I Salmi regali costituiscono una classe di Salmi che esaltano la regalità di Dio. Sono anche detti “Salmi del Regno”. Esaltano la salvezza onnipotente attuata da יהוה־מלך (Yhvh-mèlech), il “Signore-Re”. Come Re onnipotente, אֲדֹנֵי הָאֲדֹנִים (adòn haadonìm), il “Signore dei signori”, si impone ai re che si oppongono ai suoi piani salvifici per Israele.

   In questa classe di Salmi regali si possono distinguere due sottoclassi che potremmo chiamare “Salmi di intronizzazione di Yhvh” e “Salmi di Sion”. In quest’ultima sottoclasse si esalta la fede nel suo regno.

   Salmi di intronizzazione di Yhvh: 47, 93, 96, 97,  98, 99.

   Salmi di Sion: 24, 46, 48, 76, 84, 87, 122, 137.

   Occorre subito evitare un’idea che è fuori posto nella Bibbia. Ci riferiamo alla deduzione errata dello studioso norvegese Gunkel. Costui, partendo dal fatto che in Mesopotamia e nelle regioni limitrofe si celebrava annualmente l’intronizzazione dei loro dèi (Marduk, ad esempio), pensò che tale festa si ripetesse pure in Israele. Questo studioso pensò di trovare in alcuni Salmi la stessa formula di quelle feste pagane. La formula pagana era: “Mardùk [o un altro dio o dea] regnò!” o “Mardùk [o un altro dio o dea] è divenuto re!”. Il Gunkel pensò di rinvenire questa formula in:

 

Sl 93:1

“Geova stesso è divenuto re!”

Sl 96:10

“Geova stesso è divenuto re”

Sl 97:1

“Geova stesso è divenuto re!”

Sl 99:1

“Geova stesso è divenuto re”

(TNM)

 

   Se avesse avuto a disposizione la TNM, il dotto norvegese ci sarebbe andato a nozze, trovando conferme alla sua idea. Ma il fatto è che sia lui che i traduttori di TNM intendono male il verbo ebraico, che è מָלָךְ (malàch), traducendolo: “È divenuto re”. Malàch significa, però, “regna” o “incomincia a regnare”.

 

   Sl 93:1;96:10;97:1;99:1

CEI, NR, Did, ND, Luzzi: “Regna”.

PdS: “Regna”; “È re”.

TNM: “È divenuto re”.

 

   In tale solennità liturgica Israele esaltava Dio e compiva una processione in cui l’Arca, simbolo della presenza divina, veniva recata trionfalmente nel Santuario acclamando il Dio unico quale re universale. Si rinnovava così l’alleanza con Dio e il popolo veniva purificato dalle sue colpe. Con la scomparsa della dinastia davidica, il Regno di Dio fu riferito al tempo finale (escatologico), quando Dio sarebbe tornato a mostrarsi re universale. Si spiegano così i Salmi 46, 92, 95, 99 e 144.

     L’espressione יְהוָה מָלָךְ (yhvh malàch), come in ogni forma verbale in cui il soggetto precede il verbo al perfetto, indica la conseguenza stabile di un atto anteriormente compiuto. Pare che i traduttori di TNM non conoscano bene questi aspetti della lingua ebraica.  Si noti attentamente la differenza:

 

Soggetto seguito

dal verbo al perfetto

Yhvh regna

 – Sl 93:1.

יְהוָה מָלָך

(Yhvh malàch)

Conseguenza stabile

di un atto compiuto in precedenza

 

Soggetto preceduto

dal verbo al perfetto

Absalom è divenuto re

2Sam 15:10, TNM.

