Un problema di autenticità è stato sollevato dal passo di Is 2:2-4. Si tratta di una breve profezia messianica. Vi si narra che negli ultimi tempi il Tempio di Dio sarà vivibile da lontano, quasi fosse eretto su un’alta montagna. Tutte le nazioni si convertiranno al culto del vero Dio. Yhvh detterà a tutti la sua Legge.

   Questa prospettiva si rinviene anche in brani propriamente isaiani, su cui non ci sono dubbi di autenticità: “In quel giorno, verso la radice d’Isai, issata come vessillo dei popoli, si volgeranno premurose le nazioni, e la sua residenza sarà gloriosa” (Is 11:10); “In quel tempo, offerte saranno portate al Signore degli eserciti dalla nazione dall’alta statura e dalla pelle lucida, dal popolo temuto fin nelle regioni lontane, dalla nazione potente che calpesta tutto, il cui paese è solcato da fiumi: saranno portate al luogo dov’è il nome del Signore degli eserciti, sul monte Sion” (Is 18:7). Perché allora si avanzano dubbi sull’autenticità isaiana di 2:2-4?

   Il fatto è che questo brano si trova quasi alla lettera in Mic 4:1-5. Vediamo.

Mic 4:1-5 (TNM)

Is 2:2-4 (TNM)

E deve avvenire nella parte finale dei giorni [che] il monte della casa di Geova sarà fermamente stabilito al di sopra della cima dei monti, e sarà certamente innalzato al di sopra dei colli; e a esso dovranno affluire i popoli. E molte nazioni certamente andranno e diranno: “Venite, e saliamo al monte di Geova e alla casa dell’Iddio di Giacobbe; ed egli ci istruirà intorno alle sue vie, e noi certamente cammineremo nei suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà [la] legge, e la parola di Geova da Gerusalemme. Ed egli certamente renderà giudizio fra molti popoli, e metterà le cose a posto rispetto a potenti nazioni lontane. E dovranno fare delle loro spade vomeri e delle loro lance cesoie per potare. Non alzeranno la spada, nazione contro nazione, né impareranno più la guerra. E realmente sederanno, ciascuno sotto la sua vite e sotto il suo fico, e non ci sarà nessuno che [li] faccia tremare; poiché la medesima bocca di Geova degli eserciti ha parlato. Poiché tutti i popoli, da parte loro, cammineranno ciascuno nel nome del suo dio; ma noi, da parte nostra, cammineremo nel nome di Geova nostro Dio a tempo indefinito, sì, per sempre”. E deve avvenire nella parte finale dei giorni [che] il monte della casa di Geova sarà fermamente stabilito al di sopra della cima dei monti, e sarà certamente innalzato al di sopra dei colli; e a esso dovranno affluire tutte le nazioni. E molti popoli certamente andranno e diranno: “Venite, e saliamo al monte di Geova, alla casa dell’Iddio di Giacobbe; ed egli ci istruirà intorno alle sue vie, e noi certamente cammineremo nei suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà [la] legge, e la parola di Geova da Gerusalemme. Ed egli certamente renderà giudizio fra le nazioni e metterà le cose a posto rispetto a molti popoli. E dovranno fare delle loro spade vomeri e delle loro lance cesoie per potare. Nazione non alzerà la spada contro nazione, né impareranno più la guerra”.

   Dobbiamo innanzitutto osservare che il brano comune si adegua meglio al contesto di Michea che non a quello di Isaia. Vediamo, comunque, le varie ipotesi avanzate dagli studiosi.

   Secondo alcuni si tratterebbe di un plagio. Ma plagio di chi? Che Michea abbia copiato Isaia è impossibile, poiché il contesto rende il passo più genuino presso di lui. Che poi Isaia abbia copiato Michea è un’ipotesi che non sta in piedi per le difficoltà cronologiche.

