Gazzella: vedere Tabita

Gezabele: vedere Izebel

Giaele: vedere Iael

Giovanna (Ἰωάνα, Ioàna, “Yàh ha dato”)

Giovanna, moglie di Cuza”. – Lc 8:3.

   Il nome Ioàna (Ἰωάνα) è la traslitterazione greca dell’ebraico יוֹחָנָה (Yokhanàh), femminile di יוֹחָנָן (Yokhanàn), Giovanni”; si tratta di un nome teoforico (che porta in sé un nome divino) con prefisso in –יו (-yo).

   Questa donna era stata guarita da Yeshùa e in eseguito era diventata sua discepola, entrando a far parte del gruppo di donne “che assistevano Gesù e i dodici con i loro beni” (Lc 8:3). Suo marito era Cuza, economo di Erode Antipa, tetrarca di Galilea.

Giudea: vedere Ebrea

Giudit (יְהוּדִית, Yehudìt, “lodata”)

“Or Esaù, all’età di quarant’anni, prese in moglie Giudit, figlia di Beeri, l’Ittita, e Basmat, figlia di Elon, l’Ittita. Esse furono causa di profonda amarezza per Isacco e per Rebecca”. – Gn 26:34,35.

   Giudit era una delle mogli di Esaù. La sua famiglia aveva molti problemi, tanto da causare molto dolore ai genitori del marito. Sembra che le cose andassero sempre peggio. Come si vede, conflitti familiari non sono una caratteristica moderna, ma già c’erano ai tempi biblici, e la Bibbia li ammette onestamente.

Giuditta: vedere Giudit

Giulia (Ἰουλία, Iulìa, “con morbidi capelli”)

“Salutate Filologo e Giulia, Nereo e sua sorella, Olimpa e tutti i santi che sono con loro”. – Rm 16:15.

   Nei suoi saluti ai credenti di Roma, Paolo non si dimentica di lei. Se poi fosse sorella o moglie di Filologo, non lo sappiamo.

Giunia (Ἰουνιᾶς, Iuniàs, “giovanile”)

“Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, i quali si sono segnalati fra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me”. – Rm 16:7.

   Il nome “Giunia” è di origine romana. C’è stata e c’è tuttora controversia su questo nome: è maschile o femminile? Per la verità, questo nome era un nome proprio femminile latino molto comune. È ormai accertato come il nome “Giunia” sia stato pregiudizialmente inteso come nome maschile soltanto dall’anno 1298 circa dal Cattolicesimo al tempo di papa Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1230-1303), famoso anche per la fondazione dell’Università La Sapienza di Roma e la costruzione dei duomi di Orvieto e di Perugia, oltre che per essere stato un personaggio cinico e dispotico, gran peccatore, avido di ricchezze e di potere. Dante lo collocò nell’Inferno, riservandogli un posto nella Bolgia dei Simoniaci (cfr. Paoli, Codex Paulinus). Bonifacio VIII emise un decreto per arginare l’attività religiosa delle suore relegandole nei conventi di clausura; lo scopo fu quello di limitare il potere e l’influenza delle donne nella chiesa (Periculoso, De statu Monachorumin sexto; cfr. il cap. 5 della sessione 25, De Regularibus et Monialibus, del Concilio di Trento). Fu proprio durante questo periodo che venne sostenuto che il nome Iuniàs fosse maschile. Si noti, infatti, che il passo biblico sembra includere Giunia tra gli apostoli: “I quali [Andronico e Giunia] si sono segnalati fra gli apostoli” (Rm 16:7). Lo scopo di questo papa era quello di impedire che una donna venisse identificata come apostolo. L’ipotetico nome maschile Iuniàs non è attestato da alcuna iscrizione antica, mai. Però ricorre più di 250 volte come nome di donna, più di 250 volte soltanto fra le iscrizioni dell’antica Roma. Il Crisostomo (354?-407) scrive: “Quanto grande è la devozione di questa donna che essa sia reputata degna dell’appellativo di ‘apostolo'” (Omelia su Rm 16, in Philip Schaff, Fathers of the Christian Church, vol. II, A Select Library of the Nicene and Post-Nicene, B. Eerdmans Pub. Co., 1956, pag. 555). Almeno altri 17 cosiddetti padri latini della Chiesa sostengono che si tratta di una donna (Daniel B. Wallace, Junia Among the Apostles: The Double Identification Problem in Romans 16:7). Origène (185?-253) considera Giunia una donna (Epistolam ad Romanos Commentariorum 10, 23, 29). Così pure Girolamo, il traduttore della Vulgata latina. – Liver Interpretationis Hebraicorum Nominum 72, 15, 340-419.

