Esaminiamo qui come venne considerata l’ispirazione della Bibbia nel periodo che va dal 13° secolo al Concilio di Trento (16° secolo).

 

Il Protestantesimo

   Siccome nel corso dei secoli l’insegnamento originale di Yeshùa divenne la “religione cristiana” contaminata con filosofie e ragionamenti platonico-aristotelici, si sentì il bisogno di tornare alla purezza biblica. I movimenti valdesi prima e quelli protestanti dopo, cercarono di reagire alla Chiesa Cattolica con la Bibbia, che tradotta in lingua volgare, essi diffusero tra il popolo. Importante per i tedeschi fu la traduzione di Lutero (1483 –1546), vero capolavoro letterario dominato dalla fede. Tra i francesi dominò la Bibbia curata da Pierre-Robert Olivetano (1505 circa –1538), che fu stampata l’anno 1535 il 4 giugno a Neuchâtel, revisionata da Calvino (1509 –1564) e detta di Ginevra (1562). Il cosiddetto Nuovo Testamento era preceduto da una prefazione di Calvino nella quale tra l’altro si diceva: “Senza l’Evangelo siamo inutili e vani, senza l’Evangelo non siamo cristiani. Senza l’Evangelo ogni ricchezza è povertà, ogni saggezza è follia dinanzi a Dio, ogni forza è debolezza, ogni giustizia umana è condannata. Ma, per la conoscenza dell’Evangelo, siamo divenuti figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, concittadini dei santi, cittadini del regno dei cieli, eredi di Dio con Gesù Cristo, per il quale i poveri diventano ricchi, i deboli potenti, i pazzi savi, i peccatori giustificati, i desolati consolati, i dubbiosi certi, gli schiavi affrancati. È la potenza di Dio per la salvezza di ogni credente”.

   Il motto di questi riformatori fu “Sola Scriptura”. Ma come dimostrare l’autorità divina della Bibbia quale “parola di Dio”? Non fu forse la chiesa a stabilire il canone, includendovi gli scritti dei profeti e degli apostoli? Costoro, per reazione al cattolicesimo, sostennero al contrario che la Scrittura garantiva per suo conto il proprio carattere divino: perciò essa è autòpistos e acsiòpistos, vale a dire si autoproclama ispirata e degna di fede. Per Lutero la Sacra Scrittura si mostra ispirata da Dio “perché ispira Dio”, cioè conduce a Dio e ce lo fa conoscere. – Lutero, Erlagen XII, 230.

   Per Calvino è lo spirito santo stesso che ci testifica individualmente l’ispirazione della Bibbia: “La Scrittura sa farsi conoscere direttamente, come le cose bianche o nere si fanno conoscere dal loro stesso colore e le cose dolci e amare dal loro stesso sapore”. – Calvino, Istituz. Crist. 1,7, n.2.

   La confessione di fede batavica afferma: “Lo Spirito Santo attesta nei nostri cuori che [le Sacre Scritture] emanate da Dio, portano in loro stesse la sua approvazione”.

   La Confessione per le chiese calviniste nell’art. 4 diceva: “Noi riconosciamo che questi libri sono canonici e la regola certissima della nostra fede, non tanto per il comune accordo e consenso della chiesa, quanto per la testimonianza e la persuasione interiore dello Spirito Santo, che ce li fa distinguere fra gli altri libri ecclesiastici [=deuterocanonici], sui quali, per quanto utili, non si può fondare alcun articolo di fede”.

   Confessione di Westmunster: “Noi possiamo essere mossi e indotti dalla testimonianza della chiesa a professare un’alta e riverente stima per le Sacre Scritture; il carattere celeste del contenuto, l’efficacia della dottrina, la maestà dello stile, la coerenza di tutte le parti, lo scopo dell’insieme (che è di rendere gloria a Dio), la pienezza con cui esse ci scoprono la sola via della salvezza, e molte altre cose eccellenti, la loro completa perfezione, sono argomenti per cui esse si impongono con grande evidenza come parola di Dio. E tuttavia la nostra piena persuasione e la fiducia della loro infallibile verità e della loro divina autorità è l’opera interiore dello Spirito Santo, che rende testimonianza per mezzo della parola e con la parola nei nostri cuori”.

   Ancora nel 17° secolo, Giovanni Gerardo asseriva: “L’antichità, la maestà delle cose, la singolarità dei sermoni, il perenne accordo, la dignità delle profezie riguardanti il futuro, la verità dei miracoli a conferma della dottrina, la sua dignità, la feroce opposizione diabolica, l’efficacia della Bibbia nel persuadere e nel commuovere sono tutti elementi che ce ne documentano l’ispirazione”. – Citato da Pesch, De Inspiratione S. Scripturae, 1906, pag. 219, n. 226.

