In questo studio sarà usata (salvo diversa indicazione) la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (TNM),

perché questa traduzione tende a essere piuttosto letterale, e nell’esame occorre riferirsi bene al testo biblico.

Saranno comunque riportati in ogni citazione i relativi vocaboli ebraici e greci del testo biblico originale,

in modo da avere riferimenti precisi e sempre conformi alla Scrittura.


 

Nomenclatura biblica

   I nomi con cui la Bibbia chiama le diverse parti del giorno (inteso come periodo completo di 24 ore) e le loro caratteristiche di buio o di luce sono:

 

Italiano

Ebraico

(Scritture Ebraiche)

Greco della LXX

(Scritture Ebraiche)

Luce

אֹור

Or

φῶς

Fos

Tenebre

חֹשֶׁךְ

Khòshech

σκότος

Skòtos

Mattino

בֹקֶר

Bòqer

πρωί

Proì

יֹום

Yòm

ἡμέρα

Emèra

Sera

עֶרֶב

Èrev

ἑσπέρα

Espèra

Notte

לָיְלָה

Làyla

νύξ

Nΰcs

(Gn 1:5)

   Questi sono i nomi che interessano il nostro argomento e che ricorrono nella Scrittura. Saranno esaminati attentamente a uno a uno.

 

Mattino, giorno, sera e notte

   I nomi usati nella Scrittura per indicare il giorno, il mattino, il dì, la sera e la notte sono precisi? Un paragone con la lingua italiana ci aiuterà a introdurre l’argomento. In italiano questi nomi non indicano un tempo così preciso. L’unica parola certa, in italiano, per definire un periodo preciso è “notte”. È notte solo se è buio, non ci sono dubbi. Ma che dire di “mattino”? Dall’alba a mezzogiorno certamente è mattino, ma in italiano possiamo anche dire “alle due del mattino” come anche “alle due di notte”: è la stessa cosa, nel linguaggio comune. Così, per “sera” il termine è abbastanza largo nell’applicazione. Indubbiamente è sera al tramonto del sole. Ma, in italiano, è “sera” anche fino a mezzanotte. Così, si dice che “si è cenato stasera alle undici”, ma non si dice mai che “si è cenato stanotte alle undici”. Le espressioni variano anche da regione a regione. In Toscana, dopo mezzogiorno si saluta con “buonasera”; a Milano si saluta con “buongiorno” finché c’è luce, anche se sono le nove passate di sera, con l’ora legale. La parola stessa “giorno” ha in italiano due significati. Se diciamo che “è preferibile farlo di giorno, alla luce del sole” è ovvio che intendiamo con “giorno” il (parola ormai disusata). Così, se diciamo “giorno e notte” stiamo, in effetti, intendendo “notte e dì”. Ma possiamo dire che “il giorno è composto da 24 ore”, ed è corretto. Possiamo poi anche dire “ai giorni dei romani”, intendendo “al tempo dei romani”.

   In ebraico è la stessa cosa? La risposta è sì. E le seguenti citazioni lo dimostrano. Vediamo dunque il senso vasto, nell’ebraico biblico, di ciascun vocabolo.

 mattino

 giorno

   Il giorno, biblicamente, può significare il nostro (periodo di luce solare) oppure l’intero ciclo di 24 ore o anche “il tempo in cui”, come nell’italiano “ai giorni dei romani”. È il contesto che lo stabilisce.

   M. Martin, parlando del giorno di 24 ore, afferma: “Questo è il pensiero dell’uomo non certo di Dio, né del Suo figliolo che lo ribadì ai suoi interlocutori: ‘non ci sono forse 12 ore in un giorno?’ (Gv 11:9)” (What is a Biblical Day, and when does it start?). Questa citazione, va ricordato, è una traduzione, per giunta sbagliata. La Scrittura non dice per nulla che vi siano “dodici ore in un giorno”. Diodati traduce letteralmente il passo: “Non vi son eglino dodici ore del giorno?” (grassetto aggiunto). Il testo greco è:

οὐχὶ δώδεκα ὧραί εἰσιν τς ἡμέρας

uchì dòdeka orài eisìn tes emèras?

non dodici ore sono del giorno?

