רוח (rùakh)


Nota:

In questo studio, citando TNM sarà sostituita alla parola italiana quella originale ebraica; ciò sarà indicato così: TNM*.


 

Già uno sguardo ai dati statistici mostra che rùakh si differenzia da nèfesh e da basàr. Intanto, rùakh designa una forza della natura: il vento; e ciò in ben 113 casi sul totale dei 389 passi (378 in ebraico e 11 in aramaico) in cui il termine ricorre. In secondo luogo, rùakh viene riferito più spesso a Dio (136 volte) che agli uomini, agli animali e agli idoli (129 volte).

Percentuale dei termini riferiti a Dio in tutti i passi delle Scritture Ebraiche

rùakh

nèfesh

basàr

35%

3% scarso

0%

 

   Rùakh non appare mai in Levitico, mentre qui si incontra basàr più spesso che in altri libri biblici. Vediamo ora i vari aspetti di significato del vocabolo rùakh.

1. Vento.

   È importante chiarire il senso meteorologico di rùakh. Questo termine non significa aria come tale. Significa l’aria mossa.

   Così, in Gn 1:2 spira sulle acque: “Il rùakh di Dio si muoveva sulla superficie delle acque” (TNM*; con questa sigla indicheremo da qui in avanti le citazioni tratte dalla versione TNM in cui abbiamo sostituito all’espressione tradotta la parola originale ebraica; accanto metteremo l’espressione usata da TNM; qui abbiamo: TNM*, “la forza attiva”). In Gn 3:8 “l’ora del giorno in cui soffia il rùakh” (TNM*, “la brezza”) è il momento in cui spira la fresca brezza passato il mezzogiorno. Per questo rùakh tremano le piante: “Il tremolio degli alberi della foresta a causa del rùakh”. – Is 7:2, TNM*, “vento”.

   Si tratta del vento orientale che porta la piaga delle cavallette: “[Dio] fece soffiare un rùakh orientale sul paese” (Es 10:13, TNM*, “vento”); al v. 19 un forte vento marino le trascina: “[Dio] fece voltare il rùakh in uno occidentale fortissimo, ed esso portò via le locuste e le cacciò nel Mar Rosso” (TNM*, “vento”; l’ebraico ha רוּחַ־יָם, rùakh-yàm, “rùakh di mare”). In Es 14:21 “un forte rùakh orientale” (TNM*, “vento”) rende asciutto il mare. In Nm 11:31 il vento conduce le quaglie: “Si levò un rùakh da Geova [Yhvh, nel testo biblico] e conduceva quaglie dal mare” (TNM*, “vento”). Anche in Gn 8:1 Dio fa “passare un rùakh sulla terra” (TNM*, “vento”) in modo che le acque diluviali defluiscano.

   Solo per eccezione, in Sl 78:39, rùakh compare insieme a basàr (carne) nel senso di un alito di vento debolissimo che se ne va e non si può riprendere. TNM traduce così il passo: “[Dio] si ricordava che erano carne [basàr], che il rùakh esce e non torna” (TNM*, “lo spirito”). Qui non appare appropriato tradurre rùakh con “spirito”. Il salmista dice che Dio sa che l’essere umano è carne debole ed è come un alito di vento che passa. Si veda come in Is 41:29 l’espressione assuma il medesimo senso di cosa insignificante: “Le loro immagini di metallo fuso sono rùakh e irrealtà” (TNM*, “vento”). Di regola la Bibbia non usa rùakh per indicare l’alito o respiro, ma usa hèvel (הֶבֶל), come in Sl 62:10: “Posti sulla bilancia, [gli uomini] son tutti insieme più leggeri di un soffio [הֶבֶל (hèvel)]”. – TNM.

