È utile sapere innanzitutto come i “miracoli” siano chiamati nella Bibbia: da tali nomi si può arguire il concetto che gli scrittori biblici ne avevano. L’intera Bibbia (sia le Scritture Ebraiche sia le Scritture Greche) si accorda nella terminologia. I due nomi più usati sono quelli di “segni” e di “prodigi”; ma vengono anche usati “meraviglie” e “potenza”.

  1. Segno. In ebraico è אֹות (ot), in greco è σημεῖον (semèion). Prescindendo dal fatto che sia straordinario oppure no, il “segno” nella Bibbia è tutto ciò che serve a richiamare qualcosa d’altro. “Vi siano delle luci [sole, luna, stelle] nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni” (Gn 1:14). “Sarete circoncisi; questo sarà un segno del patto fra me e voi” (Gn 17:11). “Il sangue vi servirà di segno [di salvezza] sulle case dove sarete; quand’io vedrò il sangue, passerò oltre, e non vi sarà piaga su di voi per distruggervi” (Es 12:13). “Ognuno di voi porti sulla spalla una pietra, secondo il numero delle tribù dei figli d’Israele, affinché questo sia un segno in mezzo a voi. In avvenire, i vostri figli vi domanderanno: ‘Che cosa significano per voi queste pietre?’. Allora voi risponderete loro: ‘Le acque del Giordano furono tagliate davanti all’arca del patto del Signore; quand’essa attraversò il Giordano’” (Gs 4:5-7). “Segno” può essere anche una bandiera militare: “I figli d’Israele si accamperanno ciascuno vicino alla sua bandiera sotto le insegne [ebraico אֹתֹת (otòt), “segni”; “secondo i segni”, TNM] delle loro famiglie paterne” (Nm 2:2). In Is 38:7,8 il regresso dell’ombra solare di dieci gradi significa la guarigione di Ezechia: “Questo ti servirà di segno che il Signore adempirà la parola da lui pronunziata: ecco, io farò retrocedere di dieci gradini l’ombra dei gradini, che per effetto del sole, si è allungata sui dieci gradini”.  Nelle Scritture Greche il “segno” serve ad indicare che Dio è all’opera nel mondo tramite Yeshùa. Il miracolo dell’acqua trasformata in vino a Cana fu uno il primo “segno” compiuto da Yeshùa: “Gesù fece questo primo dei suoi segni [greco σημείων (semèion)] miracolosi in Cana di Galilea” (Gv 2:11). I giudei chiedevano a Yeshùa un miracolo, ovvero – nel loro linguaggio biblico – un “segno”: “I Giudei allora presero a dirgli: ‘Quale segno [greco σημεῖον (semèion)] miracoloso ci mostri per fare queste cose?’” (Gv 2:18). La traduzione italiana “segno miracoloso” ha solo l’intento di rendere il vocabolo comprensibile al lettore occidentale. Il testo ha solo “segno”. – Cfr. TNM: “Quale segno hai da mostrarci”?
  2. Prodigio. In ebraico è מֹופֵת (mòfet), in greco è τέρας (tèras). Questo termine ha vari sensi. Può indicare un presagio generalmente congiunto a minacce divine e può anche indicare un miracolo in senso stretto. Isaia e i suoi figli sono “segni e prodigi” per il popolo: “Noi siamo dei segni [אֹתֹות (otòt)] e dei presagi [מֹופְתִים  (mofetìm)] in Israele” (Is 8:18). Il salmista dice di se stesso: “Io sono per molti come un prodigio [מֹופֵת  (mòfet)]” (Sl 71:7); TNM ha: “Sono divenuto proprio come un miracolo per molte persone”. “L’altare si spaccò; e la cenere che vi era sopra si disperse, secondo il segno [מֹופֵת (mòfet), “prodigio”; “portento” (TNM)] che l’uomo di Dio aveva dato per ordine del Signore” (1Re 13:5). In questo caso l’altare di Betel spezzato è un segno prodigioso che è non solo un miracolo, ma anche un presagio della potenza divina che Dio aveva dato al suo profeta, contro la potenza demoniaca di un falso profeta: “Quando sorgerà in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti annunzia un segno o un prodigio [אֹות אֹו מֹופֵת (ot o mòfet)], e il segno o il prodigio di cui ti avrà parlato si compie, ed egli ti dice: ‘Andiamo dietro a dèi stranieri, che tu non hai mai conosciuto, e serviamoli’, tu non darai retta alle parole di quel profeta o di quel sognatore, perché il Signore, il vostro Dio, vi mette alla prova per sapere se amate il Signore, il vostro Dio, con tutto il vostro cuore e con tutta l’anima vostra. Seguirete il Signore, il vostro Dio, lo temerete, osserverete i suoi comandamenti, ubbidirete alla sua voce, lo servirete e vi terrete stretti a lui. Quel profeta o quel sognatore sarà messo a morte, perché avrà predicato l’apostasia dal Signore Dio vostro” (Dt 13:1-5). Nelle Scritture Greche il corrispondente greco τέρας (tèras) del vocabolo ebraico מֹופֵת (mòfet) indica un evento fuori dall’ordinario che rivela la potenza divina in modo grandioso: “Farò prodigi [τέρατα (tèrata)] su nel cielo, e segni [σημεῖα (semèia)] giù sulla terra” (At 2:19). Si noti qui il tanto amato parallelismo ebraico del linguaggio semitico, in cui lo stesso concetto viene ripetuto due volte con parole diverse: Prodigi… segni. Questa frase (“Segni e prodigi”) divenne nella Bibbia un’espressione tipica per indicare l’intervento speciale di Dio: “[Dio] operò segni e prodigi in mezzo a te”. – Sl 135:9.

