Donna affamata (אִשָּׁה, ishàh, “donna”)

“Questa donna mi disse: ‘Dammi tuo figlio, ché lo mangiamo oggi; domani mangeremo il mio’”. – 2Re 6:28.

   La città di Samaria, capitale del Regno del Nord è sotto assedio; ben presto il cibo viene a mancare. “Ben-Adad, re di Siria, radunò tutto il suo esercito, salì contro Samaria e la cinse d’assedio. Ci fu una grande carestia in Samaria, e i Siri l’assediarono in modo tale che una testa d’asino la si vendeva a ottanta sicli d’argento, e il quarto d’un cab di sterco di colombi, a cinque sicli d’argento”. – 2Re 6:24,25.

   “Mentre il re d’Israele passava sulle mura, una donna gli gridò: ‘Aiutami, o re, mio signore!’ Il re le disse: ‘Se non ti aiuta il Signore, come posso aiutarti io?’” (2Re 6:26,27). È a questo punto che la donna, affamata, racconta al re che una donna samaritana le aveva proposto di magiare i loro figli, e aggiunge: “Così abbiamo fatto cuocere mio figlio, e lo abbiamo mangiato. Il giorno seguente io le dissi: ‘Dammi tuo figlio, ché lo mangiamo’. Ma lei ha nascosto suo figlio” (v. 29). “Quando il re udì le parole della donna si stracciò le vesti; e, mentre passava sulle mura, il popolo vide che sotto, sulla carne, portava un cilicio [segno di lutto]”. – 2Re 6:30.

Donna cananea (γυνὴ χαναναία, günè chananàia, “donna cananea”)

“Gesù si ritirò nel territorio di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna cananea di quei luoghi venne fuori e si mise a gridare: ‘Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio’”. – Mt 15:21,22.

   Questa donna infranse diversi limiti che allora erano considerati sacrosanti. Gli ebrei non trattavano con i “gentili” (le gentes, le genti di altra nazionalità), ma questa donna straniera non se ne cura. Poi, non solo ferma una persona di sesso maschile (cosa allora disdicevole), ma la ferma mentre è accompagnata da altri uomini. Come se non bastasse, grida e vuole attenzione. Ma non era una pazza: era una madre disperata che aveva fede in Yeshùa, cui si rivolge chiamandolo “signore” e “figlio di Davide”. Da lui si aspetta che le guarisca la figlia.

   “Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: ‘Mandala via, perché ci grida dietro’. Ma egli rispose: ‘Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele’” (Mt 15:23,24). Yeshùa non la degna neppure: lui non si occupa dei pagani. Tuttavia, si noti che Yeshùa non acconsente alla richiesta dei suoi discepoli di cacciarla. Sembra piuttosto che voglia provocarla: lei non fa parte delle “pecore perdute della casa d’Israele”.

   Lei, non badando neppure a quello che le aveva appena detto Yeshùa, non raccogliendo, “venne e gli si prostrò davanti, dicendo: ‘Signore, aiutami!’”. – Mt 15:25.

   “Gesù rispose: ‘Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini’” (Mt 15:26). Ora Yeshùa non si limita a ricordarle che è straniera ed esclusa da Israele, ma usa con lei il termine che i giudei usavano con gli stranieri, ovvero “cani”, sebbene egli attenui quell’espressione dispregiativa con il vezzeggiativo “cagnolini”.

   “Ma ella disse: ‘Dici bene, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni’” (Mt 15:27). È incredibile questa donna. Da quando ha incontrato Yeshùa non ha fatto altro che ignorare tutte le convenzioni e perfino le offese che le erano state rivolte. Ha continuato a gridare e a supplicare. Ora, di fronte ad un altro no di Yeshùa, ingaggia con lui una battaglia verbale. Lei una dei cani? Ma sì, lo accetta, però “anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Sta affrontando Yeshùa sullo stesso terreno in cui egli si è addentrato! Il pane dei padroni? No, lei non vuole togliere di bocca il pane a nessuno; è mamma anche lei. Ma le briciole, quelle “che cadono dalla tavola”, quelle che vanno perdute … Si accontenta di quelle, lei.

   Ora la vince la battaglia verbale che ha ingaggiato con Yeshùa. Lui, Yeshùa, si fa vincere da lei e le dice: “’Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi’. E da quel momento sua figlia fu guarita”. – Mt 15:28.

   Ecco la versione di Mr 7:24-30: “Gesù partì di là e se ne andò verso la regione di Tiro. Entrò in una casa e non voleva farlo sapere a nessuno; ma non poté restare nascosto, anzi subito, una donna la cui bambina aveva uno spirito immondo, avendo udito parlare di lui, venne e gli si gettò ai piedi. Quella donna era pagana, sirofenicia di nascita; e lo pregava di scacciare il demonio da sua figlia. Gesù le disse: ‘Lascia che prima siano saziati i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini’. ‘Sì, Signore’, ella rispose, ‘ma i cagnolini, sotto la tavola, mangiano le briciole dei figli’. E Gesù le disse: ‘Per questa parola, va’, il demonio è uscito da tua figlia’. La donna, tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto: il demonio era uscito da lei”. Questa versione spiega perché la donna viene definita “cane”: “Quella donna era pagana, sirofenicia di nascita”. – V. 26.