   È invece caratteristico che rùakh in quanto onnipotenza divina si contrapponga a basàr in quanto debolezza umana. “Gli egiziani, però, sono uomini terreni, e non Dio; e i loro cavalli sono carne [basàr], e non rùakh” (Is 31:3, TNM*, “spirito”). Qui, altre parole che “spirito” non se ne trovano in italiano; tuttavia qui rùakh è molto di più che “spirito”: è la potenza di Dio. Il parallelismo egizi/Dio cavalli/rùakh lo indica. Gli egizi hanno la loro forza nei loro cavalli, Dio nel suo rùakh. Il senso è reso alquanto bene dalla libera traduzione che ne fa PdS: “Anche gli Egiziani sono uomini, non possono misurarsi con Dio. Se lui non dà vita ai loro cavalli, questi non possono fare neppure un passo”. La contrapposizione di rùakh con basàr è presente anche in Gn 6:3: “Il mio rùakh non agirà certo indefinitamente verso l’uomo, in quanto egli è anche carne [basàr]”. – TNM*, “spirito”.

   La potenza di Dio si manifesta nel rùakh tempestoso con pioggia torrenziale e pietre di grandine come strumento della collera divina: “Di sicuro farò anche scatenare nel mio furore un rùakh di turbini, e nella mia ira accadrà un rovescio di pioggia inondatrice, e nel furore ci saranno chicchi di grandine per lo sterminio” (Ez 13:13, TNM*, “soffio”; qui rasenta il ridicolo tradurre “soffio”: si tratta di un vento “di turbini” con “un rovescio di pioggia inondatrice”, il tutto “nel furore” di Dio: altro che “soffio”! E non si tratta di “chicchi di grandine”, ma di אַבְנֵי (avnè), “pietre” di grandine.

   Va ribadito che rùakh proprio come vento – a differenza di hèvel (soffio) – indica di regola un fenomeno di grande potenza di cui Dio può sempre disporre.

2. Respiro.

   Applicato alle persone, il “vento” (rùakh) umano è innanzitutto il respiro. Per questo, non di rado rùakh sta in parallelo con neshamàh (נְשָׁמָה):

“Colui che dà alito [נְשָׁמָה (neshamàh)] al popolo su di essa [la terra], e rùakh a quelli che vi camminano”. – Is 42:5, TNM*, “spirito”.

   Anche questo vento-rùakh quale forza vitale è qualcosa che è dato da Dio. Egli lo dà, lo “forma” all’interno dell’essere umano: “[Dio] forma il rùakh dell’uomo dentro di lui”. – Zc 12:1, TNM*, “lo spirito”.

   All’interno degli idoli di legno o di pietra non c’è rùakh di alcuna specie, vale a dire non c’è respiro e, con ciò, non c’è forza vitale. “Guai a colui che dice al pezzo di legno: ‘Oh svegliati!’ alla pietra muta: ‘Oh destati! Essa stessa darà istruzione’! Ecco, è rivestita d’oro e d’argento, e in mezzo ad essa non c’è alcun rùakh” (Ab 2:19, TNM*, “respiro”). Solo quando Dio dà alle ossa (ricoperte di nervi, carne e pelle) il rùakh come respiro, i corpi diventano vivi (Ez 37:6,8-10,14). Quando “il suo rùakh se ne esce”, l’uomo “torna al suo suolo”. – Sl 146:4, TNM*, “respiro”.

   Secondo Ec 12:7, alla morte il rùakh torna a Dio che l’ha dato. Sansone rischiava di morire di sete quando Dio fece sgorgare una sorgente; Sansone bevve, “dopo di che gli tornò il rùakh e riprese vita” (Gdc 15:19, TNM*, “lo spirito”). Dell’uscire e del tornare del rùakh, quindi, se ne può parlare in modo del tutto simile a come se ne parla della nèfesh. In Gb 12:10 abbiamo una sinonimia di nèfesh e di rùach: “Nella cui mano [di Dio] è l’anima [nèfesh] di ognuno che vive e il rùakh di ogni carne d’uomo” (TNM*, “lo spirito”). In nèfesh abbiamo qui l’organo del respiro e la stessa respirazione. È il pensiero sintetico ebraico. In rùakh, tuttavia, c’è il “vento” che proviene da Dio e che a Dio torna, e che nel contempo determina il respiro di vita dell’uomo.

