“Mentre era in cammino con i suoi discepoli Gesù entrò in un villaggio e una donna che si chiamava Marta lo ospitò in casa sua. Marta si mise subito a preparare per loro, ed era molto affaccendata. Sua sorella invece, che si chiamava Maria, si era seduta ai piedi del Signore e stava ad ascoltare quel che diceva.

   Allora Marta si fece avanti e disse:

   – Signore, non vedi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille di aiutarmi!

   Ma il Signore le rispose:

   – Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose! Una sola è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via”. – Lc 10:38-42, PdS.

   Luca ha una predilezione per le donne che hanno un ruolo importante nel Vangelo. Quello di Luca è anche detto “il Vangelo delle donne”. Basti ricordare la nascita di Yeshùa dove sono poste in rilievo le figure di Miryàm, della profetessa Anna e di Elisabetta. Ma anche in seguito Luca ricorda le donne discepole: “Con lui vi erano i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti maligni e da malattie: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, l’amministratore di Erode; Susanna e molte altre che assistevano Gesù e i dodici con i loro beni” (Lc 8:2,3). In diversi luoghi del Vangelo lucano le donne hanno un posto di rilievo: la peccatrice (7:36-50), la vedova di Nain (7:11-17), la donna che esulta di gioia all’udire Yeshùa (11:27), le donne che a Gerusalemme piangono per Yeshùa (23:27), le due sorelle Marta e Maria. – 10:38-42.

   Qualche studioso ha addirittura ipotizzato che la fonte di questi racconti sia stata una donna che, senza essere femminista e senza nascondere i difetti delle donne, cercava di sottolinearne l’importanza. Anche se ciò è solo ipotesi, ci dice quanto la predilezione di Luca per le donne venga notata. Che i racconti muliebri riferiti da Luca possano aver avuto per origine una donna, merita comunque di essere studiato più a fondo.

   Qualcuno ipotizza anche che una donna si celi nel acconto dei due discepoli di Emmaus: “Due di loro se ne andavano in quello stesso giorno a un villaggio di nome Emmaus. […]. Uno dei due, che si chiamava Cleopa […]”  (Lc 24:13,18). Uno, dunque si chiamava Cleopa, da identificarsi probabilmente con il Cleopa di Gv 19:25, marito di Maria, una testimone della morte di Yeshùa: “Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena”. Questa Maria, moglie di Cleopa, sarebbe il secondo discepolo innominato. L’identificazione è però molto discutibile.

   È certo, in ogni caso, che Luca eleva il posto della donna nella congregazione dei discepoli.

   Che dire dell’ambiente di Marta e Maria? Qualche esegeta ha supposto che il racconto sia un inserimento successivo della chiesa dei discepoli, dato che l’attitudine delle due sorelle sarebbe inconcepibile in ambiente giudaico, dove l’assenza di un uomo (marito, padre, fratello, zio) diventava scandalosa. I rabbini proibivano alle donne di ricevere visite di maschi in assenza d’un parente maschio. Esempio stupendo per i rabbini era la madre dei sette martiri che non abbandonò mai la casa paterna e che non volle mai ricevere visite di maschi neppure in presenza dei genitori (2Maccabei 7). In campagna c’era più libertà, ma anche lì non si usava ricevere maschi in casa. Per di più, una donna giudea non avrebbe potuto essere facilmente proprietaria di una casa: sposata o no, ella viveva sotto la dipendenza di un uomo. Di solito si sposava all’età di 14 anni, massimo 16. Anche le vedove di solito si risposavano, a meno di essere troppo vecchie e non poter avere figli. Così si è ipotizzato che se Maria era nubile doveva avere meno di 16 anni, a meno che fosse una prostituta; e Marta, pur essendo nel pieno delle forze, poteva già essere vedova o divorziata. Alcune di queste ipotesi potrebbero contenere una qualche verità.

   Un uomo, comunque, doveva pur esserci. E, infatti, c’era. Era il loro fratello, menzionato in altra occasione: “C’era un ammalato, un certo Lazzaro di Betania, del villaggio di Maria e di Marta sua sorella. […] Lazzaro, suo fratello, era malato. Le sorelle dunque mandarono a dire a Gesù: ‘Signore, ecco, colui che tu ami è malato’”. – Gv 11:1-3.

