La salvezza e la condanna d’Israele

   Tra le predilezioni di Matteo vi è il motivo della salvezza e della condanna di Israele. Dato che era stata Israele ad essere chiamata alla salvezza, i discepoli di Yeshùa dovranno rivolgersi alle “pecore perdute” di Israele: “Non andate tra i pagani e non entrate in nessuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto verso le pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 10:5,6), proprio come Yeshùa non era “stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 15:24). I giudei – per aver respinto la grazia divina – saranno sottoposti a un severo giudizio e non potranno entrare nel Regno di Dio. Anzi, assisteranno alla distruzione della loro stessa capitale, Gerusalemme: “Il regno di Dio vi sarà tolto” (21:43). Questo è ciò che avvenne quando “il re si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città” (22:7) ovvero ‘Gerusalemme che uccide i profeti e lapida quelli che le sono mandati’; “Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata [deserta]” (23:37,38). Il sangue di Yeshùa ricadrà sul popolo che l’ha respinto e sopra i suoi figli (27:25). È per questo motivo che i gentili, gli stranieri, subentreranno a Israele e formeranno con l’ekklesìa (la chiesa o congregazione) la nuova Israele, il nuovo popolo di Dio (Mt 16:19). Si comprende allora la finale mattaica: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli”. – 28:19.

   Agli ebrei subentrano dunque i gentili, fatto già preannunciato da Yeshùa quando si recò nel territorio di Zabulon (nella Palestina dei gentili), realizzando la profezia isaiana dei popoli che vedono così una grande luce:

 

Mt 4:13-17

Is 8:23-9:1

“Lasciata Nazaret, [Yeshùa] venne ad abitare in Capernaum, città sul mare, ai confini di Zabulon e di Neftali, affinché si adempisse quello che era stato detto dal profeta Isaia: ‘Il paese di Zabulon e il paese di Neftali, sulla via del mare, di là dal Giordano, la Galilea dei pagani, il popolo che stava nelle tenebre, ha visto una gran luce; su quelli che erano nella contrada e nell’ombra della morte una luce si è levata’. Da quel tempo Gesù cominciò a predicare e a dire: ‘Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino’”. “Ma le tenebre non dureranno sempre sulla terra che è ora nell’angoscia. Come nei tempi passati Dio coprì di obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così nei tempi a venire coprirà di gloria la terra vicina al mare, di là dal Giordano, la Galilea dei Gentili. Il popolo che camminava nelle tenebre, vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la luce risplende”.

   Qui si nota anche la situazione del tempo in cui il Vangelo fu scritto, quando cioè la grande massa giudaica si era già decisa contro il messaggio di Yeshùa e la Sinagoga si opponeva fieramente alla Chiesa, creando una situazione molto tesa.

    Agli apostoli è dato di conoscere i misteri del Regno di Dio

   Tra le predilezioni di Matteo vi è anche l’interesse per gli apostoli ai quali è dato di conoscere i misteri del Regno di Dio.

   L’ottusità degli apostoli (candidamente riferita da Marco) viene da Matteo passata sotto silenzio o mitigata. Questo si nota da un confronto tra quello che Matteo riferisce con quello che invece riferisce Marco:

 

Mr 4:10,11,13

Mt 13:10,11

“Lo interrogarono sulle parabole. Egli disse loro: ‘A voi è dato di conoscere il mistero del regno di Dio; ma a quelli che sono di fuori, tutto viene esposto in parabole’.

Non capite questa parabola? Come comprenderete tutte le altre parabole?’”.

“Allora i discepoli si avvicinarono e gli dissero: ‘Perché parli loro in parabole?’. Egli rispose loro: ‘Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato’”.

Mr 9:31,32

Mt 16:21

“’Il Figlio dell’uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini ed essi l’uccideranno; ma tre giorni dopo essere stato ucciso, risusciterà’. Ma essi non capivano le sue parole e temevano d’interrogarlo’”. “Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso, e risuscitare il terzo giorno”.

