Anche per ciò che riguarda i Vangeli si tratta di un genere letterario particolare, che non intende fare della pura storia, ma suscitare la fede nella “lieta notizia” (= vangelo) di Yeshùa, il consacrato di Dio per salvare l’umanità. I racconti ubbidiscono quindi alla fede (Gv 20:30 e sgg.). In essi non si ha tanto riguardo per la geografia, per la successione degli eventi, per gli aspetti letterali dei fatti, come risulta dalle varianti con cui uno stesso episodio è presentato presso i singoli sinottici. Si veda ad esempio l’arte con cui Luca nei primi due capitoli del suo Vangelo mette in risalto il parallelismo tra i due concepimenti e le due nascite del battezzatore e di Yeshùa (capitoli 1 e 2). Si veda come Luca narri prima la morte del battezzatore e poi il battesimo di Yeshùa, per far risaltare come con il battezzatore si chiude un ciclo e con Yeshùa si dischiude l’alba radiosa della nuova umanità (cap. 3).
L’arte e l’ambiente dell’epoca influirono forse in modo tale che l’elemento mitico rende impossibile la valutazione storica del fatto? Vi rispose affermativamente il Bultmann, per il quale quasi ogni dato evangelico (ad eccezione della crocifissione di Yeshùa) è un mito creato solo per suscitare la nostra decisione esistenziale per Dio. Il Vangelo, così spogliato di ogni elemento mitico, presenterebbe – secondo lui – una realtà storica sospesa in aria, con la consistenza e il valore di una ragnatela senza fili di attacco. Per cui, gli stessi bultmanniani si sentono oggi in obbligo di passare al di là del mito per ritrovare la voce stessa ed il fatto stesso compiuto da Yeshùa (ipsissima vox, ipsissima facta Jesu). Oggi poi va assumendo consistenza sempre maggiore la scuola della redazione, che cerca di spiegare come da un nucleo originario siano sorte le varianti dei singoli Vangeli dovuti al desiderio e allo sforzo di presentare i singoli punti dottrinari che ogni scrittore intendeva presentare con il suo scritto, rispondente ai bisogni del suo tempo. Di più, si va oggi mettendo in valore, specialmente ad opera della scuola scandinava, l’importanza e la tenacità della tradizione orale presso i semiti, più che la creazione fantastica di dati ad opera della comunità. Perciò i Vangeli cominciano ad essere maggiormente apprezzati come fonte di grande valore.