   Perché Luca non menziona il loro fratello Lazzaro? Luca, con la sua descrizione, intende presentare le due sorelle come esempio per le matrone greche e romane che, avendo maggiore libertà di azione, dovevano comportarsi secondo il modo di agire delle due sorelle.

   Si sa che il nubilato deciso liberamente e l’indipendenza delle donne furono una conquista particolare della prima congregazione dei discepoli di Yeshùa. Probabilmente Marta era una vedova e Maria un’adolescente sognatrice che viveva con la sorella e il fratello. Non c’è quindi nessuna seria ragione per ritenere il racconto un’aggiunta posteriore fatta dalla chiesa dei discepoli. Il racconto è genuino, come tutta la Bibbia.

   Dall’insieme dei Vangeli risulta che Yeshùa era di casa nella famiglia di Marta e Maria a Betania. Questo risulta da vari episodi di cui si può tentare un probabile ordine cronologico:

“Gesù entrò in un villaggio; e una donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua. Marta aveva una sorella chiamata Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola”.

Segue una discussione sul servizio da offrire a Dio.

Lc 10:38-42

Incontro di Yeshùa con Marta e Maria

e resurrezione del loro fratello Lazzaro.

Gv 11:20-44

Cena in casa loro e unzione di Yeshùa da parte di Maria.

Gv 12-1-8

   Quando Giovanni parla delle due sorelle non dimentica mai la presenza di Lazzaro.

   Vediamo ora i caratteri delle due sorelle. In tutti gli episodi, i caratteri delle due donne, rispecchiati in modo stupendo, si corrispondono tra loro. Marta è dinamica e attiva; Maria, la silenziosa, con il suo modo di agire comprende meglio di altri le situazioni.

   Marta. Il nome “Marta”, dal significato probabile di “signora/padrona di casa”, è maschile presso i nabatei, femminile o maschile nel Talmud, femminile in ebraico. Questa donna è estremamente dinamica e operosa: piazzatasi vicino a Yeshùa gli chiede chiaramente di richiamare Maria al dovere dell’ospitalità e del servizio: “Marta, tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse: ‘Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti’” (Lc 10:40). Dopo che Lazzaro è morto, è Marta che si dà da fare per accogliere gli ospiti che secondo l’etichetta orientale dovevano recarsi in casa del defunto e partecipare al dolore comune standosene in religioso silenzio nella stanza principale se era inverno o nel cortile della casa o in altro luogo se era estate. Andata incontro a Yeshùa, schiettamente gli dice: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (Gv 11:21). Con queste parole Marta dimostra di aver creduto e di continuare a credere (il verbo è al tempo perfetto) di trovarsi alla presenza del messia o cristo, e lo dichiara: “Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo” (v. 27). “Detto questo, se ne andò e chiamò sua sorella Maria” (v. 28, TNM). Qui le traduzioni italiane non traducono bene un aspetto. NR ha: “Chiamò di nascosto Maria” (v. 28). TNM è sulla stessa linea: “Chiamò sua sorella Maria, dicendo segretamente: “Il Maestro è presente e ti chiama”. Perché mai “di nascosto” o “segretamente”? Cosa c’era mai da nascondere? Il greco ha λάθρᾳ (làthra), che può tradursi anche “sottovoce”. Questo è più conforme al contesto. Quando Marta aveva “udito che Gesù veniva, gli andò incontro” (v. 20), il colloquio si svolse lontano dalla casa, infatti “Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma era sempre nel luogo dove Marta lo aveva incontrato” (v. 30), poi Marta “se ne andò, e chiamò” Maria (v. 28); dato che “Maria stava seduta in casa” (v. 20), era naturale che Marta le parlasse “sottovoce, mentre tutti se ne stavano lì contriti. Quando poi si trovano al sepolcro, Marta non perde il suo sangue freddo e, mentre tutti piangono (v. 33), dice: “Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno” (v. 39). Questa era Marta.

