Yeshùa è il messia o cristo o unto o consacrato che avvera le profezie delle Scritture Ebraiche.

   Proprio perché Messia, Matteo mette in risalto la potenza di Yeshùa manifestata anche durante la sua morte. Più volte Yeshùa profetizza la propria fine (Mt 26:2), afferma che il suo tempo è vicino (Mt 26:18), afferma che potrebbe ottenere da Dio più di dodici legioni di angeli che lo potrebbero salvare (Mt 26:53). I falsi testimoni sottolineano la potenza di Yeshùa (Mt 26:61) e Yeshùa, di fronte al sommo sacerdote, afferma di attuare in quel momento la visione danielica del “figlio dell’uomo”: “Vi dico che da ora in poi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo” (Mt 26:64; cfr. Dn 7:13,14). Prodigi straordinari accompagnano la morte di Yeshùa: terremoto, rocce spaccate, cadaveri sbalzati dalle tombe (27:51-54). Con la morte di Yeshùa si sconfigge la morte. Il Vangelo termina con l’affermazione gloriosa di Yeshùa:

Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente”. – Mt 28:18-20.

   Per far risaltare questa potenza di Yeshùa, Matteo elimina quelle espressioni che potrebbero compromettere la sua dignità:

 

“Ma quello, appena partito, si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare apertamente in città; ma se ne stava fuori in luoghi deserti”.

Mr 1:45

“Gesù gli disse: ‘Guarda di non dirlo a nessuno’”.

Mt 8:4

“[Yeshùa] disse loro: ‘Venitevene ora in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco’. Difatti, era tanta la gente che andava e veniva, che essi non avevano neppure il tempo di mangiare. Partirono dunque con la barca per andare in un luogo solitario in disparte”.

Mr

6:

31,32

“Gesù si ritirò di là in barca verso un luogo deserto, in disparte”.

Mt 14:13

“Andò incontro a loro, camminando sul mare; e voleva oltrepassarli”.

Mr 6:48

“Gesù andò verso di loro, camminando sul mare”.

Mt 14:25

“Entrò in una casa e non voleva farlo sapere a nessuno; ma non poté restare nascosto”.

Mr 7:24

“Gesù si ritirò nel territorio di Tiro e di Sidone”.

Mt 15:21

“Attraversarono la Galilea; e Gesù non voleva che si sapesse”.

Mr 9:30

“Percorrevano insieme la Galilea”.

Mt 17:22

“Veduto di lontano un fico, che aveva delle foglie, andò a vedere se vi trovasse qualche cosa”.

Mr 11:13

“Vedendo un fico sulla strada, gli si accostò, ma non vi trovò altro che foglie”.

Mt 21:19

 

Altri passi vengono da Matteo mitigati in favore di Yeshùa:

 

Tralasciata una domanda irriverente dei discepoli:

“I discepoli lo svegliarono e gli dissero: ‘Maestro, non t’importa che noi moriamo?’” Mr 4:38 “E i suoi discepoli, avvicinatisi, lo svegliarono dicendo: ‘Signore, salvaci, siamo perduti!’” Mt 8:25

Non menzionata la meraviglia di Yeshùa per l’incredulità degli ebrei:

“[Yeshùa] si meravigliava della loro incredulità”. Mr 6:6 “E lì, a causa della loro incredulità, non fece molte opere potenti”. Mt 13:58

Tolta la dichiarazione che nessuno è buono, neppure Yeshùa:

“Gesù gli disse: ‘Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio’”. Mr 10:18 “Gesù gli rispose: ‘Perché m’interroghi intorno a ciò che è buono? Uno solo è il buono’”. Mt 19:17

Omesso il giudizio dei suoi parenti che lo ritengono un esaltato:

“Dicevano [di Yeshùa]: ‘È fuori di sé’”. Mr 3:21 Mt

 

Al contrario, rimangono inalterati quei passi in cui la dignità di Yeshùa è confermata o non compromessa:

 

“Gesù, voltatosi, disse a Pietro: ‘Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo’”.

Mt 16:23

“Gesù si voltò e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: ‘Vattene via da me, Satana!’”.

Mr 8:33

“Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo”.

Mt 24:36

“Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma solo il Padre”.

Mr 13:32

“Andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: ‘Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi’”.

Mt 26:39

“Egli si staccò da loro circa un tiro di sasso e postosi in ginocchio pregava, dicendo: ‘Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta’”. – Lc 22:41,42

 

 

   Uno degli intenti fondamentali di Matteo è quello di dimostrare che la vita di Yeshùa adempie le Scritture Ebraiche. Per questo motivo nel suo Vangelo scritto ricorre come un ritornello l’espressione: “Tutto ciò avvenne affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta”. Solo per citare alcuni passi da Mt :

 

Citazione

Riferim.

“Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:”

1:22

“[…] affinché si adempisse quello che fu detto dal Signore per mezzo del profeta:”

2:15

“Allora si adempì quello che era stato detto per bocca del profeta […]”

2:17

“[…] affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti, […]”

2:23

“[…] affinché si adempisse quello che era stato detto dal profeta […]”

4:14

“[…] affinché si adempisse quel che fu detto per bocca del profeta […]”

8:17

“[…] affinché si adempisse quanto era stato detto per bocca del profeta […]”

12:17

“[…] affinché si adempisse quello che era stato detto per mezzo del profeta:

“Questo avvenne affinché si adempisse la parola del profeta:”

13:35

 

21:4

 

“Allora si adempì quello che era stato detto dal profeta […]”

27:9

 

 

   Matteo ama presentare Yeshùa come il nuovo Mosè profetizzato nel Deuteronomio: “Io [Dio] farò sorgere per loro un profeta come te [Mosè] in mezzo ai loro fratelli, e metterò le mie parole nella sua bocca ed egli dirà loro tutto quello che io gli comanderò”. – Dt 18:18.

   Ecco le similitudini che Matteo evidenzia:

 

Mosè

Rifer.

Yeshùa

Rifer.

“Il faraone diede quest’ordine al suo popolo: ‘Ogni maschio che nasce, gettatelo nel Fiume’”

Es 1:22

“Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò moltissimo, e mandò a uccidere tutti i maschi”.

Mt 2:16

“Questa donna concepì, partorì un figlio e, vedendo quanto era bello, lo tenne nascosto”.

Es 2:2

“[Giuseppe] dunque si alzò, prese di notte il bambino e sua madre, e si ritirò in Egitto”.

Mt 2:14

“Il re d’Egitto morì”.

Es 2:23

“Dopo la morte di Erode […]”

Mt 2:19

“Il Signore disse a Mosè in Madian: ‘Va’, torna in Egitto, perché tutti quelli che cercavano di toglierti la vita sono morti’”.

Es 4:19

“Àlzati, prendi il bambino e sua madre, e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che cercavano di uccidere il bambino”.

Mt 2:20

“Mosè vi salì [sul monte Sinày]”. [Gli viene data la Legge].

Es 19,20

passim

“Gesù, vedendo le folle, salì sul monte* […] insegnava loro”. “Voi avete udito che fu detto agli antichi [nella Legge] e io vi dico […]”. – Mt 5:1,2,21,22

* Matteo chiama “monte” (ὄρος, òros), richiamando forse il Sinày, quello che Lc 6:17 chiama “luogo pianeggiante” (un altopiano collinare).

 

 

   Il Vangelo scritto di Matteo inizia con le parole: “Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abraamo” (1:1). Matteo intende mostrare che Yeshùa è il consacrato (messia) tanto atteso che attua le benedizioni promesse ad Abraamo: “Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza” (Gn 22:18). Ma non solo. Matteo mostra come in Yeshùa si attuano anche le profezie delle Scritture Ebraiche. Per menzionarne solo alcune: la sua nascita a Betlemme (“da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele” – Mic 5:1); il massacro degli innocenti (“Si è udita una voce a Rama, un lamento, un pianto amaro; Rachele piange i suoi figli; lei rifiuta di essere consolata dei suoi figli, perché non sono più” – Ger 31:15); la dimora di Yeshùa in Egitto (“Chiamai mio figlio fuori d’Egitto” – Os 11:1).

   Talora Matteo non rifugge dal rendere più chiare le stesse profezie delle Scritture Ebraiche, perché ciò serve meglio al suo scopo. Michea 5:1 nel testo ebraico presenta Betlemme come “piccola per essere tra le migliaia [città] di Giuda”; la LXX traduce in greco ὀλιγοστὸς εἶ  (olìgostòs ei) ovvero “minima sei”. Ma Matteo, citando il passo di Michea, lo adatta così: “Non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda” (Mt 2:6) ovveroοὐδαμῶς ἐλαχίστη εἶ  (udamòs elachìste èi), “nient’affatto più insignificante sei”. Alcuni codici hanno addirittura la lezione μὴ ὀλιγοστὸς εἶ ( olìgostòs ei) ovvero lo stesso aggettivo usato dalla LXX ma con l’aggiunta di μὴ (), “non”. Matteo, una volta morto Yeshùa, sa che Betlemme non è più la minima città nel territorio di Giuda, e corregge quel “sei la minima” in “non sei la minima”. Se ciò oggi scandalizza un occidentale, non faceva certo qualche impressione a un semita. Paolo stesso farà così, adattandole, con diverse profezie tratte dalle Scritture Ebraiche.

