Dice un’edizione dello Zingarelli: “Proverbio – detto breve, arguto, ritenuto come buono per lunga esperienza, il quale va per la bocca di tutti e serve talora di massima, norma, consiglio”.

Il titolo

   Il titolo del libro biblico di Proverbi è nella Bibbia ebraica מִשְׁלֵי שְׁלֹמֹה (mishlè shlomò): “Massime di Salomone”. La traduzione greca dei LXX lo traduce con Παροιμίαι Σαλωμῶντος  (Paroimìai Salomòntos). La traduzione latina della Vulgata lo chiama Liber proverbiorum, da cui il nostro Proverbi.

   Il mashàl (משל) ebraico è qualcosa di più ampio. La parola mashàl (di cui מִשְׁלֵי, mishlè, è il plurale) è di origine incerta, ma può tradursi con “similitudine” e designa una verità espressa in modo immaginoso perché si imprima nella mente. Il mashàl si può ridurre ad una delle seguenti categorie:

a)       Il proverbio propriamente detto: “Perché dite nel paese d’Israele questo proverbio [משל (mashàl)]: ‘I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati?’” (Ez 18:2; cfr. Ger 31:29). “Di qui venne il proverbio [משל (mashàl)]: ‘Saul è anche lui tra i profeti?’”. – 1Sam 10:12.

b)       L’apologo, con cui si fanno parlare animali e cose inanimate col proposito di dare precetti morali.

 “Un giorno, gli alberi si misero in cammino per ungere un re che regnasse su di loro; e dissero all’ulivo: ‘Regna tu su di noi’. Ma l’ulivo rispose loro: ‘E io dovrei rinunziare al mio olio che Dio e gli uomini onorano in me, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?’. Allora gli alberi dissero al fico: ‘Vieni tu a regnare su di noi’. Ma il fico rispose loro: ‘E io dovrei rinunziare alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?’. Poi gli alberi dissero alla vite: ‘Vieni tu a regnare su di noi’. Ma la vite rispose loro: ‘E io dovrei rinunziare al mio vino che rallegra Dio e gli uomini, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?’. Allora tutti gli alberi dissero al pruno: ‘Vieni tu a regnare su di noi’. Il pruno rispose agli alberi: ‘Se è proprio in buona fede che volete ungermi re per regnare su di voi, venite a rifugiarvi sotto la mia ombra; se no, esca un fuoco dal pruno, e divori i cedri del Libano!’”. – Gdc 9:8-15.

           L’allusione è al modo in cui si appiccava il fuoco alle foreste. Il senso è: Stiano bene attenti i sichemiti (v. 7) al

           passo che fanno, perché o si fidano di Abimelec per sempre oppure ne saranno schiacciati (ciò che di fatto

           avvenne).

c)       Parabola. Con un racconto che ha qualche somiglianza con quanto si vuol dire si vuol insegnare una verità morale.

   Natan, parlando a Davide colpevole di adulterio, gli fece capire che lui, ricco e potente poligamo, aveva proprio rubato l’unica pecora, vale a dire l’unica moglie di un vicino povero. – 2Sam 12:1-6.

   La donna di Tecoa, volendo patrocinare in favore del figlio Absalom bandito dal padre Davide, riferì la parabola di un figlio che dopo aver ucciso il fratello era ricercato dai parenti perché fosse lui pure ucciso, lasciando così la madre del tutto vedova. – 2Sam 14:5-7.

d)       Satira. Mordente, deride il vizio e mira a correggere i costumi. Un esempio di satira è quello che descrive l’adultero re di Babel che scende nello sheòl o soggiorno dei morti:

“Come! Il tiranno è finito? È finito il tormento? Il Signore ha spezzato il bastone degli empi, lo scettro dei despoti. Colui che furiosamente percoteva i popoli con colpi senza tregua, colui che dominava rabbiosamente sulle nazioni, è inseguito senza misericordia. Tutta la terra è in riposo, è tranquilla, la gente manda grida di gioia. Perfino i cipressi e i cedri del Libano si rallegrano a motivo di te. ‘Da quando tu sei atterrato’, essi dicono, ‘il boscaiolo non sale più contro di noi’”. – Is 14:4-8.