   In quanto all’essere Giunia “fra gli apostoli” (Rm 16:7), occorre come sempre riferirsi alla Bibbia e non alle traduzioni. Il testo ispirato dice: οἵτινές εἰσιν ἐπίσημοι ἐν τοῖς ἀποστόλοις (òitinès eisin epìsemoi en tòis apostòlois), “i quali sono insigni tra gli inviati [apostoli]”. L’aggettivo greco ἐπίσημος (epìsemos) significa “illustre/notorio”. La costruzione ἐν τοῖς ἀποστόλοις (en tòis apostòlois), letteralmente: “negli apostoli”, indica che i due erano ben noti agli apostoli. Si noti la costruzione greca diversa nel passo di Lc 22:37, riferito a Yeshùa, che dice “è stato contato tra i malfattori”: μετὰ ἀνόμων (metà anòmon), “tra i malfattori”. Si noti, a comprova del fatto che i due erano ben noti fra gli apostoli, che Paolo dice che loro ‘erano in Cristo già prima di lui’. – Rm 16:7.

Gomer (גֹּמֶר, Gòmer, “completa”)

“[Osea] andò e prese Gomer, figlia di Diblaim; lei concepì, e gli partorì un figlio”. – Os 1:3.

   Questa donna fu la moglie adultera del profeta Osea. Fu Dio a ordinargli di sposarla: “Il Signore cominciò a parlare a Osea e gli disse: ‘Va’, prenditi in moglie una prostituta e genera figli di prostituzione; perché il paese si prostituisce, abbandonando il Signore” (Os 1:2). Ciò potrebbe lasciare perplesso il moderno lettore occidentale che non conosce la concretezza delle azioni simboliche in uso presso gli ebrei. Il rapporto tra Osea e la moglie adultera Gomer era un parallelo del rapporto tra Dio e Israele.

   Riguardo al figlio che Osea ebbe la Gomer, “Il Signore gli disse: ‘Chiamalo Izreel, perché tra poco io punirò la casa di Ieu per il sangue versato a Izreel e porrò fine al regno della casa d’Israele. Quel giorno avverrà che io spezzerò l’arco d’Israele nella valle di Izreel” (Os 1:4,5). Ieu era re di Israele, il Regno del Nord, diviso da quello di Giuda o Regno del Sud. Il principale peccato del Regno di Israele fu costantemente l’adorazione dei vitelli; gli israeliti si erano allontanati da Dio e tutta la nazione era corrotta (Os 4:2). Il re Ieu aveva molte colpe (2Re 10:29,31), ma qualcosa di buono fece , tanto che Dio gli promise che per quattro generazioni i suoi figli sarebbero rimasti sul trono di Israele (2Re 10:30), cosa che avvenne (2Re 13:1,10;14:23;15:8-12). Dopo queste quattro generazioni il tempo era scaduto e Dio decise di porre “fine al regno della casa d’Israele”. – Os 1:4.

   Gomer ebbe altri due figli: “Lei concepì di nuovo e partorì una figlia. Il Signore disse a Osea: ‘Chiamala Lo-Ruama [לֹא רֻחָמָה (lo rukhamàh), “non compiangere”], perché io non avrò più compassione della casa d’Israele in modo da perdonarla. Ma avrò compassione della casa di Giuda; li salverò . . .’. Quando lei ebbe divezzato Lo-Ruama, concepì e partorì un figlio. Il Signore disse a Osea: ‘Chiamalo Lo-Ammi [לֹא עַמִּי (lo amì), “non mio popolo”], perché voi non siete mio popolo e io non sarò per voi’” (Os 1:6-9). Si noti che qui il testo biblico non usa la formula “lei concepì, e gli partorì” usata in Os 1:3, ma semplicemente “concepì e partorì”. Ciò pare indicare che questi due figli di Gomer fossero adulterini.

   “Il Signore mi [a Osea] disse: ‘Va’ ancora, ama una donna amata da un altro, e adultera; amala come il Signore ama i figli d’Israele, i quali anche si volgono ad altri dèi . . .’. Allora me la comprai per quindici sicli d’argento, per un comer d’orzo e un letec d’orzo, e le dissi: ‘Aspettami per parecchio tempo: non ti prostituire e non darti a nessun uomo; io farò lo stesso per te’” (Os 3:1-3). Anche se Gomer aveva abbandonato Osea e aveva dormito con un altri uomini, lui la ama comunque e la perdona. Allo stesso modo, anche se Israele adorava altri dèi, Dio continuava ad amarla e non voleva abbandonarla. Gomer venne acquistata come schiava, ma per amore. Così Dio deve riaccogliere Israele.

   Alcuni studiosi, con cui siamo d’accordo, vedono in tutto ciò un riferimento figurativo al radunamento e all’accoglienza delle tribù della Casa d’Israele disperse in seguito alla loro deportazione assira. – Mt 10:6;15:24.

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