“Melchisedec, re di Salem . . . Egli era sacerdote del Dio altissimo” (Gn 14:18). Questo passo, che è riferito al 20° secolo a. E. V., non solo indica il nome più antico di Gerusalemme (Salem) ma è anche il primo accenno storico alla città, di cui non si hanno notizie anteriori, se non quelle desunte dalle tavolette di Tell el-Amarna, che furono scritte da regnanti cananei, alcune delle quali indirizzare al capo di Urusalim (nome accadico di Gerusalemme); poiché tali lettere furono scritte prima che gli ebrei conquistassero Canaan, l’antica Salem (poi Gerusalemme) fu sotto dominazione straniera nel periodo (circa cinque secoli) che va da Abraamo alla conquista israelita della Terra Promessa. Dopo la conquista, “quanto ai Gebusei che abitavano in Gerusalemme, i figli di Giuda non riuscirono a scacciarli; e i Gebusei hanno abitato con i figli di Giuda in Gerusalemme” (Gs 15:63; cfr. Gdc 1:21). La convivenza mista di giudei e gebusei a Gerusalemme si protrasse per circa 400 anni, tanto che perfino nella Bibbia la città di Gerusalemme è chiamata qualche volta “Gebus, che è Gerusalemme”. – Gdc 19:10-12; 1Cron 11:4,5.

   Fu per volere divino che Davide fece di Gerusalemme la capitale:

“[Davide] disse: ‘Benedetto sia il Signore, Dio d’Israele, il quale di sua propria bocca parlò a Davide mio padre, e con la sua potenza ha adempiuto quanto aveva dichiarato dicendo: ‘Dal giorno che feci uscire il mio popolo Israele dal paese d’Egitto, io non scelsi alcuna città, fra tutte le tribù d’Israele, per costruire là una casa, dove il mio nome dimorasse; e non scelsi alcun uomo perché fosse principe del mio popolo Israele; ma ho scelto Gerusalemme perché il mio nome vi dimori, e ho scelto Davide per regnare sul mio popolo Israele’”. – 2Cron 6:4-6; cfr. 2Cron 7:12.

   La decisione davidica di fare di Gerusalemme la capitale ebraica suscitò derisione nei gebusei, che dissero a Davide, con sarcasmo: “’Tu non entrerai qua; perché i ciechi e gli zoppi ti respingeranno!’ Volevano dire: ‘Davide non entrerà mai’” (2Sam 5:6). “Ma Davide prese la fortezza di Sion [la cittadella di Gerusalemme], che è la città di Davide. Davide disse in quel giorno: ‘Chiunque batterà i Gebusei giungendo fino al canale e respingerà gli zoppi e i ciechi che sono gli avversari di Davide…’. Da questo ha origine il detto: ‘Il cieco e lo zoppo non entreranno nel tempio’. Davide abitò nella fortezza e la chiamò Città di Davide; e vi fece delle costruzioni intorno, cominciando da Millo verso l’interno. Davide diventava sempre più grande e il Signore, il Dio degli eserciti, era con lui”. – Vv. 7-10.

   L’antica roccaforte dei gebusei ricevette così il nome di “città di Davide” e anche di “Sion”: “Sion, che è la città di Davide” (2Sam 5:7). A Davide si devono le successive costruzioni nell’area urbana e il migliorato sistema cittadino di difesa (2Sam 5:9-11; 1Cron 11:8). Era intenzione del re Davide di costruire a Gerusalemme anche il Tempio e, verso la fine del suo regno, aveva avviato perfino la preparazione del materiale necessario (1Cron 22:1,2; cfr. 1Re 6:7). Le “pietre squadrate” (1Cron 22:2, TNM) che Davide fece lavorare dai “tagliapietre” (Ibidem) e le “grandi pietre” fatte preparare poi da Salomone (1Re 5:17, TNM), “pietre costose secondo le misure, squadrate, segate con seghe per pietre” (1Re 7:9, TNM), sono ancora visibili oggi al cosiddetto Muro del Pianto a Gerusalemme.