   Maria. Maria, invece, sembra un’adolescente sognatrice. L’etimologia del nome – nonostante le numerose ricerche – è ancora discussa. Si è supposto che significasse “ribelle” (dall’ebraico marà con l’affermativo am), alludendo alla ribellione di Miryàm contro Mosè. Si è supposto anche che significasse “grassa” (maràh + am), in quanto la pinguedine era ritenuta un requisito di bellezza. Si è ricercata anche un’etimologia egizia (dato che il nome si trova per la prima volta tra gli ebrei in Egitto, riferito alla sorella di Mosè), dando il senso di “amata” (meri); ma questa ipotesi è stata poi messa in dubbio. Altri hanno messo il nome in rapporto a ram, dando il valore di “eccelsa/augusta”. Come si vede, si è ben lungi da un accordo su questo punto. Comunque, Maria sorella di Marta sta “ai piedi di Gesù” per ascoltarlo (Lc 10:39). NR traduce: “Sedutasi ai piedi”; TNM traduce: “Si mise a sedere ai piedi del Signore”. Il greco ha παρακαθεσθεῖσα πρὸς τοὺς πόδας τοῦ κυρίου (parakathesthèisa pros tus pòdas tu kürìu). Il verbo parakathesthèisa è un participio aoristo: “sedutasi d’un tratto accanto”. Il greco è quindi molto descrittivo. Non si tratta semplicemente di un freddo “si mise a sedere ai piedi del Signore”, ma: “Sedutasi vicino, ai piedi del Signore”. In questa espressione c’è tutta la dolcezza di Maria che, desiderosa di stare con Yeshùa, gli si mette vicino, seduta accanto a lui, ai suoi piedi, pronta a godere di quella compagnia, gustando le sue parole.

   Maria poi piange sconsolatamente per la morte del fratello Lazzaro. Questo particolare emerge in modo commovente non perché il testo lo dica, ma perché lo si comprende dalla descrizione magistrale della reazione di Yeshùa: “Quando Gesù la vide piangere” (Gv 11:33). Il lettore partecipa alla commozione crescente e irrefrenabile di Yeshùa che si commuove intimamente per il pianto di Maria: “Fu scosso dalla tristezza e dall’emozione” (v. 33, PdS). Bene anche quel “gemé nello spirito” di TNM, rovinato però dal seguente “e si turbò”. Non era semplice turbamento: era profonda commozione, piena empatia, di partecipazione al dolore di Maria.

   Maria la ritroviamo a Betania, quando con un’intuizione tutta femminile unge i piedi di Yeshùa con “una libbra d’olio profumato, di nardo puro, di gran valore” (Gv 12:3). E c’è tutta la sua dolcezza quando “glieli asciugò con i suoi capelli” (ibidem). Tutta la scena è pervasa dall’intensa e silenziosa presenza di Maria, proprio come “la casa fu piena del profumo dell’olio” (ibidem). Si sa come le adolescenti amino i profumi, e qui c’è tutto il suo amore che trabocca. Con la sua intuizione, come Yeshùa le disse, Maria compì in anticipo il rito della sepoltura del corpo del maestro (v. 7). Non fa meraviglia che versi il profumo e lo asciughi con i capelli. Il profumo, anche se evapora, è pur sempre liquido. L’asciugarlo con i capelli non è solo un gesto di sincera partecipazione. Mentre Maria asciuga i piedi di Yeshùa con i propri capelli, anche questi vengono profumati: è il suo modo di conservare in sé qualcosa di tangibile e di molto significativo che la unisce a Yeshùa.

   A Betania (Gv 12:1)? Qualche critico ha negato che Maria e Marta fossero di Betania. Secondo U. Ruegg (Marthe et Marie pagg. 19-36) Giovanni avrebbe riunito insieme tre tradizioni: (1) quella riguardante Lazzaro ricollegata artificialmente alle due sorelle per dare loro un “uomo” secondo le esigenze ebraiche, (2) quella di Maria Maddalena che sarebbe la peccatrice pentita di Mr, Mt e Gv e (3) quella delle due sorelle Marta e Maria. Questa ipotesi non regge proprio. Vediamo perché.

