“Non siete sotto la legge ma sotto la grazia”. – Rm 6:14.

 

Il passo biblico di Rm 6:14 è particolarmente amato da coloro che credono che la Legge di Dio sia stata abolita. Paolo scrive: “Non siete sotto la legge ma sotto la grazia”.

   Onestamente, non si comprende come il fatto di essere sotto la grazia possa comportare l’abolizione della Legge di Dio. Questo fatto di essere ‘sotto qualcosa’ va compreso. Non serve qui chissà quale analisi critica del testo greco: basta il buon senso. Quest’argomento che riguarda l’essere “sotto la legge” è illustrato da Paolo con un esempio in Gal 3:24,25:

“La legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede. Ma ora che la fede è venuta, non siamo più sotto precettore”.

   Il precettore guidava passo passo i bambini e i ragazzi finché, giunti all’età matura, erano indipendenti e non avevano più bisogno di lui. Che accadeva al precettore quando i giovani non erano più “sotto precettore”? Veniva forse rinnegato e cacciato via? No. I ragazzi divenuti adulti non dipendevano più da lui, ma perché? Perché avevano ormai imparato tutto l’insegnamento del precettore, lo avevano interiorizzato, e agivano da soli proprio in conformità a ciò che avevano appreso dal precettore. Questo concetto Paolo lo spiega in Gal 5:18: “Se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge”. È proprio in questo che sta l’essenza del “nuovo patto”:

“‘Ecco, i giorni vengono’, dice il Signore, ‘in cui io farò un nuovo patto . . . questo è il patto che farò . . . io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore’”. – Ger 31:31-33.

   Secondo il legalismo farisaico, l’applicazione scrupolosissima della Legge avrebbe recato la salvezza. Queste “opere della Legge” (opere ritenute meritorie in base al legalismo) non possono portare a essere dichiarati giusti: “L’uomo non è giustificato per le opere della legge” (Gal 2:16). “Israele, che ricercava una legge di giustizia, non ha raggiunto questa legge” (Rm 9:31). Di quegli ebrei legalisti Paolo dice: “Io rendo loro testimonianza infatti che hanno zelo per Dio, ma zelo senza conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio; poiché Cristo è il termine della legge, per la giustificazione di tutti coloro che credono”. – Rm 10:2-4.

   Voler cercare la salvezza nella Legge senza la grazia è un errore. Attenzione, però. Anche voler cercare la salvezza nella grazia senza la Legge di Dio, è un errore.

 

“Voi che volete essere giustificati dalla legge, siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia”. – Gal 5:4.
“L’uomo è giustificato mediante la fede senza* le opere della legge”. – Rm 3:28.
“Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente”. – Gal 2:21.
“Sappiamo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto** per mezzo della fede in Cristo Gesù, e abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato”. – Gal 2:16.
“La legge è dunque contraria alle promesse di Dio? No di certo; perché se fosse stata data una legge capace di produrre la vita, allora sì, la giustizia sarebbe venuta dalla legge”. –  Gal 3:21.
* Il testo greco dice: “Mediante la fede oltre [χωρὶς (chorìs)] alle opere della legge”.** Il testo greco dice: “Non è giustificato per le opere della legge a meno che [ἐὰν μὴ (eàn me)] attraverso la fede”.

   Bisogna evitare l’errore di credere che otterremo la giustizia davanti a Dio solo con le nostre buone opere, solo con la nostra giustizia. “Tutta la nostra giustizia come un abito sporco” (Is 64:6). Bisogna però evitare l’errore opposto che consiste nel credere che sotto il regime della grazia siamo stati dispensati da Yeshùa dall’obbligo di osservare la Legge di Dio. La fede in Yeshùa e l’osservanza dei comandamenti di Dio vanno di pari passo:

 

“Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù”.

Ap 14:12.

 

   Cosa intende allora Paolo quando dice che ‘non siamo sotto la legge ma sotto la grazia’ (Rm 6:14)? Nello stesso passo, al versetto seguente, lui stesso piega: “Che faremo dunque? Peccheremo forse perché non siamo sotto la legge ma sotto la grazia? No di certo!” (Rm 6:15). La Legge ci è necessaria, “perché senza la legge il peccato è morto” (Rm 7:8), e Paolo dice che non dobbiamo peccare.

   Così, tutto diventa chiaro e razionale: con la grazia il credente è liberato dalla condanna a morte. Ora è libero. Ma non di rigettare la Legge e di fare ciò che vuole. Deve sempre ubbidire a Dio e alla sua Legge. L’uomo ha cambiato, per così dire, padrone. La grazia non toglie la nostra libertà di scelta e quindi la libertà di peccare. Se così fosse, saremmo degli automi e non ci sarebbe più libertà ma schiavitù. “Voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un’occasione per vivere secondo la carne” (Gal 5:13). Molto giustamente, lo studioso Paul Seippel dice: “Lo spirito del cristianesimo è libertà, cioè libera adesione a una legge divina”. Giacomo non chiama, infatti, la Legge di Dio “la legge di libertà” (Gc 2:12)?

