Il racconto si trova in Mr 1:21-28 e in Lc 4:31-37. Leggiamolo in Mr:

“Vennero a Capernaum; e subito, il sabato, Gesù, entrato nella sinagoga, insegnava. Essi si stupivano del suo insegnamento, perché egli insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. In quel momento si trovava nella loro sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale prese a gridare: ‘Che c’è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per mandarci in perdizione? Io so chi sei: Il Santo di Dio!’. Gesù lo sgridò, dicendo: ‘Sta’ zitto ed esci da costui!’. E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. E tutti si stupirono e si domandavano tra di loro: ‘Che cos’è mai questo? È un nuovo insegnamento dato con autorità! Egli comanda perfino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono!’. La sua fama si divulgò subito dappertutto, nella circostante regione della Galilea”.

   Doveva trattarsi di un “pazzo” tranquillo, che pensava di essere indemoniato. Oggi si direbbe “lo scemo del villaggio”. La pazzia a quei tempi non aveva un nome, per cui si parlava di possessioni demoniache. Di fronte all’insegnamento di Yeshùa che faceva stupire la gente, anche l’indemoniato pare avere un momento di lucidità e capisce che Yeshùa è “il Santo di Dio” (v. 24). L’espressione “di Dio” era un mezzo biblico per indicare il superlativo: santissimo, collegato a Dio e separato dal male. Parlando della vigna Israele, il salmista dice che “i monti si coprirono della sua ombra, e i cedri di Dio dei suoi rami” (Sl 80:10, TNM). Anche qui “di Dio” indica il superlativo: cedri altissimi; PdS traduce, infatti: “grandi cedri”. Così, anche in Os 13:15 – “Il vento orientale verrà, il vento del Signore, che sale dal deserto” – “il vento del Signore” significa un vento fortissimo: “Il Signore manderà un vento fortissimo dal deserto orientale” (PdS). La guarigione comporta una crisi finale che Marco descrive molto bene al v. 26: “E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”.

   L’espressione del v. 24 (“Che c’è fra noi e te”) indica usualmente una rottura, un’opposizione, un disaccordo. In Gv 2:4 Yeshùa indica proprio così il suo disaccordo con la madre: “Che c’è fra me e te, o donna?”.