   Dopo Davide, suo figlio Salomone fece rilevanti lavori di costruzione in Gerusalemme: la città iniziava a espandersi (1Re 3:1;9:15-19,24;11:27). Oltre al Tempio (completato nel 1007 a. E. V.) con tutta la sua area (2Cron 3:1; 1Re 6:37,38;7:12), Salomone edificò grandiosi edifici: il palazzo reale, la casa detta “Foresta del Libano”, il portico a colonne e il portico del trono (chiamato “Portico del giudizio”) dove amministrava la giustizia:

“Poi Salomone costruì il suo palazzo, e lo terminò interamente in tredici anni. Costruì la casa detta: ‘Foresta del Libano’; era di cento cubiti di lunghezza, di cinquanta di larghezza e di trenta d’altezza. Era basata su quattro ordini di colonne di cedro, sulle quali poggiava una travatura di cedro. Un soffitto di cedro copriva le camere che poggiavano sulle quarantacinque colonne, quindici per fila. C’erano tre file di camere, le cui finestre si trovavano le une di fronte alle altre lungo tutte e tre le file. Tutte le porte con i loro stipiti e architravi erano quadrangolari. Le finestre delle tre file di camere si trovavano le une di fronte alle altre, in tutti e tre gli ordini. Fece pure il portico a colonne, che aveva cinquanta cubiti di lunghezza e trenta di larghezza, con un vestibolo davanti, delle colonne, e una scalinata sul davanti. Poi fece il portico del trono dove amministrava la giustizia, che fu chiamato: ‘Portico del giudizio’; lo ricoprì di legno di cedro dal pavimento al soffitto. La sua casa, dove abitava, fu costruita nello stesso modo, in un altro cortile, dietro il portico. Fece una casa dello stesso stile di questo portico per la figlia del faraone, che egli aveva sposata”. – 1Re 7:1-8.

   Dopo la divisione del regno, nel 977 a. E. V., Gerusalemme continuò a essere la capitale del Regno di Giuda o Regno del Sud. Sacerdoti e leviti si trasferirono a Gerusalemme (2Cron 11:1-17). Nel primo lustro dopo la morte di Salomone, il faraone egizio Sisac (chiamato Sheshonk I nei documenti egizi) prese i tesori del Tempio, nel 972 a. E. V., sebbene Gerusalemme non subisse la completa rovina. – 1Re 14:25,26; 2Cron 12:2-12.

   In seguito ci fu un tentativo, non riuscito, di assediare Gerusalemme da parte del secessionista Regno di Israele o Regno del Nord (1Re 15:17-22). Fu poi la volta di un’alleanza arabo-filistea, che la invase e la saccheggiò (2Cron 21:12-17). Poi, “l’esercito dei Siri . . . venne in Giuda e a Gerusalemme” e probabilmente riuscì a penetrare in città (2Cron 24:20-25). Toccò poi al Regno d’Israele invadere il Regno di Giuda: “Giuda rimase sconfitto da Israele, e quelli di Giuda fuggirono, ognuno alla sua tenda . . . Ioas, re d’Israele, fece prigioniero, a Bet-Semes, Amasia, re di Giuda . . . lo condusse a Gerusalemme, e fece una breccia di quattrocento cubiti [=180 m] nelle mura di Gerusalemme . . . Prese tutto l’oro e l’argento e tutti i vasi che si trovavano nella casa di Dio [il Tempio] . . . e i tesori della casa del re; prese pure degli ostaggi, e se ne tornò a Samaria [capitale del Regno d’Israele” (2Cron 25:22-24). La città santa fu poi fortificata sotto il re giudeo Uzzia: “Uzzia costruì pure delle torri a Gerusalemme” (2Cron 26:9), “Fece fare, a Gerusalemme, delle macchine inventate da esperti per collocarle sulle torri e sugli angoli, per scagliare saette e grosse pietre” (2Cron 26:15); suo figlio “costruì anche delle città nella regione montuosa di Giuda, e dei castelli e delle torri nelle foreste” (2Cron 27:4). Grazie al fedele re Ezechia, l’area del Tempio fu purificata e restaurata; egli ordinò di celebrare la Pasqua, invitando a Gerusalemme tutti, inclusi gli israeliti del Regno del Nord (2Cron 29:1-5,18,19;30:1,10-26). Dopo che gli assiri ebbero conquistato il Regno di Israele nel 720 a. E. V., invasero il Regno di Giuda, nel 712 a. E. V.: “Dopo queste cose e questi atti di fedeltà di Ezechia, Sennacherib, re d’Assiria, venne in Giuda, e cinse d’assedio le città fortificate, con l’intenzione d’impadronirsene”. – 2Cron 32:1.