   Dice Gb 34:14,15:

“Se egli [Dio] non si curasse che di sé stesso,

se ritirasse a sé il suo Spirito e il suo soffio,

ogni carne perirebbe all’improvviso

e l’uomo ritornerebbe in polvere”.

   Il pensiero è chiaro: Se Dio ritira il suo rùakh e il suo neshamàh, che sono suoi perché è lui a darli, l’uomo muore. Questo concetto non è chiaro in TNM, perché qui il rùakh e il neshamàh vengono fatti appartenere all’uomo anziché a Dio: “Se egli rivolge il cuore a qualcuno, [se] ne raccoglie a sé lo spirito e il respiro, ogni carne spirerà insieme, e l’uomo terreno stesso tornerà alla medesima polvere” (TNM). La traduzione non è tra le più felici (TNM usa, in genere, uno strano italiano), ma quel “ne” di “ne raccoglie” è riferito al precedente “qualcuno”, che è l’uomo. Il pensiero biblico è diverso da come lo rende TNM. Lo stesso errore TNM lo ripete in Sl 104:29: “Se nascondi la tua faccia, si turbano. Se togli il loro spirito [rùakh], spirano, e tornano alla loro polvere”. Si noti: “Il loro spirito”, ovvero degli uomini. Questa traduzione è contraddetta da quanto è detto immediatamente dopo: “Se mandi il tuo spirito, sono creati” (v. 30, TNM). La traduzione corretta è: “Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati”. – CEI, qui in Sl 103:29,30.

   Come vadano visti insieme e tuttavia distinti, rùakh quale aria del respiro e nèfesh quale organo della respirazione, lo mostra Ger 2:24: “Una zebra abituata al deserto, alla brama della sua anima [nèfesh], che fiuta il vento [rùakh]”. – TNM.

   Dal rùakh dipendono vita e morte. Per questo, nel racconto del Diluvio gli esseri viventi sono chiamati in Gn 6:17 “carne in cui c’è il respiro di vita”, che è la traduzione più corretta perבָּשָׂר אֲשֶׁר־בֹּו רוּחַ חַיִּים  (basàr ashèr-bò rùakh khayìm ), che letteralmente suona: “carne che-in cui [c’è] vento di vita”.

   All’alito fetido si deve pensare leggendo Gb 19:17: “Il mio stesso rùakh è divenuto nauseante a mia moglie”. – TNM*, “respiro”.

   Il ritmo del respiro viene evocato con un tratto psicologico indovinato quando Giacobbe, resosi conto che Giuseppe è vivo, cambia umore e il suo rùakh “cominciò a ravvivarsi”. – Gn 45:27, TNM, “spirito” (non sarebbe meglio “respiro” qui?).

3. Forza di vita.

   Abbiamo visto come rùakh quale respiro umano non vada separato del rùakh di Dio (Gb 34:14,15; Sl 104:29,30). Ora però dobbiamo considerare che il rùakh di Dio significa ancora di più che non il semplice “vento” vivificatore che poi diventa respiro dell’uomo.

“Mediante la parola di Geova [Yhvh, nella Bibbia] furono fatti gli stessi cieli,

e mediante il ruach della sua bocca tutto il loro esercito”.

Sl 33:6, TNM*, “lo spirito”.

   Rùakh sta qui come sinonimo di “parola”: entrambe provengono dalla bocca. In questo caso, tuttavia, rùakh è ben più che aria mossa. Il respiro di Dio è forza di vita creativa. Tra l’altro, su questo passo dovrebbero riflettere seriamente coloro che pensano di vedere nella “parola” di Gv 1:1 una presunta preesistenza spirituale di Yeshùa. La “parola” che in principio “era presso Dio e che era Dio” non è niente altro che quello che il testo dice: la parola di Dio. La parola creatrice di cui il salmo sopra ricordato parla. Fu questa parola che scese nell’uomo Yeshùa (Gv 1:14) e che gli fece dire le cose di Dio. – Per i dettagli si veda lo studio Il lògos (la parola), chi o cosa era? Nella sezione Yeshùa.

