Sl 2 – I nemici e le lotte (TNM)

1 1Perché 2 sono state in tumulto le nazioni

E gli stessi gruppi nazionali 3 borbottavano una cosa vuota? 4

2 I re della terra prendono posizione

E gli stessi alti funzionari si sono ammassati come un sol uomo

Contro Geova e contro il suo unto, 5

3 [Dicendo:] “Strappiamo i loro legami 6

E gettiamo via da noi le loro funi!”

4 7 Il Medesimo che siede nei cieli 8 riderà; 9

Geova 10 stesso si farà beffe di loro. 11

5 12 In quel tempo parlerà loro nella sua ira

E acceso di sdegno li turberà, 13

6  [Dicendo:] “Io, sì, io ho insediato 14 il mio re

Sopra Sion, mio monte santo”. 15

7 16 Lasciate che mi riferisca al decreto di Geova; 17

Egli mi ha detto: “Tu sei mio figlio;

Io, oggi, ti ho generato. 18

8 Chiedimi, 19 affinché io ti dia le nazioni come tua eredità

E le estremità della terra come tuo proprio possedimento. 20

9 Le spezzerai 21 con uno scettro di ferro,

Le frantumerai come un vaso di vasaio”.

10 22 E ora, o re, esercitate perspicacia;

Lasciatevi correggere, o giudici della terra.

11 Servite Geova con timore

E gioite con tremore.

12 Baciate il figlio, 23 affinché Egli non si adiri

E voi non periate [dalla] via,

Poiché la sua ira divampa facilmente.

Felici sono tutti quelli che si rifugiano in lui.

 

Note:

Si tratta di un salmo con quattro strofe di tre versi ciascuna e di tre accenti. È uno dei salmi più belli di tutto il Salterio, specialmente per chi può gustarne la bellezza nell’originale ebraico.

1 I vv. 1-3 presentano la prima scena, che è terrestre. Tratta della rivolta delle nazioni.

2 “Perché”? Tanti לָמָּה (làma), “perché”, sono rivolti a Dio sui problemi che turbano la nostra esistenza, come quello del male, della malattia, della morte, del silenzio divino.

3 “Nazioni . . . stessi gruppi nazionali”. L’ebraico ha “nazioni e popoli” (גֹויִם וּלְאֻמִּים, goìym uleemìym). Non è necessario complicare la traduzione con una ripetizione (“nazioni”, “gruppi nazionali”: che differenza c’è?) e aggiungendo un inutile “stessi”. È così bello l’ebraico! “Popoli e nazioni”.

4 Ma qui è Dio che si domanda il “perché” della ribellione umana: è senza motivo, sia perché Dio non ne ha dato motivo, sia perché è destinata al fallimento. Si tratta di progetti orgogliosi senza costrutto e senza senso. Questa traduzione del versetto, purtroppo, disperde tutta la bellezza della scena che l’ebraico dipinge. Anche le sfumature sono ignorate. Qui Dio si domanda “perché hanno congiurato le nazioni e i popoli meditano invano” (traduzione letterale dall’ebraico). Si noti la differenza dei tempi verbali: “hanno congiurato”, ma “meditano” ovvero continuano a meditare. Altro che “sono state in tumulto” (TNM): “hanno congiurato”! Altro che “borbottavano” (TNM): “meditano” e continuano a meditare (senso della costruzione al presente). E non progettano “una cosa vuota” (TNM): l’ebraico רִיק (riyq) ha qui il senso di “invano”. Il versetto, composto da sole sei parole ebraiche, mostra la scena della terra in cui popoli e nazioni hanno ordito una congiura e continuano a progettare ribellione invano. Bellissimo quell’“invano” (רִיק, riyq): Dio dall’alto osserva tutto questo movimento sulla terra e si domanda retoricamente “perché”: a che serve tanta ribellione contro Dio? È riyq, “invano”.

