Per capire bene la profezia di Isaia è necessario conoscere l’ambiente storico in cui essa si svolse. Nell’8° secolo a. E. V. l’Assiria rientrò nella storia di quel tempo sotto la possente guida di re conquistatori come Salmanasar V (727-722 a. E. V.), Sargon (722-705 a. E. V.), Sennacherib (705-681 a. E. V.), che ad uno ad uno debellarono i loro avversari. All’inizio si creò una forte coalizione antiassira in cui entrarono a far parte la Siria (con capitale a Damasco) e il Regno di Israele (sotto Peca), che si riversò contro il Regno di Giuda che sotto Acaz non aveva voluto aderire alla loro alleanza (733-732 a. E. V.).

   In quei momenti di smarrimento Isaia raccomanda al re di avere fede, affermando che se non avessero creduto non sarebbero sussistiti. Isaia lavorò invano affinché Acaz non si appellasse all’Assiria, annunciandogli che il vero pericolo non veniva dagli invasori siro-efraimiti ma proprio dall’Assiria. Il re si rivolse invece al re assiro proclamandogli: “Io sono tuo servo e tuo figlio; sali qua e liberami dalle mani del re di Siria e dalle mani del re d’Israele, che hanno marciato contro di me” (2Re 16:7). Questo fatto provocò la reazione dell’Assiria che culminò con la devastazione di Damasco e nel 721 a. E. V. con la presa di Samaria e il crollo definitivo del Regno di Israele. Il sollievo per Acaz, re di Giuda, fu solo temporaneo. Alla fine, “Acaz aveva spogliato la casa del Signore, il palazzo del re e dei capi, e aveva dato tutto al re d’Assiria; ma a nulla gli era giovato“ (2Cron 28:21), anzi per colpa sua Giuda finì sotto il pesante giogo dell’Assiria. Isaia aveva avuto ragione.

   Ma ecco che sorge in Egitto l’intrepida dinastia etiopica (25a dinastia) con la sua politica vigorosamente antiassira che fa fremere di speranza i popoli che anelavano alla libertà dal gioco assiro. E Isaia apostrofa così l’Egitto: “Oh, paese dalle ali strepitanti oltre i fiumi dell’Etiopia, che invia messaggeri per mare in navicelle di papiro, voganti a pelo d’acqua! Andate, veloci messaggeri, verso la nazione dall’alta statura e dalla pelle lucida, verso il popolo temuto fin nelle regioni lontane, nazione potente che calpesta tutto, il cui paese è solcato da fiumi!” (Is 18:1,2). Si parla qui dei guerrieri che solcavano il Nilo con le loro barche di papiro e dei negri dalla folta capigliatura che tanto impressionava. Acaz, trascinato dall’entusiasmo e dalla diplomazia dei suoi consiglieri, si ribellò all’Assiria – contro l’avviso di Isaia che gli raccomandava fedeltà ai patti con gli assiri. Fu allora che Sennacherib, re d’Assiria, invase fulmineamente la Palestina e dopo averne debellate le singole città, strinse Gerusalemme d’assedio (701 a. E. V.): “Così aveva detto il Signore, Dio, il Santo d’Israele: ‘Nel tornare a me e nello stare sereni sarà la vostra salvezza; nella calma e nella fiducia sarà la vostra forza; ma voi non avete voluto! Avete detto: No, noi galopperemo sui nostri cavalli! E per questo galopperete! E: Cavalcheremo su veloci destrieri! E per questo quelli che v’inseguiranno saranno veloci! Mille di voi fuggiranno alla minaccia di uno solo; alla minaccia di cinque vi darete alla fuga, finché rimaniate come un palo in vetta a un monte, come uno stendardo sopra un colle”. – Is 30:15-17.

   In quel tragico momento dell’assedio assiro Isaia suggerì fede in Dio, l’unico che poteva salvarli. E ancora una volta ebbe ragione. Sennacherib, che si era rivolto beffardo contro il Dio di Giuda, dovette battere presto in ritirata per una moria dovuta alla peste che invase le sue truppe.