   Di fronte a queste evidenze che escludono il plagio, altri studiosi (come Condamin, in Le livre d’Isaïe, pag. 21) pensano che entrambi dipendano da una fonte comune ovvero da una profezia anteriore, forse più estesa, che Michea avrebbe riprodotto in modo più preciso e Isaia in modo meno letterale. Per far scomparire l’incoerenza presso Isaia (giacché il brano è lì fuori contesto), viene proposto, di trasporre Is 2:2-5 dopo 2:19, in modo che risulterebbe più armonioso, così:

Vv.

Is 2:1,6-19,2-5 (TNM)

1,6-19

La cosa che Isaia figlio di Amoz vide in visione riguardo a Giuda e a Gerusalemme. Poiché tu hai abbandonato il tuo popolo, la casa di Giacobbe. Poiché son divenuti pieni di ciò che è dall’Oriente, e sono praticanti di magia come i filistei, e abbondano di figli di stranieri. E il loro paese si riempie d’argento e d’oro, e non c’è limite ai loro tesori. E il loro paese si riempie di cavalli, e non c’è limite ai loro carri. E il loro paese si riempie di dèi senza valore. Si inchinano davanti all’opera delle proprie mani, davanti a ciò che le proprie dita hanno fatto. E l’uomo terreno si inchina, e l’uomo si abbassa, e non li puoi proprio perdonare. Entra nella roccia e nasconditi nella polvere a causa del terrore di Geova, e davanti alla sua splendida superiorità. Gli occhi superbi dell’uomo terreno si devono abbassare, e l’alterigia degli uomini si deve inchinare; e Geova solo dev’essere innalzato in quel giorno. Poiché è il giorno che appartiene a Geova degli eserciti. Esso è su ogni superbo e altero e su ogni innalzato o abbassato; e su tutti i cedri del Libano che sono alti ed elevati e su tutti i massicci alberi di Basan; e su tutti gli alti monti e su tutti i colli che sono elevati; e su ogni alta torre e su ogni muro fortificato; e su tutte le navi di Tarsis e su tutte le barche desiderabili. E la superbia dell’uomo terreno si deve inchinare, e l’alterigia degli uomini si deve abbassare; e Geova solo dev’essere innalzato in quel giorno. E gli stessi dèi senza valore passeranno completamente. E la gente entrerà nelle caverne delle rocce e nelle buche della polvere a causa del terrore di Geova e davanti alla sua splendida superiorità, quando egli sorgerà per scrollare la terra.

2-5

E deve avvenire nella parte finale dei giorni [che] il monte della casa di Geova sarà fermamente stabilito al di sopra della cima dei monti, e sarà certamente innalzato al di sopra dei colli; e a esso dovranno affluire tutte le nazioni. E molti popoli certamente andranno e diranno: “Venite, e saliamo al monte di Geova, alla casa dell’Iddio di Giacobbe; ed egli ci istruirà intorno alle sue vie, e noi certamente cammineremo nei suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà [la] legge, e la parola di Geova da Gerusalemme. Ed egli certamente renderà giudizio fra le nazioni e metterà le cose a posto rispetto a molti popoli. E dovranno fare delle loro spade vomeri e delle loro lance cesoie per potare. Nazione non alzerà la spada contro nazione, né impareranno più la guerra. O uomini della casa di Giacobbe, venite e camminiamo nella luce di Geova.

   Certo il discorso fila di più, ma il brano appare pur sempre fuori contesto.

   Un’altra ipotesi sostiene invece che la profezia appartenga a Michea e che un redattore posteriore la abbia poi trasferita in Isaia. È possibile. Questo spiegherebbe come mai presso Isaia il brano stride nel contesto.

