L’intera Bibbia, e non solo l’Apocalisse, si chiude in modo grandioso. Torna il paradiso perduto.

“Poi mi mostrò il fiume dell’acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città e sulle due rive del fiume stava l’albero della vita. Esso dà dodici raccolti all’anno, porta il suo frutto ogni mese e le foglie dell’albero sono per la guarigione delle nazioni. Non ci sarà più nulla di maledetto. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello; i suoi servi lo serviranno, vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome scritto sulla fronte. Non ci sarà più notte; non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli”. – Ap 22:1-5.

   Un fiume limpidissimo d’acqua viva sgorga dal trono divino e attraversa la città celeste. Nel paradiso terrestre “un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino” (Gn 2:10). Anche il profeta Ezechiele vide in visione un torrente che sgorgava dal tempio:

“Ecco delle acque uscivano sotto la soglia della casa … le acque uscite di là scendevano … ecco che sulla riva del torrente c’erano moltissimi alberi, da un lato e dall’altro … Queste acque si dirigono verso la regione orientale, scenderanno nella pianura ed entreranno nel mare; quando saranno entrate nel mare, le acque del mare saranno rese sane. Avverrà che ogni essere vivente che si muove, dovunque giungerà il torrente ingrossato, vivrà … tutto vivrà dovunque arriverà il torrente … Presso il torrente, sulle sue rive, da un lato e dall’altro, crescerà ogni specie d’alberi fruttiferi le cui foglie non appassiranno e il cui frutto non verrà mai meno; ogni mese faranno frutti nuovi, perché quelle acque escono dal santuario; quel loro frutto servirà di cibo, e quelle loro foglie di medicamento”. – Ez 47:1,7-12, passim.

   In Gle 3:18 abbiamo un’immagine profetica simile: “L’acqua fluirà da tutti i ruscelli di Giuda; dalla casa del Signore sgorgherà una fonte, che irrigherà”. “In quel giorno delle sorgenti usciranno da Gerusalemme … tanto d’estate quanto d’inverno”. – Zc 14:8.

   La fine dei tempi si riallaccia alle origini. All’inizio dell’umanità “Dio il Signore fece spuntare dal suolo ogni sorta d’alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l’albero della vita in mezzo al giardino” (Gn 2:9). Poi, dopo il peccato, “Dio il Signore mandò via l’uomo dal giardino d’Eden … Così egli scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via dell’albero della vita” (Gn 3:23,24). Ora quell’albero della vita è verdeggiante nel nuovo mondo. “A chi vince io darò da mangiare dell’albero della vita, che è nel paradiso di Dio”. – Ap 2:7.

   Giovanni dice che “sulle due rive del fiume stava l’albero della vita”. Come può stare un singolo albero su due rive? Probabilmente l’albero va inteso in senso collettivo; ciò corrisponderebbe alla visione di Ezechiele in cui sulle rive del torrente “da un lato e dall’altro, crescerà ogni specie d’alberi fruttiferi”.

   “L’albero della vita” nel paradiso ripristinato “dà dodici raccolti all’anno, porta il suo frutto ogni mese”, e ciò sta ad indicare la grande abbondanza che si godrà nel futuro paradiso. E non solo. “Le foglie dell’albero sono per la guarigione delle nazioni”, perché nel nuovo mondo “non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate”. – Ap 21:4.

   È detto anche che nella città “non ci sarà più nulla di maledetto”. Ciò adempie la promessa di Zc 14:11: “La gente abiterà in essa e non ci sarà più nessun interdetto; Gerusalemme se ne starà al sicuro”. Il peccato è stato tolto completamente e satana è stato distrutto.

   Nella città celeste non serve più il tempio perché “nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello”. I suoi abitanti addirittura “vedranno la sua faccia”; sulla terra ciò non era possibile poiché nessuno ‘poteva vedere il suo volto, perché l’uomo non può vederlo e continuare a vivere’ (Es 33:20). “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5:8). “Ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand’egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’egli è”. – 1Gv 3:2.

   Lo splendore di Dio è così grande che illumina in sempiterno, tanto che “non ci sarà più notte; non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà”.