   Per una trattazione più completa si veda il nostro studio intitolato Yeshùa e la donna pagana che si accontentava delle briciole, nella sezione Yeshùa.

Donna che evoca gli spiriti (אֵשֶׁת בַּעֲלַת־אֹוב, ishàh baalàt-ov; “donna che ha spirito”)

“Saul disse ai suoi servitori: ‘Cercatemi una donna che sappia evocare gli spiriti e io andrò da lei a consultarla’. I servitori gli dissero: ‘A En-Dor c’è una donna che evoca gli spiriti’”. – 1Sam 28:7.  

   Il re Saul era disperato. The Lord’s Spirit has left him. Lo spirito di Dio lo aveva lasciato. Nessun profeta o sacerdote poteva dargli le risposte di cui aveva bisogno. Si orientò allora verso l’occulto, cosa vietata da Dio (Es 22:18; Lv 19:31;20:6; Is 8:19,20). “Allora Saul si camuffò, si mise altri abiti, e partì accompagnato da due uomini. Giunsero di notte dalla donna e Saul le disse: ‘Dimmi l’avvenire, ti prego, mediante l’evocazione di uno spirito, e fammi salire colui che ti dirò’. La donna gli rispose: ‘Ecco, tu sai quello che Saul ha fatto, com’egli ha sterminato dal paese gli evocatori di spiriti e gli indovini; perché dunque tendi un tranello alla mia vita per farmi morire?’”. – 1Sam 28:8,9.

   Questa medium fa riferimento ad un decreto reale che Saul stesso aveva emanato: “Saul aveva scacciato dal paese gli evocatori di spiriti e gl’indovini” (1Sam 28:3).

   “Saul le giurò per il Signore, e disse: ‘Com’è vero che il Signore vive, nessuna punizione ti toccherà per questo!’ Allora la donna gli disse: ‘Chi debbo farti salire?’ Ed egli rispose: ‘Fammi salire Samuele’. E quando la donna vide Samuele urlò e disse a Saul: ‘Perché mi hai ingannata? Tu sei Saul!’ Il re le disse: ‘Non preoccuparti; che vedi?’ E la donna a Saul: ‘Vedo un essere sovrumano che esce di sotto terra’. Ed egli a lei: ‘Che forma ha?’ Lei rispose: ‘È un vecchio che sale ed è avvolto in un mantello’. Allora Saul comprese che era Samuele, si chinò con la faccia a terra e gli si prostrò davanti” (1Sam 28:10-14). Il profeta Samuele era morto (1Sam 28:3). Dalla Bibbia sappiamo che i morti sono inconsci (Ec 9:5,10; Sl 6:5;146:4; Is 38:18, 19). Va quindi da sé che l’entità evocata dalla medium non era Samuele. Il testo dice che “quando la donna vide Samuele urlò”, “gridava con quanto fiato aveva” (TNM): ciò denota un grandissimo spavento. Lei dice di vedere “un essere sovrumano”, e il testo originale ebraico dice un אֱלֹהִים (elohìm), “un dio”, un “essere divino”. Si trattava quindi di uno spirito diabolico che impersonava Samuele e che ingannò la medium. Gli studiosi C. F. Keil e F. Delitzsch commentano: “I padri, i riformatori e i primi teologi cristiani, con pochissime eccezioni, erano del parere che l’apparizione di Samuele non fosse reale, ma solo immaginaria . . . un’apparente immagine di Samuele venne presentata agli occhi di Saul mediante arti demoniache. Lutero e Calvino erano della stessa opinione, e i primi teologi protestanti li imitarono considerando l’apparizione niente altro che uno spettro diabolico, un fantasma, o uno spettro diabolico nelle sembianze di Samuele, e l’annuncio di Samuele niente altro che una rivelazione diabolica fatta col permesso divino, nella quale la verità è mischiata con la menzogna”. – Commentary on the Old Testament, 1973, vol. II, 1 Samuele, pag. 265.

   Molti altri commentatori hanno indicato che la donna non vide veramente Samuele durante questa sessione spiritica, ma solo uno spirito che si spacciava per Samuele. Questa donna coinvolta nell’occultismo aveva indubbiamente scelto una strada contraria alla Legge di Dio. Eppure, dopo che Saul ebbe avuto notizie non buone recate dallo spirito e “cadde di colpo lungo disteso per terra, spaventato dalle parole di Samuele” (1Sam 28:15-20), ebbe un momento di compassione: “La donna si avvicinò a Saul e, vedendolo tutto atterrito, gli disse: ‘Ecco, la tua serva ha ubbidito alla tua voce. Ho messo a repentaglio la mia vita per ubbidire alle parole che mi hai dette. Anche tu dunque, ascolta la voce della tua serva e permetti che io ti metta davanti un boccone di pane; mangia per prendere forza se vuoi metterti in viaggio’”. – 1Sam 28:21,22.

   “Così morì Saul, a causa dell’infedeltà che egli aveva commessa contro il Signore per non aver osservato la parola del Signore, e anche perché aveva interrogato e consultato quelli che evocano gli spiriti, mentre non aveva consultato il Signore. E il Signore lo fece morire, e trasferì il regno a Davide” – 1Cron 10:13,14.

