In Es 3:17 Dio promette a Mosè: “Io vi farò uscire dall’Egitto, dove siete maltrattati, verso il paese dei Cananei, degli Ittiti, degli Amorei, dei Ferezei, degli Ivvei e dei Gebusei, in un paese nel quale scorre il latte e il miele”. C’è qui una duplice promessa: la liberazione dalla schiavitù egiziana e il dono della terra in cui “scorre il latte e il miele”. Nella storia d’Israele, dopo la prima tappa della salvezza, viene così introdotta una nuova tappa in cui non predomina più l’atto salvifico di Dio così come nella liberazione e nella conduzione d’Israele attraverso il deserto. Nella nuova tappa, che inizia con l’insediamento del popolo ebraico nella Terra Promessa, la storia sacra è caratterizzata molto più dalla benedizione che non dalle azioni salvifiche di Dio. In Dt la benedizione diventa il motivo teologico dominante.

   Raggiunta la sicurezza con il possesso della terra, Israele può guardare a una vita serena nell’ubbidienza a Dio che la benedice. D’altra parte, è proprio questa serena sicurezza che espone in popolo al pericolo di dimenticarsi di Dio e non rispondere più al suo Salvatore. Tale pericolo ha il nome di apostasia. Ecco allora gli annunci di giudizio. Ora che Israele si sente sicura sotto i suoi re e nelle sue città ben protette, c’è un pericolo nuovo, che non viene dall’esterno ma dal suo interno: l’apostasia nei confronti di Dio.

   Quello che era stato inizialmente annuncio di salvezza diventa ora annuncio di giudizio. Come Dio aveva voluto allontanare da Israele il pericolo mortale, liberandola dalla schiavitù, ora vuole allontanare lo stesso pericolo, e per questo le annuncia il giudizio tramite i profeti. Alla fine, si tratta di un nuovo atto salvifico, con modalità – potremmo dire – di prevenzione.

   C’è in questa nuova fase una novità. In Egitto, Israele era stata liberata da Dio con un intervento salvifico, ma dopo l’apostasia come avrebbe potuto Dio salvare Israele? Solo con il perdono.

 

“Consolate, consolate il mio popolo,

dice il vostro Dio

. . .

il debito della sua iniquità è pagato

. . .

La voce di uno grida:

«Preparate nel deserto la via del Signore,

appianate nei luoghi aridi

una strada per il nostro Dio!

Ogni valle sia colmata,

ogni monte e ogni colle siano abbassati;

i luoghi scoscesi siano livellati,

i luoghi accidentati diventino pianeggianti.

Allora la gloria del Signore sarà rivelata,

e tutti, allo stesso tempo, la vedranno;

perché la bocca del Signore l’ha detto».

Una voce dice: «Grida!»

E si risponde: «Che griderò?»

«Grida che ogni carne è come l’erba

e che tutta la sua grazia è come il fiore del campo

. . .

certo, il popolo è come l’erba.

L’erba si secca, il fiore appassisce,

ma la parola del nostro Dio dura per sempre».

Tu che porti la buona notizia a Sion,

sali sopra un alto monte!

Tu che porti la buona notizia a Gerusalemme,

alza forte la voce!

Alzala, non temere!

Di’ alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!»

Ecco il Signore, Dio, viene con potenza,

con il suo braccio egli domina.

Ecco, il suo salario è con lui,

la sua ricompensa lo precede.

Come un pastore, egli pascerà il suo gregge:

raccoglierà gli agnelli in braccio,

li porterà sul petto,

condurrà le pecore che allattano”. – Is 40:1-11, passim.

   Dopo il grande atto di salvezza operato da Dio in Egitto, dopo la sua benedizione nella Terra Promessa, Israele ha accumulato molte colpe fino a subire la catastrofe che l’ha condotta in esilio e le ha fatto perdere la terra. Questa colpa accumulata, sebbene scontata con l’esilio, può essere eliminata solo con un atto salvifico di perdono.

   Indubbiamente ci sono tanti aspetti che caratterizzano la storia di Dio con il suo popolo, ma il filo conduttore è uno solo: la salvezza operata da Dio.

Il ruolo del mediatore

   Dio, nella storia con il suo popolo, utilizza un mediatore umano. Costui non è un personaggio fuori dal tempo ma agisce dentro la storia. Con i patriarchi (Abraamo, Isacco, Giacobbe) Dio agì quasi direttamente, impiegando i suoi angeli. Quando inizia la storia d’Israele, per la prima volta Dio impiega un uomo. È Mosè che fa da mediatore in tutto, riportando le parole di Dio e fungendo da guida nel deserto; egli però non fa mai da capo in guerra. Dopo la presa di possesso della Terra Promessa, in cui Mosè non poté entrare, Dio userà come mediatori i Giudici, dei capi guerrieri in guerre di liberazione e mai di oppressione. Poi ci saranno i re. Poi ci saranno i profeti, ma costoro sono mediatori annuncianti i messaggi di Dio; per il culto i mediatori sono i sacerdoti. Il culmine si ha con Yeshùa, “infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo”. – 1Tm 2:5.