Nella Bibbia non vi è una parola per designare l’estasi. Già questo fatto è in favore dell’assenza di estasi. Tuttavia, Filone e qualche altro rabbino interpretarono come “estasi” il vocabolo tardemàh che appare nella Scrittura in quattro sensi diversi:

1

Sonno profondo nel caso di Adamo

“Dio il Signore fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò”

Gn 2:21

2

Stato di profonda esperienza profetica ed estatica nel caso di Abraamo

“Un profondo sonno cadde su Abramo; ed ecco uno spavento, una oscurità profonda cadde su di lui”

Gn 15:12

3

Stato di torpore nel caso di Saul

“Tutti dormivano, perché il Signore aveva fatto cadere su di loro un sonno profondo

1Sam 26:12

4

Stato dei falsi profeti

“È il Signore che ha sparso su di voi uno spirito di torpore;

ha chiuso i vostri occhi, i profeti”

Is 29:10

   In ciascuno dei quattro casi evidenziati in grassetto l’ebraico usa la parola תַּרְדֵּמָה (tardemàh), che viene tradotta diversamente a seconda del traduttore:

Riferimento

NR

TNM

Did

CEI

1

Gn 2:21

Profondo sonno

Profondo sonno

Profondo sonno

Torpore

2

Gn 15:12

Profondo sonno

Profondo sonno

Profondo sonno

Torpore

3

1Sam 26:12

Sonno profondo

Sonno profondo

Profondo sonno

Torpore

4

Is 29:10

Spirito di torpore

Spirito di profondo sonno

Profondo sonno

Spirito di torpore

   Come si vede, solo Diodati è coerente e riesce a rendere sempre con la stessa espressione italiana la parola ebraica tardemàh. Filone e altri rabbini interpretarono questo “profondo sonno” come estasi.

   Sia Filone (che fu il primo), sia i cosiddetti primi padri della Chiesa spiegarono quindi il profetismo biblico con la teoria dell’estasi. Anzi, Filone vi vide il segno distintivo del profetismo. “Non vi è profezia senza estasi”, era questo il suo principio fondamentale. Secondo questa teoria il profeta era posseduto da Dio. “Niente di quanto egli dice è suo poiché egli, stando sotto il controllo dell’ispirazione divina, non può capire ciò che egli dice, ma serve solo da canale per la parola insistente di Dio. I profeti sono, infatti, gli interpreti di Dio che usa i loro organi per esprimere ciò che vuole” (Filone, De specialibus regis I,11,65). Secondo Filone, perché Dio parli occorre che la mente del profeta taccia.

   Questa idea non fu mai accettata da Giuseppe Flavio e dai rabbini in genere; anzi, essi presentano l’assenza di estati proprio come segno distintivo dei profeti.

   La teoria estatica fu ripresa dai cosiddetti padri della Chiesa. Per Atenagora Dio usò i profeti “come un suonatore di flauto soffia nel suo strumento” (Pro christianis IX). Per Giustino lo spirito divino fu per loro “un divino plettro scendente dal cielo” che Dio avrebbe per pizzicare le corde “come di una cetra o di un liuto”. – Cohortatio ad Graecos 8.

   Qual è in merito il pensiero degli studiosi ai nostri giorni? Nel 19° secolo G. Hoelscher riprese per primo la teoria dell’estasi (Die Propheten, Leipzig 1914, pag. 125). Ma l’intento era ben diverso da quello dei primi secoli. Mentre Filone e i “padri” spiegavano con l’estasi il contatto di Dio con i profeti, nei tempi moderni si spiegava con l’estasi proprio l’assenza dell’intervento divino, riducendo il tutto a fenomeni paranormali o a esaltazione individuale.

   Occorre quindi esaminare bene la teoria dal punto di vista biblico.

   Nella Scrittura si trovano alcuni elementi esteriori che sembrerebbero supporre qualche forma di estasi, specialmente presso le categorie che la Bibbia chiama “figli dei profeti” (già trattare in uno studio precedente – Storia del profetismo – I raggruppamenti profetici) e presso alcuni profeti individuali. Samuele per fugare il pericolo dei filistei indice una guerra santa; e in ciò fu aiutato da schiere di profeti. Saul si dovette incontrare con uno di questi gruppi di profeti che scendevano da un’altura sacra profetando al suono dell’arpa, dei tamburelli, del flauto e della lira (1Sam 10:5,6). Anche Eliseo per avere la risposta di Dio fa chiamare un musicante e “avvenne che, appena il suonatore di strumento a corda suonò, la mano di Geova fu su di lui” (2Re 3:15, TNM). Pare che alcuni profeti battessero le mani, pestassero i piedi (Ez 6:11;21:17), si concentrassero mentalmente (Ger 4:23,26;25:15), che fossero trasformati nella personalità e provassero frustrazione così da giacere nudi per delle ore (1Sam 19:19-24). Una forza enorme li invadeva, come nel caso di Elia che corre davanti al carro di Acab fino all’ingresso in città: “La medesima mano di Geova era su Elia, così che si cinse i fianchi e correva davanti ad Acab per tutta la via fino a Izreel”. – 1Re 18:46, TNM.

