Il metro

   Ogni poesia segue un certo ritmo. I latini lo ottenevano con la successione armonica di sillabe lunghe o brevi, racchiuse entro determinate pause o misure. Gli italiani lo procurano con un intreccio di sillabe e numero fisso accompagnato da determinate cadenze (accenti posti in posizioni fisse).

   Gli ebrei avevano un certo ritmo? Varie soluzioni sono state proposte, ma la risposta è tuttora discussa.

   Alcuni studiosi equiparavano il ritmo ebraico a quello greco-latino. Giuseppe Flavio parlò di esametri per l’inno sul passaggio del Mar Rosso (Antichità Giudaiche 2,16,4) e di trimetri e pentametri per i Salmi davidici (Ibidem 7,12,3). La stessa cosa afferma Girolamo che si rifà ad Eusebio di Cesarea (Girolamo, Praef. In Job PL 28, 1081). Origène (Scholion al Sl 118 1, LXX) dice che Dt 32 è composto di esametri. Tuttavia, alla prova dei fatti, le ipotesi non reggono: gli ebrei, infatti, pur distinguendo tra sillabe brevi e lunghe, non attribuivano ad esse importanza per il ritmo poetico. Probabilmente gli antichi fecero tale confronto solo a scopo apologetico, volendo far capire ai gentili o pagani la bellezza della poesia ebraica.

   Alcuni studiosi (come G. Bickel) hanno notato una certa corrispondenza tra la poesia ebraica e quella siriaca (parallelismo, acrostico) e vollero interpretare anche il ritmo biblico secondo la metrica siriaca che consisteva in un determinato numero di sillabe senza distinzione tra lunghe e brevi. Ma si è visto che questo sistema non è applicabile al metro ebraico: costringerebbe a molte correzioni testuali per poter conservare il medesimo numero di sillabe nei vari emistichi. Non ci sembra davvero il caso di manipolare la Scrittura per adattarla alla metrica siriaca!

   Si è notato che nel testo poetico ebraico, di solito (pur con la facoltà di variare a volte) gli accenti di ogni emistico sono fissi, mentre rimane libero il numero di sillabe non accentate. Gli specialisti stanno studiando da tempo se sia possibile fissare il numero degli accenti dei singoli generi poetici. Una forma abbastanza chiara è nel verso di Lamentazioni, in cui si nota la successione di 3 accenti + 2. Staremo a vedere le conclusioni degli studiosi.

   Possiamo però affermare che le norme metriche ebraiche sono le seguenti:

  1. L’ebreo non guarda alla quantità delle sillabe;
  2. Solo il numero delle sillabe toniche conta, le altre sono libere;
  3. Quando due sillabe toniche si susseguono, la prima è considerata atona (priva di accento);
  4. Quando si susseguono sillabe atone, la sillaba media si considera accentata.

Parallelismo

   Si deve al vescovo R. Lowth di Oxford la scoperta che la metrica ebraica poggia sul pensiero più che sulla forma. Le sue riflessioni le espose nel 1753 in latino, mentre la traduzione inglese è del 1815. – Lectures on the Sacred Poetry of the Hebrews.

   Il parallelismo è l’elemento distintivo della poesia ebraica, più ancora del ritmo. Questa è una caratteristica particolare dello stile ebraico, derivata dal fatto che tutto è ritmico e bilanciato già in natura. Non è forse ritmico il battito cardiaco, il respiro? Anche psicologicamente il pensiero si cadenza in modo da formare una specie di ripetizione di quanto è già stato detto prima. È un fatto che gli ebrei amavano bilanciare il loro pensiero.

   Ecco le principali varietà del parallelismo ebraico:

  1. 1.       Parallelismo sinonimo. È il più frequente e si ha quando il secondo emistico non è che l’eco del primo:

 

Sl 19:1,2

“I cieli raccontano la gloria di Dio 1° emistico
e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani. 2° emistico (fa eco al 1°)
Un giorno rivolge parole all’altro, 1° emistico
una notte comunica conoscenza all’altra”. 2° emistico (fa eco al 1°)

 

Sl 18:14

“Scagliò le sue saette e disperse i nemici; 1° emistico
lanciò folgori in gran numero e li mise in fuga”. 2° emistico (fa eco al 1°)

   Talora la ripetizione è letterale, ad eccezione di qualche parola aggiunta per completare il pensiero precedente che rimarrebbe altrimenti incompreso. In questo caso il parallelismo sinonimo viene detto parallelismo climatico (da una parola greca – κλῖμαξ, klìmacs – che significa “scala”) o graduale (nel senso che procede per gradi).

 

Sl 29:1

“Date al Signore, o figli di Dio, 1° emistico
date al Signore gloria e forza!”. 2° (completa il 1°)

 

Sl 29:8

“La voce del Signore fa tremare il deserto; 1° emistico
il Signore fa tremare il deserto di Cades”. 2° (completa il 1°)

 

 

Il parallelismo sinonimo è di grande valore per l’esegesi: un emistico può chiarire l’altro. In Zc 9:9 si legge:

 

“Esulta grandemente, o figlia di Sion,

1° stico

1° emistico

manda grida di gioia, o figlia di Gerusalemme;

2° emistico

ecco, il tuo re viene a te;

2° stico

1° emistico

egli è giusto e vittorioso,

2° emistico

umile, in groppa a un asino,

3° stico

1° emistico

sopra un puledro, il piccolo dell’asina.”