5 È qui profetizzata con tremila anni di anticipo la marcia dei senza Dio, di coloro che si oppongono a Lui e al suo “unto” (consacrato), ossia a Yeshùa, il re salvatore, già profetizzato da Giacobbe quando stava per morire: “Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né sarà allontanato il bastone del comando dai suoi piedi, finché venga colui al quale esso appartiene e a cui ubbidiranno i popoli”. Le parole “contro יהוה e il suo messia” (testo ebraico) sono, secondo alcuni, una glossa o annotazione marginale di qualche scriba, dato che mancherebbero di un parallelo e non rientrerebbero nelle strofe risultanti di tre distici. In effetti, questo verso ha emistichi anziché i soliti due degli altri versetti: la stessa impaginazione di TNM lo mostra, essendo ogni versetto su due righe, a parte questo e il 7 dove forse c’è un’altra glossa, mentre il 12 racchiude evidentemente due versetti. Può darsi che la glossa fu inserita col il desiderio di spiegare quanto viene subito dopo: “Spezzeremo i loro legami, getteremo [via] da noi le loro funi”. Questa frase potrebbe lasciare il lettore nell’incertezza: chi la dice, a chi è rivolta? TNM sente il bisogno di aggiungere “[Dicendo]”, riferendo giustamente il dire ai popoli e alle nazioni. La glossa, forse, anticipando la soluzione della possibile incertezza, spiegherebbe: “Si sono ritrovati [i] re de[lla] terra e [i] prìncipi si sono riuniti insieme contro יהוה e il suo messia: ‘Spezzeremo i loro legami, getteremo [via] da noi le loro funi” (traduzione letterale dal testo ebraico). È possibile che si tratti di una glossa? Sì, è possibile, ma non è necessario.

6 “Legami”. Si tratta qui di un simbolo di schiavitù. I prigionieri erano a quel tempo incatenati. Può darsi che lo stesso apostolo Paolo, pur essendo abbastanza libero, stesse incatenato ad un soldato: “A Paolo fu concesso di abitare per suo conto con un soldato di guardia” (At 28:16). Di fatto le catene di Paolo erano al servizio di Dio e del suo messia. Yeshùa stesso aveva anticipato: “Il mio giogo è dolce”. – Mt 11:30.

7 I vv. 4-6 presentano la scena celeste in cui Dio se la ride.

8 “Il medesimo che siede nei cieli” di TNM è “il Sedente nei cieli” del testo ebraico.

9 Il “riderà” di TNM è “ride” nella costruzione ebraica.

10 TNM inserisce qui “Geova”, ma il Testo Masoretico ha אֲדֹנָי (adonày), “Signore di me”. Può anche darsi che in questo luogo i soferìm o scribi ebrei abbiano cambiato il testo ebraico originale da Yhvh in adonày, ma il direttivo americano che edita la TNM non ha ripristinato il tetragramma divino, ma un nome che non ha senso. Infatti, altri soferìm, i masoreti, per impedire la lettura del Nome (ritenuto troppo sacro) inserirono nel tetragramma (יהוה) proprio le vocali di adonày. Gli ebrei del tempo, trovando quelle strane vocali che non erano quelle del Nome, sapevano di dover leggere adonày. Accadde però che studiosi occidentali dei tempi posteriori lessero yehòvah, proprio come era scritto, cadendo in un tranello. Insistendo su “Geova” il direttivo statunitense non solo fa il gioco di quei masoreti superstiziosi, ma va ben oltre, affermando un nome che non ha senso.

11 “Si farà beffe”: a parte l’uso del futuro invece del presente della costruzione ebraica, è ottima la scelta di rendere così bene l’ebraico “deride”. Riguardo al comportamento umano che è ridicolo dal punto di vista di Dio, si legga l’episodio della Torre di Babele in Gn 11:1-9. Ma Dio li deride soltanto?  No. Fa dell’altro, come mostrano i vv. 5 e 6.

12 Versetti 5 e 6. Dio non li deride soltanto, ma li giudica per mezzo del suo consacrato. La risposta di Dio è Yeshùa.

13 Troppo debole il “turberà” rispetto al “terrorizza” dell’ebraico.

14 “Ho insediato”: parola adatta al lettore italiano. Ma l’ebraico ha “ho versato” (נָסַכְתִּי, nasàchty). Il verbo nasàch (נסך), “versare”, si riferisce al fatto che sul principe che veniva incoronato re era versato dell’olio di consacrazione. Dal verbo nasàch (נסך), “versare”, deriva nasìch (נסיך) che indica il “principe”.

15 “Mio monte santo”: letteralmente l’ebraico ha “monte [di] santità di me”. Si riferisce a Sion, dove c’era Gerusalemme e il Tempio, e dove affluiranno i rappresentanti delle popolazioni mondiali quando Yeshùa ritornerà: “Avverrà, negli ultimi giorni, che il monte della casa del Signore si ergerà sulla vetta dei monti, e sarà elevato al di sopra dei colli; e tutte le nazioni affluiranno a esso. Molti popoli vi accorreranno, e diranno: ‘Venite, saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri’. Da Sion, infatti, uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola del Signore” (Is 2:2,3). Le religioni cosiddette cristiane non hanno intendimento delle Scritture. Leggendo all’occidentale, prendono alla lettera passi che si esprimono semplicemente nel linguaggio concreto degli ebrei, mentre quando c’è da capire davvero com’è scritto buttano tutto sul simbolico e sullo spirituale. Eppure è così chiaro: “Negli ultimi tempi, il monte della casa del Signore sarà posto in cima ai monti e si eleverà al di sopra delle colline e i popoli affluiranno ad esso. Verranno molte nazioni e diranno: ‘Venite, saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe; egli c’insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri!’. Poiché da Sion uscirà la legge, da Gerusalemme la parola del Signore”. – Mic 4:1,2.