   Tuttavia, c’è una diversità fondamentale. I profeti estatici di Canaan erano al servizio dei re (come certi profeti aulici di Israele, che sono però distinti dai veri profeti) e favorivano la religione politeista cananea, mentre i veri profeti di Israele erano indipendenti dai re, difendevano il monoteismo biblico e l’unico vero Dio di Israele, ed erano contro le manifestazioni estatiche di Canaan. Vi sono poi delle ragioni più profonde che ci costringono a distinguere i profeti di Israele dalle forme estatiche di Canaan, nonostante alcune forme esteriori simili. Ecco le principali ragioni:

  1. I fenomeni estatici non si rinvengono presso tutti profeti biblici, anzi solo presso pochi di essi. Quindi l’estasi non può essere ritenuta un elemento sostanziale del profetismo biblico. Alcune forme estatiche si trovano particolarmente presso Ezechiele, ma mancano completamente in Amos, Osea, Isaia e Geremia. Ora, se l’estasi fosse un elemento essenziale, questi profeti non si potrebbero ritenere veri profeti, il che è assurdo. Elia prega ma non grida e agisce in modo ben diverso dai profeti estatici di Baal. – 1Re 18:36.
  2. L’estasi era ricercata e provocata. Si faceva in due maniere: con bevande inebrianti, musica, danze e altro; con concentrazione mentale. Questi due modi di provocare l’estasi non potevano esistere presso i profeti ebrei.

a)       L’eccitazione alcolica era ritenuta ben diversa dalla rivelazione profetica. Contro i falsi profeti viene detto: “Barcollano per il vino, e vacillano per le bevande inebrianti; sacerdote e profeta barcollano per le bevande inebrianti, affogano nel vino, vacillano per le bevande inebrianti, barcollano mentre hanno visioni; tentennano mentre fanno da giudici” (Is 28:7). L’eccitazione dell’ebbro era ritenuta “uno spirito di vertigine” tipica di un “l’ubriaco, che barcolla vomitando” (Is 19:14). “Guai a quelli che la mattina si alzano presto per correre dietro alle bevande alcoliche e fanno tardi la sera, finché il vino li infiammi! La cetra, il saltèro, il tamburello, il flauto e il vino rallegrano i loro banchetti! Ma non pongono mente a ciò che fa il Signore, e non considerano l’opera delle sue mani” (Is 15:11,12). “Vino e mosto tolgono il senno” (Os 4:11). “Il vino è traditore” (Ab 2:5). “Il vino è schernitore, la bevanda alcolica è turbolenta, chiunque se ne lascia sopraffare non è saggio” (Pr 20:1). Dal vino prevengono perversità e non parole divine (Pr 23:29-35). Gioele assieme all’ubriachezza mette la licenziosità e le orge (Gle 3:3). Pur approvando l’uso moderato del vino, la Bibbia ne condanna l’uso eccessivo e l’abuso. I sacerdoti dovevano astenersi temporaneamente dal vino: “Non berrete vino né bevande alcoliche quando entrerete nella tenda di convegno” (Lv 10:9). Recabiti e nazirei dovevano astenersene per sempre (Ger 35:5,5; Nm 6:2,3). È chiaro quindi che i profeti non poterono usare questo metodo eccitativo.

b)       La concentrazione interiore è il distacco dalle cose terrene per poter entrare in comunione con Dio. Questo era il metodo usato dai mistici che ritenevano che il loro bene fosse celeste (Plotino, Enneadi 8,9,10). L’estraniarsi dal mondo, per i mistici facilita la percezione sull’assoluto. Ma questo non era il comportamento del profeta ebreo. Il profeta d’Israele non guarda al cielo, ma si ferma alla terra. Vede i mali del presente e se ne affligge. Conosce i prezzi del grano, i pesi falsi e la vanità. – Is 3:16-25; Am 8:4-6.

   Il profeta biblico non brama la profezia e non pensa a essa. Non vi si prepara con speciali pratiche. Teme anzi spesso la profezia e vorrebbe esserne esentato. Si pensi a Mosè (Es 3:6). E si pensi al comportamento di Geremia (Ger 1:6-10). La volontà di raggiungere l’unione con Dio era inconcepibile per i profeti ebrei. Per gli estatici era invece possibile, nella loro concezione, un’unione con Dio. Si pensi agli estatici e alle estatiche del cattolicesimo. La stessa cosa vale per i mistici (induismo, neoplatonismo, sufismo, misticismo cristiano). Non così per i profeti della Bibbia. Questa concezione era del tutto impossibile per il profeta ebreo. Una comunione o unione con Dio sarebbe stata per lui una bestemmia perché Dio, pur essendo vicino, è infinitamente superiore all’essere umano (Gn 18:27). L’uomo non può vedere Dio senza morirne (Es 33:20). L’uomo non può nemmeno udire la voce di Dio (Es 20:19; Eb 20:16; Dt 4:30;5:24-26). La stessa visione di un angelo di Dio non era senza pericolo: “Gedeone vide che era l’angelo del Signore e disse: ‘Misero me, Signore, mio Dio, perché ho visto l’angelo del Signore a faccia a faccia!’. Il Signore gli disse: ‘Sta’ in pace, non temere, non morirai!’” (Gdc 6:22,23). Mosè non doveva accostarsi al roveto ardente (Es 3:5) e fu obbligato a coprirsi il volto per non vedere Dio. – Es 3:6; 1Re 19:11,12.

