“Se rinunzi a lavorare di sabato, il mio santo giorno; se lo consideri come un giorno di gioia da rispettare perché è consacrato a me; se l’onori . . .  allora troverai la tua gioia in me, il Signore. Ti porterò in trionfo ovunque,

anche sui monti”. – Is 58:13,14, PdS.

 

Dio promette ai suoi fedeli in Is 58:13,14: “Se tu trattieni il piede dal violare il sabato, facendo i tuoi affari nel mio santo giorno; se chiami il sabato una delizia e venerabile ciò che è sacro al Signore; se onori quel giorno anziché seguire le tue vie e fare i tuoi affari e discutere le tue cause, allora troverai la tua delizia nel Signore; io ti farò cavalcare sulle alture del paese, ti nutrirò della eredità di Giacobbe tuo padre’, poiché la bocca del Signore ha parlato”.

   L’importanza che Dio attribuisce al sabato è grande, davvero grande. Ci piace quindi scandagliare questo passo isaiano per coglierne la grande considerazione in cui Dio tiene il settimo giorno.

  • “Se tu trattieni il piede dal violare il sabato”.

   Quando Mosè si trovò sul monte Horeb o Sinày, la “montagna di Dio” (Es 3:1), fu attratto da una strana visione: un “pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava” (v. 2). Incuriosito, si avvicinò (v. 4). Fu allora che udì la voce di Dio che gli intimava: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove stai è suolo santo”. – V. 5, TNM.

   Cosa rendeva santo quel luogo? Era la presenza di Dio. “Santo, santo, santo è il Signore” (Is 6:3). La santa presenza di Dio conferiva santità a quel luogo e Mosè doveva averne rispetto, non calpestandolo con i suoi sandali. Nel passo di Is Dio definisce il sabato “mio santo giorno”. Come Dio conferiva santità a un luogo con la sua presenza, così è conferita santità al particolare tempo del settimo giorno in cui Dio pone la sua presenza. Quando Dio creò, comandava con la sua parola e le cose venivano all’esistenza (Gn 1:3,6,9,11,14,20,24). Così per i sei giorni creativi. Ma “il settimo giorno, Dio compì l’opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatta. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l’opera che aveva creata e fatta” (Gn 2:2,3). Si noti: “In esso”. Smettendo di creare, Dio pose la sua presenza “in esso”, nel settimo giorno.

   Il sabato è quindi un tempo particolare che Dio considera santo. Non va violato calpestandolo con i piedi della quotidianità che appartiene agli altri giorni.

  • Mio santo giorno”.

   Dio chiama il sabato il suo giorno. Non è nostro ma suo. Noi abbiamo sei giorni, il settimo è di Dio. Ed è santo perché appartiene a lui. “Si lavorerà sei giorni; ma il settimo giorno è un sabato di solenne riposo, sacro al Signore”. – Es 31:15.

  • “Se chiami il sabato una delizia”.

   La delizia del sabato non sta nel fatto che in esso non si lavora e non ci si affatica: “Se onori quel giorno . . . allora troverai la tua delizia nel Signore”. Questa delizia (“squisito diletto”, TNM) è qualcosa di sublime che è più coinvolgente del sentimento d’amore che il sommo poeta italiano provava e che descrisse come “una dolcezza al core, che ‘ntender no la può chi no la prova”. – Dante Alighieri, Vita nuova, Il saluto di Beatrice.

   In giorno di sabato incontriamo Dio in un modo tutto particolare. Il sabato è il giorno dell’appuntamento con Dio. Distogliendo la nostra attenzione dalle cose dello spazio, incontriamo Dio nella dimensione del suo tempo. Chi considera Dio come una cosa, attribuendogli un corpo (pur se spirituale) e un posto nell’universo (che è sua creazione e quindi esterno a lui), non ha la minima percezione della grandezza e della grandiosità di Dio. Il Signore dell’universo vive nel tempo eterno e fermo che è la sua dimensione. Il sabato ci permette di essere con Dio nel suo tempo: il sabato è espressione della sua eternità.

