Un passo biblico citato con la pretesa di sostenere che l’osservanza del sabato sarebbe stata abolita, è quello di Col 2:14-17: “Egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce; ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce. Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, a noviluni, a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire; ma il corpo è di Cristo”. Questo passo è già stato analizzato in un altro nostro studio (“Cancellato il documento”: quale?; si veda anche lo studio La Legge di Dio fu forse inchiodata sulla croce?), sempre in questa categoria, La Toràh. Qui vogliamo, comunque, riprendere alcune osservazioni.

   Per comprendere bene il contesto in cui Paolo fa le sue affermazioni, si leggano i versetti 8-10,13 dello stesso capitolo di Col: “Guardate che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vani raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non secondo Cristo; perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità; e voi avete tutto pienamente in lui, che è il capo di ogni principato e di ogni potenza . . . Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati”. Paolo era preoccupato per i falsi insegnamenti di dottrine pericolose che si stavano infiltrando nella congregazione di Colosse: “[Dio vi ha accolto] se appunto perseverate nella fede, fondati e saldi e senza lasciarvi smuovere dalla speranza del vangelo che avete ascoltato” (Col 1:23). Le eresie di cui parla Paolo comprendevano il culto degli angeli (2:18) e l’intercessione degli angeli tra gli esseri umani e Dio, eresie che usurpano il ruolo intercessore di Yeshùa. – Col 1:15-20;2:9,10.

   Partendo dal v.14 molti affermano che Paolo avrebbe ritenuto abolito il quarto Comandamento. Coloro che sostengono questa tesi affermano che “il documento scritto a mano” (2:14, TNM) e “ostile” (2:14, NR) sarebbe il Decalogo. Se Paolo avesse voluto davvero parlare del Decalogo, non avrebbe mai usato il termine “chirografo” (χειρόγραφον, cheirògrafon), “documento scritto a mano”. Lo studioso cattolico Elio Peretto spiega: “Il termine ‘chirografo’ (tradotto sottoscrizione) è frequente nella lingua ellenistica dei papiri ed indica ogni forma di firma in uso negli affari e nel commercio, dall’ordinazione della merce alla ricevuta, alla fattura, alla registrazione del debito, alla bolletta di accompagnamento. Quando la fattura era pagata o il debito estinto, vi si tirava sopra una croce. Chirografo significa firma fatta di proprio pugno, come può avvenire per la contrazione di un debito, per l’accettazione di un’ipoteca, per la stipulazione di un contratto. Nel versetto si tratta di un debito che tutta l’umanità ha contratto e sottoscritto davanti a Dio; vi si riconosce la firma. È un’ipoteca che grava sul genere umano dal momento dell’ intrusione del peccato e che il genere umano non può non riconoscere, come i colossesi avevano riconosciuto le loro trasgressioni e il loro stato di ‘incirconcisi’. In maniera estrosa ed immaginosa, Paolo dichiara che tutti gli uomini sono debitori insolubili di Dio. La frase ‘annullando le nostre obbligazioni’ annuncia che i debiti dell’uomo nei confronti di Dio sono decaduti (lett. cancellati). Secondo Paolo Dio ha perdonato tutti i peccati e ha riscattato il documento che conteneva la somma del nostro ‘dare’”. – Lettere dalla prigionia, Edizioni Paoline, Roma, 1976, pagg. 149,150.

   In Col 2:16,17 – “Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, a noviluni, a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire” – Paolo allude a coloro che cercavano di introdurre il loro punto di vista come il solo vero e valido, e li critica aspramente, dicendo che non devono permettersi di giudicare chi mangia e beve e osserva le festività bibliche. L’opposizione di questi eretici concerneva (1) il mangiare e bere e (2) i giorni santi di Dio.

1)    Riferendosi “al mangiare o al bere” (2:16) o, meglio, “al mangiare e [καὶ (kài), “e”] al bere” (TNM) Paolo non si riferisce alla distinzione biblica tra elementi puri e impuri (Lv 11), ma alle pratiche dei digiuni dell’ascetismo pagano. Ciò appare evidente ai vv.20-23: “Perché, come se viveste nel mondo, vi lasciate imporre dei precetti, quali: ‘Non toccare, non assaggiare, non maneggiare’ (tutte cose destinate a scomparire con l’uso), secondo i comandamenti e le dottrine degli uomini? Quelle cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non hanno alcun valore; servono solo a soddisfare la carne”. Presso i pagani c’era la convinzione che l’ascesi e il digiuno predisponessero alle rivelazioni. Paolo dice ai colossesi che non devono farsi giudicare dagli eretici perché mangiano e bevono. “Il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda”. – Rm 14:17.

