Dopo Galileo il metodo sperimentale fece sorgere quattro correnti di pensiero che meritano di essere ricordate:

  1. Opposizione alla scienza: era propria di chi voleva chiudere gli occhi di fronte alla verità asserita dalla scienza.
  2. Opposizione alla Bibbia con l’entusiastica accettazione di ogni novità. La Bibbia viene ridotta ad un semplice racconto mitico pieno di errori scientifici, e quindi non ispirato.
  3. Illusione di coloro che pretesero di concordare Bibbia e scienza.
  4. Sganciamento della Bibbia (opera teologica) dalla scienza: questa studia solo le cause seconde visibili e le leggi della natura, mentre la Bibbia presenta in Dio la loro causa prima.

   Gli epigoni del sistema tolemaico. Il sistema tolemaico continuò a conservare a lungo il predominio presso i teologi, cosicché le nuove idee furono riprovate anche da Lutero e da Melantone. Il primo, ad esempio, così diceva di Copernico: “Quel pazzo vuole capovolgere l’arte dell’astronomia; ma come dice la Sacra Scrittura, Giosuè ha fermato il sole e non la terra”. Nonostante le idee di Galileo si andassero sempre più imponendo, alcuni teologi continuarono ad opporvisi accanitamente. L’università di Tubinga perseguitò il protestante Johannes Keplero (1571-1630), le cui scoperte riguardanti i movimenti dei pianeti confutavano la visione tolemaica del mondo. Costretto a praticare l’astrologia per campare, dovette assistere al processo di stregoneria al quale fu sottoposta anche la sua stessa vecchia madre. Anche Suarez, teologo di valore, con argomenti che oggi sono ridicoli, si applicò a condannare il sistema copernicano: “Il cielo, sede dei beati, dev’essere immobile; quivi sta pure il Cristo che ‘siede alla destra di Dio Padre’. Ora come potrebbe ‘sedere’ se fosse trascinato da moto perpetuo? Non avrebbe i piedi fissi in una parte del cielo determinata, ma sotto di essi il cielo scorrerebbe senza posa; oppure Cristo sarebbe di continuo trasportato insieme con il cielo” (il suo commento alla Genesi  – che dura per ben 170 pagine – si trova nel vol. III dell’edizione di Parigi, Opera Omnia, 1856; vi è anche lo sbaglio di localizzare il cielo in una regione dell’universo, e di metterlo in connessione con la terra). Questa stupidità sostenuta dal teologo Suarez oggi fa sorridere, ma le sciocchezze sono proferite anche in oggi, nel 21° secolo. Ad esempio, si può leggere: “Il corpo delle persone spirituali (Dio, Cristo, gli angeli) è glorioso” (Perspicacia nella Studio delle Scritture Vol. 1, pag. 576, voce “Corpo”). E fin qui si afferma una verità parziale: non c’è dubbio alcuno che esistano corpi spirituali e che questi siano gloriosi (1Cor 15:40,42-44,47-50), ma Dio è Dio. Attribuire a Dio un corpo è, oltre che blasfemo, insensato. “Chi ha costruito tutte le cose è Dio” (Eb 3:4, TNM). “Tutte le cose” include tutto, ogni creazione e ogni creatura. Sia Yeshùa che gli angeli fanno parte della creazione di Dio. Tutto il reame spirituale, il mondo invisibile, fa parte della sua creazione. Dio non può però essere parte di questa creazione: ne è il creatore. “I cieli, sì, il cielo dei cieli, essi stessi non ti possono contenere” (1Re 8:27, TNM). Come potrebbe mai Dio avere un “corpo spirituale” all’interno dei cieli? “A Geova tuo Dio appartengono i cieli, sì, i cieli dei cieli” (Dt 10:14, TNM); “Tu solo sei Geova; tu stesso hai fatto i cieli, [sì], il cielo dei cieli, e tutto il loro esercito“. – Nee 9:6, TNM.

   Secondo il francese Victor de Bonald (secolo 19°), che razza di supremazia avrebbe l’uomo, qualora gli angeli del cielo vedessero “colui che ne è il capolavoro e il re non nell’atteggiamento maestoso e grave di un principe in mezzo ai suoi sudditi, ma preso in un vortice, intento a far capriole e piroette senza fine davanti al sole e alle stelle immobili?”; “Noi che possediamo dei dogmi che ci offrono tutte le spiegazioni, avremo facoltà di non consultare (questi volumi dei geologi). Rileggiamo il racconto di Mosè, opponiamolo con fiducia a tutte le teorie moderne. Così la rivelazione sarà il nostro punto di partenza, la base della discussione geologica, confesseremo essere persino inconcepibile il presentarne un’altra . . . I libri sacri saranno il crogiuolo con il quale si saggeranno con severità i sistemi geologici”. – Victor de Bonald, Moïse et les géologues modernes ou Le recit de la Génèse comparé aux théories nouvelles des savants, Seguin, Avignon, 1835.