   Per sei giorni siamo indaffarati a trafficare con le cose dello spazio. Le persone vedono il tempo come qualcosa che svanisce e che scappa, come qualcosa da afferrare per portare a termine le proprie cose. Quando poi si ritrovano ad avere tempo, sono imbarazzate: non sanno che farne, e così cercano dei passatempi. Non sanno vivere i momenti. Eppure, i momenti più preziosi che possiamo avere sono quelli trascorsi con Dio. Lo sapeva bene Yeshùa, che si alzava anche di notte per stare da solo con Dio in un luogo isolato e appartato. “Dopo aver congedato la folla, si ritirò in disparte sul monte a pregare. E, venuta la sera, se ne stava lassù tutto solo” (Mt 14:23); “Egli andò sul monte a pregare, e passò la notte pregando Dio” (Lc 6:12); “La mattina, mentre era ancora notte, Gesù si alzò, uscì e se ne andò in un luogo deserto; e là pregava”. – Mr 1:35.

Un appuntamento con Dio

   Mentre possiamo pregare e stare con Dio in ogni momento e in qualsiasi giorno, c’è un giorno speciale in cui abbiamo un appuntamento con Lui. Ordinando di osservare le sue sante Festività, Dio disse: “Ecco le solennità del Signore, che voi celebrerete come sante convocazioni” (Lv 23:2). Qui il traduttore ha scelto la parola “solennità” per descrivere le festività bibliche che Dio comanda; un altro traduttore ha scelto di tradurre con “feste periodiche”, avvicinandosi un poco al testo ebraico. La parola che Dio usa è però altra cosa, è una parola che dovrebbe emozionarci: מֹועֲדֵי (moadè). Questa parola è il plurale costrutto di מֹועֵד (moèd), che al plurale fa normalmente לְמֹועֲדִים (moadìm). Tra l’altro, significa “appuntamento”. L’angelo che annuncia ad Abraamo che avrà un figlio da sua moglie Sara, gli dà un appuntamento: “Al tempo fissato [לַמֹּועֵד (lamoèd)] tornerò da te, l’anno prossimo in questo tempo, e Sara avrà un figlio” (Gn 18:14, TNM). A Mosè, Dio aveva chiesto di forgiare due trombe “per convocare l’assemblea e per levare gli accampamenti” (Nm 10:2, TNM) e gli aveva dato queste istruzioni: “Devono suonarle tutt’e due, e l’intera assemblea deve osservare il suo appuntamento [מֹועֵד (moèd)] con te” (v. 3). Appropriatamente, quindi, la Traduzione interlineare in italiano, a cura di R. Reggi (EDB) traduce Sl 104:19 così: “[Dio] fece (la) luna per (gli) appuntamenti [מֹועֲדִים (moadìm)]”. Qui si allude al motivo per cui Dio creò il nostro satellite: per permetterci di calcolare le sue sante Festività attraverso il calendario lunare.

   In Lv 23:2 Dio sta perciò dicendo: “Ecco gli appuntamenti [מֹועֲדֵי (moadè)] di Yhvh, che voi celebrerete come sante convocazioni” (testo ebraico). Al versetto successivo (v. 3) è proclamato il primo di questi “appuntamenti” con Dio: “Il settimo giorno è sabato, giorno di completo riposo e di santa convocazione. Non farete in esso nessun lavoro; è un riposo consacrato al Signore”.

Sabato: un tempo sacro di cui godere

   Nella Bibbia c’è una parola particolarmente preziosa: “sacro/santo”, che in ebraico è קדשׁ (qadòsh). La prima volta che questa notevole parola viene usata nella Bibbia è il Gn 2:3: “Dio benediceva il settimo giorno e lo rendeva sacro [יְקַדֵּשׁ (yqadèsh)]”. Quando poi Dio donò i dieci Comandamenti, questo termine prezioso venne applicato solo a una parola: al sabato.