   In Lc 7:36-50 si parla di una peccatrice:

“Uno dei farisei lo invitò a pranzo; ed egli, entrato in casa del fariseo, si mise a tavola. Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato; e, stando ai piedi di lui, di dietro, piangendo, cominciò a rigargli di lacrime i piedi; e li asciugava con i suoi capelli; e gli baciava e ribaciava i piedi e li ungeva con l’olio. Il fariseo che lo aveva invitato, veduto ciò, disse fra sé: ‘Costui, se fosse profeta, saprebbe che donna è questa che lo tocca; perché è una peccatrice’. E Gesù, rispondendo gli disse: ‘Simone, ho qualcosa da dirti’. Ed egli: ‘Maestro, di’ pure’. ‘Un creditore aveva due debitori; l’uno gli doveva cinquecento denari e l’altro cinquanta. E poiché non avevano di che pagare condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?’. Simone rispose: ‘Ritengo sia colui al quale ha condonato di più’. Gesù gli disse: ‘Hai giudicato rettamente’. E, voltatosi verso la donna, disse a Simone: ‘Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua, e tu non mi hai dato dell’acqua per i piedi; ma lei mi ha rigato i piedi di lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; ma lei, da quando sono entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. Tu non mi hai versato l’olio sul capo; ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui a cui poco è perdonato, poco am’. Poi disse alla donna: ‘I tuoi peccati sono perdonati’. Quelli che erano a tavola con lui, cominciarono a dire in loro stessi: ‘Chi è costui che perdona anche i peccati?’. Ma egli disse alla donna: ‘La tua fede ti ha salvata; va’ in pace’”.

   Maria Maddalena – di cui in Lc si parla poco dopo -, però, è distinta da quella peccatrice innominata: “Con lui vi erano i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti maligni e da malattie: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni” (Lc 8:2). Presentando qui la Maddalena non si dice in alcun modo che questa sia la stessa donna (la peccatrice) di cui si è parlato poco prima. Inoltre, l’avere indicato che dalla Maddalena erano stati cacciati sette demòni non comporta affatto che ella fosse una peccatrice. Un conto è essere indemoniati, altra cosa è essere peccatori.

   La Maddalena è anche distinta dalla Maria di Betania. Lc 10:39 presenta, infatti, Maria come sorella di Marta: “Marta aveva una sorella chiamata Maria”. Si noti il modo in cui viene presentata Maria: “Una sorella chiamata Maria”; è presentata come se fosse una persona ignota, mentre – se si fosse trattato di Maria Maddalena – non ci sarebbe stato motivo di non citare il titolo che la rendeva conosciuta: “detta Maddalena” (Lc 8:2). Per di più, questo titolo di “Maddalena” sembra farla provenire dal lago di Gennezaret: el-meydel, a oriente del lago.

   Non è possibile neppure identificare Maria di Betania con l’anonima peccatrice di Lc 7. Quando Luca presenta Maria sorella di Marta, non lascia intendere affatto che sia identica alla peccatrice che si trovava nella casa di Simone, tanto più che Simone era di un villaggio galilaico e non giudaico. Occorre prestare bene attenzione all’osservazione di Gv 11:2. NR ha: “Maria era quella che unse il Signore di olio profumato e gli asciugò i piedi con i suoi capelli”. TNM, in modo simile: “Era, infatti, la Maria che spalmò il Signore di olio profumato e gli asciugò i piedi con i propri capelli”. I verbi usati sono all’aoristo: ἀλείψασα (alèipsasa) e ἐκμάξασα (ekmàcsasa): “aveva unto” e “aveva asciugato”. L’aoristo è indipendente dal tempo. Ciò significa che Giovanni non si riferisce necessariamente ad un episodio già avvenuto quando “Lazzaro, suo fratello, era malato” (Ibidem). Può benissimo riferirsi anche alla futura unzione di cui parla al cap. 12. Perché allora il passato? Perché Giovanni vuole dire, mentre scrive, che quella Maria era la stessa donna che – quando fu composto il Vangelo – era già nota per avere unto Yeshùa, e la cui fama già si era diffusa.

