Pare che lungo il Vangelo scritto di Marco gli scribi abbiano introdotto delle modifiche per meglio assimilarlo a Matteo e Luca. Alcune di queste aggiunte sembrano suggerire l’esistenza di due edizioni di Marco: quella del testo alessandrino e quella del testo di Cesarea (utilizzata da Matteo e da Luca). Questo spiegherebbe come mai Mt e Lc possano accordarsi tra loro nell’uso di Mr  e nel contempo accordarsi contro il testo alessandrino del Mr attuale.

   In quanto all’inizio di Mr (1:1), ci si deve domandare se sia esatta la lezione “Inizio del vangelo di Gesù Cristo” oppure la lezione “Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. Quest’ultima lezione appare in א (codice sinaitico), nel Corideto e in Origène. I manoscritti più importanti l’hanno. Mentre la parola “cristo” sottolinea il messia o consacrato che salva Israele, il termine “figlio di Dio” specifica il re messianico intronizzato da Dio e riconosciuto da Dio come suo “figlio”. Il primo titolo (“cristo”) lo identifica come salvatore dei giudei: “Il sommo sacerdote lo interrogava, dicendogli: ‘Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?’ Quindi Gesù disse: ‘Lo sono’” (Mr 14:61,62, TNM). Il secondo titolo (“figlio di Dio”) orienta verso una salvezza più generale ed era meglio comprensibile ai pagani che già usavano il termine per i loro eroi e i loro re. Il valore e il numero dei manoscritti pro o contro una delle due lezioni non permette di decidere quale accogliere. Va poi osservato che i nomi propri sono abbreviati nei manoscritti, quindi la lezione lunga doveva essere scritta più o meno così: εὐαγγελίου ἰοῦχοῦυοῦθοῦ (euanghelìu iùchùüùthù), creando una certa confusione nel trascrittore. Va anche ricordato che il titolo lungo spiega bene il contenuto del Vangelo che presenta Yeshùa come figlio di Dio nei punti più salienti dello scritto: trasfigurazione, condanna, uccisione. Il versetto 1 è quindi da considerarsi come il titolo dello scritto, uno di quei “primi elementi degli oracoli di Dio” (Eb 5:12). Tale titolo vuole solo dire che lo scritto di Marco è un’iniziale presentazione succinta della buona notizia per ottenere la conversione delle persone.

   Finale di Marco. Questa ha suscitato un non piccolo problema di critica testuale, dato che si presenta nei codici in quattro diverse maniere:

   a) Finale mancante. In questa forma lo scritto termina in 16:8 con le parole “Esse [le donne], uscite, fuggirono via dal sepolcro, perché erano prese da tremito e da stupore; e non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura”. Così si presentano i due migliori manoscritti greci del 4° secolo: B (vaticano), א (sinaitico); così anche la versione siro-sinaitica (mss. scoperti al Sinày), alcuni manoscritti delle versioni armena, etiopica e georgiana. L’assenza dei versetti successivi è ammessa pure da Clemente, Origène, Eusebio e Girolamo.

   b) Lezione breve. Un codice parigino dell’8° secolo (L), uno del monte Athos (8°-9° secolo), il Bobiense (latino, del 5° secolo) e altri hanno questa finale dopo 16:8: “Esse [le donne] raccontarono brevemente ai compagni di Pietro quanto era stato loro detto. In seguito, lo stesso Gesù fece loro portare dall’oriente all’occidente il messaggio sacro e incorruttibile di salvezza”.

   c) Finale lunga. È quella che generalmente troviamo nelle nostre traduzioni della Bibbia. Si trova nella Vulgata latina, nei codici greci A (alessandrino, 5° secolo), C (efraimita, 5° secolo) e D (Cambridge, Beza, Cantabrigieuse, 5°-6° secolo). Questa finale narra brevemente le apparizioni di Yeshùa alla Maddalena e agli apostoli, a cui impone l’obbligo di recare la buona notizia a tutte le persone e assicura la conferma prodigiosa dello spirito santo. Si tratta della sezione 16:9-20.

   d) Finale lunghissima. È la medesima finale lunga precedente, ma con un’ulteriore aggiunta (dopo il v. 14) in cui Yeshùa rimprovera l’incredulità degli apostoli. Si legge nel codice W (Washington) detto anche codice Freer (4°-5° secolo): “E questi dissero a loro difesa: ‘Questo secolo di incredulità e di iniquità è sotto il dominio di Satana che non permette a coloro che stanno sotto il giogo degli spiriti impuri di conoscere la verità e la potenza di Dio. Rivela dunque da questo momento la tua giustizia’. Ecco quanto essi dicevano al Cristo. E il Cristo rispose loro: ‘Il termine degli anni della dominazione satanica è completo; tuttavia, altre cose terribili sono vicine. Io fui dato in balia della morte per coloro che hanno peccato, affinché si convertano alla verità e più non pecchino, affinché ereditino la gloria della giustizia spirituale e incorruttibile del cielo’”. Prosegue poi con 16:15: “E disse loro: ‘Andate per tutto il mondo […]’”.