2)    I giorni santi di Dio sono indicati dai termini “feste”, “noviluni” e “sabati”. La presenza di “noviluni” e “sabati” nel trittico non lascia dubbi sul fatto che si tratta delle festività comandate da Dio, suddivise in settimanali (sabato), mensili (novilunio) e annuali (feste). L’osservanza del novilunio, che segna l’inizio di ogni mese ebraico, è comandata in Nm 10:10; 2Cron 2:4. Il sabato è il quarto Comandamento (Es 20:8-10). Le “feste” sono tutte le restanti festività annuali: Cena del Signore (Lc 22:19; 1Cor 11:24), Pasqua (Es 12:24-27), Pani Azzimi (Es 12:17-20), Pentecoste (Lv 23:15-21; Nm 28:26-31; Dt 16:9-12), Festa delle trombe (Lv 23:24; Nm 29:1-6), Giorno d’Espiazione (Lv 16:29-31;23:26-32; Nm 29:7), Festa delle Capanne (Lv 23:34-39) e Ultimo Gran Giorno (Lv 23:36,39). Paolo dice ai colossesi che non devono farsi giudicare dagli eretici perché osservano le festività bibliche comandate da Dio.

   È quindi certo che Col 2:16,17 non parla contro il quarto Comandamento che richiede l’osservanza del sabato. Piuttosto, Paolo dice esattamente il contrario: “Nessuno vi giudichi”. – Col 2:16, TNM.

   Un altro passo biblico citato a sproposito per sostenere l’idea antiscritturale che l’osservanza del sabato sarebbe stata abolita, è Gal 4:10,11 in cui Paolo rimprovera i galati: “Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni! Io temo di essermi affaticato invano per voi”. Anche qui moltissimi cosiddetti cristiani vedono un riferimento al sabato e alle altre festività bibliche. È questa una valutazione frettolosa e superficiale, basata solo su un’idea religiosa preconcetta. Innanzitutto, si noti che l’espressione “giorni, mesi, stagioni e anni” è ben diversa da quella usata da Paolo per le festività bibliche, che – come abbiamo già esaminato – è costituita dal trittico “feste”, “noviluni” e “sabati”. Soprattutto si leggano i versetti precedenti (8 e 9): “In quel tempo, è vero, non avendo conoscenza di Dio, avete servito quelli che per natura non sono dèi; ma ora che avete conosciuto Dio, o piuttosto che siete stati conosciuti da Dio, come mai vi rivolgete di nuovo ai deboli e poveri elementi, di cui volete rendervi schiavi di nuovo?”. Quei galati erano stati pagani, non conoscevano Dio e seguivano le pratiche pagane. “Ma ora”, dice Paolo, si rivolgevano di nuovo a quelle vecchie pratiche che avevano seguito, e l’apostolo domanda loro “come mai”. Proprio perché si rivolgevano di nuovo all’osservanza di “giorni, mesi, stagioni e anni”, le festività bibliche sono escluse, dato che da pagani non le avevano mai osservate.

   A ragione, lo studioso Ugo Vanni osserva che “si allude a varie pratiche religiose, legate ad un calendario rituale” (Lettera ai Galati e ai Romani, Edizioni Paoline, Roma, 1976, pag. 52). Paolo si rivolge a dei credenti provenienti dal paganesimo che pensavano di essere salvati attraverso l’osservanza di questi giorni festivi pagani: cercavano di introdurre queste pratiche nella congregazione, allontanando i credenti dal sano insegnamento ricevuto da Paolo. – Si veda anche lo studio seguente, Paolo condannò l’osservanza dei giorni santi di Dio?, in questa stessa categoria, studio nel quale vengono identificati questi giorni festivi pagani.

   Lo studioso Lagrange osserva: “Più naturale è pensare che l’osservanza dei giorni sia combinata con l’astinenza; quest’osservanza consisteva in digiuni in certi giorni” (M. J. Lagrange, Saint Paul, L’épitre aux Romains, Garalda et Cie, Paris, 1950, pag. 335). Lo studioso Franz J. Leenhardt così commenta: “Alcuni fanno distinzione tra i giorni. Nulla indica che si tratta di giudaizzanti, non si trova qui un’allusione al sabato, ma a delle pratiche d’astinenza o di digiuni fissati a date fisse”. – L’épitre de Sait Paul aux Romains, Labor et Fides, Geneve, 1981, pag. 186.