Vita del discepolo risorto con Yeshùa (3:1-17).

   In 3:1-4 abbiamo un’esortazione generale: “Cercate le cose di lassù” (v. 1), “Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra” (v. 2), “Quando Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete con lui manifestati in gloria” (v. 4). Questa considerazione generale serve da introduzione all’esortazione dei successivi versetti e serve da passaggio con quanto è stato detto prima, ricollegandosi particolarmente ai versi 12-15 del capitolo precedente (morte e resurrezione con il battesimo). Infatti, in 3:5 Paolo riprende il tema: “Fate dunque morire ciò che in voi è terreno”.

   Si parla della morte e resurrezione del credente, che in Col ed in Ef sono viste entrambe (anche la resurrezione, non solo la morte) come qualcosa di già attuatosi. Questo è possibile nel concetto ebraico del tempo, che guarda più alla sostanza che alla successione. Con il battesimo si è già attuata l’azione decisiva, per cui si può dire che la resurrezione del Cristo è già una realtà che compete al credente. Il concetto può essere ostico per la mente occidentale e non facilmente comprensibile. Occorre calarsi nel modo di pensare ebraico, quello biblico. Nel discepolo, secondo la Scrittura, sono già all’opera le forze del Regno che hanno fatto irruzione su questa terra, soltanto che per ora esse sono latenti e attendono la parusìa o ritorno di Yeshùa per disgelarsi completamente: “Voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (v. 3). Il pensare non è per la Bibbia solo speculativo (questo è il pensiero occidentale, derivato dalla filosofia greca). Per la Scrittura il pensare è pratico: è connesso con lo sforzo di attuare ciò che si conoscere essere vero.

   Le “cose di lassù”, “di sopra” (TNM), del v. 2 sono tutte le realtà che hanno la loro motivazione in Dio e non nell’uomo; sono le cose che corrispondono alla volontà di Dio, al Regno dei Cieli (Mt 6:33). Non si tratta di opposizione ontologica tra spirito e materia; non si tratta di religiosità, di mistica, di cultura, di sapienza. Si tratta solo delle cose volute da Yeshùa: amore, pace, umiltà, speranza, servizio e così via. Si tratta qui di due sistemi, di due modi di vivere diversi ed opposti. Uno è dettato da Yeshùa, l’altro è dettato dal nostro io.

   “Cercate le cose di lassù […] Aspirate alle cose di lassù” (vv. 1,2). TNM rende con: “Continuate a cercare le cose di sopra […] Tenete la mente rivolta alle cose di sopra”. Quest’ultima di TNM è un’ottima traduzione, davvero ottima. C’è, infatti, una progressione tra i due verbi. Il primo (ζητεῖτε, zetèite) indica la tensione, la ricerca di qualcosa di cui si conosce l’esistenza: “Continuate a cercare”. Il secondo (φρονεῖτε, fronèite) implica che la ricerca è stata coronata dal risultato, che la realtà ricercata è stata rinvenuta e che ora costituisce un punto fermo su cui organizzare i nostri pensieri: “Tenete la mente rivolta”.

   “Continuate a cercare le cose di sopra, dove il Cristo è seduto alla destra di Dio” (v. 1, TNM). Non si tratta d’idee teoriche; esse poggiano su un fatto preciso e concreto: l’esaltazione di Yeshùa alla destra di Dio, vale a dire al posto d’onore, quello in cui si poneva il viceré, colui che esercitava il potere a nome del re. A questo meraviglioso pensiero Paolo premette: “Se dunque siete stati risuscitati con Cristo”. Con la nostra nuova nascita non vi è più alcun elemento di continuità con quel che eravamo prima. – Cfr. Gv 3:1-8.

   Questa nuova vita del credente è nascosta: “La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (v. 3). Questo termine (“nascosta”) esprime tutta la problematicità della fede. Significa che non c’è alcun elemento esteriore di cedibilità, nessuna dimostrazione di questa vita nuova. Significa andare controcorrente per vocazione, per chiamata. Non in base ad una logica umana, ma poggiando sulla fede in Dio. Neppure Yeshùa volle mostrarsi con segni e miracoli quando glieli chiedevano a dimostrazione, altrimenti tutti lo avrebbero accolto. Ne deriva però che a causa di Yeshùa, “la vita nostra” (v. 4), non siamo più sottoposti alla potenza delle cose visibili. Viviamo tra realtà terrene, ci serviamo di esse, ma non diveniamo schiavi di alcuna realtà (sia essa denaro, politica, potere o altro). Guardiamo alle realtà che sono lassù. Non si tratta di isolarsi asceticamente dal mondo, ma di vivere in esso senza farne parte. “Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”. – Gv 17:15,16.

   “Quando Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete con lui manifestati in gloria” (v. 4). Solo alla parusìa o ritorno di Yeshùa la tensione presente avrà termine. Le “cose di sopra” diverranno allora la nostra realtà e saranno gli elementi del nuovo mondo.