   “La libertà trae tutta la sua dignità e il suo valore dall’unione con l’ubbidienza. Una libertà che non ubbidisce è una pura assurdità, perché è per ubbidire che siamo liberi . . . La libertà vera e degna è sempre proporzionata all’ubbidienza”. – Alexandre Vinet.

   Se ancora non si comprende cosa significhi essere sotto la grazia e non sotto la Legge, forse un esempio tratto dalla vita pratica può aiutare a capire. Nel nostro ordinamento giuridico la grazia è un provvedimento di clemenza individuale che condona la pena principale ed è concessa dal Presidente della Repubblica con atto controfirmato dal Ministro della Giustizia. La grazia di Dio assomiglia di più a quella che nel nostro ordinamento è chiamata amnistia: un provvedimento generale di clemenza che estingue il reato e, se c’è stata condanna, ne fa cessare l’esecuzione. Nel 1990 ci fu in Italia un’amnistia e molti criminali riebbero la libertà. Chi tra costoro usò la sua ritrovata libertà per rispettare la legge, rimase libero; chi infranse di nuovo la legge tornò in carcere.  Ora, mettiamo che un criminale sia stato graziato. Aveva trasgredito la legge ed era stato condannato. Che farà questo criminale dopo l’applicazione della grazia? Sarebbe logico che, siccome è ‘sotto la grazia e non più sotto la legge’, si metta a infrangere la legge? Solo un insensato risponderebbe di sì.

   La grazia di Dio non è contro la Legge di Dio e la Legge di Dio non è contro la grazia di Dio. La giustificazione si ottiene per grazia, al di fuori della Legge, ma in armonia con essa. La fede non abolisce la Legge, al contrario la conferma. “Annulliamo dunque la legge mediante la fede? No di certo! Anzi, confermiamo la legge”. – Rm 3:31.

 

 

“Annulliamo dunque la legge mediante la fede? No di certo! Anzi, confermiamo la legge”.

Rm 3:31.

 

   Passando da un regime all’altro, il credente non rinuncia alla Legge di Dio. Diventa anzi capace di osservarla, perché è lo spirito che compie in lui o in lei il miracolo della rigenerazione. Paolo poté quindi dire: “Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica” (Flp 4:13). Con la grazia di Dio la vita del credente è unita a quella di Yeshùa, che pregò Dio a favore dei suoi discepoli perché potesse essere “unito a loro” (Gv 17:23). Yeshùa ha promesso ai suoi fedeli: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine” (Mt 28:20). Egli sapeva che i suoi discepoli senza di lui non possono fare niente: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15:5). È per questa stretta unione tra la vita del credente e quella di Yeshùa che Paolo afferma pieno d’entusiasmo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!”. – Gal 2:20.

   Yeshùa si è sempre conformato in ogni cosa alla volontà di Dio e vuole che i suoi discepoli facciano la stessa cosa: “Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore” (Gv 15:10). L’ubbidienza di Yeshùa alla Legge di Dio non ci dispensa dall’ubbidienza personale.

“A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? . . . [La fede] se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: ‘Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede’ . . . Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore?”. – Gc 2:14,17,18,20.

   Il credente, quindi, con l’aiuto potente dello spirito divino realizza la giustizia della Legge. Non è sotto la legge, ma è con la Legge sotto la grazia. La grazia di Dio non lo salva soltanto dalla condanna della Legge, ma anche dalla trasgressione alla Legge.

   “Annulliamo dunque la legge mediante la fede? No di certo! Anzi, confermiamo la legge” (Rm 3:31). “Confermiamo” traduce il greco ἱστάνομεν (istànomen), voce del verbo ἵστημι (ìstemi) che significa “porre / chiedere di stare alla presenza / rendere fermo / fare che una cosa sia / sostenere l’autorità o la forza di qualcosa”. Cos’è alla fine un credente? È una persona che in cui la Legge di Dio è stabilita, che ama la volontà del suo Dio e gli ubbidisce di cuore. Ci piace qui ricordare il pensiero di Agenor de Gasparin: “Il cristiano non è più sotto la legge, ma più che mai con essa. Del resto, essa non gli era mai parsa obbligatoria. Ammirate in che modo santo, prezioso, semplice e profondo l’Evangelo risolve un problema apparentemente insolubile: stabilire la legge abolendone il regime legale. Quest’ultimo viene trascurato; è dichiarato imperfetto, incapace di raggiungere la perfezione; viene colpito da una sentenza la cui severità a volte ci lascia interdetti; e nello stesso tempo l’autorità del più piccolo comandamento, della parola più semplice è fondata come mai prima: la legge è stabilita”. “Chiunque contempla Gesù Cristo, contempla la legge. Chi vive in Gesù Cristo, vive nella Legge, ed è uno con essa”. – Alexandre Vinet.