Il male non ha esistenza propria; il male in assoluto non esiste. Nella Bibbia non c’è un dio del male e un Dio del bene. Questo dualismo in cui bene e male si oppongono non è presente nella Scrittura. C’è un solo Dio (Ef 4:6; 1Cor 8:6), che è l’unico che è buono (Mr 10:18). Il male esiste solo quando lo si compie, disubbidendo alla Legge di Dio.

   Nella Bibbia il male è paragonato alle tenebre. “Gli angeli che avevano peccato”, divenendo così demòni, sono stati confinati “in antri tenebrosi per esservi custoditi per il giudizio” (2Pt 2:4). I peccati, le disubbidienze alla Legge di Dio, sono “opere delle tenebre” (Rm 13:12). “I pagani nella vanità dei loro pensieri, con l’intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio, a motivo dell’ignoranza che è in loro, a motivo dell’indurimento del loro cuore” (Ef 4:17,18), “sono mentalmente nelle tenebre, ed esclusi dalla vita che appartiene a Dio” (Ef 4:18, TNM). Il combattimento del credente è contro le tenebre (Ef 6:12). “Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre” (Col 1:13). Dio ci “chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt 2:9). I discepoli di Yeshùa sono “figli di luce” (Ef 5:8). I “figli di luce” non sono “della notte né delle tenebre”. – 1Ts 5:5.

   Ora, cosa sono le tenebre se non assenza di luce? Le tenebre dipendono dalla luce: se manca, diventa buio; se c’è, non sono possibili. La luce però non dipende dalle tenebre. Luce e tenebre sono inconciliabili. “Che rapporto c’è tra la giustizia e l’iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre? E quale accordo fra Cristo e Beliar [“Satana”, Syp]?” (2Cor 6:14,15). Così è per il bene e il male. Nello stesso modo, il bene non dipende dal male. Tuttavia, per quanto possa sembrare paradossale, il male dipende dal bene. Un esempio ci aiuterà a capire questo concetto difficile. Un coltello, di per sé non rappresenta qualcosa di malefico: tutti usano i coltelli ogni giorno perché sono utili e necessari. Come si suole dire, se non ci fossero, bisognerebbe inventarli. Eppure, un coltello conficcato nella pancia è davvero un male. Cosa lo rende un male? È il suo uso scorretto. È il danno che provoca che lo rende un male; quando non provoca danni, il coltello non è un male. Per fare un altro esempio, un gustoso intingolo non sarebbe certamente definito un male, ma se cade su un capo di vestiario molto prezioso, fa danni. Che cosa rende l’intingolo un “male”? È la preziosità del capo d’abbigliamento, considerato un “bene”. Se non ci fosse alcun prezioso capo di vestiario, l’intingolo non avrebbe modo di causargli un danno. E ancora: la malattia è un male? Certamente, ma solo perché esiste il bene della salute. Un morto non si ammala mai. Come potrebbe il minuscolo troglobita (misura 4 mm di lunghezza) che vive nelle grotte essere colpito da cecità? Impossibile: non ha occhi. La cecità è indubbiamente un male, ma occorrono gli occhi (che sono un bene) perché essa esista.

   Il male è privazione. Una persona che vive bene e nel bene è una persona in salute che ha la possibilità di essere felice. Se qualcosa gli manca (la salute, il necessario per vivere), soffre il male. Si tratta allora del bene che, sconvolto, non riesce a esprimersi. La normalità – potremmo dire la norma – è il bene. La sofferenza inizia quando il bene è turbato. Perfino la sofferenza è un male positivo: ci avverte che qualcosa non va. È come quando si esegue una musica sublime: se il musicista sbaglia una nota, si rovina tutto. Eppure quella stessa nota, al posto giusto in un altro rigo della partitura, contribuisce al quel capolavoro musicale. Una nota cattiva assoluta non esiste. Il Male assoluto non esiste.

   Satana, il diavolo, si accanisce nello sconvolgere il bene. All’inizio tutto “era molto buono” (Gn 1:31). Poi qualcuno sconvolse quell’armonia. Qualcuno che pretese presuntuosamente di gestire il mondo al posto di Dio.