“Sennacherib, re d’Assiria, mentre stava di fronte a Lachis con tutte le sue forze, mandò i suoi servitori a Gerusalemme per dire a Ezechia, re di Giuda, e a tutti quelli di Giuda che si trovavano a Gerusalemme: ‘Così parla Sennacherib, re degli Assiri: In chi confidate voi per rimanervene così assediati in Gerusalemme? Ezechia v’inganna per ridurvi a morir di fame e di sete, quando dice: Il Signore, nostro Dio, ci libererà dalle mani del re d’Assiria! . . .  Non sapete voi quello che io e i miei padri abbiamo fatto a tutti i popoli degli altri paesi? Gli dèi delle nazioni di quei paesi hanno forse potuto liberare i loro paesi dalla mia mano? Qual è fra tutti gli dèi di queste nazioni che i miei padri hanno sterminate, quello che abbia potuto liberare il suo popolo dalla mia mano? Potrebbe il vostro Dio liberarvi dalla mia mano? Ora Ezechia non v’inganni e non vi svii in questa maniera; non gli prestate fede! Poiché nessun dio d’alcuna nazione o d’alcun regno ha potuto liberare il suo popolo dalla mia mano o dalla mano dei miei padri; quanto meno potrà il Dio vostro liberare voi dalla mia mano!’”. – 2Cron 32:9-15.

   Con grande tattica militare, Ezechia si era già preparato all’assedio assiro: “Quando Ezechia vide che Sennacherib era giunto e si proponeva di attaccare Gerusalemme, deliberò . . . di turare le sorgenti d’acqua che erano fuori della città . . .  turarono tutte le sorgenti e il torrente che scorreva attraverso il paese. ‘Perché’, dicevano essi, ‘i re d’Assiria, venendo, dovrebbero trovare abbondanza d’acqua?’ Ezechia prese coraggio; e ricostruì tutte le mura dov’erano diroccate, rialzò le torri, costruì l’altro muro di fuori, fortificò Millo nella città di Davide, e fece fare una gran quantità d’armi e di scudi” (2Cron 32:2-5).  Nello stesso tempo provvide acqua per Gerusalemme: “Ezechia fu colui che turò la sorgente superiore delle acque di Ghion e le convogliò giù direttamente attraverso il lato occidentale della città di Davide” (2Cron 32:30). Dio stesso aveva assicurato:

“Così parla il Signore riguardo al re d’Assiria:

Egli non entrerà in questa città,

e non vi lancerà freccia;

non l’assalirà con scudi,

e non alzerà trincee contro di essa.

Egli se ne tornerà per la via da cui è venuto,

e non entrerà in questa città, dice il Signore.

Io proteggerò questa città per salvarla,

per amor di me stesso e per amor di Davide, mio servo’”. – 2Re 19:32-34.

   “Quella stessa notte l’angelo del Signore uscì e colpì nell’accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini; e quando la gente si alzò la mattina, erano tutti cadaveri. Allora Sennacherib re d’Assiria tolse l’accampamento, partì e se ne tornò a Ninive, dove rimase”. – 2Re 19:35,36.

   In seguito, nonostante fossero aumentate le mura cittadine, i giudei peggiorarono nella loro infedeltà alla Legge di Dio (2Cron 33:1-9,14). Alla fine il Regno di Giuda diventò vassallo della Babilonia. Quando i giudei cercarono di ribellarsi, Gerusalemme fu prima assediata, poi invasa e saccheggiata; il re e i notabili della città furono deportati (2Re 24:1-16; 2Cron 36:5-10). Come re vassallo dei babilonesi fu designato nel 597 a. E. V. il giudeo Sedechia, che poi tentò la rivolta, provocando un nuovo assedio di Gerusalemme  (2Re 24:17-20;25:1; 2Cron 36:11-14). In aiuto della città vennero delle milizie egiziane che provocarono il ritiro temporaneo degli assedianti babilonesi (Ger 37:5-10). Ma Dio aveva già decretato la punizione dei giudei per la loro infedeltà: “’Darò Sedechia, re di Giuda, e i suoi capi in mano dei loro nemici, in mano di quelli che cercano la loro vita, in mano dell’esercito del re di Babilonia, che si è allontanato da voi. Ecco, io darò l’ordine’, dice il Signore, ‘e li farò ritornare contro questa città; essi combatteranno contro di lei, la conquisteranno, la daranno alle fiamme; io farò delle città di Giuda una desolazione senza abitanti’” (Ger 34:21,22). Così, i babilonesi tornarono ad assediare Gerusalemme (Ger 52:5-11). Infine Gerusalemme fu distrutta dai babilonesi, nel 587 a. E. V., dopo un assedio che aveva provocato fame, malattie e morte. “Quando Gerusalemme fu presa . . .  Nabucodonosor re di Babilonia venne con tutto il suo esercito contro Gerusalemme e la cinse d’assedio . . . una breccia fu fatta nella città, tutti i capi del re di Babilonia entrarono” (Ger 39:1-3; cfr. 2Re 25:2-4). La città santa, ormai vinta, fu distrutta; il Tempio fu abbattuto (i suoi tesori presi come bottino) e le mura cittadine demolite; gran parte della popolazione fu portata in esilio a Babilonia. – 2Re 25:7-17; 2Cron 36:17-20; Ger 52:12-20.