   Il mashàl è quindi un termine elastico che nessuna parola delle nostre lingue moderne può riprodurre esattamente. Il senso preciso è determinato di volta in volta alla luce del contesto in cui si trova. Però, giacché vi soggiace sempre lo scopo di istruire e di correggere, il mashàl finì con l’acquistare il senso largo e comprensivo della sententia dei latini o della massima italiana. La collezione dei mishlè biblici si potrebbe quindi definire un’antologia di massime ebraiche.

 

Il testo di Proverbi

   Il testo presenta notevoli diversità tra l’ebraico masoretico e la versione greca dei LXX. Si veda, ad esempio, il senso totalmente diverso di Pr 13:12:

 

Ebraico

תֹּוחֶלֶת מְמֻשָּׁכָה מַחֲלָה־לֵב וְעֵץ חַיִּים תַּאֲוָה בָאָה׃

“La speranza differita fa languire il cuore

ma il desiderio adempiuto è albero di vita”.

LXX

κρείσσων ἐναρχόμενος βοηθῶν καρδίᾳ τοῦ ἐπαγγελλομένου καὶ εἰς ἐλπίδα ἄγοντος: δένδρον γὰρ ζωῆς ἐπιθυμία ἀγαθή

“Colui che inizia a dare cordialmente aiuto vale più di colui che promette e induce altri a sperare, perché un buon desiderio è albero di vita”.

 

Per la curiosità che forse già si è creata nel lettore, proponiamo le versioni di alcune traduzioni:

 

NR

“La speranza insoddisfatta fa languire il cuore,

ma il desiderio realizzato è un albero di vita”

Diodati

“La speranza prolungata fa languire il cuore;

ma il desiderio adempiuto è un albero di vita”

ND

“L’attesa differita fa languire il cuore,

ma il desiderio adempiuto è un albero di vita”

CEI

“Un’attesa troppo prolungata fa male al cuore,

un desiderio soddisfatto è albero di vita”

TNM

“L’aspettazione differita fa ammalare il cuore,

ma la cosa desiderata è un albero di vita quando realmente viene”

 

   Come si vede, ci si attiene al testo ebraico (si noti solo come la traduzione di G. Diodati – pur essendo del 17° secolo – è più moderna di TNM che tende sempre a usare un italiano che nessuno parla). Ma torniamo a confrontare il testo ebraico con la versione greca.

   Nella LXX confrontata con il testo masoretico si notano in tutto il libro di Pr delle omissioni (1:16;8:29, solo per citarne alcune), delle aggiunte (1:7, solo per citarne una) e degli spostamenti (questi forse dovuti ad affinità di argomento). Un esempio di spostamento è in 13:13 + 4:27 + 6:8 in cui vi è questa successione: 1. terza sezione, 2. prima parte della sesta sezione, 3. quarta sezione, 4. seconda parte della sesta sezione, 5. settima sezione, 6. ottava sezione.

   Alcune di queste varianti si possono spiegare con una certa libertà del traduttore, ma altre devono necessariamente esigere l’esistenza di un testo diverso da quello masoretico e che fu alla base della versione greca.

Contenuto del libro

   Oltre al prologo (1:1-7) vi si distinguono otto sezioni che così si possono presentare:

Sezione

Soggetto

Forma

Autore

1

1:8-

9:18

Invito a cercare la sapienza, di cui l’autore fa l’elogio indicandone i benefici

Strofe

di circa dieci versi ciascuna

anonimo

L’autore parla come un padre al figlio o come a un discepolo immaginario e lo mette in guardia contro vari pericoli. Pur non seguendo uno stretto ordine logico, non vi si trova (come altrove) una semplice successione di pensieri staccati gli uni dagli altri. È una via di mezzo tra i semplici proverbi e le trattazioni a tema unico (come in Gb). Bella la personificazione della sapienza al cap. 8 e in 9:1-6, che, accanto a Dio, ne effettua il volere e ispira i nobili pensieri ai re ai prìncipi. È un preludio alla dottrina del lògos giovanneo, specialmente in 3:19 e 8:22,23.