   Nelle Scritture Greche il termine “prodigio” (τέρας, tèras) non si trova mai solo, ma forma un binomio inscindibile con “segno”, divenendo “segni e prodigi” (σημεῖα καὶ τέρατα, semèia kài tèrata): “Molti segni e prodigi erano fatti tra il popolo” (At 5:12), “Faceva grandi prodigi e segni tra il popolo” (At 6:8), “Con la potenza di segni e di prodigi” (Rm 15:19), “Dio stesso aggiungeva la sua testimonianza alla loro con segni e prodigi” (Eb 2:4). Questi “segni e prodigi” possono anche provenire da potenze demoniache: “La venuta di quell’empio avrà luogo, per l’azione efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi”. – 2Ts 2:9.

segni e prodigi

אֹתֹות וּמֹפְתִים  (otòt umofetìm)

σημεῖα καὶ τέρατα (semèia kài tèrata)

signa et prodigia

(Sl 135:9)

  1. Meraviglie. In ebraico è פֶלֶא (pèle), in greco è θαῦμα (thàuma); il latino della Vulgata ha mirabilia. In ebraico è sempre usato al singolare con senso collettivo. Indica qualcosa che suscita meraviglia. Cosa interessante, nell’ebraico moderno per la parola “telefono” è stato coniato il vocabolo pèlefon (dall’ebraico pèle e dal greco fonè, “voce”) che letteralmente significa “voce-miracolo”. In Gn 18:14 si domanda a Dio: “C’è qualcosa di troppo straordinario per Geova?” (TNM); letteralmente: “Vi è mai qualcosa di troppo meraviglioso [פֶלֶא (pèle)] per Yhvh?”. Ger 32:17 risponde: “Ecco, tu stesso hai fatto i cieli e la terra mediante la tua grande potenza e mediante il tuo braccio steso. L’intera cosa non è troppo meravigliosa  [פֶלֶא (pèle)] per te stesso” (TNM). In un antico inno di ringraziamento per gli eventi dell’esodo si dice: “Chi è come te, che ti mostri potente in santità? Colui che è da temere con cantici di lode, Colui che fa meraviglie [פֶלֶא (pèle]” (Es 15:11, TNM). “I cieli cantano le tue meraviglie [פֶלֶא (pèle)], o Signore” (Sl 89:5). Solo lo sheòl (soggiorno dei morti) è escluso dai prodigi divini: “La tua bontà sarà narrata nel sepolcro? O la tua fedeltà nel luogo della distruzione? Le tue meraviglie [פֶלֶא (pèle)] saranno forse conosciute nelle tenebre, e la tua giustizia, nella terra dell’oblìo?” (Sl 88:11,12). Nelle Scritture Greche appare il corrispondente θαῦμα (thàuma), da cui deriva anche il nostro “taumaturgo” (“operatore di miracoli”).
  2. Potenza. Questo è il nome che si usa nelle Scritture Greche oltre agli altri. Il vocabolo è δύναμις (dΰnamis), da cui il nostro “dinamite”. In Mr 14:62 è usato come nome di Dio: “Vedrete il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della Potenza”. Questo vocabolo indica di solito la potenza conferita dallo spirito santo, ma indica anche una potenza compiuta da satana. Non necessariamente si riferisce ad un fenomeno prodigioso: può riguardare anche la conversione, la conoscenza del vangelo, il conforto ottenuto. Paolo, ad esempio, riesce ad ottenere la forza di continuare il suo apostolato nonostante la sua malattia: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza [δύναμις (dΰnamis)] si dimostra perfetta nella debolezza” (2Cor 12:9). Yeshùa sente uscire da sé una forza quando la donna affetta da emorragia lo tocca e viene guarita dal suo malanno: “Gesù, conscio della potenza [δύναμιν (dΰnamin)] che era emanata da lui” (Mr 5:30). Questa parola, nella lettera ai romani, ricorre insieme a “segni e prodigi” per designare i miracoli: “Con la potenza di segni e di prodigi [ἐν δυνάμει σημείων καὶ τεράτων (en dünàmei semèion kài teràton)]” (Rm 15:19).

   Da tutta la precedente analisi filologica si vede che mentre nella nostra concezione occidentale la parola “miracolo” pone l’accento sul fatto che esso non possa essere prodotto da cause naturali, per la Bibbia l’accento è posto invece sul fatto che il “miracolo” ci richiama verso Dio, anche se non supera le forze della natura.

   La Scrittura, più che distinguere i fatti in naturali e soprannaturali, distingue tra fatti soliti ed insoliti, tra azione abituale e non abituale di Dio. Ogni atto – anche naturale – che richiama Dio è un segno.