מָלַךְ אַבְשָׁלֹום

(malàch Avshalòm)

Mantenimento

del senso passato del verbo

 

   Per capirci, l’espressione יְהוָה מָלָךְ (yhvh malàch), in cui abbiamo soggetto + verbo al perfetto, potrebbe tradursi: “Yhvh detiene la regalità”. Possiamo dirla così: Yhvh ha acquisito la regalità (è divenuto re) e l’esercita tuttora. La frase, quindi, non allude affatto alle feste pagane di intronizzazione degli dèi, ma celebra il fatto che Dio si è acquistato già in precedenza la regalità e la mantiene. La formula יְהוָה מָלָךְ (yhvh malàch) non è propriamente una formula di intronizzazione, ma è una pura formula di proclamazione che annuncia l’esercizio della regalità divina.

   Il Sl 93 celebra la regalità metastorica (al di là della storia) e teologica del Dio unico, il Creatore:

“Il tuo trono è saldo dai tempi antichi, tu esisti dall’eternità”. – Sl 93:2.

   Il Sl 97 canta la regalità storica di Dio al momento della caduta della Babilonia, della liberazione dei deportati giudei e del loro ritorno in patria. Il Sl 99 descrive la regalità permanente di Dio, che Israele esprimeva nelle sue cerimonie cultuali.

   Talora le espressioni salmistiche assumono un colorito escatologico (che riguarda gli ultimi tempi): il Dio creatore che si è formato un popolo suo traendolo dall’Egitto estenderà il suo dominio su tutti i popoli con il trionfo escatologico. “I cieli son tuoi, tua pure è la terra; tu hai fondato il mondo e tutto ciò che è in esso”. – Sl 86:11.

   Talora gli accenni alla regalità divina si possono intendere non come l’intronizzazione personale di Dio ma come l’intronizzazione del suo rappresentante il re, ritenuto “figlio di Dio” (1Re 1:38-40). “’Sono io’, dirà [Dio], ‘che ho stabilito il mio re sopra Sion, il mio monte santo’. Io annunzierò il decreto: Il Signore mi ha detto: ‘Tu sei mio figlio, oggi io t’ho generato’” (Sl 2:6,7). In primo luogo questo passo si applica al re d’Israele, in secondo luogo al re messianico Yeshùa.

 

Sl 47

1 Al direttore del coro.

Dei figli di Core. Salmo. 1

Battete le mani, 2 o popoli tutti;

acclamate 3 Dio con grida di gioia!

2 Poiché 4 il Signore, l’Altissimo, 5

è tremendo,

re supremo su tutta la terra.

3 Egli sottomette i popoli a noi 6

e pone le nazioni sotto i nostri piedi. 6

4 Egli ha scelto per noi la nostra eredità, 6

gloria di Giacobbe che egli ama. 6 [Pausa]

5 7 Dio sale tra grida di trionfo, 8

il Signore sale 9 al suono di trombe. 8

6 Cantate a Dio, cantate;

cantate al nostro re, cantate! 10

7 Poiché Dio è re di tutta la terra;

cantategli un inno solenne. 11

8 Dio regna sui popoli;

Dio siede 12 sul suo trono santo.

9 13 I capi dei popoli si riuniscono

insieme al popolo del Dio d’Abraamo;

perché a Dio appartengono i potenti della terra;

egli è l’Altissimo.

 

Note:

1 Titolo.

2 Il battere le mani è sempre stato il mezzo più semplice per esternare la gioia o per segnare il ritmo della danza: “I monti e i colli proromperanno in grida di gioia davanti a voi, tutti gli alberi della campagna batteranno le mani” (Is 55:12; cfr. anche Ez 25:6, Sl 98:8, 2Re 11:12-14). Qui è un invito a far festa.

3 “Acclamate”. È il grido esultante della celebrazione liturgica di tutto il popolo in festa. Qui s’invita ad esaltare Dio per la sua potenza su tutta la terra. – V. 2.

4 “Poiché”. Viene data la motivazione per esultare: “Il Signore, l’Altissimo, è tremendo, re supremo su tutta la terra”. Brutto quell’“un gran Re su tutta la terra” di TNM. Dio non è “un gran Re”: è il Re.