   Un altro dubbio sorge per Is 13:1-14:23, in cui v’è un oracolo contro la Babilonia. In questo brano si profetizza la distruzione della Babilonia per opera dei medi, il che suppone una situazione esistente al 6° secolo e non all’8° in cui Isaia visse. Babilonia è espressamente nominata: “Babilonia, lo splendore dei regni, la superba bellezza dei Caldei” (Is 13:19, “’Io sorgerò contro di loro’, dice il Signore degli eserciti; ‘sterminerò di Babilonia il nome, i superstiti, la razza e la discendenza’, dice il Signore (Is 14:22). Non solo, ma appare come la padrona del mondo: “Babilonia, lo splendore dei regni” (Is 13:19); “Tu che calpestavi le nazioni”, “Che faceva tremare la terra, che agitava i regni, che riduceva il mondo in un deserto, ne distruggeva le città” (Is 14:12,16,17). E la sua caduta è prossima: “I loro bimbi saranno schiacciati davanti ai loro occhi, le loro case saranno saccheggiate, le loro mogli saranno violentate”, “sarà come Sodoma e Gomorra quando Dio le distrusse”, “Essa non sarà mai più abitata, di epoca in epoca nessuno vi si stabilirà più” (Is 13:16,19,20). Come se non bastasse, viene indicato anche l’esecutore del castigo: “Ecco, io spingo contro di loro i Medi” (Is 13:17). Il popolo di Israele si trova in esilio, ma Dio decide di salvarlo e di ricondurlo alla sua terra. La distruzione della Babilonia costituirà appunto l’inizio di tale lieto evento: “Il Signore infatti avrà pietà di Giacobbe, sceglierà ancora Israele, e li ristabilirà sul loro suolo”, “Il giorno che il Signore ti avrà dato riposo dal tuo affanno, dalle tue agitazioni e dalla dura schiavitù alla quale eri stato assoggettato, tu pronunzierai questo canto sul re di Babilonia e dirai: ‘Come! Il tiranno è finito? È finito il tormento?’”. – Is 14:1,3,4.

   Se si pensa che al tempo di Isaia la Babilonia non era nulla (mentre Ninive e l’impero assiro dominavano indisturbati), se si pensa che Israele non era affatto in esilio, allora si capisce come possa sorgere il dubbio se Isaia abbia davvero scritto tale brano d’immensa bellezza poetica.

   A rigor di logica si potrebbe pensare che Isaia abbia potuto profetizzare fatti posteriori di due secoli. Questo è ciò che pensano, ad esempio, i Testimoni di Geova: “Di quale potenza si servirà Geova per provocare la caduta di Babilonia? Con circa 200 anni di anticipo Geova rivela la risposta: ‘Ecco, desto contro di loro i medi’” (Le profezie di Isaia: luce per tutta l’umanità Vol. 1, cap. 14, pag. 176, § 10). Ma non è quello che accade in questo brano biblico: la dominazione babilonese, infatti, non è profetizzata, ma è data per scontata. Così, anche l’esilio non è preannunciato, ma è ammesso come già esistente: quel che è profetizzato è il ritorno degli esuli. Se quindi ci si vuole davvero attenere alla logica, è più logico pensare che la situazione storica che viene data per scontata nel brano sia il punto di partenza della profezia. Perciò la profezia (perché profezia rimane) pare scritta nel 6° secolo, durante la dominazione babilonese e durante l’esilio degli ebrei.

   Comunque, vi sono anche altre difficoltà che rendono enigmatico questo brano. Quando la Babilonia fu distrutta non vi dominava un re glorioso e possente, come afferma il nostro passo biblico: “Colui che furiosamente percoteva i popoli con colpi senza tregua, colui che dominava rabbiosamente sulle nazioni” (Is 14:6). Dominava invece Nabonide, che per ragioni di strategia viveva confinato nell’oasi di Tema. Per di più, questo re non fu per niente ucciso come suppone Is 14:19 ovvero senza sepoltura: “Tu sei stato gettato lontano dalla tua tomba come un rampollo abominevole coperto di uccisi trafitti con la spada, calati sotto i sassi della fossa, come un cadavere calpestato”. Egli fu invece costituito da Ciro come governatore del posto. Inoltre, non i medi ma i persiani conquistarono la Babilonia. Infine, Babilonia non fu distrutta da Ciro, ma conquistata durante una solennità.

