Sul problema del Deutero-Isaia addurremo ora le ragioni favorevoli all’autenticità isaiana della seconda parte di Isaia (capitoli 40-66) e poi invece quelle che la contraddicono. Possiamo sintetizzare il tutto così:

A favore dell’autenticità

Contro l’autenticità

Argomenti di autorità: tradizione

Analisi interna del testo biblico

   A favore dell’autenticità militano i seguenti argomenti: la tradizione sia giudaica che dei primi discepoli di Yeshùa attribuisce a Isaia tutto il libro, compresi gli ultimi ventisette capitoli (il cosiddetto Deutero-Isaia). Il libro apocrifo dell’Ecclesiastico, all’inizio del 2° secolo a. E. V., in 48:22-25, scriveva:

“Ezechia aveva fatto quanto è gradito al Signore, e seguito con fermezza le vie di Davide suo antenato, come gli additava il profeta Isaia, grande e verace nella visione. Nei suoi giorni retrocedette il sole, egli prolungò la vita del re. Con grande ispirazione vide gli ultimi tempi, e consolò gli afflitti di Sion. Egli manifestò il futuro sino alla fine dei tempi, le cose nascoste prima che avvenissero”. – CEI.

   Certo questo testo non è ispirato, trattandosi di un apocrifo, ma è pur sempre una testimonianza del pensiero degli ebrei di quel tempo. Questo elogio allude a Is 40:1;41:22,23;42:9. La convinzione dell’autore di Ecclesiastico (detto anche Siracide) era che Isaia fosse l’autore di quei brani (si noti che sono brani che appartengono al Deutero-Isaia). La sua convinzione fu condivisa anche da Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche 11,1,1,2) e da tutti gli scrittori delle Scritture Greche. E questi ultimi sì che erano ispirati. Su 37 citazioni tratte dai capitoli 40-66 almeno 11 sono esplicitamente riferite ad Isaia:

Citazione da  Isaia

Riconoscimento dell’autenticità isaiana

Citazione

Mt 3:3

“Colui del quale parlò il profeta Isaia con queste parole”

Is 40:3

Mr 1:2

“Come è scritto in Isaia il profeta”

Is 40:3

Lc 3:4

“Come è scritto nel libro delle parole del profeta Isaia”

Is 40:3

Gv 1:23

“Come ha detto il profeta Isaia”

Is 40:3

Mt 12:17

“Ciò che era stato dichiarato dal profeta Isaia, che disse”

Is 42:1

Mt 8:17

“Ciò che fu dichiarato dal profeta Isaia, che disse”

Is 53:4

At 8:28

“Leggeva ad alta voce il profeta Isaia”

Is 53:7

Gv 12:38

“Si adempì la parola del profeta Isaia, che disse”

Is 53:1

Rm 10:16

“Isaia dice”

Is 53:1

Lc 4:17

“Gli fu consegnato il rotolo del profeta Isaia”

Is 61:1

Rm 10:20

“Isaia si fa molto ardito e dice”

Is 65:1

(TNM)

   Secondo Giuseppe Flavio anche l’editto di Ciro sarebbe stato dettato dalla conoscenza che egli ebbe delle profezie isaiane (Antichità Giudaiche 11,1,1,2). Ciro, commosso nel leggere gli antichi oracoli isaiani, avrebbe accordato ai giudei il famoso editto del 538 a. E. V. che permetteva il loro ritorno in patria. La tradizione giudaica rabbinica non esitò anzi a fare di Ciro un convertito alla fede giudaica.

   Oltre a quanto sopra, a favore dell’autenticità isaiana milita anche l’influsso letterario di Isaia (capp. 40-55) su profeti come Naum, Sofonia e Abacuc, i quali sono pre-esilici ma posteriori al Deutero-Isaia. Segno quindi che Isaia fu un libro pre-esilico, risalente proprio a Isaia.

   Tuttavia, va detto che il problema dell’origine letteraria è alquanto discutibile, poiché si può anche rovesciare l’origine e rendere il Deutero-Isaia dipendente dai profeti minori sopra citati. Il che sarebbe un argomento a favore della sua composizione posteriore. Inoltre, molte espressioni sono come delle formule fisse nella tradizione, che si ripetevano di profeta in profeta, per cui è difficile stabilire una reale dipendenza da un certo profeta.