2

10:1-

22:16

Regole di condotta pratica

Distici

a parallelismo antitetico (capitoli 10-15)

e a parallelismo sinonimo

(capitoli 16-22)

Salomone

È la parte più antica di Pr. Un esempio di parallelismo antitetico (che, con il contrasto, mette in risalto il pensiero del primo stico) è in 13:9: “La luce dei giusti è gaia, ma la lampada degli empi si spegne”.

3

22:17-

24:22

Doveri verso il prossimo;

regole di temperanza

Tetrastici

a parallelismo sinonimo

i saggi

Vi si trovano dei quadretti gustosi come, ad esempio, quello sull’ubriachezza. – 23:29-35.

4

24:

23-34

Massime diverse;

pigrizia

Distici e tetrastici

i saggi

5

capitoli

25-29

Massime diverse

Distici, paragoni

e antitesi

Salomone

(raccolta fatta dagli scribi di Ezechia)

Vi si trattano argomenti svariatissimi nelle varie forme del parallelismo. Un esempio di parallelismo progressivo è in 26:3: “La frusta per il cavallo, la briglia per l’asino, e il bastone per il dorso degli stolti”.

6

30:

1-33

Saggezza divina e

piccolezza dell’uomo

Tetrastici

a parallelismo sinonimo

Agur

figlio di Yake di Massa

Dodici sentenze a carattere enigmatico, di cui una metà è detta numerale perché si presenta con la formula: “Vi sono tre cose … anzi quattro”.

7

31:

1-9

Consigli ai re

Tetrastici

a parallelismo sinonimo

La madre di Lemuel re di Massa

8

31:

10-31

Elogio della donna forte

Poema alfabetico

a parallelismo sintetico

anonimo

 

 

   L’autore della sesta sezione (30:1-33) è nominato in 30:1: “Parole di Agur, figlio di Iaché”. L’autore della settima sezione (31:1-9) è nominato il 31:1: “Parole del re Lemuel”. Questo Agur e questo Lemuel pare fossero dei saggi di Massa (Gn 25:14). Ma c’è un’altra possibilità. Si notino queste due diverse traduzioni:

 

NR

Pr 30:1

“Parole di Agur, figlio di Iaché. Massime pronunziate da quest’uomo”

Pr 31:1

“Parole del re Lemuel. Massime che sua madre gli insegnò”

CEI

Pr 30:1

“Detti di Agùr figlio di Iakè, da Massa

Pr 31:1

“Parole di Lemuèl, re di Massa, che sua madre gli insegnò”

 

La diversità è dovuta a una differente interpretazione dell’ebraico che – sia in 30:1 che in 31:1 – ha:

 

מַּשָּׂא

Masà

 

   Masà (מַּשָּׂא) è lo stesso vocabolo che si trova in Gn 25:14 dove indica senza alcun dubbio la località di “Massa”. Ragione per cui alcuni traduttori rendono “Agur di Massa” e “Lemuel di Massa”.

   Masà (מַּשָּׂא) è però anche lo stesso termine che si trova in Is 13:1: “Oracolo [מַּשָּׂא (masà)] contro Babilonia”, che anche CEI traduce come “oracolo”.

   Masà potrebbe quindi indicare anche uno speciale genere di composizione: “massime” per NR, “oracolo” per CEI; quanto a TNM una volta indica “il messaggio ponderoso” (sic!), in Pr, un’altra “la dichiarazione solenne”, in Is, sebbene l’ebraico abbia masà in tutti e due i casi.

   Per quanto riguarda la settima sezione, si noti bene 31:1: “Parole del re Lemuel. Massime che sua madre gli insegnò”. L’autrice delle massime è la madre.

   In quanto alla formula “ci sono tre cose . . . anzi quattro”, che compare nella sesta sezione (ad esempio in 30:18,21,29) si tratta di una massima numerale che raggruppa vari soggetti che presentano delle affinità. La massima numerale non è fissa sul quattro. A volte vi è il due: “Dio ha parlato una volta, due volte ho udito questo” (Sl 62:11). A volte il sette: “Sei cose odia il Signore, anzi sette gli sono in abominio” (Pr 6:16). Gli apocrifi hanno anche il dieci: “Nove situazioni io ritengo felici nel mio cuore, la decima la dirò . . .”. – Siracide 25:7, CEI.