5 “L’Altissimo”. Ebraico עֶלְיֹון (elyòn). Posto al di sopra di tutti.

6 Dio ha stabilito la Palestina come eredità di Israele, soggiogandone tutti i popoli.

7 C’è ora la parte dell’intronizzazione divina.

8 Versetto 5:

 

“Dio sale tra grida di trionfo,

il Signore sale al suono di trombe”.

 

Qui pare che il traduttore non abbia colto il parallelismo. Neppure TNM lo coglie:

 

“Dio è asceso con urlo di gioia,

Geova col suono del corno”.

   Il testo ebraico ha, letteralmente:

 

“Salì Dio nel clamore,

Yhvh con suono di corno”.

 

   “Corno” traduce l’ebraico שֹׁופָר (shofàr), il corno di montone usato come tromba. Il suo suono segnava l’inizio dell’anno. L’espressione “grida di trionfo” di NR e “urlo di gioia” di TNM traducono l’ebraico תְרוּעָה (teruàh) che significa “clamore”. Di certo il “clamore” (teruàh) potrebbe indicare anche le urla di gioia, ma quello che i traduttori qui non colgono è che è presente anche lo shofàr. Ora, esiste nella Bibbia l’espressione בִּתְרוּעָה בְקֹול שֹׁופָר (biteruàh veqòl shofàr) che significa “con clamore di suono di corno”. In questo versetto tutte le parole sono presenti:

 

עָלָה אֱלֹהִים בִּתְרוּעָה יְהֹוָה בְּקֹול שֹׁופָר׃

 

   Come si nota, le parole sono divise tra loro. Il salmista, per il parallelismo, ha diviso l’espressione, separando “clamore” da “voce di corno”. Se i traduttori avessero colto la sottigliezza avrebbero tradotto:

 

עָלָה אֱלֹהִים בִּתְרוּעָה

alà elohìm biteruàh

“Salì Dio nel clamore,

יְהֹוָה בְּקֹול שֹׁופָר

Yhvh beqòl shofàr

Yhvh con suono di corno”.

 

   L’espressione “con clamore di suono di corno” è stata spezzata in due per creare il parallelismo. Una finezza.

9 “Dio sale” allude probabilmente a qualche rito liturgico di cui ignoriamo la consistenza. Forse si tratta dell’ascesa al trono del re (che rappresentava Dio in Israele) che ne prende possesso (cfr. v. 9); o forse si tratta della salita del re dalla sorgente di Sion alla collina del Santuario (cfr. 1Re 1:39-46). Potrebbe anche indicare la processione trionfale dell’Arca, simbolo della presenza divina. – Cfr. Sl 132.

10 “Cantate … cantate … cantate … cantate”. L’ebraico ha זַמְּרוּ (zamrù), della stessa radice di “salmo” (מִזְמֹור, mizmòr), che significava in origine il suonare uno strumento a corda cantando lodi a Dio.

 

6 Innalzate melodie a Dio, innalzate melodie.

Innalzate melodie al nostro Re, innalzate melodie.

7 Poiché Dio è Re di tutta la terra;

Innalzate melodie, agendo con discrezione [sic]. – TNM.

 

11 NR traduce “un inno solenne” e TNM “agendo con discrezione”. Abbiamo qui due opposti: la traduzione di NR più libera ma più vicina all’ebraico, la traduzione di TNM senza senso nel tentativo vano di essere letterale. L’ebraico ha מַשְׂכִּיל (maskìl), che è pure usato in qualche titolo dei Salmi. La traduzione più probabile è “con arte”. Di certo non è “agendo con discrezione”! TNM crea un assurdo, perché l’invito a cantare è ripetuto ben cinque volte e non avrebbe senso, dopo una quintupla esortazione a cantare, aggiungere… “agendo con discrezione”. Vero è che maskìl altrove significa “perspicacia”, ma l’arte o il saper far bene nella lode non ha nulla a che fare con la “discrezione”.