Donna che getta giù un pezzo di macina (אִשָּׁה, ishàh, “donna”)

Valore e forza: due qualità che molti dei più noti eroi della Bibbia hanno dimostrato. Nascosta nelle pagine del libro biblico di Gdc c’è una donna in possesso di queste stesse caratteristiche. Lei, come Giaele (si veda al riguardo Iael), si erge per l’occasione in un modo inaspettato ma tipicamente femminile.

   Abimelec, figlio di una concubina di Gedeone (Gdc 8:30,31), attacca la città di Tebes e riesce a catturarla (Gdc 9:50). I difensori, sia uomini che donne, cercano di liberarsi dalle sue grinfie: “In mezzo alla città vi era una forte torre, dove si rifugiarono tutti gli abitanti della città, uomini e donne; vi si rinchiusero dentro e salirono sul tetto della torre” (Gdc 9:51). Abimelec li insegue.

   “Abimelec, giunto alla torre, l’attaccò e si accostò alla porta per appiccarvi il fuoco. Ma una donna gettò giù un pezzo di macina sulla testa di Abimelec e gli spezzò il cranio. Egli chiamò subito il giovane che gli portava le armi, e gli disse: ‘Estrai la spada e uccidimi, affinché non si dica: Lo ha ammazzato una donna!’ Il suo servo allora lo trafisse ed egli morì”. – Gdc 9:53,54.

   Qui, come nella storia di Iael, una donna diventa la difensora del popolo di Dio, l’eroina che salva il popolo da un capo malvagio. Stando alle moderne tecniche di guerra si potrebbe avere l’impressione che questa donna avesse preso l’oggetto più vicino per lanciarlo al di là del muro, ma ciò non sarebbe del tutto vero. Durante le guerre si lanciavano oggetti oltre il muro di difesa contro gli invasori. A seconda del periodo storico, perfino dei corpi morti potevano essere gettati oltre il muro. La Bibbia dice in modo specifico ciò che questa coraggiosa donna gettò: la macina di un mulino. Macinare il grano era tradizionalmente assegnato alle donne; questo duro lavoro era  riservato a loro (Es 11:5; Gb 31:10; Is 47:1,2; Mt 24:41). Per Abimelec questo significava che era stato abbattuto non solo dalla mano di una donna, ma con lo strumento tipico di una donna. Per lui, la vergogna di essere ucciso semplicemente da una donna era insopportabile, tanto che chiese il colpo di grazia al suo servo.

   Dio, però, non vide nessuna vergogna nell’impiegare semplicemente una donna per liberare il suo popolo. Nel caso in cui qualcuno si domandi incredulo se ciò era davvero nel disegno di Dio, la Bibbia ci dice chiaramente: “Così Dio fece ricadere sopra Abimelec il male che egli aveva fatto”. – Gdc 9:56.

   “Chi fu che uccise Abimelec, figlio di Ierubbeset? Non fu una donna che gli gettò addosso un pezzo di macina dalle mura, in modo che morì a Tebes?”. – 2Sam 11:21.

Donna che ha perso una dramma (γυνὴ, günè, “donna”)

“Qual è la donna che se ha dieci dramme e ne perde una, non accende un lume e non spazza la casa e non cerca con cura finché non la ritrova?”. – Lc 15:8.

   Ancora una volta Yeshùa prende una scena di vita quotidiana per illustrare un suo insegnamento. E usa, ancora una volta, una figura femminile. Questa donna di casa “ha dieci dramme”. La dramma era una moneta d’argento greca del peso di 3,40 grammi; il suo valore odierno sarebbe – rapportato alla data dell’introduzione dell’euro – di circa 0,50 €; la donna aveva quindi circa cinque euro e ne aveva perso mezzo. La casa ebraica aveva il pavimento in terra battuta e doveva essere poco luminosa, dato che questa immaginaria donna (corrispondente però alla realtà del tempo) “accende un lume”. Possiamo immaginare la polvere che si solleva mentre lei “spazza la casa”. Però è animata dal desiderio di ritrovare la sua dramma smarrita e “cerca con cura finché” non la trova. Possiamo anche immaginare il suo sollievo e la sua esultanza nel ritrovarla.

   ‘Tutti i pubblicani e i peccatori si erano avvicinati a lui per ascoltarlo’ (Lc 15:1). Yeshùa usava efficacemente delle illustrazioni realistiche. “Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova?” (v.4). Di certo erano presenti anche donne e Yeshùa non le trascura, perché aggiunge un’illustrazione adatta ad un pubblico femminile: “Oppure, qual è la donna che . . .” (v. 8). Le donne presenti potevano così immedesimarsi. E potevano gioire per il finale della storia, quando la donna ritrova la sua dramma: “Quando l’ha trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: ‘Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta’”. – V. 9.

   Infine, l’applicazione, che reca l’insegnamento: “Così, vi dico, v’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede”. – Lc 15:10.

Donna che impasta (γυνή, günè, “donna”)

“Disse loro un’altra parabola: ‘Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata’”. – Mt 13:33.

   Yeshùa si è riferito alle donne in diverse delle sue parabole. Con le sue illustrazioni (parabole) ha spiegato cose spirituali con esempi tratti dalla quotidianità, in modo che tutti potessero capire. Oggi quasi nessuno si prende più il tempo per farsi il pane in casa, ma poi tutti (anche gli uomini) sanno che un po’ di lievito mescolato alla farina impastata con acqua fa fermentare la massa che poi cotta darà il pane.