   Quanto al santificare, si noti Nm 7:1: “Il giorno in cui Mosè ebbe finito di erigere il tabernacolo, lo unse e lo consacrò con tutti i suoi arredi”. La santificazione del tabernacolo (che sarebbe poi diventato il Tempio, la “casa di eccelsa dimora” di Dio – 1Re 8:13, TNM) fu santificato da un uomo, Mosè. Ma il sabato fu santificato direttamente da Dio. Dio santifica il tempo, Dio santifica il sabato. Il sabato è un tempo sacro.

   Mentre la luna scandisce i tempi del calendario stabilendo le date degli “appuntamenti” (מֹועֲדֵי, moadè) con Dio durante le festività bibliche, il sabato è sganciato da questi cicli. Per la verità, non siamo neppure così sicuri che l’anno attuale che segna il calendario sia proprio l’anno giusto; chi può dirlo con certezza? Lo accettiamo per convenzione. Ma, quanto al sabato, sappiamo esattamente quando cade e sappiamo che è proprio nella ricorrenza giusta, un sabato dopo l’alto, ogni sette giorni, svincolato dal calendario. Quando gli ebrei furono schiavi in Egitto, non poterono osservare il sabato e ne persero il conteggio. Fu Dio stesso a ristabilirlo nel deserto quando fu detto loro: “Questo è quello che ha detto il Signore: ‘Domani è un giorno solenne di riposo: un sabato sacro al Signore” (Es 16:23). Se oggi sappiamo esattamente quando cade il sabato, è perché i giudei continuarono a tenerne il conteggio. Osservandolo puntualmente.

   Il sabato è “ultimo nella creazione, primo nell’intenzione” (Rabbi Solomo Alkabez, Lechà Dodi). Il sabato non è un tempo di rilassatezza e d’indolenza: è tempo sacro, santificato da Dio, donatoci per godere la gioia incommensurabile di stare con lui nel suo tempo. Dio fece tre cose nel settimo giorno: “Dio . . . [1] si riposò il settimo giorno . . . Dio [2] benedisse il settimo giorno e [3] lo santificò” (Gn 2:2,3). Questo è di gran significato per noi: al riposo s’aggiunge la gioia della benedizione e la santità.

   Ai tempi della prigionia babilonese, quando i giudei erano consumati dalla struggente nostalgia di Gerusalemme, il salmista sospira: “Come potremmo cantare i canti del Signore in terra straniera?” (Sl 137:4). Ci sono momenti in cui ci si sente estranei anche tra amici. Sulla terra, che è di Dio, siamo “come stranieri e ospiti” (Lv 25:23). C’è però un “luogo”, che è luogo di dimensione spirituale fatta di tempo sacro, in cui possiamo essere a nostro agio con Dio, godendo del nostro appuntamento con lui. Nella lingua della Bibbia, l’ebraico, shabàt (שבת), “sabato”, è femminile. Ecco perché gli ebrei usano leggere di sabato il Cantico dei cantici: vi vedono l’incontro del credente con il sabato come se il settimo giorno fosse una donna, una regina, una sposa.

LUI
Amica mia,
sei come una puledra
che fa impazzire i cavalli del faraone!
Come son belle le tue guance, tra le trecce,
com’è bello il tuo collo ornato di perle!
Ti faremo una collana d’oro,
con ornamenti d’argento.
LEI
Ora che il mio re è qui
nel suo giardino
il mio profumo di nardo
si spande tutt’intorno.
Amore mio,
sei come un sacchetto di mirra,
di notte riposi fra i miei seni.
Amore mio, sei come un mazzo di fiori
cresciuti nelle vigne di Engaddi.

Cant 1:9-14, PdS.