   Rende bene TNM: “Ci sono dodici ore di luce nel giorno, non è vero?”. Il testo biblico non sta affermando che il giorno sia composto da 12 ore: Yeshùa sta richiamando l’attenzione dei suoi discepoli sul periodo di luce diurna. Prendendo questo periodo di luce come esempio, dice poi: “Se qualcuno cammina alla luce del giorno non urta contro nulla, perché vede la luce di questo mondo. Ma se qualcuno cammina di notte, urta contro qualcosa, perché la luce non è in lui”. “La luce di questo mondo” è semplicemente la luce fisica del periodo di luce diurna. Così, “la luce non è in lui” significa semplicemente che non ci vede, tanto che “urta contro qualcosa”.

   Nel 1° secolo E. V. gli ebrei dividevano il giorno (inteso come periodo di luce), il , in 12 ore, iniziando dall’alba. Questo faceva sì che la lunghezza delle ore variasse da un giorno all’altro, secondo le stagioni; l’unica volta che si aveva la stessa durata delle nostre ore era agli equinozi. In pratica, le ore diurne erano sempre dodici, ma con lunghezza variabile.

   L’inizio del dì (o giorno, ma inteso come periodo di luce) corrispondeva circa alle nostre 6 del mattino. Nell’illustrazione degli operai nella vigna, Yeshùa menzionò la 3a, la 6a, la 9a e l’11a ora e, un’ora dopo, la “sera” (cioè la 12a ora).

   Ecco il quadro completo delle ore diurne:

 

Ora nel 1° secolo e nostra ora

1ª ora

6-7

5ª ora

10-11

9ª ora

14-15

2ª ora

7-8

6ª ora

11-12

10ª ora

15-16

3ª ora

8-9

7ª ora

12-13

11ª ora

16-17

4ª ora

9-10

8ª ora

13-14

12ª ora

17-18

 

   La sera nella Bibbia può indicare il pomeriggio oppure il tramonto oppure la prima parte della notte. È sempre il contesto che ci dice in quale momento della giornata collocare la “sera” biblica.

 

Sera

Citazione

Ebraico

Collocazione

“Al crepuscolo, nella sera del giorno, all’appressarsi della notte”

     Pr 7:9

עֶרֶב

    Èrev    Tramonto

“Uscirai la sera

davanti ai loro occhi”

    Ez 12:4     Già notte

“Davanti ai loro occhi [lo] porterai

sulla spalla stessa. Durante

le tenebre [lo] porterai fuori”

    Ez 12:6

“Durante le tenebre

 [lo] portai fuori”

    Ez 12:7

“La sera, appena sarà tramontato il sole”*

    Dt 16:6    Pomeriggio

*L’originale ebraico haכְּבֹוא הַשֶּׁמֶשׁ  (kevò hashèmesh). Il prefisso כְּ (ke) significa “quando”;

בֹוא (vo) significa letteralmente “va giù”; הַשֶּׁמֶשׁ (hashèmesh), “il sole”

(in ebraico l’articolo – הַ, ha – viene premesso al nome).

La frase suona quindi, letteralmente: “Quando il sole va giù”.

Ciò accade dal momento in cui il sole inizia a calare sino a quando tramonta.

Si tratta del periodo “tra le due sere” (בֵּין הָעַרְבָּיִם, ben haarbàymEs 12:6)

   in cui doveva essere scannato l’agnello pasquale il 14 nissàn, tra le 15 del pomeriggio e il tramonto.

 

   La notte è notte. In ebraico, come in italiano, essa è caratterizzata dall’oscurità notturna.

   Altre indicazioni di tempo usate nelle Scritture Greche sono la mezzanotte e il “canto del gallo” (Mr 13:35; Lc 11:5; At 20:7;27:27). Il “canto del gallo” era la terza vigilia ovvero il terzo turno della guardia notturna, secondo la divisione greca e romana (Mr 13:35); corrispondeva all’incirca all’intervallo di tempo fra la mezzanotte e le tre del mattino.

   Sembra che sotto la dominazione romana gli ebrei abbiano adottato la suddivisione romana della notte in quattro veglie (o vigilie) invece delle precedenti tre. – Lc 12:38; Mt 14:25; Mr 6:48.