   In questo passo l’attesa del ritorno di Yeshùa è ancora viva, ma i verbi sembrano indicare che questo evento non è più visto come imminente. Ciò lo deduciamo da un confronto con 1Ts:

1Ts 4:15

Noi viventi, i quali saremo rimasti

fino alla venuta del Signore”

Inizio del 50 E. V.

Col 3:4

“Quando Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete con lui manifestati in gloria”

56-58

E. V.

   La vera mortificazione biblica (3:5-11). La vita etica dei discepoli di Yeshùa, nella sua totalità include il contrasto tra la vecchia persona (prima del ravvedimento) e quella nuova (che ora è credente). Tutto ormai deve cambiare nella vita del discepolo o della discepola di Yeshùa. “Fate morire perciò le membra del vostro corpo che sono sulla terra” (3:5, TNM). L’espressione tradotta “le membra” è nel testo greco τὰ μέλη (ta mèle), plurale di μέλος (mèlos), numero Strong 3196, un  sostantivo neutro che significa: “membro, arto: un membro del corpo umano” (Vocabolario del Nuovo Testamento). Le “membra” costituiscono quindi le parti dell’umana natura che non obbediscono al comando ispirato di ‘tenere la mente rivolta alle cose di sopra’ (3:2). Queste membra o parti del corpo umano, come il termine “carne”, racchiudono in sé i peccati sia materiali sia spirituali in quanto non è ben distinto il confine tra materia e spirito. Infatti, Paolo dice: “Fate morire perciò le membra del vostro corpo che sono sulla terra rispetto a fornicazione, impurità, appetito sessuale, desideri dannosi e concupiscenza, che è idolatria” (3:5, TNM). Sono inclusi qui anche peccati di ordine spirituale e non strettamente carnale. “Impurità [ἀκαθαρσίαν (akatharsìan)]”  significa “sozzura, depravazione, impudicizia”. “Appetito sessuale” è una traduzione troppo specifica: il greco ha πάθος (pathos); si tratta della “passione”, che certo include l’appetito sessuale, ma non solo; qui nel contesto riguarda comunque la sfera sessuale. “Desideri dannosi e concupiscenza” sono pure peccati che hanno a che fare prima di tutto con lo spirito. Il catalogo dei peccati qui menzionati può essere integrato dal catalogo presente in Rm 1:28-31.

Col 3:5,8,9

Rm 1:28-31

NR

TNM

NR

TNM

Fornicazione

Fornicazione

Ingiustizia

Ingiustizia

Impurità

Impurità

Malvagità

Malvagità

Passioni

Appetito sessuale

Cupidigia

Concupiscenza

Desideri cattivi

Desideri dannosi

Malizia

Malizia

Cupidigia

Concupiscenza

Invidia

Invidia

Ira

Ira

Omicidio

Assassinio

Collera

Collera

Contesa

Contesa

Malignità

Malizia

Frode

Inganno

Calunnia

Parlare ingiurioso

Malignità

Malignità

Parole oscene

Discorso osceno

Calunniatori

Sussurratori

Non mentite

Non mentite

Maldicenti

Maldicenti

Sfera sessuale

Abominevoli d Dio

Odiatori di Dio

Insolenti

Insolenti

Superbi

Superbi

Vanagloriosi

Millantatori

Ingegnosi nel male

Inventori

di cose dannose

Ribelli

ai genitori

Disubbidienti

ai genitori

Insensati

Senza intendimento

Sleali

Falsi negli accordi

Senza affetti naturali

Senza affezione naturale

Spietati

Spietati

   In Col troviamo la “fornicazione” (πορνεία, pornèia), che con i tre peccati successivi riguarda la sfera sessuale: 1. “fornicazione”, 2. “impurità”, 3. “appetito sessuale”, 4. “desideri dannosi”. Sono peccati con cui la persona si allontana da Dio e da Yeshùa (che è lo sposo della congregazione, Gv 3:29). La “fornicazione” indica specialmente i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, ma include ogni atto sessuale illecito (come omosessualità e rapporti sessuali con animali). “Impurità” indica ogni altro appagamento illecito dei sensi, come anche “passione” e “desideri dannosi”. Vi si possono aggiungere le parole oscene, che sono frutto di una mente impura (“discorso osceno”, v. 8, TNM).

   Altri peccati riguardano l’amore: “concupiscenza”. Coltivare la cupidigia verso cose e persone viola la libertà altrui, ci fa venir meno nell’amore che dobbiamo al prossimo. Inoltre, ponendo con la concupiscenza cose e persone al posto di Dio, si diviene idolatri. Per questo Paolo dice: “Concupiscenza, che è idolatria”. – V. 5.

   Paolo dice che occorre mortificarsi: “Fate morire perciò le membra del vostro corpo” (v. 5, TNM). Il che costituisce una condizione necessaria e permanente per i discepoli di Yeshùa. Per due ragioni:

  1. Perché “a causa di queste cose viene l’ira di Dio” (v. 6, TNM). Alcuni codici dopo “l’ira di Dio” aggiungono: “sui figli della disubbidienza”;
  2. Perché i discepoli sono divenuti delle nuove persone con il battesimo: – V. 9.