   È degno di nota che i babilonesi (a differenza di quanto fecero di assiri con il Regno di Israele) non sostituirono la popolazione giudaica con altre genti. Ciò permise ai giudei di mantenere la loro identità anche dopo il loro rientro a Gerusalemme. Ancora oggi i giudei sono identificabili. Viceversa, gli israeliti (ovvero le tribù del settentrionale Regno di Israele) persero la loro identità, tanto che si parla delle tribù perdute della Casa di Israele.

   “Affinché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia [cfr. Ger 25:12;29:14;33:11] il Signore destò lo spirito di Ciro, re di Persia, il quale a voce e per iscritto fece proclamare per tutto il suo regno questo editto: ‘Così dice Ciro, re di Persia: Il Signore, Dio dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra, ed egli mi ha comandato di costruirgli una casa a Gerusalemme, che si trova in Giuda. Chiunque tra voi è del suo popolo, il suo Dio sia con lui, salga a Gerusalemme, che si trova in Giuda, e costruisca la casa del Signore, Dio d’Israele, del Dio che è a Gerusalemme. Tutti quelli che rimangono ancora del popolo del Signore, dovunque risiedano, siano assistiti dalla gente del posto con argento, oro, doni in natura, bestiame, e inoltre con offerte volontarie per la casa del Dio che è a Gerusalemme” (Esd 1:1-4). Questo decreto reale entrò in vigore nel 537 a. E. V.. Nel 536 a. E. V. furono poste le fondamenta e nel 515 a. E. V. la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme fu completata.

   Dopo 132 anni dalla distruzione babilonese di Gerusalemme, nel 455 a. E. V., Neemia ricostruì Gerusalemme (Nee 1:1). In Nee 2:11-15;3:1-32 si ha un’importante descrizione della struttura di Gerusalemme in quel tempo, specialmente delle porte cittadine. Dopo la ricostruzione, “la città era grande ed estesa; ma dentro c’era poca gente, e non si erano costruite case” (Nee 7:4). Tirando a sorte furono scelti i giudei, uno su dieci, che insieme a dei volontari andassero a popolare Gerusalemme. – Nee 11:1,2.

   Nel quarto secolo a. E. V. il macedone Alessandro il Grande invase il territorio di Giuda. Sebbene dalle cronache storiche non risulti che Gerusalemme fosse invasa da Alessandro, di certo la città passò sotto il dominio greco, però non subendo danni. Lo storico e scrittore romano (di origini ebraiche) Titus Flavius Iosephus, più noto come Giuseppe Flavio, riporta una tradizione ebraica secondo cui il sommo sacerdote andò incontro ad Alessandro che si dirigeva a Gerusalemme, mostrandogli le profezie di Daniele (Dn 8:5-7,20,21) che presagivano le conquiste elleniche. – Antichità giudaiche, XI, 326-338.

   Morto Alessandro, fu la volta dei Tolomei d’Egitto di dominare la Giudea e quindi anche Gerusalemme. Nel secondo secolo a. E. V., Antioco il Grande, re di Siria, conquistò Gerusalemme e Giuda, così la città santa fu sotto la dominazione dei seleucidi per 30 anni.