   Il rùakh di Dio padroneggia anche le forze della natura. Es 15:8 canta: “Mediante [il] rùakh delle tue narici le acque si accumularono”. – TNM*, “un soffio”.

   Accanto a queste azioni di forza, il rùakh di Dio opera altro, soprattutto il carisma della profezia. In Gn 41:38 il faraone cerca un uomo “in cui è il rùakh di Dio”. – TNM*, “lo spirito”.

   Spesso nella Bibbia si dice che Dio dà il suo rùakh all’uomo o che lo riempie del suo rùakh. Ciò può produrre anche delle capacità artistiche (Es 31:3;35:31). Gle 3:1 promette la diffusione del rùakh di Dio su tutti in Israele.

   Nella Bibbia, l’uomo reso pienamente potente non è concepibile senza l’energia del rùakh divino.

4. Spirito.

   Ora si può parlare del rùakh come di un’invisibile natura autonoma che non necessariamente è pensata come rùakh di Dio, ma che comunque è interamente sottoposta al potere di Dio. In 2Re 19:7 Dio dice:

“Metto in lui [il re di Assur] un rùakh, e deve udire una notizia e tornare al suo proprio paese”. – TNM*, “uno spirito”.

   Rùakh in quanto natura inviata da Dio e operante nell’uomo è poi anche quel rùakh di menzogna che raggira i profeti (1Re 22:21-23). Questo rùakh è come un insieme di forze che può essere partecipato ad altre persone. Così, in Nm 11:17 si parla del rùakh posto su Mosè e di cui Dio prende una parte per darla ai settanta anziani: “Dovrò togliere del rùakh che è su di te e porlo su di loro” (TNM*, “dello spirito”). Mosè si augura che Dio metta il suo rùakh su tutto il popolo. – Nm 11:29.

   L’insediamento di Giosuè come successore di Mosè avviene dopo l’invocazione di colui che è chiamato “Dio degli spiriti di vita su ogni carne” (אֱלֹהֵי הָרוּחֹת לְכָל־בָּשָׂר, elohè harukhòt lechòl-basàr). – Nm 27:16, testo ebraico; cfr. 16:22.

5. Stato d’animo.

   Domandandoci cosa significhi rùakh, c’è un aspetto che non possiamo cogliere con sufficiente chiarezza. Abbiamo finora esaminato il sentiero tracciato da rùakh che dal respiro conduce allo spirito. È qui che la nostra capacità di cogliere il pieno significato di rùakh-spirito incontra una difficoltà, forse dovuta alla parola italiana che scegliamo nella traduzione: “spirito”. Probabilmente altre non ne abbiamo. Ma occorre capire il senso biblico di questo spirito-rùakh. Si tratta dell’organo del conoscere, del capire e del giudicare.

   Col soffio del respiro va visto innanzitutto il movimento del sentimento. Quando la regina di Saba vide la sapienza di Salomone, il palazzo reale, i cibi, gli inservienti, il loro abbigliamento, gli olocausti nel Tempio …

… “allora non ci fu più rùakh in lei”. – 1Re 10:5, TNM*, “spirito”.

   Ciò vuol dire: Allora le si fermò il respiro, perse il suo contegno e il suo autocontrollo.

   L’assenza di rùakh caratterizza lo stato d’impotenza, di incontrollabile stupore. Nel rùakh si documenta il modo di pensare, la mentalità. Elifaz incolpa Giobbe: “Tu volgi il tuo rùakh contro Dio stesso” (Gb 15:13, TNM*, “spirito”), intendendo la sua agitazione, il suo malumore. La LXX, infatti, qui traduce rùakh con θυμόϛ (thümòs): “rabbia/ardore/passione”.

   Quando per le buone parole il rùakh si placa (Gdc 8:3), allora si allontana l’agitazione della collera. Izebel, in 1Re 21:5, nota lo stato particolare del rùakh di suo marito e gli domanda: מַה־זֶּה רוּחֲךָ סָרָה (mah-zé ruechà saràh), letteralmente: “Cos’è questo tuo rùakh che si gira?”, che nel nostro modo di parlare occidentale diventa: “Perché il tuo spirito è triste”? (TNM) ovvero “perché sei di malumore?”. Quando Dio indurisce il rùakh di Sihon (Dt 2:30) rende inflessibile il suo contegno.