Donna che partorisce (γυνὴ, günè, “donna”)

“La donna, quando partorisce, prova dolore”. – Gv 16:21.

   Altra illustrazione in cui Yeshùa coglie un momento di vita femminile. Per illustrare la necessità di perseverare guardando al dopo, Yeshùa dice: “La donna, quando partorisce, prova dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’angoscia per la gioia che sia venuta al mondo una creatura umana”. – Gv 16:21.

   Fa poi l’applicazione: “Così anche voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia”. – V. 22.

Donna con un vaso di alabastro (γυνή, günè, “donna”)

“Mentre Gesù era a Betania, in casa di Simone il lebbroso, venne a lui una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d’olio profumato di gran valore e lo versò sul capo di lui che stava a tavola. Veduto ciò, i discepoli si indignarono e dissero: ‘Perché questo spreco Quest’olio si sarebbe potuto vendere caro e dare il denaro ai poveri’. Ma Gesù se ne accorse e disse loro: ‘Perché date noia a questa donna? Ha fatto una buona azione verso di me. Perché i poveri li avete sempre con voi, ma me non mi avete sempre. Versando quest’olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura. In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato questo vangelo, anche ciò che ella ha fatto sarà raccontato in memoria di lei’”. – Mt 26:6-13.

   Mentre i discepoli di Yeshùa s’indignano per quello che ritengono uno spreco, Yeshùa onora il comportamento di questa donna e ne esalta il suo significato spirituale. Yeshùa vede le azioni di lei come dei preparativi per la sua tumulazione dopo la morte che i suoi discepoli ancora non s’aspettavano. Yeshùa promise che dovunque la buona notizia (vangelo) sarebbe stata proclamata, la gente si sarebbe ricordata di questa donna e del suo gesto. Anche noi lo facciamo ora. Abbiamo bisogno di ricordare questa coraggiosa donna con un vasetto d’olio profumato e tutte le altre donne della Bibbia e della nostra storia.

   Per un approfondimento si veda il nostro studio Yeshùa e la donna che sarà sempre ricordata in tutto il mondo nella sezione Yeshùa.

Donna di casa (אִשָּׁה, ishàh, “donna”)

“La donna di casa prese una coperta, la distese sulla bocca della cisterna e vi sparse su del grano; così nessuno ne seppe nulla”. – 2Sam 17:19.

   Durante la rivolta di Absalom contro suo padre il re Davide, due amici di Davide, improvvisatisi spie, s’incaricano d’infornare il re del pericolo. “Cusai [amico di Davide] disse ai sacerdoti Sadoc e Abiatar: ‘. . . mandate in fretta a informare Davide e ditegli: Non passare la notte nelle pianure del deserto, ma senz’altro va’ oltre, affinché il re con tutta la gente che ha con sé non rimanga sopraffatto’. Gionatan e Aimaas stavano appostati presso En-Roghel; una serva andò a informarli, ed essi andarono a informare il re Davide. Essi infatti non potevano entrare in città in modo palese. Un ragazzo però li aveva visti e aveva avvisato Absalom; ma i due partirono di corsa e giunsero a Baurim a casa di un uomo che aveva nel suo cortile una cisterna. Quelli vi si calarono; e la donna di casa prese una coperta, la distese sulla bocca della cisterna e vi sparse su del grano; così nessuno ne seppe nulla. I servi di Absalom vennero in casa di quella donna e chiesero: ‘Dove sono Aimaas e Gionatan?’ La donna rispose loro: ‘Hanno attraversato il ruscello’. Quelli si misero a cercarli; e, non potendoli trovare, tornarono a Gerusalemme. Appena se ne furono andati, i due uscirono dalla cisterna e andarono a informare il re Davide. Gli dissero: ‘Alzatevi e affrettatevi ad attraversare l’acqua . . .’; Allora Davide si mosse con tutta la gente che era con lui, e passò il Giordano. All’alba neppure uno era rimasto, che non avesse passato il Giordano”. – 2Sam 17:15-22.

   Grazie all’astuzia e al coraggio di questa donna, il re Davide poté salvarsi. Vi fu implicata anche un’altra donna, una serva, che fece la sua parte. – Si veda la voce Serva informatrice.

Donna di lampi (אֵשֶׁת לַפִּידֹות, èshet lpidòt, “donna di lampi”)

“In quel tempo era giudice d’Israele una profetessa, Debora, moglie di Lappidot”. – Gdc 4:4.