16 Nella sezione dei vv. 7-9 vengono presentate le credenziali del re.

17 Per ragioni ritmiche alcuni critici testuali eliminano la frase “lasciate che mi riferisca al decreto di Geova” (in ebraico: “Annuncerò [la] prescrizione [di] Yhvh”). Si tratta forse di una glossa posteriore. Si noti che la stessa impaginazione di TNM ha qui il versetto su tre righe (come al v. 2, dove probabilmente c’è un’altra glossa).

18 Le parole: “Tu sei mio figlio; io, oggi, ti ho generato”, sono molto difficili da capire per chi non è davvero addentro agli studi biblici e non conosce bene il modo ebraico di esprimersi delle Scritture. Intanto vediamo il testo letterale: “Figlio di me tu, io oggi ho generato te”. Molti esegeti e teologi del passato vedevano in questo passo la prova dogmatica della filiazione naturale del Messia da parte di Dio. Oggi si è molto più cauti nell’affermare una cosa simile. Questo è un chiaro esempio del leggere la Bibbia letteralmente anziché prenderla sul serio. Si deve sapere che “figlio” non sempre nella Scrittura indica una vera generazione. La parola “figlio” assume nella Scritture sfumature più vaste che abbracciano il senso, più affievolito, di appartenenza ad una persona o ad un gruppo. Gli angeli – che appartengono alla sfera divina – sono pur essi chiamati “figli di Dio”, come in Gb 1:6. Israele, che è il popolo di Dio per eccellenza, è chiamato ‘figlio di Dio’: “Così dice il Signore: Israele è mio figlio, il mio primogenito” (Es 4:22). Anche i re, rappresentanti di Dio sulla terra, sono detti ‘figli di Dio’. Di Salomone si afferma che Dio, fungendogli da padre, lo avrebbe ritenuto figlio: “Io sarò per lui un padre ed egli mi sarà figlio” (2Sam 7:14). In tutti questi passi si tratta sempre di esseri creati (gli angeli, il popolo, i re) che sono metaforicamente detti “figli di Dio”. Va poi notato che l’“oggi” in cui il “figlio” è generato (v. 7) è posteriore alla stessa nascita. Non si dice, infatti: ‘Oggi ti ho generato e tu sei [quindi] mio figlio’, ma: “Tu sei mio figlio; io, oggi, ti ho generato”. Ovvero: Tu, che sei già mio figlio, sei da me generato oggi. Ciò significa che il generare deve riferirsi all’intronizzazione del re e non alla sua nascita naturale. Non si tratta quindi di generazione carnale, ma di generazione metaforica riguardante l’esaltazione al trono regale su cui egli fungerà da rappresentante di Dio.

19 Dopo l’intronizzazione regale c’è un “chiedimi” che intralcia il ritmo e da molti traduttori è tolto.

20 Al re intronizzato si assicura il dominio su tutta la “terra”. La “terra” è la Palestina, la “terra” per eccellenza, il centro dell’universo. Si noti che le nazioni vengono date al re come “eredità”, ma il “possedimento” riguarda la “terra”. La traduzione “le estremità della terra” al v. 8 è ingannevole: il lettore occidentale può pensare all’intero pianeta (e, forse, è proprio questo che pensa il traduttore statunitense di TNM). Ma quando l’ebreo leggeva la parola ebraica èretz (ארץ), “terra”, pensava a Israele, èretz-Israèl (“la terra d’Israele), proprio come fanno oggi gli ebrei di tutto il mondo che si riveriscono allo stato di Israele chiamandolo semplicemente haàretz, “la terra”.

21 Al posto di “spezzerai”, la LXX ha “pascerai” (ποιμανεῖς, poimanèis) e la Vulgata ha reges (“reggerai”). Vero è che le due parole sono simili nelle consonanti. E vero è che Ap 2:27 – che cita il passo – ha “pascere”: “Pascerà il popolo con una verga di ferro”. Tuttavia, il testo ebraico sembra richiedere “spezzerai” per il parallelismo: “Le spezzerai . . . le frantumerai . . .”, per cui è inutile correggerlo.