12 “Dio siede”: vale a dire ha preso possesso del suo trono come sovrano di tutti i re delle nazioni.

13 Il v. 9 costituisce l’ultima strofa: è un omaggio al re divino. Si noti la bella figura che il salmista crea. L’adunata di omaggio a Dio comprende “i capi dei popoli” che “si riuniscono insieme al popolo” ebraico. Anche i re della terra diventano sudditi davanti a Dio. E ne viene data la motivazione: “Perché a Dio appartengono i potenti della terra; egli è l’Altissimo”. Qui la traduzione difetta un po’. Molto più accurata è TNM: “Poiché a Dio appartengono gli scudi della terra”. L’ebraico ha proprio “scudi”, simbolo dei guerrieri, dei capi, dei generali e dei difensori del popolo. Sl 89:18 ha: “Il nostro scudo appartiene al Signore, e il nostro re al Santo d’Israele”.

 

Sl 87

1 Salmo dei figli di Core. Cantico.

Il Signore ha fondato la sua città sui monti santi. 1

2 Egli ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe.

3 Cose gloriose son dette di te,

o città di Dio! 2 [Pausa]

4 3  «Menzionerò l’Egitto 4 e Babilonia 5 fra quelli che mi conoscono;

ecco la Filistia e Tiro, con l’Etiopia: 6

ciascuno d’essi è nato in Sion!» 7

5 E si dirà in Sion: «Questi e quello son nati in essa; 8

e l’Altissimo la renderà stabile».

6 Il Signore farà il censimento e nel registrare i popoli dirà: 8

«Questi è nato là». 8 [Pausa]

7 9 E cantando e danzando diranno:

«Tutte le fonti della mia gioia sono in te».

 

Note:

È uno dei Salmi di Sion, sede del trono divino. Purtroppo la conservazione di questo salmo è frammentaria e molto discussa. La visione si sposta verso la Gerusalemme ideale di cui parlerà Paolo in Gal 4:26: “La Gerusalemme di lassù è libera, ed è nostra madre”.

1 Si parla di Gerusalemme come amata da Dio più di tutti gli altri luoghi della Palestina (v. 2). Anche TNM traduce “monti santi”. L’ebraico ha “monti di santità”, e precisamente: “Suo [di Gerusalemme] fondamento [è] in monti di santità”. L’ebraico ha “fondamento” al singolare; la LXX al plurale: “fondamenta”.

2 Se ne parla come di una città divina, dimora di Dio.

3 Inizia qui la seconda strofa (vv. 4-6). Vi si parla del dominio universale di Gerusalemme.

4 Anziché “Egitto” (NR) l’ebraico ha ràhav (רַהַב), “assalitore”. I Targumìm (una parafrasi aramaica di parte delle Scritture Ebraiche) ha “gli egiziani”. Il termine ràhav compare anche in 89:10, dove i Targumìm hanno  “l’arrogante, cioè l’empio Faraone”, i LXX e la Vulgata “l’arrogante”. Il termine ràhav indica il mostro marino del caos primordiale: “Non sei tu [Dio] che facesti a pezzi Raab, che trafiggesti il dragone?” (Is 51:9). L’espressione ràhav si riferisce all’Egitto sotto il faraone che si era opposto alla liberazione degli ebrei (Sl 74:13;87:4; Is 30:7). L’Egitto assomigliava a un serpente mostruoso con la testa al delta del fiume Nilo e il corpo allungato per centinaia di chilometri lungo la valle del Nilo. – Ez 29:3.

5 “E Babilonia”: ebraico uvavèl (וּבָבֶל); la LXX (qui in 86:4) ha kài Babülònos  (καὶ Βαβυλῶνος) e la Vulgata (anche qui in 86:4) ha et Babylonis.