   Diverse traduzioni bibliche scambiano lapidòt per il nome del marito di questa donna. Non siano così sicuri che “lappidot” sia il nome del marito di Debora, anche se la stragrande maggioranza delle tradizioni bibliche opta per questa scelta. Il testo ebraico ha אֵשֶׁת לַפִּידֹות (èshet lapidòt). Vero è che אֵשֶׁת (èshet), “donna di”, può assumere il senso di “moglie di”, ma questo non è scontato. Altrettanto vero è che “lappidot”, se fosse un nome proprio maschile, sarebbe l’unico caso in tutta la Bibbia: non esistono personaggi che hanno come nome Lappidot. Analizzando meglio la parola, scopriamo che la terminazione -ֹות (-ot) è la tipica desinenza del femminile plurale. Si tratta qui del plurale di לַפִּיד (lapìd), “lampo/fiaccola”, che in ebraico è nome comune di cose. Il plurale di questa parola esce sia in לַפִּדִים (lapidìm) che in לַפִּידֹות (lapidòt), e sempre con il significato di fiaccole o di lampi. Sempre in Gdc troviamo: “Consegnò a tutti quanti delle trombe e delle brocche vuote con delle fiaccole [לַפִּדִים (lapidìm)] nelle brocche” (7:16; cfr. 7:20;15:4). E in Es 20:18 troviamo: “Tutto il popolo udiva i tuoni, il suono della tromba e vedeva i lampi [לַפִּדִים (lapidìm)]”.

   Ora, l’espressione אֵשֶׁת לַפִּידֹות (èshet lapidòt) potrebbe benissimo significare “donna di lampi”. A favore di questa traduzione sta il fatto che il carattere di Debora è davvero impetuoso e veemente (si veda la voce Debora), oltre al fatto che un suo presunto marito non è mai nominato. Se lapidòt fosse davvero il marito, dovremmo dire che Dio lo mette del tutto da parte e dà direttamente a Debora l’autorità di agire.Instead, her authority comes directly from the Lord. Pare proprio, invece, che qui la Bibbia faccia un gioco di parole, dato che Barac (il condottiero di cui Debora si servì) in ebraico significa “fulmine” (בָרָק, baràq). Lei aveva lampi di genio e lui colpiva. La mente e il braccio, diremmo noi.

Donna incinta (אִשָּׁה הָרָה, ìshàh haràh, “donna gravida”)

“Se durante una rissa qualcuno colpisce una donna incinta e questa partorisce senza che ne segua altro danno, colui che l’ha colpita sarà condannato all’ammenda che il marito della donna gli imporrà; e la pagherà come determineranno i giudici; ma se ne segue danno, darai vita per vita”. – Es 21:22,23.

   La prima donna della storia umana a rimanere incinta fu Eva: “Adamo conobbe Eva, sua moglie, la quale concepì e partorì Caino” (Gn 4:1). Da allora tutte le persone sono nella situazione del salmista che disse: “Mia madre mi ha concepito nel peccato”. – Sl 51:5.

   L’espressione greca per dire di essere incinta è alquanto realistica. “Si trovò incinta” è nel greco di Mt 1:18 εὑρέθη ἐν γαστρὶ ἔχουσα (eurèthe en gastrì èchusa), “si trovò in ventre avente”.

   Essere incinta era qualcosa che una donna ebrea desiderava moltissimo (1Sam 1:2,11,20), dato che la sterilità era per una donna d’Israele una vergogna, un disonore (Gn 25:21;30:1; Lc 1:24,25). Il passo di Es 21:22,23 ci dice in quale grande considerazione fosse tenuto l’embrione o il feto. Durante le guerre, era considerato abominevole e particolarmente malvagio sventrare una donna incinta (Os 13:16; Am 1:13; 2Re 8:12; 15:16). Yeshùa stesso mostrò considerazione per le donne gravide durante in tempo della fine: “Guai alle donne che saranno incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni!”. – Mt 24:19.

   Nel simbolismo ebraico – sempre molto concreto e mai astratto – il concepimento, la gravidanza e il successivo parto sono evocati per illustrare il peccato e le sue conseguenze: “Ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte” (Gc 1:14,15); “Il malvagio è in doglie per produrre iniquità. Egli ha concepito malizia e partorisce menzogna”. – Sl 7:14.

   Gli ebrei infedeli che più non hanno il favore di Dio si lamentano: “Come una donna incinta che sta per partorire si contorce e grida durante le sue doglie, così siamo stati noi davanti a te, o Signore. Abbiamo concepito, siamo stati in doglie, e, quando abbiamo partorito, era vento; non abbiamo portato nessuna salvezza al paese e non sono nati degli abitanti nel mondo” (Is 26:17,18). Paolo, dicendo che “la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio”, la paragona ad una donna incinta, dicendo che “che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio”. – Rm 8:19,22.

   La metafora della donna incinta è usata anche in senso positivo. Dopo l’esilio, Gerusalemme è una donna che concepisce da Dio e diventa madre di molti figli:

 

“’Esulta, o sterile, tu che non partorivi!

Da’ in grida di gioia e rallègrati, tu che non provavi doglie di parto!

Poiché i figli dell’abbandonata saranno più numerosi

dei figli di colei che ha marito’, dice il Signore.

‘Ti spanderai a destra e a sinistra;

la tua discendenza possederà le nazioni

e popolerà le città deserte.

Non dovrai più arrossire;

ma dimenticherai la vergogna della tua giovinezza.

Poiché il tuo creatore è il tuo sposo.

Il Signore ti richiama come una donna abbandonata,

il cui spirito è afflitto,

come la sposa della giovinezza, che è stata ripudiata’, dice il tuo Dio.

Per un breve istante io ti ho abbandonata,

ma con immensa compassione io ti raccoglierò.

Con un amore eterno io avrò pietà di te’,

dice il Signore, il tuo Redentore”.

Is 54:1-8, passim.

