Tre sono le resurrezioni presentate nei Vangeli: il figlio della vedova di Nain, la figlia di Iairo e Lazzaro.

 

Lazzaro (Gv 11).

   Questa resurrezione si trova solo in Gv. Sebbene l’episodio sia denso di significati simbolici, questi non escludono la realtà storica del fatto.

   La situazione a Gerusalemme si era fatta incandescente: i nemici di Yeshùa lo cercavano per ucciderlo: “I Giudei più che mai cercavano d’ucciderlo” (Gv 5:18), “Gesù se ne andava per la Galilea, non volendo fare altrettanto in Giudea perché i Giudei cercavano di ucciderlo (Gv 7:1). La sua “ora” non era però ancora giunta: “Il mio tempo non è ancora venuto”, per questo si reca a Gerusalemme per la Pasqua di nascosto: “Vi salì anche lui; non palesemente, ma come di nascosto. I Giudei dunque lo cercavano durante la festa” (Gv 7:6,10,11). Anzi, avevano già tentato di mettergli le mani addosso: “Alcuni di loro lo volevano arrestare, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie dunque tornarono dai capi dei sacerdoti e dai farisei, i quali dissero loro: ‘Perché non l’avete portato?’” (Gv 7:44,45). A quel punto Yeshùa si ritira in Transgiordania, come all’inizio del suo ministero. È lì che gli arriva la notizia della malattia di Lazzaro: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato”. – Gv 11:3.

   Yeshùa rimane in quel luogo per altri due giorni, per poi decidersi ad andare a Betania (dove abitava Lazzaro che era ammalato). Gli apostoli tremano a quel pensiero: il borgo di Betania distava solo 3 km da Gerusalemme, dove lo cercavano per ucciderlo. Così, si preparano a morire con lui: “Andiamo anche noi, per morire con lui!”. – 11:16.

   I critici che vogliono negare il miracolo si basano sul v. 11: “Il nostro amico Lazzaro si è addormentato; ma vado a svegliarlo” e sul v. 13: “Essi [i discepoli] pensarono che avesse parlato del dormire del sonno”. Questi critici farebbero bene però a leggere anche il v. 14: “Gesù disse loro apertamente: ‘Lazzaro è morto’”.

   Dopo che Yeshùa è arrivato sul posto, avviene un incontro drammatico con Marta che lo rimprovera: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (v. 21). Yeshùa le assicura che suo fratello Lazzaro resusciterà, e le dice: “Io sono la risurrezione (e la vita)” (v. 25; queste ultime parole – “e la vita” – mancano in alcuni codici). La morte cede il passo di fronte a chi crede in Yeshùa: chi crede ha una vita indistruttibile e inaccessibile alla corruzione (“Chi crede in me, anche se muore, vivrà”, v. 25).

   Fatta chiamare anche Maria, l’altra sorella di Lazzaro, Yeshùa “fremette nello spirito, si turbò” (v. 33) e “pianse” (v. 35). I giudei presenti non poterono trattenersi dall’osservare che Yeshùa avrebbe potuto guarire l’amico, proprio come aveva dato la vista al cieco nato: “Non poteva, lui che ha aperto gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?”. – V. 37.

   Nel luogo che la tradizione presenta come il sepolcro di Lazzaro a Betania, si scende per una ripida gradinata di 24 gradini che conducono al vestibolo quadrato (di circa 3 m x 3) da cui altri tre gradini portano alla camera più piccola della sepoltura, allora chiusa da una pietra. Yeshùa ordina di rimuovere la pietra, resistendo a Marta che voleva evitare un triste spettacolo: “Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno” (v. 39). Contro i critici increduli, va notato qui che non si trattava di un morto apparente.

   Va ricordata anche la preghiera di Yeshùa fatta non per sé ma per gli altri: “Padre, ti ringrazio perché mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre; ma ho detto questo a motivo della folla che mi circonda, affinché credano che tu mi hai mandato” (vv. 41,42). Come Dio resuscita le persone, così anche Yeshùa (che ne ha ricevuto da Dio il potere) fa vivere chi vuole:

“Il Figlio non può da sé stesso far cosa alcuna, se non la vede fare dal Padre; perché le cose che il Padre fa, anche il Figlio le fa ugualmente. Perché il Padre ama il Figlio, e gli mostra tutto quello che egli fa; e gli mostrerà opere maggiori di queste, affinché ne restiate meravigliati. Infatti, come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole“. – Gv 5:19-21.

   Poi Yeshùa dice: “Lazzaro, vieni fuori!” (v. 43). Il morto era avvolto da bende e con il volto coperto dal sudario (v. 44). Lazzaro balzò in piedi e Yeshùa ordinò di slegargli le bende. – V. 44.

   Conseguenza: i capi dei sacerdoti, con Caifa in testa, ora vogliono uccidere non solo Yeshùa ma anche Lazzaro. – Vv. 47-50.

   Il simbolismo:

  1. Preannuncia la morte e la resurrezione di Yeshùa. Il sinedrio decide la morte di Yeshùa, tanto che egli deve ritirarsi al margine del deserto: “Gesù quindi non andava più apertamente tra i Giudei, ma si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim; e là si trattenne con i suoi discepoli” (. 54). La resurrezione di Lazzaro corona il ministero pubblico di Yeshùa e prelude alla definitiva vittoria di Yeshùa sulla stessa morte.
  2. È anche simbolo della resurrezione del credente. Tale resurrezione si attua nella fede espressa con il battesimo. È infatti con il battesimo che il credente muore e resuscita in Yeshùa: “Siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti”, “Siete stati risuscitati con Cristo” (Col 2:12;3:1). “Colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. – Rm 8:11.