   Non si possono neppure tacere le difficoltà interne. Lo stile delle due parti di Isaia (ovvero il Proto-Isaia e il Deutero-Isaia) è molto diverso. E questo suppone diversità di autori. Tuttavia, i difensori dell’autenticità isaiana cercano di spiegare questa diversità di stile con la diversità della materia trattata e con l’età diversa del profeta quando compose le due parti. Nella prima parte Isaia sarebbe stato giovane e, nella seconda, vecchio. Ma, per onestà, occorre osservare che anche nella prima parte vi sono oracoli molto tardivi di Isaia e che questi non hanno le caratteristiche del Deutero-Isaia. Come risposta, i fautori dell’autenticità fanno risaltare che accanto alle divergenze stilistiche ci sono anche innegabili espressioni proprie di Isaia, come l’espressione tipicamente isaiana “Santo d’Israele”, e che queste ricorrono in tutte e due le parti.

   Idee messianiche diverse. Nella prima parte domina il concetto d’un messia glorioso e conquistatore, della dinastia di Davide. Nella seconda parte, al contrario, si presenta un messia che soffre per il proprio popolo. Queste diverse concezioni sono spiegate con diverse rivelazioni avute da Isaia in tempi diversi della sua vita.

   Orizzonte politico diverso. Nella prima parte si rivela l’ambiente dell’8° secolo a. E. V., mentre nella seconda parte quello del 6° secolo a. E. V.. Questa diversità viene spiegata dai fautori dell’autenticità con la potenza della rivelazione che avrebbe trasportato il profeta a due secoli di distanza e l’avrebbe spiritualmente fatto partecipe delle ansie e dei bisogni degli esiliati. Egli perciò si esprimerebbe come se vivesse in mezzo agli esuli, come se sentisse i loro problemi e come se cercasse di venire incontro alle loro necessità. È possibile, certo. Nulla è impossibile a Dio, ad eccezione del peccato.

   Il nome “Ciro” che si legge nella seconda parte di Isaia pare comunque un grosso ostacolo. Vero è che anche questo potrebbe essere stato rivelato a Isaia anticipatamente, ma sarebbe un fatto davvero insolito nella Bibbia, anzi unico. Si pensi al Messia. Il suo nome, Yeshùa, si seppe solo alla nascita. Vero è che Is 7:14;8:8 parla di “Emmanuele”, ma questo era un nome simbolico. Di fatto il Messia si chiamò Yeshùa. E stiamo parlando del Messia. Sarebbe davvero strano che a Isaia fosse stato rivelato il nome di un conquistatore pagano, Ciro, ma non quello ben più importante del Messia ovvero “il nome che è al di sopra di ogni nome” (Flp 2:9). Eppure, i Testimoni di Geova scrivono: “Quasi due secoli prima, tramite il profeta Isaia, Geova aveva indicato per nome Ciro, il sovrano che avrebbe abbattuto Babilonia e liberato gli ebrei dalla schiavitù”. – Prestate attenzione alle profezie di Daniele!, cap. 9, pag. 50.

   A questo punto i fautori dell’autenticità isaiana fanno un piccolo passo indietro e ipotizzano che il nome “Ciro” sia una glossa o annotazione marginale, un’aggiunta posteriore alla profezia che sarebbe stata senza nome. Alcuni studiosi hanno asserito in passato che il nome “Ciro” fosse un titolo onorifico che il conquistatore della Babilonia si sarebbe assunto in omaggio alle profezie isaiane. In quest’asserzione si appoggiano sullo storico Strabone che riporterebbe il vero nome: Agradàthes. Gli storici però sostengono il contrario: Ciro era il vero nome e Agradàthes il titolo onorifico. Ma come mai i fautori dell’autenticità sostengono questa ipotesi vacillante? Il problema sarebbe sempre lo stesso: nome o titolo onorifico, come possiamo supporre che fosse rivelato ad Isaia due secoli prima? Il fatto è che quei fautori sostengono anche che “Ciro” sarebbe stato un titolo onorifico dato a tutti i re di Persia, per cui sarebbe più accettabile che a Isaia fosse stato rivelato che un certo conquistatore persiano, “un ciro”, sarebbe apparso. Ma queste sono tutte soltanto supposizioni prive di qualsiasi fondamento storico.