Mr 10:32-34

Mt 20:17-19

“Mentre erano in cammino salendo a Gerusalemme, Gesù andava davanti a loro; essi erano turbati; quelli che seguivano erano pieni di timore. Egli prese di nuovo da parte i dodici, e cominciò a dir loro le cose che stavano per accadergli: ‘Noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi. Essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, i quali lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e l’uccideranno; ma, dopo tre giorni, egli risusciterà’”. “Gesù, mentre saliva verso Gerusalemme, prese da parte i dodici; e strada facendo, disse loro: ‘Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi; essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito, flagellato e crocifisso; e il terzo giorno risusciterà’”.

Mr 6:51,52

Mt 14:33

“Salì sulla barca con loro e il vento si calmò; ed essi più che mai rimasero sgomenti, perché non avevano capito il fatto dei pani, anzi il loro cuore era indurito”. “Allora quelli che erano nella barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: ‘Veramente tu sei Figlio di Dio!’”.

Mr 8:17,18

Mt 16:8,9

“Perché state a discutere del non aver pane? Non riflettete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? “Gente di poca fede, perché discutete tra di voi del fatto di non aver pane? Non capite ancora?

 

   Matteo però racconta le debolezze degli apostoli quando esse sono intimamente connesse con un insegnamento di Yeshùa, come nel caso dei figli di Zebedeo. Tuttavia, anche qui Matteo attribuisce la cosa non direttamente agli apostoli, ma alla loro madre:

 

Mt 20:20,21

Mr 10:35-37

“Allora la madre dei figli di Zebedeo si avvicinò a Gesù con i suoi figli, prostrandosi per fargli una richiesta. Ed egli le domandò: ‘Che vuoi?’ Ella gli disse: ‘Di’ che questi miei due figli siedano l’uno alla tua destra e l’altro alla tua sinistra, nel tuo regno’”. “Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si avvicinarono a lui, dicendogli: ‘Maestro, desideriamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo’. Egli disse loro: ‘Che volete che io faccia per voi?’. Essi gli dissero: ‘Concedici di sedere uno alla tua destra e l’altro alla tua sinistra nella tua gloria’”.

 

   Passando sotto silenzio l’ottusità degli apostoli o mitigandola, Matteo vuole dimostrare come essi non siano allo stesso livello del popolo a cui è preclusa la conoscenza dei misteri del Regno di Dio: “Beati gli occhi vostri, perché vedono; e i vostri orecchi, perché odono!” (13:16), “’Avete capito tutte queste cose?’ Essi risposero: ‘Sì’”. – 13:51.

   L’interesse per Pietro

   Matteo s’interessa anche della persona di Pietro, di cui narra racconti inediti: Pietro viene da lui detto il “primo” (10:2), egli cammina sulle acque (14:29), riceve l’elogio di Yeshùa (16:17,18), per lui solo Yeshùa paga l’obolo al Tempio. – 17:27.

   Non bisogna però fare l’errore di dedurre da queste espressioni che Pietro fosse ritenuto il “capo” degli altri apostoli. Questa idea (da cui deriverà il presunto “primato di Pietro” e la giustificazione del Papa come capo della Chiesa) è una idea che si è sviluppata nel corso dei secoli nella cristianità apostata.

   Siccome Matteo rivolge il suo Vangelo ai giudei della Sinagoga che erano stati affidati a Pietro (furono dati “a Pietro i poteri necessari per l’apostolato presso quelli che sono circoncisi” – Gal 2:8, TNM), ne deriva che costoro dovevano avere maggiore interesse per l’apostolo del giudaismo che non per gli altri.

   Da tutte queste considerazioni appare chiaramente che gli agiografi (gli scrittori sacri) non sono stati dei puri ripetitori meccanici della parola di Dio, ma dei teologi che l’interpretarono sì secondo la loro visione, ma sempre guidati dalla forza spirituale di Dio, “infatti nessuna profezia* venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo”. – 2Pt 1:21.

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* La parola “profezia” (greco προφητεία, profetèia) nella Bibbia non ha il significato popolare che le viene attribuito (predire il futuro). Il vocabolo greco è composto da προ (pro) che significa “davanti” e da un derivato del verbo φαίνω (fàino) che significa “dire” o “dichiarare”. Significa dunque, letteralmente, “dichiarare davanti”. Si usa per indicare l’annuncio di un messaggio proveniente da fonte divina. Non necessariamente ciò comporta l’annuncio del futuro. Può comportarlo, certo, ma la parola in sé non ha questo senso esclusivo. – Cfr. Gdc 6:7-10.