 

   In uno dei passi più colmi di tenerezza, in cui Dio esprime il suo amore per Israele, Dio assume un’immagine femminile. Alla sua Israele che lo ha abbandonato dice: “Hai dimenticato il Dio che ti mise al mondo” (Dt 32:18), anzi, per essere più conformi al testo biblico: “Ti scordavi di Dio, di Colui che ti diede alla luce con dolori di parto” (TNM). La khachmàh (חָכְמָה), la “sapienza”, che in Pr 8 appare personalizzata, si paragona ad una figlia e dice riferendosi a Dio paragonato ad una donna: “Fui data alla luce come con dolori di parto”. – Pr 8:24, TNM.

Donna inferma (γυνὴ, günè, “donna”)

“Ecco una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito che la rendeva inferma”. – Lc 13:11.

   “Gesù stava insegnando di sabato in una sinagoga. Ecco una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito che la rendeva inferma, ed era tutta curva e assolutamente incapace di raddrizzarsi. Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: ‘Donna, tu sei liberata dalla tua infermità’. Pose le mani su di lei, e nello stesso momento ella fu raddrizzata e glorificava Dio” (Lc 13:10-13). Di sabato. Nella sua Legge, Dio – nel chiedere al suo popolo di santificare il sabato (Es 20:8-10) – non aveva di certo proibito le buone opere. I frequentatori della sinagoga, però, si dimostrarono del tutto insensibili al dramma che quella povera donna viveva da ben diciotto anni e si preoccuparono di più di mettere in difficoltà Yeshùa. Niente meno che “il capo della sinagoga” si mostrò “indignato che Gesù avesse fatto una guarigione di sabato”. Altezzoso, “disse alla folla: ‘Ci sono sei giorni nei quali si deve lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire, e non in giorno di sabato’” Lc 13:14). La risposta di Yeshùa non si fece attendere: “Ipocriti, ciascuno di voi non scioglie, di sabato, il suo bue o il suo asino dalla mangiatoia per condurlo a bere? E questa, che è figlia di Abraamo, e che Satana aveva tenuto legata per ben diciotto anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?’”. – Lc 13:15,16.

   “Tutti i suoi avversari si vergognavano” (v. 17). Intanto, “la moltitudine si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute” (v. 17). E, nella moltitudine, una donna particolarmente riconoscente “glorificava Dio”.

Donna malata di un flusso di sangue (γυνή, günè, “donna”)

“Ed ecco una donna, malata di un flusso di sangue da dodici anni, avvicinatasi da dietro, gli toccò il lembo della veste, perché diceva fra sé: ‘Se riesco a toccare almeno la sua veste, sarò guarita’. Gesù si voltò, la vide, e disse: ‘Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita’. Da quell’ora la donna fu guarita”. – Mt 9:20-22.

   Per comprendere appieno l’incommensurabile valore di questo miracolo per quella donna, occorre immaginate con empatia di essere una persona “immonda”, un reietto non solo nella comunità civile ma anche in quella spirituale. Per dodici anni questa donna era stata esclusa a causa della sua condizione fisica. Stigmatizzata socialmente, la sua malattia diveniva ancora più pesante. Si tenga presente che la Scrittura associa le mestruazioni con l’impurità (Lv 12:2; Ez 22:10;36:17), e questa donna non era semplicemente mestruata: lei era emorroissa da ben dodici anni.

   Eppure, lei aveva fede che Yeshùa potesse guarirla. Si fece strada attraverso il gruppo attorno a Yeshùa, poi allungò una mano per toccare un lembo del suo mantello. Un’emarginata, una donna impura, sapeva cos’è la fede. Yeshùa la vide e riconobbe la sua fede.

   La versione marciana dell’accaduto è più completa: “Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, e che molto aveva sofferto da molti medici e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata, avendo udito parlare di Gesù, venne dietro tra la folla e gli toccò la veste, perché diceva: ‘Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva’. In quell’istante la sua emorragia ristagnò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia. Subito Gesù, conscio della potenza che era emanata da lui, voltatosi indietro verso quella folla, disse: ‘Chi mi ha toccato le vesti?’ I suoi discepoli gli dissero: ‘Tu vedi come la folla ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?’ Ed egli guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo. Ma la donna paurosa e tremante, ben sapendo quello che era avvenuto in lei, venne, gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità. Ma Gesù le disse: ‘Figliola, la tua fede ti ha salvata; va’ in pace e sii guarita dal tuo male’”. – Mr 5:24-34:

   Riportiamo anche la versione lucana, scritta da “Luca, il caro medico” (Col 4:14): “Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva speso tutti i suoi beni con i medici senza poter essere guarita da nessuno, si avvicinò di dietro e gli toccò il lembo della veste; e in quell’istante il suo flusso ristagnò. E Gesù domandò: ‘Chi mi ha toccato?’ E siccome tutti negavano, Pietro e quelli che erano con lui risposero: ‘Maestro, la folla ti stringe e ti preme’. Ma Gesù replicò: ‘Qualcuno mi ha toccato, perché ho sentito che una potenza è uscita da me’. La donna, vedendo che non era rimasta inosservata, venne tutta tremante e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò, in presenza di tutto il popolo, per quale motivo lo aveva toccato e come era stata guarita in un istante. Ma egli le disse: ‘Figliola, la tua fede ti ha salvata; va’ in pace’”. – Lc 8:43-48.