   Questa è la vera mortificazione, non quella del corpo di cui si parla in 2:23: “Quelle cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non hanno alcun valore”.

   “Vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue opere e vi siete rivestiti del nuovo” (vv. 9,10). Il rivestimento di Yeshùa porta al livellamento di tutte le differenze di stirpe, di posizione sociale e di cultura (greco-giudeo, barbaro-sciita, schiavo-libero): “Qui non c’è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti” (v. 11). Le differenziazioni del vecchio mondo sono superate dalla nuova esistenza di discepoli di Yeshùa.

   Rinnovamento e vita spirituale (3:12-15). I versi di questa sezione sembrano riguardare i rapporti tra gli appartenenti alla congregazione.

“Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. Al di sopra di tutte queste cose rivestitevi dell’amore che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti”. – 3:12-15.

   I falsi dottori avevano di certo introdotto nella congregazione colossese del disaccordo e della tensione. Le buone qualità del discepolo di Yeshùa sono viste come capi di vestiario: “Rivestitevi”. Su questi capi va gettato, quasi fosse un mantello, l’amore che competa l’abbigliamento: “Al di sopra di queste cose rivestitevi dell’amore”. TNM non sa cogliere la finezza di Paolo che – con il linguaggio concreto degli ebrei – parla di queste buone qualità come di vestiti. Infatti, traduce: “Oltre a tutte queste cose” (v.14), nonostante il greco abbia chiaramente ἐπὶ πᾶσι δὲ τούτοις  (epì pàsi de tutois), “Su tutte poi queste cose”.

   Poco accurata è in genere la traduzione di un verbo al v. 15: “La pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori”. Similmente, TNM rende con: “La pace del Cristo domini nei vostri cuori”. Diodati rende con: “Abbia la presidenza ne’ cuori vostri la pace di Dio”. Il greco ha invece  βραβευέτω  (brabeuèto), voce del verbo βραβεύω (brabèuo), numero Strong 1018, che ha il significato di: “1) essere un arbitro, 2) decidere, determinare, 3) dirigere, controllare, regolare” (Vocabolario del Nuovo Testamento). La traduzione corretta è dunque: “La pace del Cristo faccia da arbitro nei vostri cuori”. Il senso è che “la pace” che proviene da Dio e da Yeshùa (cui si è “stati chiamati per essere un solo corpo”  – v. 15) rappacifica tutti nella congregazione, arbitrando e regolando la vita dei fedeli. Ubbidire a Yeshùa porta pace nella comunità e nei cuori dei credenti. Questi furono “chiamati in un solo corpo” (v. 15, TNM) proprio per ricevere il dono della pace: “Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e viste in me, fatele; e il Dio della pace sarà con voi” (Flp 4:9). “Il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1Ts 5:23). “Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni maniera” (2Ts 3:16). “Il Dio della pace stritolerà presto Satana sotto i vostri piedi” (Rm 16:20). “Vivete in pace”. – 2Cor 13:11.

        In quanto a “pace di Dio” (anziché “pace di Cristo”) presso Did come presso altre traduzioni, ciò è dovuto ai manoscritti. א*, A, B, C* e D* hanno “del Cristo”; אc, Cc e Dc hanno “di Dio”.

        “Siate riconoscenti” (v. 15). Meno bene traduce TNM: “Mostratevi grati”. Intanto, il greco ha γίνεσθε (ghìnesthe), “siate” (non “mostratevi”). Ma la parola chiave è la parola greca εὐχάριστοι (euchàristoi), che significa qualcosa di più che “grati”. Significa “riconoscenti” nel senso biblico di espressione di lode rivolta a Dio. Ha lo stesso significato dell’εὐχαριστοῦντες (eucharistùntes) di 1:12: “Ringraziando con gioia il Padre” (cfr. anche 3:17). Si tratta dell’espressione di lode riconoscente che viene rivolta a Dio.

        Vita comunitaria (3:16,17). Abbiamo qui uno squarcio di vita della congregazione primitiva come era nel primo secolo.

“La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l’impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali”. – V. 16.

   L’insegnamento e l’esortazione non sono affidati a incaricati particolari, ma a tutta la comunità. L’unico “ufficio” è il ministero apostolico. Tutti devono esortare a vicenda “con ogni sapienza”, esprimendo la propria gioia riconoscente con canti liturgici dettati dalla “grazia”, dallo spirito santo. “A ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune. Infatti, a uno è data, mediante lo Spirito, parola di sapienza; a un altro parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, carismi di guarigione, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza di operare miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue e a un altro, l’interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole”, “Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione”. – 1Cor 12:7-11;14:26.

   Plinio il Giovane ricorda all’imperatore Traiano che i discepoli di Yeshùa cantavano nelle loro riunioni inni (Epist. 10,9). “Siate ricolmi di Spirito, parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore”. – Ef 5:18,19.

   “Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio Padre per mezzo di lui” (v. 17). Anche fuori dal culto tutto era compiuto “nel nome del Signore Gesù”. “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio”. – 1Cor 10:31.