   Come considerare queste varianti? L’ultima (d), l’aggiunta del codice Freer, essendo sola, può essere semplicemente trascurata e non accolta. Anche la finale breve di Mr (b), conservata in pochi manoscritti, non è certamente genuina e non può competere con la finale lunga. Il problema fondamentale riguarda quindi la genuinità della finale lunga (c). A favore della sua autenticità milita la maggioranza dei manoscritti greci e delle versioni cosmopolite. Il fatto poi che tale finale era già nota a Ireneo (Adv. Haer. 3,10,6) e introdotta nel Diatessaron  di Taziano fa capire che risale almeno al 2° secolo E. V.. Anche il tenore del testo, assai semplice, è ben diverso dal contenuto fantastico degli apocrifi. D’altra parte, contro la sua autenticità sorgono difficoltà non indifferenti. I due codici più antichi e più validi (א e B), con in più l’antica versione siriaca, ne mancano. Questa mancanza da sola controbilancia tutta la tradizione manoscritta degli altri codici e versioni. Anche Eusebio e Girolamo ci avvertono che “tutti i manoscritti più accurati” terminano con 16:8 (Eusebio, Quaestiones ad Marcum 1; Girolamo, Epist. 120,3). La stessa critica interna è contraria all’autenticità della finale perché manca continuità tra il v. 8 (le donne fuggono senza dire nulla) e il v. 9 (nuova apparizione alla Maddalena). Contro lo stile usuale di Marco, che ama la vivacità e i particolari, appare qui un brano puramente schematico che presenta alcune apparizioni di Yeshùa come se non vi fosse alcun altro preannuncio precedente (contro Mr 16:1-8). Presenta Maria come la donna da cui Yeshùa aveva scacciato sette demòni, quasi fosse una sconosciuta, mentre lei era stata nominata al v. 1 dello stesso capitolo. Vi appaiono anche forme stilistiche nuove e mai usate da Marco, come “Signore” (κύριος, kΰrios, in 16:19); anche la parola indicante “domenica” è diversa: al v. 2 è “[nella] prima [giornata] dei sabati” ([τῇ] μιᾷ των σαββάτων, [te] mìa ton sabbàton), mentre al v. 9 è “nella prima [giornata] di sabato” (πρώτῃ σαββάτου, prote sabbàtu). Bisogna anche osservare che il brano aggiunto è semplicemente un riassunto degli altri Vangeli scritti, specialmente di Lc. Per di più, al v. 18 appare un motivo taumaturgico (“Prenderanno in mano dei serpenti; anche se berranno qualche veleno, non ne avranno alcun male”)  che è molto simile a quello che si trova nei Vangeli apocrifi. Tutte queste ragioni militano contro la provenienza del brano da parte di Marco e, di conseguenza, contro la sua genuinità ed ispirazione. I cattolici sono generalmente favorevoli alla sua canonicità, ma occorre dire che essi sono vincolati dall’aver dichiarata ispirata (nel concilio di Trento) la traduzione latina della Vulgata che includeva pure questa finale lunga di Mr (Decreto dell’8 aprile 1546, EB 57-60); la versione ufficiale della Chiesa Cattolica (CEI) la include. Diodati la include pure. D’altra parte, è difficile pensare che lo scritto di Marco termini al v. 8, perché: 1) ci sarebbero le due profezie di apparizione (14:28 e 16:7) senza indicazione del loro avverarsi; 2) l’improvvisa finale sembra in attesa di un ulteriore completamento; 3) sembra strano che un “vangelo” (buona notizia) termini con la paura delle donne. Alcuni studiosi ipotizzano che la vera finale sia andata sfortunatamente persa; questa finale avrebbe riguardato l’apparizione di Yeshùa a Pietro (“Apparve a Cefa e quindi ai Dodici” – 1Cor 15:5) come la abbiamo in Gv 21.

   TNM, molto correttamente, include tutte le finali con un avvertimento:

 

CONCLUSIONE BREVE

Alcuni recenti manoscritti e versioni contengono dopo Marco 16:8 una conclusione breve, come segue: […]

CONCLUSIONE LUNGA

Certi antichi manoscritti (ACD) e versioni (VgSyc,p) aggiungono la seguente conclusione lunga, che è però omessa da אBSysArm: […]