   Abbiamo già notato come nèfesh e rùakh s’incontrano quando si parla del respiro. Allo stesso modo, con le parole nèfesh e rùakh possono venire descritti stati d’animo di ogni tipo. Come si parla della nèfesh che diventa corta o lunga (respiro corto o ampio), così si parla anche del rùakh che diventa corto o lungo.

   Dice Pr 14:29: “Chi è lento all’ira è abbondante in discernimento, ma chi è impaziente esalta la stoltezza” (TNM); qui l’aggettivo “impaziente” traduce l’ebraico קְצַר־רוּחַ (qtzàr-rùakh): “corto di spirito”, ovvero la persona con il respiro corto in quanto agitata. Questa espressione (“corto di respiro”, qtzàr-rùakh) si contrappone a אֶרֶךְ אַפַּיִם (erech-apàym) che TNM rende con “chi è lento all’ira”. Ma, se vogliamo essere precisi, l’ebraico אֶרֶךְ אַפַּיִם (erech-apàym) significa letteralmente: “lungo di narici”, indicando così il respiro lungo o tranquillo.

   Viceversa, in Pr 14:17 troviamo קְצַר־אַפַּיִם (qtzàr-apàym), “corto di narici”, ovvero con il respiro corto, che TNM rende con “chi presto si adira”.

   Si noti Ec 7:8: “È meglio chi è paziente che chi è di spirito superbo” (TNM). L’ebraico ha, letteralmente:

טֹוב אֶרֶכְ־רוּחַ מִגְּבַהּ־רוּחַ

tov erech-rùakh migvàh-rùakh

buono rùakh lungo che rùakh alto

   L’uomo con il rùakh lungo viene preferito a quello con il rùakh alto. L’altezza del rùakh o “altezza di spirito” è ben lontana dalla grandezza di spirito o dall’altezza morale. Si tratta piuttosto di quell’atteggiamento di alterigia che secondo Pr 16:18 precede la caduta.

   Così rùakh può indicare in tanti modi la disposizione d’animo dell’essere umano. “Il rùakh di un uomo può sostenere la sua malattia, ma in quanto a un rùakh abbattuto, chi lo può sollevare?”. – Pr 18:14, TNM*, “lo spirito”, “uno spirito”.

   Quello che in Is 19:14 Dio invia tra i prìncipi egiziani non è uno “spirito di sconcerto”, come lo rende TNM, ma è un רוּחַ עִוְעִים (rùakh ivyìm), “un rùakh di vertigini” (ivyìm = “vertigini”, al plurale), ovvero uno stato d’animo di ebbrezza; nello stesso versetto lo si paragona, infatti, all’ubriachezza. Anche noi diciamo che una persona è ebbra di qualcosa, intendendo che è esaltata per quella cosa.

   Cosa s’intende quando si dice, in Nm 27:18, che Giosuè è un “uomo in cui c’è rùakh” (TNM*, “spirito”)? Forse si tratta di un uomo fidato? Forse che è dotato? Forse un uomo che è reso autorevole? La Bibbia interpreta se stessa in Dt 34:9 dicendo di Giosuè che “fu pieno del rùakh di sapienza, poiché Mosè aveva posto la mano su di lui” (TNM*, “spirito”). Qui la persona in cui c’è rùakh è quindi quella che è dotata dell’efficacia della sapienza.

8. – Forza di volontà.

   Con questo nuovo senso di rùakh siamo portati oltre il significato di rùakh come stato d’animo.

   Ciò che è particolare del rùakh umano lo scopriamo partendo dal fatto che rùakh significa soprattutto il forte soffiare del vento e l’attività di Dio che dà vita e potenza. Lo abbiamo visto già partendo da Gn 1:2.

   Così rùakh non solo è adatto a descrivere i cambi d’umore, ma più ancora ad indicare le energiche azioni della volontà.

