La vita dei discepoli di Yeshùa è un paradiso interiore gustato nell’attesa.

   Essi sono già figli di Dio (Rm 8:16), eppure attendono l’adozione; sono già redenti (Ef 1:7), eppure attendono la redenzione del proprio corpo; sono già salvati (2Ts 2:13), ma sperano nella salvezza: “Noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede, non è speranza; difatti, quello che uno vede, perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, l’aspettiamo con pazienza” (Rm 8:23-25). Essi sono già nel regno (Col 1:13), ma continuano a pregare: “Venga il tuo regno” (Mt 6:10). Essi credono che Yeshùa sia venuto, ma attendono la sua venuta (Ap 22:20). Vivono unitamente a Yeshùa (1Pt 5:14), ma sono lontani da lui. – Flp 1:23.

   Anche gli ebrei che non hanno accettato Yeshùa come messia o cristo o consacrato, attendono il messia. Nella loro annuale cena pasquale lasciano una sedia vuota affinché possa trovare un posto quando verrà.

   Per i tempi messianici i profeti annunciano la sazietà: “Non avranno fame né sete, né miraggio né sole li colpirà più; poiché colui che ha pietà di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua” (Is 49:10). Il Sl 22, dopo aver descritto le sofferenze del messia, ne nota il trionfo finale sotto il simbolo di un banchetto: “Gli umili mangeranno e saranno saziati; quelli che cercano il Signore lo loderanno; il loro cuore vivrà in eterno” (v. 26). “O voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate! Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte!”. – Is 55:1.

   Per descrivere la felicità finale, il libro di Rivelazione (Apocalisse) usa l’immagine di un banchetto: “Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello”. – 19:9.

   In attesa di questo convito celestiale – tra il tempo dell’ascensione di Yeshùa al cielo e il suo ritorno finale sulla terra – i discepoli pregustano nella Cena del Signore la gioia del banchetto finale. Essi, infatti, la celebrano fino al momento del suo ritorno: “Finché egli venga” (1Cor 11:26). Quando Yeshùa sarà di nuovo presente questo ricordo e insieme anticipazione simbolica avrà termine. In presenza della realtà cessano i simboli. Ogni volta che i credenti celebrano la Cena del Signore professano la loro fede e la loro speranza nel ritorno di Yeshùa.

   È questo il senso della invocazione “O Signore nostro, vieni!” (1Cor 16:22, TNM). Qui, nel testo biblico, c’è la traslitterazione in greco (Μαρὰν ἀθά, maràn athà) dell’invocazione in aramaico  מרן אתא  (maràn atà), che – se si legge maràna tha – significa “O Signore nostro, vieni!”; mentre – se si legge maràn athà significa “il nostro Signore è venuto”.