   Siamo al tempo di Cesare Cremonina (collega del Galileo all’Università di Padova, celebre filosofo che riceveva uno stipendio doppio rispetto a Galilei e che morì nel 1631), che si rifiutava di usare il cannocchiale per paura di dovere rinunciare alle proprie teorie. E siamo al tempo di J. de Maistre (pensatore originale e profondo della Savoia, esiliato; prima aderente alla rivoluzione, poi contrario; visse a San Pietroburgo e morì a Torino nel 1821), che biasimava il programma scientifico russo perché ammetteva l’esposizione di diverse teorie sull’origine del mondo. “Qui vi è” – diceva – “del superfluo e del pericoloso. Basta la Genesi per conoscere com’è cominciato il mondo”.

   Le leggi di Keplero, l’attrazione di Newton “sono cose che non meritano la minima attenzione” – diceva Filippo Anfossi – “a fronte di tante e così chiare espressioni delle Scritture, che asseriscono costantemente il moto del sole e l’immobilità della terra, senza asserire mai il contrario una volta sola”. – Così nel 1822 Filippo Anfossi, citato da L. Geymonat, Galileo Galilei, Torino, pag. 85, n. 1.

   L’unico posto dove si ammise il libero accesso delle nuove teorie e dove il cambiamento scientifico avvenne senza traumi visibili, fu l’Inghilterra: quivi il nuovo pensiero godette l’alto patronato sia della Chiesa che dello stato. I. Newton, i cui Principia Mathematica (1687) raccoglievano in un sistema organico tutte le scoperte fino ad allora fatte, fu ricompensato con la nomina a Master of the Mint  (Direttore della Zecca). Per lui le scoperte del secolo erano una conferma del Salmo 19:1: “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani”. Ma altrove, nella Germania occidentale, sino ad alcuni anni fa (e tuttora presso alcuni gruppi fondamentalisti americani) si discusse assai vivacemente il problema della creazione: “I fondamentalisti difesero il racconto biblico della creazione dal punto di vista scientifico. Non è difficile immaginare quale ne sia stato il risultato. Non si poteva offrire allo stato ateo migliori argomenti contro la chiesa e la fede. Forse nessuno gli ha reso facile la lotta contro la chiesa e la Bibbia quanto questa gente che, per di più, si riteneva fedelissima alla Bibbia”. – Willi Marxen.

   Altri smisero di credere alla Bibbia, ritenuta parto di pura fantasia e d’ignoranza. È più o meno quanto affermò il prof. Adriano Buzzati Traverso, scrivendo che vi sono opposizioni tra il racconto biblico e le conoscenze scientifiche moderne. Conseguentemente s’imporrebbe la scelta tra la verità dogmatica immutabile presentata dalla Bibbia e quella scientifica, mutevole e progressiva. Ecco – secondo questi “modernisti” – la semplicistica e arcaica cosmologia biblica: la terra immobile (sulla base del mal compreso passo di 1Cron 16:30), giace come un disco sulle acque del grande oceano (l’abisso di Gn 49:25; Sl 24:2; Es 20:30), fissato su colonne (1Sam 2:8) senza che ne possa venire smossa (Sl 104:5). Sopra il suo firmamento starebbe un’enorme distesa d’acqua che scende sulla terra in forma di pioggia attraverso delle grate (cateratte) che si aprono e si chiudono al volere di Dio (Gn 7:11;8:2; Sl 148:4; Gb 37:18). Come la terra sarebbe il centro dell’universo, così la Palestina sarebbe l’ombelico della terra (Ez 5:5;38:12; cfr. Gdc 9:37). Era abitudine degli antichi considerare la loro città il centro della terra, così Delfi per i greci e Roma per i latini; secondo la Mishnà, trattato Jomâ 546, nel Tempio di Gerusalemme vi era una pietra detta “fondamentale” perché attorno ad essa sarebbe stato creato il mondo (sic); secondo le leggende medievali Yeshùa sul palo sarebbe stato al centro dell’universo, e il sangue che scendeva avrebbe bagnato il cranio di Adamo, il primo uomo.