Yeshùa amava teneramente sua madre Miryàm. Quando da ragazzo si era trattenuto nel tempio di Gerusalemme dopo la Pasqua, sua madre – non trovandolo più – era molto agitata. La sua inquietudine traspariva ancora dalle parole che ella gli rivolse non appena trovatolo: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo, stando in gran pena” (Lc 2:48). La risposta di Yeshùa non fu di strafottenza. Aveva solo dodici anni ed era stimato da tutti come un ragazzino molto per bene, tanto che Luca aveva annotato: “Il bambino cresceva e si fortificava; era pieno di sapienza e la grazia di Dio era su di lui” (Lc 2:40). La risposta di Yeshùa fu rispettosa e piena di candore. Forse non suona così nelle comuni traduzioni: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?” (Lc 2:49). La TNM la rende una risposta quasi dura, con un sapore d’improbabile prepotenza: “Perché dovevate andare in cerca di me? Non sapevate che io devo essere nella [casa] del Padre mio?”. Eppure, possiamo immaginare la scena: Yeshùa era affascinato dalle cose che riguardavano Dio, voleva sapere, imparare; stando “seduto in mezzo ai maestri, li ascoltava e faceva loro delle domande” (Lc 2:46). I maestri non lo presero affatto per un presuntuoso, ma “si stupivano del suo senno” (v. 47). In questo clima così edificante in cui tutti stavano bene, arriva Miryàm con tutta la sua comprensibilissima inquietudine. E Yeshùa, candito, quasi stupito, si giustifica: Perché mai stavate in pena?, non immaginavate che sarei stato qui?, dove potevo essere se non qui? Yeshùa era “mansueto e umile di cuore” (Mt 11:29). Era così da bambino e poi da adulto: “Cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini”. – Lc 2:52.

   Pur amando teneramente sua madre, quando Yeshùa iniziò il suo ministero divenne indipendente da lei. Questo accadde già alle nozze di Cana. Miryàm era stata invitata, Yeshùa e altri pure. Ad un tratto lei fa osservare al figlio che gli sposini sono rimasti sprovvisti di vino: “Non hanno più vino” (Gv 2:3). Perché questo rimarco? In Palestina le nozze costituivano una vera sagra di paese. Tutti avevano diritto di entrare nella casa e di partecipare ai conviti. Naturalmente ognuno vi portava qualche regalo con cui sopperire alle spese e al cibo necessario. Miryàm, accortasi della mancanza di vino, lo accenna a Yeshùa. Nulla indica che abbia cercato un miracolo, tanto più che fino a quel momento Yeshùa non ne aveva compiuto alcuno. Certo pensava che Yeshùa, in qualche modo, avrebbe potuto provvedere. Ma Yeshùa, al contrario, le dice: “Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta” (v. 4). Nella Bibbia la frase “Che c’è tra me e te” denota sempre la negazione di un rapporto di chi parla con colui o colei cui si parla. Con ciò egli non vuole affatto disconoscere sua madre o negarle il suo affetto; a lei penserà perfino nel momento in cui, inchiodato ad un palo, starà morendo dopo una agonia atrocissima. Con le sue parole apparentemente dure, Yeshùa vuole solo sottolineare che nella sua missione di salvatore egli non vuole e non tollera l’interferenza di nessun’altra persona, sia pure della madre. Miryàm dovette accusare il colpo, ma la sua tolleranza materna passò oltre, tanto che – ignorando la presa di posizione del figlio – disse ai servitori: “Fate tutto quel che vi dirà” (v. 5). E Yeshùa compie allora il miracolo, trasformando l’acqua in vino. Miryàm però capì la lezione, tanto che da quel momento si ritirò per sempre da lui. Di fatto, durante la sua vita pubblica, Yeshùa fu seguito e servito da diverse donne; ma Miryàm, la madre, non la si vede mai. Ella riapparirà accanto a lui solo al momento della sua morte, per assisterlo con il suo amore materno. Per ciò che riguarda la spiegazione completa delle parole di Yeshùa: “Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta”, questa sarà trattata negli studi sui miracoli di Yeshùa. Altre informazioni su Miryàm si trovano nello studio I fratelli e le sorelle di Yeshùa, in questa stessa sezione. In quanto alla profezia di Is 7:14 sulla vergine partoriente, questa è esaminata nello studio La vergine partoriente di Is 7:17 nella sezione Esegesi, categoria Scritture Ebraiche.

   Yeshùa amò molto sua madre, ma nel suo ministero fu indipendente da lei.

   Mentre Yeshùa una volta predicava, “dalla folla una donna alzò la voce e gli disse: ‘Beato il grembo che ti portò e le mammelle che tu poppasti!’ Ma egli disse: ‘Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!’”. – Lc 11:27,28.