   Confusione la fanno anche i Testimoni di Geova che affermano: “Dopo la risurrezione di Lazzaro, Cristo ripartì. In seguito tornò a Betania e si trovò insieme ad altri, fra cui Marta, Maria e Lazzaro, in casa di Simone il lebbroso. Era stato imbandito un pasto serale e ancora una volta ‘Marta serviva’. Lazzaro era a tavola e in quell’occasione Maria unse Gesù con costoso olio profumato. (Gv 12:1-8; Mt 26:6-13; Mr 14:3-9)” (Perspicacia nello studio delle Scritture Vol. 2, pag. 225). Secondo loro, Maria era la stessa donna presente in casa di Simone. Citano tre passi biblici che ritengono paralleli. Vediamoli, tratti dalla loro traduzione (TNM):

Gv 12:1-8

“Quindi Gesù, sei giorni prima della pasqua, arrivò a Betania, dov’era Lazzaro che Gesù aveva destato dai morti. Perciò gli imbandirono là un pasto serale, e Marta serviva, ma Lazzaro era uno di quelli che giacevano a tavola con lui. Maria prese dunque una libbra d’olio profumato, nardo genuino, molto costoso, e spalmò i piedi di Gesù e gli asciugò i piedi con i propri capelli. La casa fu piena dell’odore dell’olio profumato. Ma Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari e dato ai poveri?’. Disse questo, però, non perché si interessasse dei poveri, ma perché era un ladro e aveva la cassa del denaro e portava via il denaro che vi si metteva. Perciò Gesù disse: ‘Lasciatela stare, affinché compia questa osservanza in vista del giorno della mia sepoltura. Poiché i poveri li avete sempre con voi, ma non avrete sempre me con voi”.

Mt 26:6-13

“Mentre Gesù si trovava a Betania nella casa di Simone il lebbroso, una donna con un astuccio di alabastro di costoso olio profumato gli si accostò e glielo versava sulla testa mentre egli giaceva a tavola. Vedendo ciò, i discepoli si indignarono, dicendo: ‘Perché questo spreco? Poiché questo si poteva vendere molto caro e dare ai poveri’. Sapendo questo, Gesù disse loro: ‘Perché cercate di dare fastidio alla donna? Poiché essa ha fatto verso di me un’opera eccellente. Poiché i poveri li avete sempre con voi, ma non avrete sempre me. Poiché quando questa donna ha messo quest’olio profumato sul mio corpo, l’ha fatto per prepararmi alla sepoltura. Veramente vi dico: Dovunque questa buona notizia sarà predicata, in tutto il mondo, anche ciò che questa donna ha fatto sarà detto in ricordo di lei’. Allora uno dei dodici, quello chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi sacerdoti e disse: ‘Che mi darete perché ve lo consegni?’. Gli fissarono trenta pezzi d’argento. E da allora egli cercava una buona opportunità per tradirlo”.

Mr 14:3-9

“E mentre egli era a Betania nella casa di Simone il lebbroso, giacendo al pasto, venne una donna con un astuccio di alabastro di olio profumato, nardo genuino, molto costoso. Rotto l’astuccio di alabastro, essa glielo versava sulla testa. Allora ci furono alcuni che espressero indignazione fra di loro: ‘Perché si è fatto questo spreco d’olio profumato? Poiché quest’olio profumato si poteva vendere per più di trecento denari e dare ai poveri!’. E provavano grande dispiacere verso di lei. Ma Gesù disse: ‘Lasciatela stare. Perché cercate di darle fastidio? Essa ha fatto verso di me un’opera eccellente. Poiché i poveri li avete sempre con voi, e quando volete potete sempre fare loro del bene, ma non avrete sempre me. Essa ha fatto ciò che poteva; si è impegnata a mettere in anticipo olio profumato sul mio corpo in vista della sepoltura. Veramente vi dico: Dovunque la buona notizia sarà predicata, in tutto il mondo, anche ciò che questa donna ha fatto sarà detto in ricordo di lei’”.