2° emistico

 

   “Esulta grandemente, o figlia di Sion”. Dal secondo emistico del primo stico sappiamo che Sion equivale a Gerusalemme: “Manda grida di gioia, o figlia di Gerusalemme”. Qui abbiamo un’esegesi molo semplice, ma lo stesso versetto ci offre l’esempio di un’esegesi più profonda. Dopo aver detto a Sion-Gerusalemme: “Il tuo re viene a te” (1° emistico del 2° stico), si dice: “Umile, in groppa a un asino [1° emistico del 3° stico], sopra un puledro, il piccolo dell’asina [2° emistico del 3° stico]”. Il parallelismo ci aiuta a capire che si tratta di un solo animale: “un asino”, “un puledro, il piccolo dell’asina”. Matteo, non conoscendo bene il sistema del parallelismo, pensò che vi siano stati due animali: “Condussero l’asina e il puledro, vi misero sopra i loro mantelli e Gesù vi si pose a sedere”. – Mt 21:7.

   Pur essendo ebreo, non doveva essere molto ferrato nella Scrittura, dato che prima di essere discepolo di Yeshùa faceva l’esattore di tasse (Mt 10:3; Mr 2:14), una categoria di uomini malvisti dai giudei e considerati peccatori alla pari delle prostitute (Mt 9:11;11:19;21:32; Mr 2:15; Lc 5:30;7:34), gente disprezzata che lo stesso Yeshùa aveva detto di mettere al bando (Mt 18:17). Gli altri tre evangelisti vedono più esattamente un puro parallelismo sinonimo e parlano di un animale solo (Mr 11:7; Lc 19:30,35; Gv 12:14,15). Tentare di argomentare che addirittura tre evangelisti non avrebbero fatto menzione di una presunta asina madre, mentre Matteo l’avrebbe fatta, non porta molto lontano. Si notino le istruzioni di Yeshùa tutte riferite a un solo animale: “Troverete un puledro legato, sul quale non si è ancora seduto nessuno del genere umano; scioglietelo e conducetelo. E se qualcuno vi dice: ‘Perché fate questo?’ dite: ‘Il Signore ne ha bisogno e lo rimanderà subito qui’. E andati, trovarono il puledro legato alla porta, di fuori, sulla via laterale, e lo sciolsero. Ma alcuni di quelli che stavano là dicevano loro: ‘Che fate sciogliendo il puledro?’” (Mr 11:2-5, TNM; si confronti anche il passo parallelo di Lc). Giovanni, poi, intende bene il parallelismo sinonimo e lo cita correttamente facendo riferimento ad un solo animale: “Come è scritto: Non aver timore, figlia di Sion. Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d’asina’”. – Gv 12:14,15, TNM.

   Per fare un altro esempio dell’utilità del parallelismo sinonimo nell’esegesi, si veda Sl 76:2:

 

“Il suo tabernacolo è in Salem,

Stico

1° emistico

e la sua dimora in Sion.”

2° emistico

 

   “Il suo tabernacolo è in Salem [1° emistico], e la sua dimora in Sion [2° emistico]”. Salem era la cittadella davidica, l’antico nome di Gerusalemme. Non va bene la Vulgata, che traduce addirittura il nome proprio “Salem” con il suo significato di “pace”: “Factus est in pace locus eius et habitatio eius in Sion” (75:3, nella Vulgata). Anche qui il parallelismo ci permette di capire l’errore che fece Girolamo (il traduttore della Vulgata) su questo punto.

  1. 2.        Parallelismo antitetico. Qui il pensiero del primo emistico è messo in risalto o confermato – per via di contrasto – da quello del secondo.

 

“Il Signore conosce la via dei giusti,

ma la via degli empi conduce alla rovina”.

Sl 1:6.

  1. Parallelismo progressivo (o sintetico). È il parallelismo meno visibile, poiché il secondo emistico anziché ripetere il concetto precedente o metterlo in enfasi, ne sviluppa maggiormente l’idea. Eccolo:

 

“’Sono io’, dirà, ‘che ho stabilito il mio re

sopra Sion, il mio monte santo’”.

– Sl 2:6.

 

Per chiarezza ne citiamo un altro:

 

“Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa,

poiché da esso provengono le sorgenti della vita”.

Pr 4:23.

 

Talora vari parallelismi s’intrecciano tra loro, racchiudendo più emistichi. Come esempio citiamo Sl 137:5,6:

 

spe

 

 Abbiamo qui toccato l’elemento basilare che non manca mai nella poesia ebraica. Tutto il resto è lasciato al libero arbitrio del poeta, che è anche scrittore ispirato.