L’Ecclesiaste rientra nel terzo gruppo del canone ebraico, chiamato ketuvìm (כתובים, “scritti”) o “rimanenti Scritture” (ta loipà ton biblìon).

   Senza alcun dubbio era incluso tra i libri canonici ricordati da Flavio Giuseppe (C. Apionem 1,8) e dall’apocrifo Esdra (14:42-47). La testimonianza di Flavio Giuseppe è del 95 circa E. V., quella dell’apocrifo Esdra della fine del 1° secolo E. V..

   Con tutta probabilità il libro era già noto all’apocrifo Ecclesiastico, viste le notevoli convergenze, tra cui la stessa conclusione:

Ecclesiaste 12:15

Ecclesiastico 43:27 (apocrifo)

“Ascoltiamo dunque la conclusione di tutto il discorso: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è il tutto per l’uomo”.

“Potremmo dir molte cose e mai finiremmo; ma per concludere: ‘Egli è tutto!’”. – CEI.

   Di certo è citato con la formula “sta scritto” dal fariseo Simone ben Shetach verso l’80 a. E. V.. Ed è citato dal sinedrista Baba ben Buta, sotto Erode il Grande. – Talmud Palestinese, Barakòt 7,2; Talmud Babilonese, Baba Batrha 4 a.

   Verso il 90 E. V. l’accademia rabbinica di Yamnia, nuovo centro spirituale del giudaismo dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 E. V., di fronte ad alcuni dubbi sollevati su alcuni libri dalla scuola di Shammai, sancì la sacralità di Ecclesiaste e del Cantico dei Cantici, affermando: “Tutte le sante Scritture macchiano le mani; il Cantico e l’Ecclesiaste macchiano le mani” (Mishnà Iad. 3,5; Edui 5,3; Toseftà 2,14). La frase si riferisce all’uso di lavarsi le mani in segno di purificazione dopo aver toccato quei libri per non contaminarsi. I libri corrotti o non ritenuti ispirati si radiavano ed erano tolti dalla circolazione. – Cfr. Talmud Babilonese, Shab. 30 A.

   La decisione di Yamnia fu confermata da un altro raduno di anziani nel 120 circa E. V. (Talmud Palestinese, Iad. 3,5) e tale decisione non fu mai revocata, nonostante i dubbi e le discussioni sorte tra il 150 e il 250 E. V.. Le decisioni precedenti non erano una novità, ma solo la codificazione di una tradizione anteriore.

   L’Ecclesiaste, essendo un invito gioioso a godere serenamente la vita e i frutti del proprio lavoro, era letto durante la liturgia della Festa delle Capanne (Festa dei Tabernacoli), una delle tre maggiori festività dell’anno, celebrata al tempo della raccolta autunnale e in ricordo della dimora degli ebrei nel deserto. Si svolge dal 15 al 22 del settimo mese (tishrì; settembre-ottobre), a chiusura dell’anno economico o civile (Es 23:16;34:22; Lv 23:33-43; Nm 29:12-38; Nee 8:14,15). In Gv 7:2 è detta σκηνοπηγία (skenopeghìa), “innalzamento di tende”. In ebraico si chiama הסכות חג (khag hasukòt), “Festa delle Capanne”. Questa Festa era caratterizzata da sacrifici, danze, suoni di tromba, libagioni e luminarie notturne. Sapendo questi particolari ha più significato l’intervento di Yeshùa al termine di quella Festività: “Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: ‘Se qualcuno ha sete, venga a me e beva’”, “Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: ‘Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita’”. – Gv 7:37;8;12.

   Dagli ebrei l’Ecclesiaste passò agli ebrei discepoli di Yeshùa, che lo mantennero come libro sacro, anche se di fatto non vi sono sue citazioni esplicite nelle Scritture Greche. Tuttavia, vi si trovano delle allusioni:

 

“Vanità delle vanità, dice l’Ecclesiaste, vanità delle vanità, tutto è vanità”, “Una generazione se ne va, un’altra viene, e la terra sussiste per sempre. Anche il sole sorge, poi tramonta, e si affretta verso il luogo da cui sorgerà di nuovo” – Ec 1:2,4.5. “La creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà”. – Rm 8:19,20-
“Del resto, figlio mio, sta’ in guardia: si fanno dei libri in numero infinito; molto studiare è una fatica per il corpo”. – Ec 12:14. “Tutto ciò si vedrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini”. – Rm 2:16.“Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male”. – 2Cor 5:10.
“Bada ai tuoi passi quando vai alla casa di Dio e avvicìnati per ascoltare, anziché per offrire il sacrificio degli stolti, i quali non sanno neppure che fanno male”. – Ec 5:1. “Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole”. – Mt 6:7.