Nella teologia farisaica si pensava che le “opere della Legge” consentissero di guadagnare meriti. Tali opere, realizzate con l’intenzione di osservare i Comandamenti, avrebbero dovuto far raggiungere la condizione di “giusto” davanti a Dio. Paolo, ispirato, sa che solo Dio può trasformare a fondo le nostre inclinazioni così da farci produrre opere spontanee orientate dall’amore.

   Per il giudaismo la funzione redentrice era attribuita alla Legge. Per il vangelo, tale funzione redentrice è attribuita al messia Yeshùa.

   Il giudaismo aveva la convinzione e la pretesa che Dio avesse affidato l’osservanza della Toràh esclusivamente al popolo eletto. Paolo, ispirato, proclama invece che l’osservanza della Legge di Dio è possibile a ogni essere umano in virtù dell’opera di Yeshùa.

   Le dichiarazioni di Paolo sulla Legge e le sue funzioni possono essere schematizzate nei cinque punti seguenti.

  1. La Legge è innanzitutto espressione della volontà di Dio:

“Io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore”. – Rm 7:22.

“Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così dunque, io con la mente servo la legge di Dio”. – Rm 7:25.

“Ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio”. – Rm 8:7.

   Di conseguenza, “la legge è spirituale” (Rm 7:14), “è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono” (Rm 7:12). Il compito della Legge è di dare e proteggere la vita (Rm 7:10). Da buon ebreo, Paolo considera la Legge uno dei privilegi d’Israele e uno tra i migliori doni di Dio fatti al suo popolo, insieme all’adozione, alla gloria, al patto, al culto, alle promesse, ai patriarchi e al Messia: “[Agli israeliti] appartengono l’adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse; ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo” (Rm 9:4,5). La sua adesione alla Legge si manifesta con la sua costante citazione delle Scritture Ebraiche come fonte autorevole.

  1. Mediante la Legge Dio manifesta, da una parte, il suo ideale per noi, e, dall’altra, quanto siamo distanti dal raggiungimento di quell’ideale. Nel confrontarci con la Legge di Dio prendiamo coscienza delle nostre mancanze: “La legge dà soltanto la conoscenza del peccato” (Rm 3:20) ovvero per mezzo della Legge scopriamo i nostri errori: “Perché dunque la legge? Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni” (Gal 3:19). Paolo dice che “senza la legge il peccato è morto” (Rm 7:8): chi ignora la legge non è cosciente di trasgredirla. La Legge è paragonabile a uno specchio che riflette la nostra condizione:

“Mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era. Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare”. – Gc 1:22-25.

   Questa funzione della Legge, il suo rivelare il peccato, è molto utile perché ci permette di progredire.

  1. La promulgazione della Legge in un codice scritto permette che ogni peccato sia identificabile: “Fino alla legge, il peccato era nel mondo, ma il peccato non è imputato quando non c’è legge” (Rm 5:13). L’esistenza della Legge rende più gravi le infrazioni di coloro che, pur conoscendola, la trasgrediscono. A coloro che si vantavano della loro osservanza, paragonandosi ai pagani, Paolo dice: “Tutti coloro che hanno peccato avendo la legge saranno giudicati in base a quella legge” (Rm 2:9; cfr. 1-16). L’intenzione di Paolo non è quella di difendere i pagani senza Legge, ma di mostrare ai giudei che la conoscenza della legge non basta a renderli migliori: “Non quelli che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che l’osservano saranno giustificati”. – Rm 2:13.
  2. Alcune delle frasi più dure di Paolo circa la Legge si riferiscono alla frustrazione psicologica che essa produce in chi scopre le proprie difficoltà a osservarla. Quando dice: “Il peccato, còlta l’occasione per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno e, per mezzo di esso, mi uccise” (Rm 7:11), confessa tutta la sua vergogna di non riuscire a fare ciò che Dio si aspetta. Arrivando a dire che la Legge causa il peccato, allude alla terribile realtà psicologica secondo cui quando ci viene imposta una norma aumenta in generale anche la voglia di trasgredirla.
  3. “La legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede. Ma ora che la fede è venuta, non siamo più sotto precettore” (Gal 3:24,25). Il precettore o tutore (secondo le traduzioni) è nel testo originale paolino il παιδαγωγός (paidagogòs), “pedagogo”. Fra i greci e i romani il paidagogòs era uno schiavo fedele cui erano affidati il dovere di sorvegliare la vita e i costumi dei ragazzi che appartenevano alla classe migliore. Ai ragazzi non era permesso di fare neanche un passo fuori da casa senza il loro pedagogo. La funzione del pedagogo finiva quando i ragazzi raggiungevano l’età della maturità. Ciò che viene trascurato sistematicamente dai detrattori della Legge è il fatto che sebbene i ragazzi, una volta raggiunta la maturità, non fossero più sotto pedagogo, era proprio l’istruzione impartita dal pedagogo che permetteva loro di condursi bene nella vita da soli. Ciò che era stato insegnato dal pedagogo era stato appreso bene e interiorizzato, divenendo parte di loro. Il pedagogo non veniva ucciso o rinnegato: semplicemente i suoi insegnamenti continuavano a operare da soli nei ragazzi divenuti maturi. Così, con il “nuovo patto” la Legge è scritta nella mente dei credenti; essi non la rinnegano, anzi la seguono spontaneamente con l’aiuto dello spirito di Dio. – Eb 8:10; Ger 31:33.

   Riassumendo, il grande contributo dell’apostolo Paolo al tema della Legge è d’aver stabilito un ponte tra teologia e vita pratica, tra teoria ed esperienza quotidiana, ricordandoci che una delle funzioni principali della Legge è negativa: segnalarci le nostre trasgressioni. È proprio questa sua funzione che ci insegna che non possiamo vivere senza la grazia di Dio. La pace interiore è raggiunta quando si ottiene il perdono di Dio e si ristabilisce una relazione con lui. La Legge, persino in questa sua funzione negativa è sempre positiva: ci conduce alla grazia di Dio che perdona. Ci guida poi nella nostra ubbidienza a Dio.

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