Redazione del libro

   Quando questo libro ricevette la sua presentazione definitiva, che è poi quella attuale? Due opinioni si oppongono tra loro, che qui vogliamo presentare spassionatamente, lasciando la decisione finale al lettore. Suggeriremo poi una possibile soluzione intermedia.

   Opinione tradizionale. L’origine del libro di Daniele viene fissata nel 6° secolo a. E. V. e lo scritto sarebbe opera del profeta omonimo vissuto nel 6° secolo prima di Yeshùa. Quest’opinione è detta tradizionale perché era quella comune in passato. È tuttora ammessa dagli ortodossi, da pochi cattolici e da alcuni protestanti (Young, R. Wilson, Archer, Harrison). Le principali ragioni sono le seguenti:

1)       La tradizione giudaica del 1° secolo della nostra èra riconosceva Daniele come autore di alcune profezie poi messe per iscritto nel libro omonimo, come ce ne fa fede Giuseppe Flavio che, parlando di Alessandro Magno che stava per entrare in Gerusalemme, così scrive: “Quando gli fu mostrato nel libro di Daniele il passo dove si annunciava che un greco avrebbe distrutto l’impero persiano, Alessandro capì d’essere lui stesso la persona profetizzata” (Antichità Giudaiche, 11,8,5). Secondo Giuseppe Flavio fu proprio il profeta Daniele, ispirato da Dio, a comporre il libro:

“Daniele conversò con Dio, perché non solo annunciò eventi futuri, ma ne determinò perfino il tempo del compimento. Mentre gli altri profeti erano soliti annunciare delle disgrazie e quindi riuscirono sgraditi tanto ai re quanto al popolo, Daniele fu per loro un profeta di buon augurio, e in modo tale da procurare la felicità di tutti per la gradita natura delle sue predizioni. Il loro compimento ne confermò la verità e quindi si creò tra il popolo la convinzione che lo stesso Daniele fosse una specie di dio”. – Antichità Giudaiche, 10,11,7.

2)       Il libro stesso, nella sua seconda parte, fa parlare Daniele in prima persona, facendoci capire che lui stesso ne fu il redattore. – Cfr. Dn 9:2;10:2 e altri passi simili.

3)       Il pensiero di Yeshùa. Questo è il punto forte dell’opinione tradizionale. In Mt 24:15, nel predire la futura distruzione di Gerusalemme, Yeshùa dice: “Quando dunque vedrete l’abominazione della desolazione, della quale ha parlato [τὸ ῥηθὲν (tò rethèn), “la cosa detta”] il profeta Daniele, posta in luogo santo (chi legge faccia attenzione!)”; segue poi la sua esortazione a fuggire sui monti. Il riferimento è a Dn 9:27: “Sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore. Il devastatore commetterà le cose più abominevoli”. L’inciso “chi legge faccia attenzione!” non si riferisce al libro di Dn ma al testo di Mt: è dunque un’aggiunta dell’evangelista per mettere sull’avviso il lettore del suo Vangelo perché vi facesse attenzione (ὁ ἀναγινώσκων νοείτω, o anaghinòskon voèito, “il leggente comprenda!”) e al momento opportuno lo mettesse in pratica nascondendosi sui monti della Giudea. Da Yeshùa appare dunque che Daniele profetizzò ma non che scrisse il libro.

4)       Il pensiero dei primi scrittori ecclesiastici. In generale essi ammettono l’autenticità del libro di Daniele, senza porsi delle difficoltà: così, ad esempio, Origène, Giovanni Crisostomo, Teodoreto, Tertulliano, Girolamo. Combatteva su questo punto il neoplatonico Porfirio, che posdatava la nascita del libro, facendolo scendere dal 6° al 2° secolo a. E. V. perché lo considerava scritto dopo l’avverarsi degli eventi in esso profetizzati. Tra gli studiosi che riconoscono l’autenticità di Dn, molti ammettono l’esistenza di riletture posteriori e di aggiunte più tardive. Per costoro il libro nel suo complesso risalirebbe al 3° secolo a. E. V.  con glosse ancora più recenti. – Cfr. Gottsberger, Rinaldi, Junker, Kruse.

   Nel prossimo studio prenderemo in considerazione l’opinione opposta.