Della mangiatoia di Betlemme parla nell’antichità Origène, il quale afferma che “in Betlemme si rinviene la grotta [pseluncam] dove è nato Gesù e nella grotta la greppia dove egli giacque avvolto in fasce” (Contra Celsum PG 11,765).     Girolamo nota la gioia da lui provata verso il 404 quando, entrando nella “grotta del Salvatore” vide la mirabile mangiatoia in cui sarebbe stato posto Yeshùa: “Subito a passi veloci tornai alla mia Betlemme dove adorai la greppia [presepe] e la culla [incunabula] del Salvatore” (Apol. ad libros Rufini 3,22 PL 23,473). “Come possiamo con un sermone e con voce parlare della greppia del Salvatore in cui il bimbo vagì? La possiamo onorare con il silenzio più che con un sermone”. – Girolamo, Ep. 108,10 PL 22,386; Ep. 46,10 PL 22,490.

   Questa mangiatoia, presunta di Yeshùa, venne poi modificata e impreziosita con altro materiale, come dice lo stesso Girolamo: “Oh, se mi fosse dato di vedere la mangiatoia dove giaceva il mio Signore! Ora noi, quasi per fare onore a Cristo, abbiamo tolto quella di argilla e di paglia e ne abbiamo posta una d’argento, ma per me è più preziosa quella che è stata tolta perché nel fango e non nell’argento volle nascere il Cristo, colui che si è fatto simile ai poveri”. – Anecdota Maredsolana III, 2 Maredson, Oxford 1897, pag. 393.

   Alcuni studiosi, senza documentazione, suppongono che alla greppia scavata in pietra fosse sovrapposta una culla mobile che all’epoca della conquista araba, Sofronio di Gerusalemme avrebbe inviato in Occidente al papa Teodosio (642-649). Di essa fa parola solo nel 12° secolo Giovanni Diacono che dice che in Santa Maria Maggiore “si trova la culla del Signore nella quale giacque il Bambino”. – In Liber de Sanctis Sanctorum, n. 713 e PL 78,1390.

   Rubata la preziosa urna dai repubblicani rivoluzionari, Valadier ne eseguì una nuova a spese della duchessa spagnola Emanuela di Villahermosa. Nel nuovo reliquiario le assicelle vennero collocate il 25 dicembre 1802, dove tuttora sono conservate. La singolare reliquia è costituita da 5 assicelle annerite dagli anni e disposte in posizione orizzontale, delle quali una più lunga misura circa 80 cm e le altre circa 70. La prima, estranea alle altre, appartiene probabilmente ad un quadro della natività effigiata su legno. Le altre assicelle, secondo un esame del 1893, risultano di legno di sicomòro o acero e presentano delle tacche che si spiegano per l’uso delle assicelle in disposizione a X, onde ricavarne con l’aggiunta di un altro legno orizzontale un rudimentale cavalletto capace di sostenere una delle culle di terracotta usate dalle mamme palestinesi. Si tratta di legni di grande antichità, ma è ben difficile sostenere (soprattutto dopo le dichiarazioni di Girolamo) che siano gli autentici legni della culla di Yeshùa.