22 La sezione comprendente i vv. 10-12 presenta le esortazioni ai re perché si sottomettano al sovrano messianico. Il senso è: È bene sottomettersi pacificamente anziché essere annientati dall’ira punitrice di Dio.

23 Qui c’è da fare ordine. Una trasposizione accidentale durante la copiatura del testo ha creato confusione spezzando delle parole e creando un’altra lezione. Si veda intanto il testo attuale, facendo caso a quanto evidenziato:

11

עִבְדוּ אֶת־יְהוָה בְּיִרְאָה וְגִילוּ בִּרְעָדָה׃

12

נַשְּׁקוּ־בַר פֶּנ־יֶאֱנַף ׀ וְתֹאבְדוּ דֶרֶךְ כִּי־יִבְעַר כִּמְעַט אַפֹּו אַשְׁרֵי כָּל־חֹוסֵי בֹו׃

 

Si osservi ora l’inizio del v. 12:

 

נַשְּׁקוּ־בַר

nashqu-vàr

baciate [il] figlio

 

   Il classico errore è quello di leggere var senza porsi problemi. Guarda caso, bar è parola aramaica che significa “figlio” (l’ebraico è ben, בן). TNM lo dice pure, nella nota in calce: “Qui è usato var (da bar), aram.; non ben, ebr.”. Ma la domanda è: che ci fa un parola aramaica in un testo ebraico? Si noti, inoltre, che al v. 7 la parola ebraica ben compare regolarmente: “Tu sei mio figlio [ebraico בְּנִי (benìy): בן (ben, “figlio”) + suffisso י (y, per “mio”)]”, per cui sarebbe particolarmente strano avere poi la stessa parola in aramaico. Ma la cosa assume un aspetto ancora più grave. Pietro attesta che questo salmo è di Davide: “Lo Spirito Santo ha detto per bocca del tuo servo Davide, nostro padre: Perché questo tumulto fra le nazioni, e i popoli meditano cose vane? [Sl 2:1]” (At 4:25). Ora, al tempo di Davide non si parlava aramaico, ma ebraico. Se s’insiste nel leggere var in aramaico bisogna anche sostenere che il salmo è di epoca molto più tardiva di quella davidica. Il fatto è che, esaminando accuratamente il passo, ci si accorge di come sia stato accidentalmente corrotto. Si veda la ricostruzione:

 

Testo attuale

בְּיִרְאָה וְגִילו

beyràh veghìylu

con timore ed esultate

 

Testo ricostruito

ברגליו

beraglàyu

ai suoi piedi

 

   Le consonanti sono le stesse, solo la vocalizzazione è diversa. Da questo spostamento, dovuto certamente all’errore di un copista, è nata la lezione: “Servite Yhvh con timore ed esultate con tremore. Baciate il figlio”. Ma si noti come il v. 11 appaia smilzo rispetto agli altri. L’originale doveva essere:

 

11

עִבְדוּ אֶת־יְהוָה בְּיִרְאָה וְגִילוּ בִּרְעָדָה׃

12

נַשְּׁקוּ ברגליו בִּרעָדָה פֶּנ־יֶאֱנַף ׀ וְתֹאבְדוּ דֶרֶךְ כִּי־יִבְעַר כִּמְעַט אַפֹּו אַשְׁרֵי כָּל־חֹוסֵי בֹו׃

11. ivdù et-yhvh beiyràh

12. nashqù beraglàyu beiyradàh

11. servite Yhvh con timore,

12. baciate ai suoi piedi con tremore

 

   Molto spesso le iscrizioni scoperte dagli archeologi parlano di ribelli che alla fine si sottomettono al sovrano e, come segno di resa, s’inchinano e gli baciano i piedi. – Cfr. M. Streck, Assurbanipal und die letzten Ass. Könige bis zum Untergang Ninive’s, Leipzig 1916; Textes Der Rassam-Zylinder 1,71, II.33.72.80, IV,28.