   In Es 31:17 Dio dice del sabato: “È un segno perenne tra me e i figli d’Israele; poiché in sei giorni il Signore fece i cieli e la terra, e il settimo giorno cessò di lavorare e si riposò”; subito dopo, al v. 18, si legge: “E appena ebbe finito di parlare con lui sul monte Sinai, dava a Mosè le due tavolette della Testimonianza” (TNM). Ora, ciò che è tradotto “appena ebbe finito” è nell’ebraico כְּכַלֹּתֹו (kechalotò). Questa parola può significare “come sua sposa”. Meraviglie della lingua ebraica.

כְּכַלֹּתֹו

kechalotò

כּ (ke), “in”

כָּלָה (kalà), “terminare”

תֹו (to), “lui”

כּ (ke), “come”

כַּלָּה (kalà), “sposa”

תֹו (to), “di lui”

   Yeshùa disse: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mr 2:27). Quest’affermazione, condivisa dai rabbini (Mekiltà su 31,13), denota il grande dono che Dio ci ha fatto per goderne. Il sabato è sia per lo spirito sia per il corpo. Il sabato è un incanto. Un giorno di lode.

   Quando il sabato termina, già se ne ha nostalgia e sorge spontanea la preghiera: “Fino a quando, Signore, rimarrai nascosto”?, “Per amore nostro  torna da noi tuoi servitori, noi, il popolo che ti appartiene”, “Mio Dio, non tardare!”. – Sl 89:47; Is 63:17; Sl 40:18, PdS.

   “In qualunque luogo, nel quale farò ricordare il mio nome, io verrò da te e ti benedirò” (Es 20:24). Un luogo, qualunque luogo dello spazio, non ha in sé sacralità. Perfino il Tempio, che divenne luogo sacro, non sorgeva su un terreno che avesse chissà quali proprietà sacrali. Era la presenza di Dio a renderlo sacro. Consapevole che il Tempio, pur essendo dimora di Dio, era solo come uno sgabello per i suoi piedi, il popolo ebraico cantava: “Andiamo nella dimora del Signore, adoriamo davanti allo sgabello dei suoi piedi!” (Sl 132:7). “Il cielo è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi; quale casa potreste costruirmi? Quale potrebbe essere il luogo del mio riposo?” (Is 66:1). Dio pose però la sua presenza in un giorno: il sabato. E lo rese sacro.

   “Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni” (Sl 90:12). Dobbiamo davvero imparare a valorizzare il tempo, giacché è nel tempo che si trova la dimensione di Dio. E il sabato è un tempo sacro, tempo di Dio. Il sabato ci è dato per partecipare alla santità di Dio, gustando la sua pace. E pregustando l’eternità.

 

Salmo. Canto per il sabato.
È bello lodarti, Signore,
e cantare il tuo onore, Dio Altissimo,
annunziare al mattino la tua bontà
e la tua fedeltà durante la notte,
sulle corde del liuto e dell’arpa
e al suono della cetra.
Sono felice, Signore,
per quello che hai fatto,
canto di gioia davanti alle tue opere.
Signore, quanto sono grandi le tue azioni,
come sono profondi i tuoi pensieri!
L’uomo ignorante non se ne accorge,
lo stupido non lo capisce.
I malvagi crescano pure come l’erba,
fioriscano tutti i malfattori:
saranno distrutti per sempre.
Tu, Signore, in eterno,
regni sopra ogni cosa.
E i tuoi nemici, Signore,
i tuoi nemici andranno in rovina,
i malfattori saranno dispersi.
A me invece hai dato la forza di un bufalo,
mi hai unto con olio profumato.
Ho visto la sconfitta dei miei nemici
ho scoperto il complotto dei miei avversari.
Il fedele cresce diritto come una palma,
diventa bello come un cedro del Libano.
Piantato nel cortile del tempio,
fiorisce presso il Signore, nostro Dio.
Anche se vecchio, porta frutti,
è sempre verde e rigoglioso.
È la prova che il Signore è giusto;
è la mia roccia e non inganna”.

Sl 92, PdS.