In passato gli studiosi dicevano che Gv utilizzò Mr e Lc aggiungendovi materiale privo di valore. Ma nel 1938 la dipendenza di Gv dai sinottici fu messa in discussione dal libro St. John and the Synoptic Gospels di Gardner-Smith. In questo testo si asseriva che Giovanni, indipendentemente dai sinottici, attingeva come loro al comune deposito della tradizione orale. Le idee di questo studioso rimasero a lungo ignorate, finché nel negli anni ’50 furono riprese e proseguirono negli anni ’60. L’opera fondamentale al riguardo è quella di C. H. Dodd, Historical Tradition in the Fourth Gospel del 1963.

   In effetti, ci sono validissime ragioni per ritenere Gv indipendente dai sinottici.

   Alcuni passi del Vangelo giovanneo tradiscono l’impronta di un’esperienza personale. Questa è la vivida impressione che si ha leggendo 1:35-51 (chiamata dei Dodici); 13:2-17 (lavanda dei piedi); 18:3 (soldati romani che partecipano alla cattura di Yeshùa); 19:23,24 (tunica senza cuciture). Leggendo questi brani si comprende come Giovanni fosse presente: le scene rivivono per noi, evocate da Giovanni. Come leggendo 18:16: “Quell’altro discepolo che era noto al sommo sacerdote, uscì, parlò con la portinaia e fece entrare Pietro”; qui Giovanni parla di se stesso (non nominandosi, per modestia), ma lascia trasparire un dato che conosceva personalmente: quel discepolo “era noto”. Un altro esempio è dato dall’apparizione di Yeshùa alla Maddalena:

“Maria, invece, se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere. Mentre piangeva, si chinò a guardare dentro il sepolcro, ed ecco, vide due angeli, vestiti di bianco, seduti uno a capo e l’altro ai piedi, lì dov’era stato il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: ‘Donna, perché piangi?’. Ella rispose loro: ‘Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l’abbiano deposto’. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Gesù le disse: ‘Donna, perché piangi? Chi cerchi?’. Ella, pensando che fosse l’ortolano, gli disse: ‘Signore, se tu l’hai portato via, dimmi dove l’hai deposto, e io lo prenderò’. Gesù le disse: ‘Maria!’. Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: ‘Rabbunì!’ che vuol dire: ‘Maestro!’. Gesù le disse: ‘Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli, e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro’. Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose”. – 20:11-18.

   Questo episodio è un altro ricordo autentico. Non vi è nulla di simile nei sinottici. Vi è forse qualcosa di simile in tutta la letteratura del mondo?

   Anziché dipendere dagli altri Vangeli, a volte Gv li chiarisce. Scompaiono così alcune difficoltà che, senza Gv, rimarrebbero. In Mr 1:16-18 leggiamo: “Mentre passava lungo il mare di Galilea, egli vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. Gesù disse loro: ‘Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini’. Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono”. Lo seguirono istantaneamente? È credibile? Ma Gv 1:35-42 spiega come erano andate prima le cose: “Il giorno seguente, Giovanni era di nuovo là con due dei suoi discepoli; e fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: ‘Ecco l’Agnello di Dio!’. I suoi due discepoli, avendolo udito parlare, seguirono Gesù. Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò loro: ‘Che cercate?’. Ed essi gli dissero: ‘Rabbì (che, tradotto, vuol dire Maestro), dove abiti?’. Egli rispose loro: ‘Venite e vedrete’. Essi dunque andarono, videro dove abitava e stettero con lui quel giorno. Era circa la decima ora. Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due che avevano udito Giovanni e avevano seguito Gesù. Egli per primo trovò suo fratello Simone e gli disse: ‘Abbiamo trovato il Messia’ (che, tradotto, vuol dire Cristo); e lo condusse da Gesù. Gesù lo guardò e disse: ‘Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa’ (che si traduce ‘Pietro’)”. Subito dopo questo avvenimento essi partecipano con altri alle nozze di Cana: “Il terzo giorno ebbe luogo a Cana di Galilea una festa nuziale, e la madre di Gesù era là. Gesù e i suoi discepoli furono pure invitati alla festa nuziale” (2:1,2). Si capisce allora poi la prontezza con cui Mr riferisce la subitanea risposta di Pietro e Andrea. Gv afferma che Pietro e Andrea erano di Betsaida, come Filippo (1:43,44), ricorda il nome di Pietro/Kehfa  (v. 42), ricorda il nome vero del padre di Pietro (Giovanni – v. 42). Questo nome – “figlio di Giovanni” (Gv 1:42) – non corrisponde al “figlio di Giona” di Mt 16:17, che è probabilmente un appellativo con il senso di “terrorista”, vale a dire uno che apparteneva al gruppo degli zeloti ebrei. Yeshùa in Galilea si scelse cinque discepoli tra quelli di Giovanni il battezzatore: Andrea, Pietro, Filippo, Natanaele (ovvero Batolomeo) e un discepolo innominato (probabilmente Giovanni stesso). Se ne ha dimostrazione in uno scritto tannaitico che conferma che Yeshùa aveva quei cinque discepoli. – Bab. Nanh. 43a.