   Esaminando i passi citati, non ci sono dubbi che Mt 26:6-13 e Mr 14:3-9 siano paralleli e che parlino dello stesso episodio. Ecco evidenziati alcuni punti di convergenza:

Mt 26:6-13

“Mentre Gesù si trovava a Betania nella casa di Simone il lebbroso, una donna con un astuccio di alabastro di costoso olio profumato gli si accostò e glielo versava sulla testa mentre egli giaceva a tavola. Vedendo ciò, i discepoli si indignarono, dicendo: ‘Perché questo spreco? Poiché questo si poteva vendere molto caro e dare ai poveri’. Sapendo questo, Gesù disse loro: ‘Perché cercate di dare fastidio alla donna? Poiché essa ha fatto verso di me un’opera eccellente. Poiché i poveri li avete sempre con voi, ma non avrete sempre me. Poiché quando questa donna ha messo quest’olio profumato sul mio corpo, l’ha fatto per prepararmi alla sepoltura. Veramente vi dico: Dovunque questa buona notizia sarà predicata, in tutto il mondo, anche ciò che questa donna ha fatto sarà detto in ricordo di lei’. Allora uno dei dodici, quello chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi sacerdoti e disse: ‘Che mi darete perché ve lo consegni?’. Gli fissarono trenta pezzi d’argento. E da allora egli cercava una buona opportunità per tradirlo”.

Mr 14:3-9

“E mentre egli era a Betania nella casa di Simone il lebbroso, giacendo al pasto, venne una donna con un astuccio di alabastro di olio profumato, nardo genuino, molto costoso. Rotto l’astuccio di alabastro, essa glielo versava sulla testa. Allora ci furono alcuni che espressero indignazione fra di loro: ‘Perché si è fatto questo spreco d’olio profumato? Poiché quest’olio profumato si poteva vendere per più di trecento denari e dare ai poveri!’. E provavano grande dispiacere verso di lei. Ma Gesù disse: ‘Lasciatela stare. Perché cercate di darle fastidio? Essa ha fatto verso di me un’opera eccellente. Poiché i poveri li avete sempre con voi, e quando volete potete sempre fare loro del bene, ma non avrete sempre me. Essa ha fatto ciò che poteva; si è impegnata a mettere in anticipo olio profumato sul mio corpo in vista della sepoltura. Veramente vi dico: Dovunque la buona notizia sarà predicata, in tutto il mondo, anche ciò che questa donna ha fatto sarà detto in ricordo di lei’”.

   Ma che dire del confronto tra questi due passi paralleli con Gv 12:1-8?

Il confronto rivela che si tratta di episodi diversi. Vediamo innanzitutto la collocazione nel tempo:

Gv 12:1

Mt 26:2

Mr14:1

“Gesù, sei giorni prima della pasqua”.

“Voi sapete che fra due giorni è la pasqua”.

“Ora due giorni dopo era la pasqua”.

   Ancora una volta Mt e Mr sono paralleli: è lo stesso identico episodio, non si sono dubbi. Ma è altrettanto evidente che Gv parla di un episodio diverso. Si noti ora la diversità delle case:

Gv 12:1

Mt 26:6

Mr14:3

“Arrivò a Betania, dov’era Lazzaro”.

 “Gesù si trovava a Betania nella casa di Simone il lebbroso”.

 “Egli era a Betania nella casa di Simone il lebbroso”.

   Quindi, sei giorni prima della sua ultima Pasqua, Yeshùa si trovava in casa di Lazzaro; mentre due giorni prima della stessa Pasqua si trovava in casa di Simone il lebbroso.

   Ci sono anche altri aspetti riguardo all’orario. In Gv 12:2 si parla di “pasto serale” (TNM); questo avvenne in casa di Lazzaro, Marta e Maria. Ma in Mr 14:10, dopo il pasto in casa di Simone, si dice che “Giuda Iscariota, uno dei dodici, se ne andò dai capi sacerdoti per consegnarlo loro” (TNM); è improbabile che di sera, dopo cena, Giuda potesse recarsi dai capi sacerdoti. Il passo parallelo di Mt 26:14 conferma il passo marciano.