   Esd 1:5 parla di quegli esuli “di cui il [vero] Dio aveva destato il rùakh, per salire a riedificare la casa”, ovvero il Tempio gerosolimitano (TNM*, “lo spirito”). Rùakh sta qui per volontà. Che accanto alla volontà di edificare possa allo stesso modo venir intesa anche quella di distruggere, lo mostra Ger 51:11, dove si dice che Dio “ha destato il rùakh dei re dei medi, perché la sua idea è contro Babilonia, per ridurla in rovina”. – TNM*, “lo spirito”.

   Il rùakh come forza traente della persona è anzitutto neutrale dal punto di vista etico. Nm 5:14,30 parla del rùakh di gelosia che può venire ad un uomo. Osea accusa Israele per il rùakh di prostituzione quale bramosia corrompitrice che conduce all’allontanamento da Dio (Os 4:12) o quale forza incatenante che non consente il ritorno a Dio (Ibidem 5:4). In Nm 14:24 si distingue tra la generazione ostinata nel deserto e quella di Caleb, in cui vi era “un rùakh diverso” (TNM*, “spirito”), così che seguiva pienamente Dio.

   Il discorso di una ‘volontà-rùakh diversa’ è indicativo per la neutralità etica del concetto antropologico che riguarda rùakh. Il Sl 32:2b chiama felice l’uomo “in cui non c’è un rùakh di indolenza”. Così dice l’ebraico, avendo רוּחֹו רְמִיָּה (ruakhò remiyàh). Sebbene TNM traduca qui con “inganno” la parola remiyàh, questa stessa parola la traduce con “pigra” in Pr 12:24. Nel passo di Sl viene evidentemente presupposto che la volontà possa essere sia fiacca che operosa; Dio ama l’uomo la cui volontà-rùakh non è fiacca. Sl 51 prega prima per una volontà ferma e salda: “Voglia tu sostenermi pure con un rùakh volenteroso” (v. 12b, TNM*, “spirito”), poi per una volontà libera (v. 14b), ma alla base di tutto c’è la richiesta che Dio non sottragga il suo rùakh: “Il tuo santo rùakh, oh, non togliere da me” (v. 11b, TNM*, “spirito”). Il testo biblico dice qualcosa di ben più profondo di ciò che la traduzione esprime in “santo spirito [rùakh]”. La Bibbia dice רוּחַ קָדְשְׁךָ (rùakh qadshècha): “rùakh di santità di te” (nel Testo Masoretico è al v. 13). Il salmista prega per avere il rùakh della santità di Dio, ovvero la sua impareggiabile forza di vita. Forza e libertà della volontà umana sono perciò dipendenti dall’azione dell’energia di Dio.

   In Ez 36:26 il “nuovo rùakh” promesso da Dio è il rùakh di Dio stesso: “Metterò dentro di voi il mio rùakh”. -V. 27, TNM*, “spirito”.

   Come in Sl 51:12 – in cui la richiesta di una volontà salda è preceduta da quella di un cuore puro (v. 10) – così solo legati in Ez 11:19;36:26 il dono di un cuore nuovo e della volontà nuova. Riguardo al “cuore nuovo”, si tratta dell’orientamento interiore della coscienza; riguardo al “rùakh nuovo” della perseverante forza di volontà di agire conformemente. Le traduzioni comuni, che parlano di “spirito”, non esprimono ciò sufficientemente. Questo nuovo orientamento di vita, che parte dall’intimo dell’interiorità, e che si esprime nell’azione coerente dettata dalla volontà motivata dalla nuova interiorità è dato da Dio con uno scopo: “In modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni”. – V. 27.

   Solo raramente rùakh corrisponde a ciò che noi chiamiamo “spirito”. Resta da ribadire che rùakh sta per “vento” e per forza di vita di Dio il doppio delle volte in cui sta per “respiro”, “stato d’animo” e “volontà” umani. La maggior parte dei testi biblici che parlano del rùakh di Dio o dell’essere umano mostrano Dio e la persona in relazione dinamica. Che una persona – in quanto rùakh – sia viva, voglia il bene ed operi pienamente, tutto ciò non viene da lei stessa.