   In seguito, nel 168 a. E. V., il re di Siria Antioco IV (Epifane), cercando di ellenizzare completamente i giudei, fece qualcosa di insopportabile per loro: dedicò al dio Zeus (il dio Giove dei romani) il Tempio di Gerusalemme. Egli arrivò al punto di profanarne l’altare con sacrifici ripugnanti.

“Il re inviò un vecchio ateniese per costringere i Giudei ad allontanarsi dalle patrie leggi e a non governarsi più secondo le leggi divine, inoltre per profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare questo a Giove Olimpio . . . Grave e intollerabile per tutti era il dilagare del male. Il tempio infatti fu pieno di dissolutezze e gozzoviglie da parte dei pagani, che gavazzavano con le prostitute ed entro i sacri portici si univano a donne e vi introducevano le cose più sconvenienti. L’altare era colmo di cose detestabili, vietate dalle leggi. Non era più possibile né osservare il sabato, né celebrare le feste tradizionali, né fare aperta professione di giudaismo. Si era trascinati con aspra violenza ogni mese nel giorno natalizio del re ad assistere al sacrificio; quando ricorrevano le feste dionisiache, si era costretti a sfilare coronati di edera in onore di Dioniso. Fu emanato poi un decreto diretto alle vicine città ellenistiche, per iniziativa dei cittadini di Tolemàide, perché anch’esse seguissero le stesse disposizioni contro i Giudei, li costringessero a mangiare le carni dei sacrifici e mettessero a morte quanti non accettavano di partecipare alle usanze greche. Si poteva allora capire quale tribolazione incombesse. Furono denunziate, per esempio, due donne che avevano circonciso i figli: appesero i loro bambini alle loro mammelle e dopo averle condotte in giro pubblicamente per la città, le precipitarono dalle mura. Altri che si erano raccolti insieme nelle vicine caverne per celebrare il sabato, denunciati a Filippo, vi furono bruciati dentro, perché essi avevano ripugnanza a difendersi per il rispetto a quel giorno santissimo”. – 2Maccabei 6:1-11, CEI.

   Tutto ciò provocò la rivolta dei maccabei. Nel 165 a. E. V., dopo tre anni di combattimenti, Giuda Maccabeo riuscì a prendere la città e il Tempio. “La purificazione del tempio avvenne nello stesso giorno in cui gli stranieri l’avevano profanato, il venticinque dello stesso mese, cioè di Casleu” (2Maccabei 10:5, CEI). Ogni 25 di kislèv (che inizia dopo il tramonto del 24) del calendario ebraico si celebra da allora la festa di Khanukà (חנכה, “dedicazione”), conosciuta anche come Festa delle Luci, per commemorare la consacrazione del nuovo altare del Tempio di Gerusalemme. A questa festività partecipò anche Yeshùa: “Ebbe luogo in Gerusalemme la festa della Dedicazione [il manoscritto ebraico J22  ha qui: החנכה חג (khag hakhanukà), “festa della dedicazione”]. Era d’inverno, e Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone”. – Gv 10:22,23.

   Per difendersi contro i seleucidi, i giudei chiesero e ottennero l’aiuto di Roma nel 160 a. E. V.. “Giuda pertanto scelse Eupòlemo, figlio di Giovanni, figlio di Accos, e Giasone, figlio di Eleàzaro, e li inviò a Roma a stringere amicizia e alleanza per liberarsi dal giogo, perché vedevano che il regno dei Greci riduceva Israele in schiavitù. Andarono fino a Roma con viaggio lunghissimo, entrarono nel senato e incominciarono a dire: ‘Giuda, chiamato anche Maccabeo, e i suoi fratelli e il popolo dei Giudei ci hanno inviati a voi, per concludere con voi alleanza e amicizia e per essere iscritti tra i vostri alleati e amici’. Piacque loro la proposta” (1Maccabei 8:17-21, CEI). Gli ‘alleati e amici’ romani iniziarono così a esercitare influenza sui giudei. Intorno al 142 a. E. V. Simone Maccabeo fece di Gerusalemme la capitale e la regione giudaica sembrava autonoma: non doveva pagare tasse a una nazione straniera. Nel 104 a. E. V. Aristobulo I, sommo sacerdote di Gerusalemme, assunse addirittura il titolo di re, cosa assai strana, perché in Israele il re era soggetto all’unzione da parte del sommo sacerdote e questi era soggetto al re (i due poteri erano interindipendenti). Era un periodo di ambizioni e d’accesi contrarsi interni (tra sadducei, farisei, zeloti e altri ruppi). Il dissidio interno fu tale che divenne violento fra Aristobulo II e suo fratello Ircano. Si dovette ricorrere al giudizio di Roma. La situazione iniziò a precipitare nel 63 a. E. V., quando le truppe romane comandate da Pompeo posero l’assedio per tre mesi a Gerusalemme; dopodiché penetrarono nella città santa per reprimere le liti interne. Ala fine, ad Antipatro II, un idumeo, fu dato l’incarico di governatore romano sulla Giudea; a un maccabeo fu permesso di rimanere sommo sacerdote e etnarca di Gerusalemme. l figlio di Antipatro, Erode il Grande, fu poi nominato da Roma “re” della Giudea, sebbene non riuscisse ad assumere il controllo di Gerusalemme fino al 37/36 a. E. V..