   Grazie a Gv si comprendono meglio certe situazioni. Dopo la moltiplicazione dei pani, Mr 6:45 dice: “Subito dopo Gesù obbligò i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, verso Betsaida, mentre egli avrebbe congedato la folla”. Perché fece così? Ce lo dice Gv: l’entusiasmo popolare stava allora per trasformarsi in una ribellione a Roma: “La gente dunque, avendo visto il miracolo che Gesù aveva fatto, disse: ‘Questi è certo il profeta che deve venire nel mondo’. Gesù, quindi, sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo” (6:14,15). Molte ribellioni erano già scoppiate in quel tempo, come ci dice Giuseppe Flavio e come leggiamo nel libro degli Atti circa Teuda (5:36) e Giuda il Galileo (5:37). La spinta a divenire capo politico era stata la terza tentazione di Yeshùa (“Il diavolo lo portò con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria, dicendogli: ‘Tutte queste cose ti darò’” – Mt 4:8,9). La riluttanza di Yeshùa a diventare un capo politico aveva provocato una crisi tra i suoi discepoli; diversi di loro volevano vivere in una Palestina libera, perciò molti si allontanarono da lui dopo che Yeshùa aveva detto: “È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita”; “da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui” (Gv 6:63,66). Solo Pietro rispose – a nome di tutti quelli che erano rimasti – che, nonostante questo, egli riconosceva in Yeshùa il consacrato da Dio: “Noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (v. 69). Il Vangelo di Giovanni mostra meglio l’aspetto politico in cui Yeshùa poteva essere coinvolto. Caiafa presenta la sua preoccupazione per questo, dicendo che è più conveniente la morte di Yeshùa che non la rovina di tutto il popolo: “’Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui; e i Romani verranno e ci distruggeranno come città e come nazione’. Uno di loro, Caiafa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: ‘Voi non capite nulla, e non riflettete come torni a vostro vantaggio che un uomo solo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione’” (11:48-50). Anche il processo a Yeshùa è presentato da Gv nel suo aspetto politico; dal momento che lui si è fatto re, deve morire, nonostante che egli spieghi a Pilato l’aspetto spirituale del suo regno. – 18:33-37;19:2,3,12,14-16.

   Tutto questo dimostra l’esatta conoscenza della situazione politica esistente a Gerusalemme prima della guerra giudaica. Quindi, anche qui si ha una prova che fu proprio Giovanni a scrivere Gv. Naturalmente, Giovanni ha utilizzato moltissimo le Scritture Ebraiche, tra cui Daniele ed Ezechiele (da cui trae il concetto di “figlio dell’uomo”).