   Che si può dire in merito? Vediamo le soluzioni proposte dagli studiosi.

   Il brano sarebbe, secondo alcuni, una profezia isaiana, scritta contro Babilonia, che riguarderebbe la sua distruzione nel 690/689 a. E. V. ad opera di Sennacherib. In tal caso, la distruzione di una città che era la seconda del regno, poteva entrare nella visuale profetica dell’8° secolo. Questi difensori dell’autenticità presentano anche il richiamo a Babilonia in Is 39:5-7; e presentano la conoscenza del brano isaiano da parte di Ger 50 e 51: segno quindi che il vaticinio era anteriore a Geremia. L’ipotesi è certo suggestiva, ma non soddisfa del tutto. Infatti, non si accorda con la liberazione d’Israele dall’esilio. E non si accorda con l’intervento dei medi in questa distruzione, che invece fu attuata dagli assiri: i medi distrussero l’Assiria e non collaborarono con essa!

   Altra ipotesi offerta da altri studiosi. L’oracolo isaiano si riferirebbe originariamente a Ninive e a un re assiro, e non a uno babilonese. Solo in seguito il brano sarebbe stato riadattato e applicato alla distruzione di Babilonia. Il tutto sarebbe quindi una satira contro il re assiro. Il Dorme propone, come re, Sargon (Les pays bibliques RB 1910, pag. 389), che perì di morte violenta nel 705 a. E. V. e non fu sepolto, come vuole Is 14:19. Secondo Winckler, invece, il tiranno sarebbe stato Sennacherib (Altorientalische Forschugen, pag. 414). Secondo il Rost (Altorientalischen Studien Bruno Meissner zum sechzigsten Geburstag gewidmet, Leipzig, pagg. 175-179) il sovrano sarebbe l’ultimo re di Ninive, Assur-Uballit.

   Secondo questa ipotesi l’applicazione dell’oracolo a Babilonia sarebbe stata opera di riadattamento posteriore della profezia isaiana, con piccole aggiunte riguardanti il ritorno dall’esilio, fatta da un profeta esilico. Con questa ipotesi si salverebbe da una parte l’autenticità isaiana e dall’altra le incongruenze del brano. Per accettare questa ipotesi, però, occorrerebbe ammettere delle manipolazioni. Si possono ammettere?

   Secondo altri autori il brano sarebbe invece da attribuirsi al Deutero-Isaia, cui si accosta perché presuppone la stessa situazione storica. La menzione dei medi senza un riferimento esplicito ai persiani (44:28;45:1) farebbe supporre che il vaticinio sia stato composto prima del 550 a. E. V., quando ebbe effettivamente inizio la supremazia persiana. Si potrebbe così concludere che il brano fu composto qualche decina d’anni prima del Deutero-Isaia, contemporaneamente a un analogo oracolo fatto da Geremia (50 e 51). Naturalmente il tutto fu condito da espressioni quasi apocalittiche, per cui alla distruzione di una città si fanno intervenire mutamenti cosmici (sole e luna). Tali frasi entrano nello stile letterario di simili catastrofi e possono far luce sul brano simile di Mt 24 (distruzione di Gerusalemme).

   Naturalmente, la differenza tra il modo in cui Babilonia fu occupata e la descrizione di Isaia fa capire che il brano è una vera profezia e non una descrizione post eventum. Se il brano fosse stato scritto dopo gli eventi, si sarebbe cercato di adeguarlo meglio alla realtà dei fatti. Si tratta quindi di una vera profezia. Il modo della conquista fa parte del genere letterario, il contenuto essenziale e ispirato riguarda la sconfitta di Babilonia.