   Si tratta certamente di fenomeni veri: “Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio” (2Tm 3:16); “Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione” (Rm 15:4). Tuttavia valgono solo per i già credenti, coloro che hanno fede.

   Certo anche altri libri di carattere spirituale, come l’Imitazione di Cristo, possono condurre a Dio, forse più di Rut, del Cantico dei Cantici, di certi capitoli genesiaci e delle genealogie contenute nelle Cronache (1Cron 1-9). Non sempre la Bibbia attira subito la simpatia. Inizialmente Agostino (354 – 430) si sentiva commuovere più dalle letture di Cicerone e di Ortensio, che dalla Sacra Scrittura (Confessioni 3,4-5). Spesso la lettura della Scrittura, specialmente delle Scritture Ebraiche, ci urta per le sue espressioni strane e per lo svolgimento così lontano dalla nostra mentalità. Una ragazza diceva che, iniziata con entusiasmo la lettura della Bibbia, aveva smesso perché se ne era tremendamente annoiata. Lo stesso Lutero chiamava la lettera di Giacomo, una lettera di paglia, perché non esaltava l’importanza della fede, che egli riscontrava invece negli scritti paolini. Vi sono poi difficoltà storiche e morali delle quali parleremo più avanti, che possono farci sorgere delle difficoltà circa l’ispirazione biblica di molti passi scritturistici. I criteri precedenti non potranno mai indurre gli increduli a ritenere la Sacra Scrittura parola di Dio, come può invece servire il criterio profetico e apostolico sopra enunciato.

   Pretesa dimostrazione matematica dei protestanti. Ivan Panin (1855 – 1942) volle provare scientificamente l’ispirazione letterale della Bibbia studiandone la struttura matematica. Così in Gn 1:1 egli vide la simbologia della cifra “sette”. Dato il valore numerico delle lettere e il numero stesso delle parole o delle lettere, esso sarebbe tutto un insieme di sette e di suoi multipli. Data la possibilità di tale combinazione da 1 a 700 miliardi, è ben difficile – secondo lui – supporre che queste sistemazioni siano fortuite. Il carattere fortuito di tali combinazioni diminuisce ancor più se vi si nota la presenza simultanea di più schemi (quattro in Gn 1:1). “Dal momento che nessun essere umano potrebbe con le sue proprie capacità compiere il tentativo di quattro schemi di tal genere, ne deriva che questo solo versetto documenta che esso è stato dettato dal genio matematico del creatore” (M. Bertrand, La structure numérique de la Bible; Initiation à la découverte mathématique d’Ivan Panin, Tornac, 1970, ed. Biblique PSI, pag. 23). L’autore continua poi con i primi cinque versetti della Genesi, con il nome di Geremia, con Mt 1 e 2, con il verbo “salire” nelle Scritture Greche. Tante coincidenze numeriche dimostrano – secondo lui – un genio, non solo per ogni libro, ma ancora una consultazione tra i vari autori, o la supposizione assurda che ciascuno abbia scritto dopo tutti gli altri perché, ad esempio, le parole della genealogia di Matteo, mancanti dal resto delle Scritture Greche appaiono 7×6 volte e abbiano 7x6x3 lettere. “Non vi è un paragrafo della Bibbia che non sia costruito su uno schema numerico simile”. – Ibidem, pag. 29; cfr. pure Karl Sabiers, Nuove sorprendenti dimostrazioni matematiche per la ispirazione biblica, Roma.

   Ci si può però domandare se constatazioni del genere non si potrebbero fare con scritti dell’antichità classica. Spesso, scriveva il Savasta, i calcoli del Testa sopra l’età dei patriarchi poggiano su caratteristiche dei numeri che sono tra loro divisibili (cfr. C. Savasta, Le età dei patriarchi biblici in un recente commento a Ge 1-11, in Biblica 19, 1971, pagg. 321-326; ogni numero moltiplicato per 12 è sempre un multiplo di 60). Di più, non di rado il Panin esamina il libro nella versione del Testo Masoretico, talvolta secondo i LXX e spesso trascura delle varianti destinate a mutare i risultati di tali calcoli. Si tratta di un’ipotesi senza valore.

   Alla fine del 20° secolo è uscito l’ennesimo tentativo di vedere nella Scrittura un modello matematico. In Codice Genesi l’autore, M. Drosnin, pretende di vedere delle profezie per i nostri giorni nel testo ebraico della scrittura secondo certi incroci matematici (M. Drosnin, Codice Genesi, B.U.R., 1999). Si tratta ovviamente di combinazioni largamente facilitate dal fatto che l’ebraico si scrive senza vocali. È come se volessimo prendere, tanto per fare un esempio a caso, il testo italiano del primo versetto di Gn 1:1 (TNM) e trascriverlo senza vocali, con le lettere tutte attaccate (come il testo ebraico), per trovarvi poi un presunto messaggio criptato. Si può provare:

In principio Dio creò i cieli e la terra

n prncp D cr cl l trr
nprncpdcrclltrr

   Che messaggio nascosto potrebbe contenere? Basta la fantasia:

Uno principia e da c reca l’alterare

   Si tratta, ovviamente, di sciocchezze.