   Matteo presenta la comunità o congregazione dei discepoli di Yeshùa come un giudaismo perfezionato ed elevato:

  • “Finché non siano passati il cielo e la terra [ovvero fino alla fine dei tempi], neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto. Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti [della Legge] e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli”. – Mt 5:18,19.
  • La missione dei discepoli è quella indicata da Yeshùa: “Non andate tra i pagani e non entrate in nessuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto verso le pecore perdute della casa d’Israele”. – Mt 10:5,6.
  • Ciò che è santo non deve essere dato ai non ebrei: “Non date ciò che è santo ai cani [i non ebrei]”. – Mt 7:6.
  • Coloro che devono fuggire nel tempo della catastrofe saranno felici se la crisi non cadrà “d’inverno” (così anche in Mr 13:18: “Pregate che ciò non avvenga d’inverno!”), ma Matteo aggiunge: “né di sabato” (Mt 24:20). Il modello di Matteo è quello del discepolo “il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie”. – Mt 13:52.

   Tuttavia va sottolineato che Matteo rivolge il suo Vangelo non solo ai giudei ma anche ai gentili o stranieri. O meglio, la buona notizia è per la salvezza, per dirla con Paolo, “del Giudeo prima e poi del Greco [i gentili o stranieri o pagani]” (Rm 1:16). Per Matteo i “figli del Regno” cui per primi spetterebbe il Regno, “saranno gettati nelle tenebre di fuori” (Mt 8:12) e il Regno “sarà dato a gente che ne faccia i frutti” (Mt 21:43). Alla morte di Yeshùa tutto il popolo dei giudei grida: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”. – Mt 27:25.

   Per Matteo, alla fine dunque il Regno spetta all’ekklesìa (ἐκκλησία). Matteo è l’unico evangelista che parla della “chiesa”. La parola ἐκκλησία (ekklesìa) è formata dal prefisso ἐκ (ek; latino ex) che significa “fuori da” e da un vocabolo tratto dalla radice del verbo καλέω (kalèo) che significa “chiamare”. L’ekklesìa è dunque il raggruppamento dei “chiamati fuori” ovvero un’assemblea. Ha lo stesso significato di “sinagoga”. La parola italiana “chiesa” è l’italianizzazione del greco ekklesìa. “Chiesa” è lo stesso che “assemblea” o “sinagoga”. Purtroppo, nell’uso comune la parola chiesa è spesso usata per indicare un edificio di culto, cosa del tutto non conforme all’uso biblico. Per questo motivo è preferibile evitare la parola “chiesa” se non ne viene specificato il senso. Meglio usare una parola più moderna, come “comunità” o “congregazione”.

   La prima volta Matteo ne parla in occasione della confessione di Pietro (16:17-19); una seconda quando spiega il  procedimento su come trattare i fratelli che peccano: il supremo giudice deve essere l’ekklesìa o assemblea (la comunità, la congregazione) con la conseguente scomunica (togliere cioè la comunione con la comunità) di colui o colei che non intende darle ascolto (18:15-18; cfr. 1Cor 5:1-6,11). Questa decisione della “chiesa” sarà confermata da Dio e da Yeshùa: “Se due di voi sulla terra si accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. – 18:19,20.

   Avendo di mira la situazione della chiesa (o congregazione) del suo tempo, Matteo presenta la preghiera modello insegnata da Yeshùa in modo più liturgico che non Luca:

 

Mt 6:9-13

Lc 11:2-4

“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano; rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno”. “Padre, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano; e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore; e non ci esporre alla tentazione”.

 

   Matteo modifica anche la proibizione assoluta del divorzio presentata da Marco aggiungendo una scappatoia: “Quando non sia per motivo di fornicazione” (19:9). Yeshùa non solo aveva confermato il comandamento “Non commettere adulterio” (Es 20:14), ma lo aveva reso più restrittivo: “Fu detto: ‘Non commettere adulterio’. Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5:27,28). Non è che Matteo abbia cambiato il pensiero di Yeshùa, no di certo; ma sotto la guida dello spirito santo lo ha compreso in modo più completo, così come corrispondente alle esigenze del tempo. Ciò era già accaduto quando lo spirito santo di Dio aveva ispirato Mosè a concedere il divorzio: “Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così”. – Mt 19:8.

   Il “Regno dei cieli” si consolida per Matteo in una società visibile, la chiesa o congregazione (che lui solo, tra gli evangelisti, ricorda). Questa congregazione ha dei poteri: “Io vi dico in verità che tutte le cose che legherete sulla terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che scioglierete sulla terra, saranno sciolte nel cielo” (18:18) ed esplica le sue azioni sulla terra in mezzo a difficoltà a prove (13:14-31;10:16-24;18:15,sgg.). Ma essa deve consistere in una comunità d’amore e di comprensione. In essa si attuano tutte le speranze dei veri israeliti circa la sovranità universale di Dio.

   Per entrare in questo Regno occorre una perfetta giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei. – 5:20.