6 “Ecco la Filistia e Tiro, con l’Etiopia”. Diamo le diverse versioni:

 

Testo originale ebraico:

פְלֶשֶׁת וְצֹור עִמ־כּוּשׁ

hinèh felèschet vetzòr im-kùsh

ecco Palestina e Tito con Cus

LXX greca:

καὶ ἰδοὺ ἀλλόφυλοι καὶ Τύρος καὶ λαὸς Αἰθιόπων

kài idù allòfüloi kài Tǘros kài laòs Aithiòpon

ed ecco stranieri e Tiro e gente di etiopi

 

Vulgata latina:

Ecce alienigenae et Tyrus et populus Aethiopum

ecco gente straniera e Tiro e il popolo degli etiopi

 

7 Qui NR cerca di ricostruire e aggiunge “in Sion”. L’ebraico ha solo: “Costui nacque là”. Il testo è corrotto, e probabilmente questa frase va tolta (forse è una doppia inserzione, essendoci anche a1 vv. 5 e 6). In questo v. 4 si vuol dire che tutti i popoli sono sottomessi a Gerusalemme, sia ràhav (il mostro marino di Ez 29:3, identificato con l’Egitto; cfr. Is 30:7, Sl 68:31), sia la Babilonia (la nemica di Israele, sopravvissuta all’Assiria che essa sgominò), sia la Filistea (i filistei erano presenti sul litorale), sia Tiro (sul litorale, più a nord, celebre per le sue immense ricchezze), sia L’Etiopia (“Cus”, nazione più a sud del mondo allora noto; cfr. Sof 3:10; Sl 68:31).

8 Di tutti questi popoli si potrà dire che sono nati in Gerusalemme, bella immagine per intendere che stanno tutti scritti sul registro anagrafico divino come sudditi della città divina di Gerusalemme.

9 Inizia la terza strofa, in cui – a conclusione – si dice che Gerusalemme è il ceppo da cui proverranno tutte le famiglie dell’universo intero, come dice il versetto, se è ben tradotto. Il v. 7, infatti, si presenta enigmatico e variamente corretto. Si veda come differiscono le traduzioni di Sl 87:7:

   NR: “Tutte le fonti della mia gioia sono in te”.

   TNM: “Tutte le mie sorgenti sono in te”.

   PdS: “Tu sei la nostra patria”.

   ND: “Tutte le mie fonti di vita e di gioia sono in te”.

   Did: “E tutte le mie fonti, saranno in te”.

   L’ebraico ha, letteralmente: “Tutte sorgenti di me in te” (כָּל־מַעְיָנַי בָּךְ, kol-mayanà bach). Sulla prima parte del versetto non ci sono dubbi: “E cantando e danzando diranno: . . .”, a parte la solita TNM che ne fa un panegirico: “Ci saranno inoltre sia cantori che ballerini di danze in cerchio”. E pensare che la Bibbia ha qui due sole parole: וְשָׁרִים כְּחֹלְלִים (vesharìm kechollìm), “e cantanti danzanti”. Comunque, il versetto sembra indicare la letizia del nuovo popolo di Dio (che canta e balla). In quanto alle “sorgenti” va detto che la sorgente nella Scrittura designa talora (e anche qui, a quanto pare) il ceppo da cui si diramano le varie famiglie. Qui starebbe ad indicare che la sorgente o ceppo delle nazioni che costituiscono l’immenso popolo di Dio è in Gerusalemme.

 

“Israele abiterà al sicuro, la sorgente di Giacobbe sgorgherà solitaria in un paese di frumento e di mosto, dove il cielo stilla rugiada”. – Dt 33:28.

“Voi che siete chiamati con il nome d’Israele e che siete usciti dalla sorgente di Giuda”. – Is 48:1.

“Benedite Dio nelle assemblee, benedite il Signore, voi che siete della stirpe [ebraico מקור, meqòr, “sorgente”] d’Israele!”. – Sl 68:26.