   Tra il profeta e Dio vi è un abisso invalicabile, perché Dio è “Dio, e non un uomo” (Os 11:9). L’uomo è “carne, e non spirito” (Is 31:3). “L’uomo è soltanto un soffio”. – Sl 144:4, PdS.

   I profeti di Israele non erano quindi né estatici né mistici. L’estatico perde la sua coscienza personale nel suo presunto contatto con la divinità. Non ha una coscienza completa e ignora quanto lo circonda. Anche il mistico nel momento del suo rapimento perde la percezione della realtà esteriore. Sembrano in trance, e forse lo sono. Il profeta, al contrario, non perde per nulla la sua coscienza, la sua consapevolezza. Amos ha la forza di esclamare: “Signore, Dio, perdona!” (Am 7:2). Isaia dice: “Eccomi, manda me!” (Is 6:8). Geremia vuole invece ritirarsi perché sente la propria incapacità di fronte a tanta missione (Ger 1:6). Daniele è frastornato e sopraffatto, ma è invitato a rimanere cosciente e a capire quanto accade: “Io rimasi solo, a contemplare quella grande visione. In me non rimase più forza; il mio viso cambiò colore fino a rimanere sfigurato e le forze mi abbandonarono. Poi udii il suono delle sue parole, ma appena le udii caddi assopito con la faccia a terra. Ed ecco, una mano mi toccò e mi fece stare sulle ginocchia e sulle palme delle mani. Poi mi disse: ‘Daniele, uomo molto amato, cerca di capire le parole che ti rivolgo, e àlzati nel luogo dove stai; perché ora io sono mandato a te’. Quando egli mi disse questo, io mi alzai in piedi, tutto tremante” (Dn 10:8-11). Il profetismo, anziché spegnere, accentua la coscienza interiore; dà una visione nuova e più chiara della storia che è guidata da Dio; fa percepire il futuro; dà la percezione vera del male morale su cui l’uomo normale così spesso sorvola.

   L’estatico tende ad un’esperienza mistica fine a se stessa. Il mistico trasmuta se stesso e fa esperienza di qualcosa che è del tutto incomunicabile e inesplicabile. Paolo stesso, che ebbe un’esperienza mistica ed estatica, dice di non essere capace di comunicare l’esperienza fatta nel suo rapimento al terzo cielo o paradiso. – 2Cor 12:4.

   Il profeta invece ha una visione pubblica, gode del dono della conoscenza e riceve una verità comprensibile e chiara che deve trasmettere agli altri. Si paragoni la differenza:

Rapimento mistico

Rivelazione profetica

“Se nel corpo non lo so, o fuori del corpo non lo so; Dio lo sa – fu rapito come tale fino al terzo cielo. Sì, conosco tale uomo – se nel corpo o separato dal corpo, non lo so, Dio lo sa – che fu rapito in paradiso e udì parole inesprimibili che all’uomo non è lecito* dire”. – 2Cor 12:2-4, TNM.

“Alla maniera di una rivelazione mi fu fatto conoscere il sacro segreto […] potete rendervi conto della mia comprensione del sacro segreto del Cristo. […] ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti mediante lo spirito”. – Ef 3:3-5, TNM.

*greco ἐξὸν (ecsòn), “non è dato all’uomo di poter esprimere”. – Con.

   La consapevolezza e la coscienza che i profeti avevano della rivelazione si può dedurre anche da questo passo biblico: “Una diligente investigazione e un’attenta ricerca furono fatte dai profeti che profetizzarono intorno all’immeritata benignità a voi riservata. Essi continuarono a investigare quale particolare periodo di tempo o quale sorta di [periodo di tempo] lo spirito che era in loro indicasse circa Cristo, quando rendeva anticipatamente testimonianza delle sofferenze per Cristo e delle glorie che le avrebbero seguite. Fu loro rivelato”. – 1Pt 1:10-12, TNM.

   L’estatico si trova alla presenza di un assoluto astratto (cosa inconcepibile per un semita), il profeta invece s’incontra da persona a persona con il suo Dio. Dio rimane Dio, l’uomo rimane uomo: vi è incontro, non fusione. Il profeta vede Dio agire attraverso gli interventi della storia, non in se stesso. Dio è al di sopra, ma anche vicino (Gn 12:7;18:1;26:2;32:31; Es 3:16). Dio si rivela al profeta parlando, non dandogli l’esperienza di un’unione. Per il profeta Dio è una realtà vivente (Ger 15:16). Siamo ben lontani dal concetto di unione mistica come si rinviene presso gli estatici.

   Tutte queste ragioni ci obbligano a respingere l’identificazione completa tra estasi e profetismo. Si tratta di due realtà essenzialmente diverse, anche se in qualche caso la manifestazione esteriore possa assumere aspetti convergenti.