Donna nella folla (γυνή, günè, “donna”)

“Mentr’egli diceva queste cose, dalla folla una donna alzò la voce e gli disse: ‘Beato il grembo che ti portò e le mammelle che tu poppasti!’ Ma egli disse: ‘Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!’”. – Lc 11:27,28.

   Yeshùa stava parlando dell’attività demoniaca dicendo: “Allora [lo spirito maligno] va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, ed entrano ad abitarla; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima” (Lc 11:26), quando una donna grida tra la folla dei suoi uditori: “Beato il grembo che ti portò e le mammelle che tu poppasti!”.

   Il primo elemento da notare è che questa donna in realtà parlò durante l’insegnamento di Yeshùa e lui non la zittì. Alcuni sostengono che le donne debbano stare in silenzio in chiesa o nelle riunioni di culto. Ora, la Bibbia dice che ‘dove due o tre sono riuniti nel suo nome, lì è lui in mezzo a loro’ (Mt 18:20), quindi quella riunione in cui la donna gridò era “chiesa” a maggior ragione, dato che Yeshùa era presente fisicamente. Eppure, permise a quella donna di parlare. Evidentemente, le chiese in cui si vieta alle donne di parlare non sono parte della chiesa o congregazione di Yeshùa.

   Comunque, Yeshùa provvide a rettificare l’entusiastica dichiarazione di quella donna. Costei si stava esprimendo secondo il modo tradizionale di valutazione tipico delle donne, ma Yeshùa aveva un modo nuovo di dar valore alle persone. Quella donna aveva fatto la sua proclamazione nei termini di merito del bagaglio femminile. Per lei Miryàm, la madre di Yeshùa, era beata perché aveva dato alla luce Yeshùa e l’aveva nutrito con il suo latte materno. Yeshùa non seguì questa tesi. Egli trasferì quella valutazione femminile dalla nascita del bambino al rapporto con Dio.

   I musulmani parlano delle donne come madri, sorelle e figlie; sostengono che loro debbano essere protette, per cui limitano la loro vita relegandole in casa o solo in certi posti di lavoro, proprio perché secondo loro sono così importanti come madri, sorelle e figlie. Purtroppo, questa è spesso la stessa veduta di molti cosiddetti cristiani. Troppo spesso si sente argomentare da ministri “cristiani” sul perché gli uomini dovrebbero essere i responsabili delle decisioni in ambito domestico e le donne non dovrebbero lavorare.

   Yeshùa, invece di porre il valore femminile sul ruolo della donna come madre e nutrice, si concentra sul rapporto con Dio. In effetti, Yeshùa ha spostato l’attenzione da coloro con cui ci relazioniamo a Colui con cui ci relazioniamo.

Donna saggia (אִשָּׁה חֲכָמָה, ishàh chachamàh, “donna di sapienza”)

“[Ioab] fece venire da Tecoa una donna saggia alla quale disse: ‘Fingi di essere in lutto: mettiti una veste da lutto, non ti ungere con olio e sii come una donna che pianga da molto tempo un morto; poi entra dove sta il re e parlagli così e così’. Ioab le suggerì le parole da dire”. – 2Sam 14:2,3.

   Questa scena ricorda le trame di Betsabea e di Natan per avvertire il re Davide che Adonia stava tentando di usurpare il trono (1Re 1:5-40). Ioab convince questa donna ad andare dal re per raccontargli una storia preconfezionata. Proprio come nel caso di Betsabea e Natan, le parole che vengono dette al re non vengono direttamente da Dio.

   “La donna di Tecoa andò dunque a parlare al re, si gettò con la faccia a terra, si prostrò e disse: ‘O re, aiutami!’ Il re le disse: ‘Che hai?’ Lei rispose: ‘Purtroppo io sono una vedova. Mio marito è morto’”. – 2Sam 14:4,5.

   Questa “donna saggia” va da Davide esponendogli la sua vulnerabilità di donna. Dapprima gli offre omaggio, proprio come aveva fatto Betsabea (1Re 1:16); poi gli dice lei è una vedova, una delle persone che Davide dovrebbe proteggere.

  “La tua serva aveva due figli, i quali litigarono in campagna e vennero alle mani; siccome non c’era nessuno che li separasse, uno colpì l’altro, e l’uccise. Ora tutta la famiglia è insorta contro la tua serva, dicendo: Consegnaci l’omicida, affinché lo facciamo morire per vendicare il fratello che egli ha ucciso; così toglieremo di mezzo anche l’erede. In questo modo spegneranno il tizzone che mi è rimasto e non lasceranno a mio marito né nome né discendenza sulla terra” (2Sam 14:6,7). La storia raccontata dalla donna riflette la battaglia tra Absalom e Amnon, due figli di Davide. Dopo che Amnon aveva violentato la sorella di Absalom, Tamar, Absalom aveva predisposto la morte Amnon. Ora, molti in Israele sono chiamati per piangere la morte di Absalom. Tuttavia, a differenza della famiglia della storia che la donna racconta, Davide aveva altri figli.