   Nell’episodio in casa di Lazzaro, “Maria prese dunque una libbra d’olio profumato” (Gv 12:3), ovvero più di 300 g di olio. Quantità che difficilmente sarebbe stata contenuta in un “un astuccio di alabastro”. –  Mr 14:2; Mt 26:7.

   A conferma della diversità degli episodi si notino tutte le differenze:

Gv 12:1-8

“Quindi Gesù, sei giorni prima della pasqua, arrivò a Betania, dov’era Lazzaro che Gesù aveva destato dai morti. Perciò gli imbandirono là un pasto serale, e Marta serviva, ma Lazzaro era uno di quelli che giacevano a tavola con lui. Maria prese dunque una libbra d’olio profumato, nardo genuino, molto costoso, e spalmò i piedi di Gesù e gli asciugò i piedi con i propri capelli. La casa fu piena dell’odore dell’olio profumato. Ma Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari e dato ai poveri?’. Disse questo, però, non perché si interessasse dei poveri, ma perché era un ladro e aveva la cassa del denaro e portava via il denaro che vi si metteva. Perciò Gesù disse: ‘Lasciatela stare, affinché compia questa osservanza in vista del giorno della mia sepoltura. Poiché i poveri li avete sempre con voi, ma non avrete sempre me con voi”.

Mt 26:6-13

“Mentre Gesù si trovava a Betania nella casa di Simone il lebbroso, una donna con un astuccio di alabastro di costoso olio profumato gli si accostò e glielo versava sulla testa mentre egli giaceva a tavola. Vedendo ciò, i discepoli si indignarono, dicendo: ‘Perché questo spreco? Poiché questo si poteva vendere molto caro e dare ai poveri’. Sapendo questo, Gesù disse loro: ‘Perché cercate di dare fastidio alla donna? Poiché essa ha fatto verso di me un’opera eccellente. Poiché i poveri li avete sempre con voi, ma non avrete sempre me. Poiché quando questa donna ha messo quest’olio profumato sul mio corpo, l’ha fatto per prepararmi alla sepoltura. Veramente vi dico: Dovunque questa buona notizia sarà predicata, in tutto il mondo, anche ciò che questa donna ha fatto sarà detto in ricordo di lei’. Allora uno dei dodici, quello chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi sacerdoti e disse: ‘Che mi darete perché ve lo consegni?’. Gli fissarono trenta pezzi d’argento. E da allora egli cercava una buona opportunità per tradirlo”.

Mr 14:3-9

“E mentre egli era a Betania nella casa di Simone il lebbroso, giacendo al pasto, venne una donna con un astuccio di alabastro di olio profumato, nardo genuino, molto costoso. Rotto l’astuccio di alabastro, essa glielo versava sulla testa. Allora ci furono alcuni che espressero indignazione fra di loro: ‘Perché si è fatto questo spreco d’olio profumato? Poiché quest’olio profumato si poteva vendere per più di trecento denari e dare ai poveri!’. E provavano grande dispiacere verso di lei. Ma Gesù disse: ‘Lasciatela stare. Perché cercate di darle fastidio? Essa ha fatto verso di me un’opera eccellente. Poiché i poveri li avete sempre con voi, e quando volete potete sempre fare loro del bene, ma non avrete sempre me. Essa ha fatto ciò che poteva; si è impegnata a mettere in anticipo olio profumato sul mio corpo in vista della sepoltura. Veramente vi dico: Dovunque la buona notizia sarà predicata, in tutto il mondo, anche ciò che questa donna ha fatto sarà detto in ricordo di lei’”.

 

   Secondo qualche esegeta le due sorelle sarebbero il prototipo di due tipi di servizio nella congregazione. Marta sarebbe il prototipo della diaconìa (il servizio), mentre Maria quello della parola.