   Ci sarà l’eternità di pace e felicità. La condanna riservata ai peccatori è eterna, espressa con un’immagine concreta in cui è detto che  “saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli” (Ap 20:10).  Anche agli eletti è riservata l’eternità: “Regneranno nei secoli dei secoli”.

Conclusione e autenticazione della Rivelazione

“«Queste parole sono fedeli e veritiere; e il Signore, il Dio degli spiriti dei profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra poco». «Ecco, sto per venire. Beato chi custodisce le parole della profezia di questo libro». Io, Giovanni, sono quello che ha udito e visto queste cose”. – Ap 22:6-8.

   La “rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve, e che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al suo servo Giovanni” (Ap 1:1) volge al termine e Giovanni richiama nella sua conclusione quanto aveva detto all’inizio. Il veggente di Patmos conferma di aver udito e visto ciò che ha narrato.

“Io, Giovanni, sono quello che ha udito e visto queste cose. E, dopo averle viste e udite, mi prostrai ai piedi dell’angelo che me le aveva mostrate, per adorarlo. Ma egli mi disse: «Guàrdati dal farlo; io sono un servo come te e come i tuoi fratelli, i profeti, e come quelli che custodiscono le parole di questo libro. Adora Dio!» Poi mi disse: «Non sigillare le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Chi è ingiusto continui a praticare l’ingiustizia; chi è impuro continui a essere impuro; e chi è giusto continui a praticare la giustizia, e chi è santo si santifichi ancora»”. – Ap 22:8-11.

   L’adorazione va resa solo a Dio e l’angelo vieta al veggente, che vorrebbe adorarlo, di prostrarsi. Gli angeli sono semplicemente servi di Dio, come i profeti e come lo stesso Giovanni. A Giovanni viene poi detto di non apporre i sigilli al libro profetico che ha scritto per rivelazione. Nell’apocalisse data a Daniele era stato ordinato: “Tu tieni segreta la visione, perché si riferisce a un tempo lontano” (Dn 8:26), “Tu, Daniele, tieni nascoste queste parole e sigilla il libro sino al tempo della fine … perché queste parole sono nascoste e sigillate sino al tempo della fine” (Dn 12:4,9). Ora però la fine è imminente e Giovanni non deve tenere nascosto il messaggio divino ma farlo conoscere subito alla comunità dei credenti. Era stato predetto: “Molti saranno purificati, imbiancati, affinati; ma gli empi agiranno empiamente e nessuno degli empi capirà, ma capiranno i saggi” (Dn 12:10), e ora la divisione si sta attuando e diventa chiaro chi fa parte dei giusti e chi dei malvagi. Ciascuno continui dunque lungo la sua strada: “Chi è ingiusto continui a praticare l’ingiustizia; chi è impuro continui a essere impuro; e chi è giusto continui a praticare la giustizia, e chi è santo si santifichi ancora”.

   Nell’epilogo dell’Apocalisse parlano diverse: Yeshùa glorificato, Dio, Giovanni, lo spirito e la sposa, la comunità:

 

 

Chi parla

Cosa dice

Ap 22:

Yeshùa

“Ecco, sto per venire e con me avrò la ricompensa da dare a ciascuno secondo le sue opere”.

12

Dio

“Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”.

13

Yeshùa

“Beati quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all’albero della vita e per entrare per le porte della città! Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna. Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per attestarvi queste cose in seno alle chiese. Io sono la radice e la discendenza di Davide, la lucente stella del mattino”.

14-16

Lo spirito

e la sposa

“Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni». E chi ode, dica: «Vieni». Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita”.

17

Giovanni

“Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell’albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro”.

18,19

Yeshùa

“Colui che attesta queste cose, dice: «Sì, vengo presto!»”.

20a

La comunità

“Amen! Vieni, Signore Gesù!”.

20b

Giovanni

“La grazia del Signore Gesù sia con tutti”.