 

Valutazione del salmo

   L’interpretazione messianica del salmo è garantita da varie citazioni bibliche (almeno sette) che sono disseminate nelle Scritture Greche. Come esempio citiamo At 13:33: “Dio l’ha adempiuta [“la promessa fatta ai padri”, v. 32] per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche è scritto nel salmo secondo: Tu sei mio Figlio, oggi io t’ho generato [Sl 2:7]”. In Eb 1:5 la citazione di questo salmo è congiunta a quella tratta da 2Sam 7:14: “A quale degli angeli ha mai detto: Tu sei mio Figlio, oggi io t’ho generato? e anche: Io gli sarò Padre ed egli mi sarà Figlio”? L’Apocalisse richiama questo salmo per ben tre volte:

“Ella [la donna vestita di sole, v. 1] partorì un figlio maschio, il quale deve reggere tutte le nazioni con una verga di ferro [riferimento a Sl 2:9; “reggere” è tratto dalla Vulgata; il greco ha “pascere”, tratto dalla LXX]”. – 12:5.

“Egli [il cavaliere del “cavallo bianco”, v. 11] le governerà [“le nazioni”, stesso v. 15] con una verga di ferro [riferimento a Sl 2:9]”. – 19:15.

“Egli [“chi vince” insieme a Yeshùa, v. 26] le reggerà [le “nazioni”, v. 26] con una verga di ferro e le frantumerà come vasi d’argilla [riferimento a Sl 2:9]”. – 2:27.

   Da queste ultime citazioni si vede come la congregazione dei discepoli di Yeshùa abbia applicato a lui il salmo, spiritualizzandone il dominio.

   Si noti poi At 4:24,25 in cui, dopo che alcuni discepoli erano stati rimessi in libertà dai capi dei sacerdoti e dagli anziani giudei, quelli raccontano ad altri discepoli i fatti accaduti. Questi ultimi, si rivolgono allora a Dio e dicono: “Signore, tu sei colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi; colui che mediante lo Spirito Santo ha detto per bocca del tuo servo Davide, nostro padre: Perché questo tumulto fra le nazioni, e i popoli meditano cose vane?”. Qui si cita Sl 2:1. Cosa interessante, il fatto che vi si veda l’attuazione del salmo proprio nella decisione del Sinedrio e di Pilato di uccidere Yeshùa fa capire come il salmo non fosse inteso troppo alla lettera, ma se ne guardasse piuttosto il senso generale.

Epoca del salmo

   Ci sono studiosi – e non mancano mai – che fanno ipotesi fantasiose. Uno di questi è il Treves che in Vetus Testamentum (1965, pagg. 85-90) attribuisce il Salmo 2 al (si noti la precisione) 103 a. E. V.! Ci sono però studiosi più seri – neppure questi mancano mai – che rispondono per le rime (come B. Lindars, sempre in Vetus Testamentum, 1967, pagg. 60-67), facendo notale che “monte santo” (v. 6) e l’esortazione ai re a servire l’unto sovrano di Dio (v. 10) non riflettono per nulla un’epoca tardiva; i re vassalli cui l’esortazione è rivolta si giustificano solo supponendo un periodo antico. La parola aramaica bar, come abbiamo visto, non è affatto una parola aramaica, ma uno spezzone di brgly (ברגליו), che si legge beraglàyu (“ai suoi piedi”), e che è finito fuori posto. Inoltre, la comunità di Qumràn intese questo salmo riferito alla regalità davidica, tanto che lo citò nel florilegio di 4 A. Non vi sono ragioni serie che impediscano di attribuire il salmo a Davide. C’è invece una ragione molto seria per riconoscerne la paternità davidica: Pietro e Giovanni (At 4:13) erano presenti quando alcuni discepoli di Yeshùa, pregando Dio, dissero: “Signore, tu sei . .  colui che mediante lo Spirito Santo ha detto per bocca del tuo servo Davide, nostro padre: Perché questo tumulto fra le nazioni, e i popoli meditano cose vane?” (At 4:24,25). Chi conosce bene la Scrittura sa che proprio Davide fu oggetto di promesse e di oracoli stupendi (2Sam 7:11-16), che furono cantati anche in alcuni salmi, come in 132:11 e seguenti. L’espressione “i re della terra” (v. 2), unita al fatto che essi si ribellano e congiurano (sempre al v. 2) rientra nello stile letterario dell’epoca davidica. Anche Assurbanipal, parlando della rivolta dell’Egitto, usa le stesse espressioni del salmo che, letterariamente, hanno dei contatti: “I re della terra si sono detti l’un l’altro: Orsù, marciamo contro quello strapotente di Assurbanipal . . . il suo potere non causi divisioni tra noi [Sl 2:2 dice: “Si sono ammassati come un sol uomo”]. Ninbil [dio pagano] rispose: i re della terra li abbatterò, porrò catene ai loro piedi”. Il procedimento letterario è quindi assai arcaico e può benissimo non solo collocare il salmo al tempo di Davide ma riferirne a lui la paternità.