  “Il re disse alla donna: ‘Va’ a casa tua; io darò degli ordini a tuo riguardo’. La donna di Tecoa disse al re: ‘O re, mio signore, la colpa cada su di me e sulla casa di mio padre, ma il re e il suo trono non ne siano responsabili’. Replicò il re: ‘Se qualcuno parla contro di te, conducilo da me, e vedrai che non ti toccherà più’. Allora lei disse: ‘Ti prego, invochi il re come testimone il Signore, il tuo Dio, perché il vendicatore del sangue non aumenti la rovina e non mi uccidano il figlio’. Egli rispose: ‘Com’è vero che il Signore vive, non cadrà a terra un capello di tuo figlio’” (2Sam 14:8-11). A questo punto la donna ha ottenuto la promessa di Davide che suo figlio non sarà danneggiato. Ma Davide non ha ancora colto l’analogia con la propria situazione.

   “Allora la donna disse: ‘Ti prego, lascia che la tua serva dica ancora una parola al re, mio signore!’ Egli rispose: ‘Parla’” (2Sam 14:12). Dopo aver ottenuto la promessa che cercava, la donna intende rivelare il suo vero scopo.

   “La donna riprese: ‘Perché pensi così contro il popolo di Dio? Dalla parola che il re ha ora pronunciata risulta che egli è in un certo modo colpevole, in quanto non richiama colui che ha messo al bando. Noi dobbiamo morire e siamo come acqua versata in terra che non si può più raccogliere; ma Dio non toglie la vita, anzi desidera che il fuggitivo non rimanga bandito lontano da lui. Ora, se io sono venuta a parlare così al re mio signore, è perché il popolo mi ha fatto paura e la tua serva ha detto: Voglio parlare al re; forse il re farà quello che gli dirà la sua serva; il re ascolterà la sua serva e la libererà dalle mani di quelli che vogliono sterminare me e mio figlio dall’eredità di Dio. La tua serva diceva: Possa la parola del re, mio signore, darmi tranquillità! Infatti il re, mio signore, è come un angelo di Dio per discernere il bene dal male. Il Signore, il tuo Dio, sia con te’. Il re rispose e disse alla donna: ‘Ti prego, non nascondermi quello che io ti domanderò’. La donna disse: ‘Parli pure il re, mio signore’. Il re le chiese: ‘Non c’è dietro a tutto questo la mano di Ioab?’ La donna rispose: ‘Com’è vero che tu vivi, o re mio signore, la cosa sta né più né meno come ha detto il re mio signore. Infatti, il tuo servo Ioab è colui che mi ha dato questi ordini ed è lui che ha suggerito tutte queste parole alla tua serva. Il tuo servo Ioab ha fatto così per dare un altro aspetto alla vicenda di Absalom; ma il mio signore è saggio come un angelo di Dio e conosce tutto quello che avviene sulla terra’. Allora il re disse a Ioab: ‘Voglio fare quello che hai chiesto; va’ dunque e fa’ tornare il giovane Absalom’”. – 2Sam 14:13-21.

   La donna saggia applica lo stesso metro usato nella sua situazione fittizia alla situazione di Davide. Lei gli ricorda il suo dovere e che lui è il re e il servo di Dio. Naturalmente la questione rimane: fu questa strategia davvero proveniente da Dio?

   La seconda “donna saggia” appare al capitolo 20 di 2Sam. Vi è implicato di nuovo Ioab.

   “Allora una donna di buon senso gridò dalla città: ‘Udite, udite! Vi prego; dite a Ioab di avvicinarsi perché gli voglio parlare!’ Quando egli si fu avvicinato, la donna gli chiese: ‘Sei tu Ioab?’ Egli rispose: ‘Sono io’. Allora lei gli disse: ‘Ascolta la parola della tua serva’. Egli rispose: ‘Ascolto’” (2Sam 20:16,17). Ovviamente, questa è una donna diversa da quella presentata al capitolo 16. Infatti, questa donna non conosce Ioab di vista, come l’altra, e deve domandargli se è lui per assicurarsene.

   “Lei riprese: ‘Una volta si diceva: Si domandi consiglio ad Abel! E così si giungeva a una conclusione! Abel è una delle città più pacifiche e più fedeli in Israele; e tu cerchi di far perire una città che è una madre in Israele. Perché vuoi distruggere l’eredità del Signore?’ Ioab rispose: ‘Lungi, lungi da me l’idea di distruggere e di guastare. Il fatto non sta così; un uomo della regione montuosa d’Efraim, di nome Seba, figlio di Bicri, ha alzato la mano contro il re, contro Davide. Consegnatemi lui solo e io mi allontanerò dalla città’. La donna disse a Ioab: ‘La sua testa ti sarà gettata dalle mura’. Allora la donna si rivolse a tutto il popolo con il suo saggio consiglio e quelli tagliarono la testa a Seba, figlio di Bicri, e la gettarono a Ioab. Questi fece suonare la tromba; tutti si allontanarono dalla città e ognuno tornò alla sua tenda. E Ioab tornò a Gerusalemme dal re”. – 2Sam 20:18-22.

   Possiamo notare molte cose qui. In primo luogo, quando la donna saggia parla, Ioab ascolta. In più, lei sembra essere in grado di parlare per l’intera comunità. Negozia con Ioab, quindi presenta il piano per il suo popolo. Fondamentalmente, organizza la morte di Seba.

   “La donna saggia costruisce la sua casa, ma la stolta l’abbatte con le proprie mani”. – Pr 14:1.