   A Erode il Grande furono dovuti gli ampliamenti edilizi di Gerusalemme; egli seppe portare nella città prosperità; oltre al palazzo reale, costruì un teatro e una palestra (cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, XV, 424). La sua più notevole opera edilizia fu però la ricostruzione del Tempio gerosolimitano (Antichità giudaiche, XV, 380), la cui area fu alla fine grande circa il doppio dell’area del Tempio precedente. Parte del muro occidentale del cortile del Tempio, il cosiddetto Muro del Pianto, è ancora visibile oggigiorno.

   A Gerusalemme, nel 30 E. V. Yeshùa fu processato davanti al Sinedrio (Mt 26:57–27:1; Gv 18:13-27), poi portato da Pilato (Mt 27:2; Mr 15:1,16) e quindi da Erode Antipa (Lc 23:6,7), per essere alla fine rimandato da Pilato per la condanna a morte. – Lc 23:11; Gv 19:13.

   Nel 66 E. V. i giudei si ribellarono alla dominazione romana. Le milizie romane comandate da Cestio Gallo circondarono perciò Gerusalemme e attaccarono le mura del Tempio. Inaspettatamente  (e stranamente), Cestio Gallo si ritirò. Era il momento di agire e di seguire il consiglio che Yeshùa aveva dato decenni prima: “Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora quelli che sono in Giudea, fuggano sui monti; e quelli che sono in città, se ne allontanino; e quelli che sono nella campagna non entrino nella città. Perché quelli sono giorni di vendetta, affinché si adempia tutto quello che è stato scritto. Guai alle donne che saranno incinte, e a quelle che allatteranno in quei giorni! Perché vi sarà grande calamità nel paese e ira su questo popolo” (Lc 21:20-23). I discepoli di Yeshùa fuggirono da Gerusalemme e dalla Giudea, rifugiandosi a Pella, in Perea (Eusebio, Storia ecclesiastica, III, V, 3). E fecero bene. L’esercito romano tornò nel 70 E. V., più numeroso ancora, stavolta comandato da Tito. Gerusalemme era affollata per la Pasqua. L’assedio fu durissimo. Era impossibile scappare: i romani avevano posto trincee e eretto tutta una recinzione attorno alla città. Yeshùa aveva detto: “Verranno su di te [Gerusalemme, vv. 41,42 ] dei giorni nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti accerchieranno e ti stringeranno da ogni parte” (Lc 19:43). Fu oltremodo terribile. Sebbene Tito offrisse la pace, i gerosolimitani erano irremovibili. “Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi” (Lc 19:42). Chi tentava di fuggire veniva ucciso come traditore dai compatrioti. Le persone, affamate, cercarono di mangiare addirittura il fieno e il cuoio; per sfamarsi si contendevano perfino i neonati. – Cfr. Giuseppe Flavio.

   Alla fine, i soldati romani abbatterono le mura della città e invasero Gerusalemme. L’ordine di risparmiare il Tempio fu ignorato: nella loro furia i romani lo incendiarono e lo distrussero (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, VI, 250, 251; II, 426-428; VI, 354). Giuseppe Flavio parla di 1.100.000 morti; i prigionieri furono 97.000, poi venduti in Egitto (Dt 28:68) o fatti uccidere da gladiatori o da belve nelle arene romane delle province dell’impero.

