Nella Bibbia, l’essere umano com’è introdotto alla conoscenza di se stesso? Una delle proprietà della Scrittura è quella di rivolgersi direttamente ai suoi lettori. La Scrittura stimola l’autocomprensione dell’uomo. Spetta quindi a noi accogliere questo stimolo per una riflessione che con gioia porti alla riscoperta della testimonianza di Colui che ce l’ha lasciata nel Libro dei libri.
Chi è dunque l’uomo? È la domanda che ogni generazione si pone. Ma tale domanda ne porta con sé un’altra altrettanto importante: Come si può si rispondere alla domanda su chi è l’uomo con un insegnamento sicuro e fidato? Il problema è quello della non obiettività, dato che l’uomo non può comprendere se stesso all’interno del suo mondo. Un adulto, in se stesso, non saprebbe neppure di chi è figlio, se qualcuno non glielo dicesse. Per capirci, l’uomo deve incontrarsi con un “altro”. Ma dov’è questo altro cui possa domandare: Chi sono io?
Il credente si rivolge alla Bibbia, ma questa non contiene un insegnamento unitario sull’uomo. Per giunta, noi non siamo nelle condizioni di poter rintracciare le linee di sviluppo di un’immagine biblica dell’uomo. Infatti, ogni singolo documento biblico contiene una determinata visione dell’uomo. Il che indurrebbe a comporre un’antropologia biblica per ogni singolo libro della Scrittura. Come affrontare allora la questione? Occorre cercare il punto di partenza dove, nei testi biblici, si pone esplicitamente la domanda sulla natura e sull’essenza dell’essere umano, tenendo ovviamente conto dei contesti. Con un’analisi siffatta si arriverà alla sorprendente scoperta che ciò che la Bibbia dice in merito – pur nella sua varietà – ci porta a capire che è soprattutto nel rivolgersi in preghiera a Dio che l’essere umano si mette in questione e riflette su se stesso. Si scoprirà allora che non siamo un’entità chiusa e già definita, ma siamo chiamati a compiere cose nuove. E scopriremo anche che l’essere umano – noi – non siamo la misura di tutte le cose.