giustizia?”. – Sir. 16:21,22.
“Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte”. – Eb 11:5.

“Anche noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni . . .”. – Eb 12:1.“Ecoch piacque al Signore e fu rapito, esempio istruttore per tutte le generazioni”. – Siracide 44:16.

(CEI)

 

   Ai giorni nostri non manca tra i protestanti chi deplori l’abbandono in cui è lasciato dai seguaci della Riforma un libro così istruttivo: “Di tutti i libri sgorgati dal giudaismo e non ammessi nella raccolta ufficiale della Sinagoga, questo è il più notevole; desta meraviglia vedere che l’Ecclesiastico non è annoverato fra i libri canonici. Esso merita di figurarvi quanto e più di altri scritti che vi si trovano inseriti”. – L. Gautier, Introduction, Losanna, pag. 375.

   Questa posizione ci pare eccessiva. Ma ci pare anche eccessiva la posizione di molte “chiese” che trascurano completamente questo libro in quanto apocrifo. Con il loro silenzio sembrano fomentare l’idea che purtroppo prevale presso molti credenti sempliciotti che fanno l’assurda equazione: Apocrifi = opera satanica.

   Il direttivo dei Testimoni di Geova cerca di svalutare il libro citando due presunte posizioni antibibliche: “In contrasto con le parole di Paolo in Romani 5:12-19, che attribuiscono ad Adamo la responsabilità del peccato, Ecclesiastico dice: ‘Dalla donna ebbe principio il peccato, per causa sua tutti moriamo’. (25:24, CEI) Inoltre lo scrittore preferisce ‘qualunque malizia, ma non la malizia della donna’. — 25:19, Ti.” (Perspicacia nello studio delle Scritture Vol. 1, pag. 157). Si tratta di affermazioni fatte alla leggera. In Rm 5:12, quando è detto che “per mezzo di un solo uomo il peccato entrò nel mondo” (TNM), il lettore non deve pensare a “uomo” in senso maschile. Il testo usa la parola greca ἄνθρωπος (ànthropos) che indica un “essere umano, sia maschio che femmina” (Vocabolario del Nuovo Testamento). In greco l’“uomo” (maschio) è detto ἀνήρ (anèr). L’antropologia (da ànthropos) non è lo studio del maschio umano, ma dell’essere umano. Lo studio del maschio umano è l’andrologia (da anèr). Se volessimo tradurre correttamente, dovremmo dire: “Per mezzo di un solo essere umano il peccato entrò nel mondo”. Che la responsabilità primaria fosse di Eva, lo indica lo stesso apostolo Paolo: “Adamo non fu ingannato, ma la donna fu completamente ingannata e si trovò in trasgressione” (1Tm 2:14, TNM; cfr 2Cor 11:3). In quanto a Siracide 25:19 sulla malizia di una donna, la frase va vista nel suo contesto, che è questo: “Preferirei abitare con un leone e con un drago piuttosto che abitare con una donna malvagia. La malvagità di una donna ne àltera l’aspetto, ne rende il volto tetro come quello di un orso” (25:15,16, CEI), “Come una salita sabbiosa per i piedi di un vecchio, tale la donna linguacciuta per un uomo pacifico” (25:19, CEI). Il pensiero è del tutto conforme a quello biblico di Pr 25:24: “Meglio abitare sul canto di un tetto, che in una gran casa con una moglie rissosa”, e a quello di Pr 27:15: “Un gocciolare continuo in giorno di gran pioggia e una donna rissosa sono cose che si somigliano”.

   Il Siracide – sia chiaro – non è ispirato e non appartiene al canone. Rimane tuttavia un libro utilissimo per la spiritualità individuale.  

   Contenuto. Tra gli scritti sapienziali ebraici il Siracide o Ecclesiastico è il libro più lungo e più ricco di insegnamenti. Il susseguirsi di temi senza ordine apparente impedisce di scoprirvi un piano regolare e logico. Usualmente lo si divide in due parti:

  1. Raccolta di diversi proverbi (1:1-42:14);
  2. Elogio di Dio e degli antenati ebrei (42:15-50:28).

   Più particolarmente si potrebbe dire che un elogio della sapienza oppure un altro inno lirico segna ogni volta l’inizio di una nuova sezione. Vi si trovano dieci sezioni più due brevi appendici.

1)       Sezione 1:1-4:10: Origine divina e carattere spirituale della sapienza; doveri verso Dio, verso i genitori e il

        prossimo; modestia e mansuetudine; compassione per gli infelici.

2)       Sezione 4:11-6:17: Pedagogia della sapienza; sincerità e franchezza senza presunzione; la vera amicizia.

3)       Sezione 6:18-14:19: Non essere ambiziosi; contegno verso le varie persone e le ricchezze.

4)       Sezione 14:20-16:23: La sapienza è per noi come un padre e la madre; l’empio non rimane impunito.

5)       Sezione 16:24-23:27: Inno a Dio creatore; generosità e prudenza.

6)       Sezione 24:1-33:18: Origine della sapienza; contegno con le donne; i prestiti, la ricchezza; la tavola.

7)       Sezione 33:19-36:17: Consigli pratici verso i beni e i servi; valutazione dei sogni; vera fede.

8)       Sezione 36:18-39:11: Attenti alle donne; la temperanza fuga le malattie; affidarsi ad un medico.

9)       Sezione 39:12-43:33: Celebrazione del Dio creatore; miseria della vita umana (cfr. Ecclesiaste).

10)   Sezione 44-50: Celebrazione dei patriarchi.

a)    Prima appendice (51:1-12): Inno di ringraziamento.

b)    Seconda appendice (51:13-30): Carme alfabetico sulla fatica che condusse l’autore alla sapienza.