21

 

   Yeshùa. Il glorioso Yeshùa promette di venire presto, usando le parole di Is 40:10: “Ecco il Signore, Dio, viene con potenza”. Yeshùa chiama beati quelli che sono pronti per il gran giorno, “quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all’albero della vita e per entrare per le porte della città”. Yeshùa esclude però categoricamente i peccatori, chiamandoli “cani”. Questa parola era usata dagli orientali come ingiuria, essendo il cane considerato un animale impuro (cfr. Mt 7:6;15:26; 2Pt 2:22). Con i “cani” Yeshùa esclude altri malvagi, elencandoli. Confermando che la rivelazione che Giovanni ha esposto è veritiera, spiega che l’angelo che ha mandato è per fare da testimone. Yeshùa afferma di sé: “Io sono la radice e la discendenza di Davide, la lucente stella del mattino”. In questo modo Yeshùa applica a sé due antiche promesse delle Scritture Ebraiche:

       La radice di Davide. “Un ramo uscirà dal tronco d’Isai [Iesse, padre di Davide (Rut 4:17)], e un rampollo spunterà dalle sue radici. Lo Spirito del Signore riposerà su di lui: Spirito di saggezza e d’intelligenza, Spirito di consiglio e di forza, Spirito di conoscenza e di timore del Signore”. – Is 11:1,2; cfr. Rm 1:3,4; 2Tm 2:8.

Discenda di Davide. “Il Cristo è Figlio di Davide”. – Mr 12:35.

       La lucente stella del mattino. C’è forse qui un richiamo a Nm 24:17: “Un astro sorge da Giacobbe”.

   Dio. L’Onnipotente, cui tutto e tutti fanno capo, non ha bisogno di dare ulteriori garanzie: egli è “l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”. Questa solenne e tremenda dichiarazione, che segue la promessa di venire presto fatta da Yeshùa, dice nel contempo la strettissima unione tra il Padre e il Figlio. Lo aveva già detto Yeshùa: “Io e il Padre siamo uno”. – Gv 10:30.

   Lo spirito e la sposa. La sposa è la comunità dei credenti riscattati; lo spirito allude a ciò che dissero i profeti, ispirati dallo spirito divino. L’invocazione «Vieni» è fatta propria e tutti coloro che la odono vengono inviati a ripeterla, con l’invito a dissetarsi gratuitamente con l’acqua della vita.

   Giovanni. Il veggente che ha ricevuto la rivelazione se ne fa nuovamente garante e ammonisce severamente di non modificarne il contenuto. Si tratta della parola di Dio. “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla, ma osserverete i comandamenti del Signore vostro Dio” (Dt 4:2). Chi trasgredirà si vedrà applicata la legge del taglione. Il veggente chiude augurando che “la grazia del Signore Gesù sia con tutti”, come aveva fatto all’inizio, in Ap 1:4, con la differenza che all’inizio aveva augurato “grazia a voi” (χάρις ὑμῖν) e alla fine augura che tale grazia rimanga su di loro: ἡ χάρις τοῦ κυρίου Ἰησοῦ (e chàris tù kyrìu Iesù), “la grazia del Signore Yeshùa [sottinteso: “sia”]. Anche Paolo terminata così le sue lettere.

   La comunità. La chiesa tutta aderisce completamente a quando detto pronunciando il suo “Amen!”. Tutta insieme invoca poi: “Vieni, Signore Gesù!”. Questa era l’invocazione usata dalla chiesa primitiva. Giovanni la dice in greco: ἔρχου, κύριε Ἰησοῦ (èrchu kýrie Iesù), “vieni, o signore Yeshùa!”. Paolo la dice in aramaico traslitterato in greco: Μαρὰν ἀθά (Maràn athà, 1Cor 16:22). Gli accenti posti sulla trascrizione greca appartengono al testo critico di Westcott e Hort; i manoscritti non recano mai gli accenti e le parole vi sono scritte tutte attaccate, senza spazi separatori. La traslitterazione dall’aramaico in greco potrebbe quindi essere Maràna tha (= “O Signore nostro, vieni!”) oppure Maràn athà (= “Il nostro Signore viene” o “Il nostro Signore è venuto”). Il testo critico di Westcott & Hort ha scelto la seconda possibilità. Così anche i testi critici di Tischendorf, di Tregelles e di Merk. Il testo critico di Nestle-Aland preferisce Μαρανα θα (Marana tha), che scrive non accentato. A giudicare dall’espressione giovannea ἔρχου, κύριε Ἰησοῦ, Μαρανα θα (èrchu kýrie Iesù, Marana tha = “O Signore nostro, vieni!”), questa sembra la lezione più corretta.