   La diaconia implica non solo un servizio sociale, ma anche cultuale: la cena del Signore era allora celebrata durante una vera cena. La profezia o predicazione non appare chiaramente nel testo, ma s’intravede. Maria stava “ai piedi di Gesù” e “ascoltava la sua parola” (Lc 10:39). In un linguaggio teologico si potrebbe dire che approfittava della scuola di Yeshùa. In Lc 8:35 l’indemoniato guarito “sedeva ai piedi di Gesù” per poter in seguito evangelizzare: “Egli se ne andò per tutta la città, proclamando tutto quello che Gesù aveva fatto per lui” (v. 39). Paolo fu “educato ai piedi di Gamaliele” (At 22:3) per divenire poi il più zelante missionario fariseo. Si possono allora meglio comprendere le parole di Calvino: “Maria sta ai piedi di Gesù. Vuol forse Luca indicare con questa espressione che Maria non fece altro per tutta la vita? Al contrario, il Signore ci comanda di distribuire il tempo in modo tale che chi desidera trarre profitto dalla scuola di Cristo non sia sempre uditore ma possa mettere in pratica con le sue azioni ciò che ha imparato”. – Commentaires I, pag. 277 dell’edizione di Tolosa del 1892.

   In Gv 12 l’unzione di Betania ha un valore profetico, sia che sveli la regalità di Yeshùa sia che ne anticipi la sepoltura.

   Luca mostra nel brano sulle due sorelle che due sono i modi in cui servire il Signore: con la diaconia e con la profezia; anzi, indica che questo secondo ministero è più importante del primo.

   Il punto culminante del racconto sta nei versetti 41 e 42, che purtroppo presentano delle varianti.

   Lezione più corta: “Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose. Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta” (Itala, Ambrogio, Possidio). Questa lezione mette in risalto il posto che la donna deve tenere nella congregazione, insistendo sulla “parte buona” che è stata scelta.

   Lezione di lunga: “Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose. Solo poche, anzi una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta” (, Sin., B, , L, Sir.(h), Copt.(bo), Etiop., Origène, Girolamo, Cirillo). Qualcuno la chiama la variante ascetica: la contemplazione ascetica è superiore alla pietà affannata.

   Lezione media: “Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta”. È la lezione migliore.

   Cosa significa “una cosa sola è necessaria”? Non occorre pensare a implicazioni teologiche. Occorre riferirsi al linguaggio concreto del contesto. Marta è “tutta presa dalle faccende domestiche” (Lc 10:40), sta preparando il pasto per Yeshùa che era suo ospite (v. 38), chiede l’aiuto della sorella: “Non vedi che mi ha lasciata sola a servire? Dille di aiutarmi!” (v. 40, PdS). È in questo contesto che Yeshùa le dice: “Tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose!” (v. 41, PdS). Quali erano queste “troppo cose” per cui Marta si preoccupava e si affannava? Erano ovviamente tutte le cose che stava preparando per Yeshùa. Quando egli aggiunge: “Una sola cosa è necessaria” si riferisce evidentemente a “un solo piatto”, poco cibo, per avere a disposizione maggior tempo per “la parte migliore” che è l’ascolto della parola di Dio.

   Che “la parte migliore” riguardi l’attività o servizio che si doveva poi svolgere nella congregazione appare dal termine (tradotto “parte”) che Luca usa: μερίδα (merìda). Merìs (μερίς), di cui merìda è l’accusativo, indica “una parte, diversa dal tutto, una parte assegnata, una porzione” (numero Strong 3310). È un termine raro che appare tre volte presso Luca, una in 2Cor 6:15 e una in Col 1:12. Può indicare la scelta caduta su qualcuno secondo la volontà di Dio; può indicare anche il settore in cui ognuno deve esercitare il compito specifico. In At 8:21 Pietro dice al mago Simone: “Tu, in questo, non hai parte [μερίς (merìs)]”; letteralmente: “Non c’è per te parte” (οὐκ ἔστιν σοι μερὶς, uk èstin soi merìs), non c’è una porzione assegnata. I discepoli di Yeshùa, quindi, hanno una merìs, una parte assegnata.

   Cosa possiamo dedurre dal racconto circa le due sorelle Marta e Maria (Lc 10:38-42) in quanto alla posizione della donna nella congregazione dei discepoli di Yeshùa? La fedeltà alla comunità o chiesa o congregazione deve essere innanzitutto fedeltà a Yeshùa.