   L’importanza della Bibbia è esaltata in modo magnifico da Lutero. Leggendo l’erudito Erasmo (1466/1469 –1536), che si accontentava della filosofia, Lutero scriveva nel 1517 al priore Lang: “Leggo il nostro Erasmo, e di giorno in giorno decresce la mia ammirazione per lui. Mi piace che egli denunci e condanni con costanza non inferiore alla sua condizione, tanto i religiosi quanto i sacerdoti per la loro inveterata ignoranza: ma temo che non dia importanza sufficiente a Cristo e alla grazia di Dio. Le cose umane hanno in lui il sopravvento su quelle divine”. – Lutero, De Wette 1, 52; 1° marzo 1517.

   Quando i cittadini di Augusta e di Wittemberg esortarono Lutero a raccogliere i suoi scritti in volumi, rispose: “Non sarò mai d’accordo con questa vostra idea. Preferirei che tutti i miei libri scomparissero e che si leggesse soltanto la Bibbia. Con tutto questo bianco, ci salterà in mente di scrivere e abbandoneremo la Bibbia. Non voglio che i miei libri siano pubblicati, anzi preferirei cancellarli dalla memoria. Infatti tutta la chiesa è piena di libri, la Bibbia è trascurata. Il mondo è frivolo, brama sempre cose nuove”. – Lutero, Discorsi a tavola, Torino, pag. 282 e sgg..

Reazione cattolica

   Da parte cattolica la reazione fu dapprima quella di proibire la lettura della Bibbia in lingua volgare. Vari concili scomunicarono e punirono con il carcere e l’espropriazione dei beni coloro che osavano tenere una copia della Bibbia anche cattolica (Concilio di Tolosa 1229; di Terragona nel 1234; di Oxford nel 1408). In tale repressione la Chiesa si faceva aiutare dai governi cattolici. Nel 1526 il parlamento francese proclamò per tutta la Francia la proibizione “di esporre e di tradurre dal latino al francese le lettere di S. Paolo, l’Apocalisse e gli altri libri. . . Tutti i libri della santa Bibbia, tradotti in francese, siano d’ora in avanti tolti a coloro che li possiedono e portati entro otto giorni agli archivi dei tribunali”. Stampatori, librai, divulgatori sfidarono gli editti reali a costo della vita. Jean le Clerch (1525) fu il primo martire. Quattordici altri furono arsi vivi vent’anni dopo e morirono cantando i Salmi.

Il Concilio di Trento (16° secolo)

   Il Concilio di Trento fece preparare il primo elenco dei libri proibiti nella cui 4° regola si diceva tra l’altro che nessuno può tenere in casa, senza un documento scritto dal proprio vescovo, una copia della Bibbia in volgare, pena in caso contrario la non assoluzione dai suoi peccati.

   Il Concilio di Trento non ha cercato di chiarire il concetto di ispirazione, ma solo di difendere l’ispirazione di tutti i libri, anche delle loro singole parti, come si trovano nella Bibbia cattolica latina (Volgata), compresi i sette libri deuterocanonici ritenuti invece non ispirati dagli ebrei e al loro seguito dai protestanti. “La chiesa accoglie e venera tutti i libri sia dell’Antico che del Nuovo Testamento perché degli uni e degli altri Dio ne è l’unico autore, nonché le tradizioni stesse riguardanti la fede e la morale” (Ench. Bibl. 57, Muñoz Iglesias, pagg. 179-181). Quest’affermazione ripeteva la precedente del Concilio di Firenze (1441): “I santi dell’uno e dell’altro Testamento hanno parlato per ispirazione del medesimo Spirito Santo” (Enc. Bibl. 40-49; Muñoz Iglesias pag. 173 e sgg.). Quest’ultima asserzione intendeva opporsi al rifiuto della tradizione cattolica da parte protestante.

   Si può quindi riassumere questa parte dicendo che l’attaccamento verso la Sacra Scrittura dei primi scrittori ecclesiastici, i quali la ritennero norma ispirata di vita, si andò affievolendo nel corso dei secoli, sopraffatto dalla tradizione. Esso fu però riscoperto dai protestanti, anche se costoro non riuscirono sempre a provare saldamente l’ispirazione degli scritti sacri.