La vivacità, il calore umano e la cordialità che pervadono la lettera antischiavista di Paolo a Filemone la rendono un piccolo capolavoro di arte epistolare.

Scopo della lettera

   Essenzialmente, le interpretazioni sullo scopo della lettera a Filemone sono due:

  1. Interpretazione tradizionale. Paolo avrebbe scritto la lettera con l’intento di riconciliare lo schiavo Onesimo, che era fuggito, con il suo padrone Filemone.
  2. Qualche studioso (J. Knox), pur senza escludere tale scopo, sostiene invece che Paolo intenderebbe soprattutto acquisire Onesimo per consacrarlo al ministero della predicazione. Per difendere il suo punto di vista, Knox presenta il fatto che Paolo non parla affatto del pentimento di Onesimo nei riguardi del suo padrone da cui era fuggito: “Paolo non dice una sola parola sul ravvedimento dello schiavo e non vi è un appello esplicito alla misericordia da parte del padrone”. – J. Knox, Philemon, among the letters of Paul, Rev. Editino, Nashville, Abingdon Press, pag. 20.

   Non è difficile respingere questa seconda ipotesi. Infatti, non si vede come Paolo potesse presentare per la predicazione una persona non ravveduta dai suoi peccati (avendo violato l’ordine sociale allora vigente). Inoltre, il ritorno di Onesimo dal suo padrone è già per se stesso un indizio di ravvedimento, di cambiamento di mente e di attitudine. Anche il silenzio sull’obbligo da parte di Filemone di perdonare era superfluo, giacché spesso Paolo aveva richiamato il principio che il credente deve perdonare, e tale principio era ben noto: “Perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi”. – Col 3:13.

   Lo studioso Knox adduce un’altra ragione, ovvero il v. 18 della lettera: “Se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me”, che egli così commenta: “Paolo chiede che il suo protetto sia ammesso alla stessa missione di cui Paolo si sente membro. Siccome il trasferimento di proprietà era normalmente richiesto per tale fatto, ecco che Paolo sottoscrive ogni debito dovuto dallo schiavo al suo padrone, pur ricordando che anche lui è debitore di se stesso a Paolo, come lo è il suo schiavo” (Ibidem, pag. 28). Però, il contesto – che non bisogna mai dimenticare – ci chiarisce perché Paolo intendesse pagare i debiti di Onesimo. Non lo fa perché desideri che lo schiavo passi in sua proprietà (di ciò nel testo non vi è una sola parola) ma perché lui stesso vuole pagare (come un padre) i debiti contratti da Onesimo con un eventuale furto commesso nel fuggire (forse per pagarsi il viaggio della fuga) e con i danni inferti al padrone con la sua fuga.

Epoca, luogo di composizione e autenticità

   Solitamente si pensa che la lettera sia stata composta unitamente a quella diretta ai colossesi, dato che lo stesso Onesimo (insieme a Tichico) la deve portare a destinazione (Col 4:7-9). Questa è anche l’opinione dei Testimoni di Geova, che datano le due lettere al 60-61 dell’E. V..

   Tuttavia, si potrebbe supporre che Onesimo dopo essere tornato come discepolo di Yeshùa da Filemone, sia stato liberato e rimandato da Paolo che era in carcere. In tal caso la lettera a Filemone avrebbe preceduto quella ai colossesi, e si spiegherebbe meglio l’elogio che Paolo fa di Onesimo come di una persona già nota ai colossesi per il suo lavoro. Tale elogio, infatti, incontrerebbe difficoltà se riferito a un convertito di recente e per di più noto solo come schiavo fuggitivo. Paolo, invece, lo definisce “il fedele e caro fratello Onesimo, che è dei vostri”. – Col 4:9.

   In quanto al luogo di composizione, alcuni suppongono che la lettera a Filemone sia stata scritta a Efeso durante una possibile prigionia di Paolo in quella città (in quanto alla possibilità di una prigionia paolina a Efeso si veda lo studio Le lettere paoline dal carcere, non da Efeso in questa stessa categoria). Efeso non era lontana da Colosse e, per di più, aveva il tempio di Artemide, il quale rappresentava uno dei più sicuri luoghi d’asilo per i fuggitivi. Sarebbe stato quindi facile per lo schiavo raggiungere la metropoli vicina senza cadere nelle mani della polizia alla ricerca di schiavi fuggitivi. In questo caso sarebbe anche più comprensibile il suggerimento di Paolo: “Preparami un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi restituito”. – Flm 22.

   È comunque più probabile che anche la lettera a Filemone sia stata scritta a Roma; prima di quella ai colossesi, anziché nella stessa data come molti pensano. Che Onesimo possa essere fuggito nella lontana Roma si comprende con il fatto che gli imbarchi clandestini erano abbastanza facili per uno schiavo; l’Urbe presentava poi maggior protezione nella massa enorme degli schiavi sempre pronti a proteggere e ad aiutare un loro compagno fuorilegge. A favore della composizione della lettera a Roma c’è anche il fatto che i saluti comprendono persone, come Luca, che non furono a Efeso con Paolo, ma che trascorsero con l’apostolo gli anni della sua prigionia romana.

   Lo schiavo Onesimo avrebbe cercato aiuto presso Paolo, amico del padrone Filemone, pensando di trovare il lui un protettore. Convertito a Yeshùa, Onesimo fu rinviato da Paolo al suo padrone. E questi, attenendosi al desiderio dell’apostolo, lo rimise in libertà rimandando da Paolo, suo padre spirituale.

   L’autenticità della lettera, garantita dal suo carattere personale, è universalmente riconosciuta oggi come nel passato. È attestata dal Frammento Muratoriano, da Tertulliano e da Marcione.

   I modi forti e singolari della sintassi paolina equivalgono quasi a una firma. È una lettera di raccomandazioni come tante altre che troviamo presso Plinio e Cicerone, ma qui batte tutto il cuore di Paolo, vale a dire la sua impetuosa umanità alla luce dell’amore dei discepoli di Yeshùa.

 

 

Contenuto

 

Lo schema della lettera è molto semplice:

1

Prologo con indirizzo;

1-3

Rendimento di grazie

4-7

2

Corpo della lettera contenente la petizione in favore di Onesimo

8-22

3

Raccomandazioni e saluti

23-25