   La città santa di Gerusalemme fu rasa al suolo dai romani, risparmiando solamente le torri del palazzo d’Erode e un tratto del muro occidentale, di modo che servissero da testimonianze e d’ammonimento. “Tutto il resto della cinta muraria fu abbattuto e distrutto in maniera così radicale, che chiunque fosse arrivato in quel luogo non avrebbe mai creduto che vi sorgeva una città” (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, VII, 3, 4 ). Ancora oggi è visibile a Roma l’Arco di Tito con un bassorilievo in cui è scolpita la scena di soldati romani che recano come bottino alcuni sacri arredi del Tempio che avevano distrutto.

   Fin verso il 130 E. V. la città rimase desolata, poi l’imperatore romano Adriano vi eresse una nuova città, chiamata Aelia Capitolina. Ciò fu preso come un affronto dai giudei rimasti e ci fu una nuova insurrezione, capeggiata da Simon Bar Kokeba. Nel 132-135 E. V. ci fu una nuova guerra, con la finale e definitiva vittoria dei romani, che impedirono per i successivi due secoli l’accesso in Gerusalemme agli ebrei.

   Nel 4° secolo la madre di Costantino il Grande, Elena, andò Gerusalemme e v’identificò molti luoghi considerati santi. Nel 614 Gerusalemme fu conquistata dai persiani sasanidi che fecero strage della popolazione. Gerusalemme fu riconquistata da Eraclio I di Bisanzio, nel 629. Venne quindi il tempo della conquista musulmana e la città si arrese nel 637 a un califfo, rimanendo poi amministrata da califfi di Damasco e di Bagdad. Verso la fine del 7° secolo vi fu edificata una moschea nei pressi dell’antica area del Tempio, chiamata Cupola della Roccia.

   Nel 972 Gerusalemme fu presa da califfi/Imàm. Nel 1076 passò ai turchi.  Nel 1099, dopo l’occupazione dei crociati, divenne capitale del Regno Latino di Gerusalemme. Nel 1187 fu conquistata di nuovo dai musulmani con Saladino; da allora fu sotto la dominazione musulmana fino a quella dei mamelucchi. Gerusalemme rimase mamelucca fino al 1517, quando l’Egitto e la Siria vennero occupati dal sultano ottomano Selim I. Il dominio ottomano durò fino al novembre del 1917, quando fu occupata dai britannici comandati dal generale E. Allenby. Gerusalemme fu quindi dichiarata capitale del Mandato Britannico della Palestina con il trattato di Versailles.

   Nel 1948 ci fu la guerra arabo-israeliana, che i giudei chiamano “guerra d’indipendenza” e gli arabi “catastrofe”. L’intento islamico era di impedire la nascita dell’autoproclamato Stato di Israele. Fino al ritiro britannico, che avvenne il 14 maggio 1948, si trattò essenzialmente di una guerra civile tra ebrei e arabi di Palestina: il conflitto rimase a livello di guerriglia (anche perché erano presenti le forze britanniche). Alla partenza dei britannici, gli ebrei proclamarono la nascita di Israele mentre truppe provenienti da Egitto, Transgiordania, Siria, Libano e Iraq, insieme a corpi di spedizione minori provenienti da altri paesi arabi, penetrarono nella Palestina cisgiordana. Fu davvero guerra; gli scontri terminarono nei primi mesi del 1949.

    Finalmente, nel 1949, l’Assemblea Generale dell’O.N.U. proclamò l’internazionalizzazione di Gerusalemme, sotto il controllo della stessa O.N.U., per favorire la convivenza di cristiani, musulmani e ebrei. Mentre gli ebrei accettarono il piano di ripartizione della Palestina in due stati (ebraico uno e arabo l’altro), i palestinesi e il resto del mondo arabo e islamico lo respinsero. Nessuno voleva rinunciare alla città santa, così le forze ebraiche e quelle arabe giordane occuparono Gerusalemme: le prime occuparono il settore occidentale della città e le seconde la sua parte orientale. Nel 1950 gli israeliani scelsero Gerusalemme quale capitale del nuovo Stato d’Israele. Dopo la guerra dei sei giorni, con un decreto approvato dal Parlamento israeliano (Knèset) fu dichiarata, il 30 luglio 1980, l’annessione ufficiale del settore giordano di Gerusalemme e la sua proclamazione a capitale “unita e indivisibile” di Israele.