In tempi recenti si sta diffondendo una strana teoria secondo cui il giorno biblico inizierebbe all’alba e finirebbe al tramonto. I sostenitori di questa bizzarra idea insistono nel sostenere che nella Bibbia la parola “giorno” si riferisca solo al periodo diurno di luce solare. Il sabato e le altre festività bibliche dovrebbero quindi – secondo loro – essere riferite solo al periodo tra l’alba e il tramonto dei giorni in cui cadono. Dovendo ritenere finito il “giorno” al tramonto, la notte che segue non sarebbe più parte di quel “giorno”, ma diventerebbe una specie di tempo di nessuno, giacché il giorno successivo si avrebbe solo l’alba. Ovviamente, dovendo chiudere un ciclo di 24 ore, annettono la notte seguente al giorno trascorso, ma considerando il giorno sempre da alba ad alba. A questa questione circa la definizione del tempo giornaliero, essi annettono anche un’idea teologica: Dio è luce, e quindi per loro l’oscurità (o tenebre) sarebbe diabolica. Esaminiamo dunque molto attentamente e sistematicamente ciò che la Bibbia afferma, in modo da confutare questa stramba teoria per poi dedicarci seriamente allo studio del calendario biblico.

   In questa serie di studi sarà usata (salvo diversa indicazione) la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (TNM), dato che questa traduzione tende ad essere piuttosto letterale, e nell’esame occorre riferirsi bene al testo biblico. Saranno comunque riportati in ogni citazione i relativi vocaboli ebraici e greci del testo biblico originale, in modo da avere riferimenti precisi e sempre conformi alla Scrittura.

Tenebre e luce

   Ora esaminiamo le espressioni “luce” e “tenebre” nella Scrittura. Vediamo prima ciò che viene sostenuto dalla bizzarra teoria cui abbiamo accennato e poi ciò che invece dice la Scrittura.

   “Poiché il Creatore è eterno, la Sua luce di conseguenza è eterna; furono le tenebre in seguito alla ribellione di Satana che oscurarono l’intero universo. Come mostra chiaramente Genesi 1:3, il primo atto del Signore fu proprio quello di spezzare le tenebre di Satana con la Sua Luce, affinché la terra potesse essere ricreata”. – Myron Martin, What is a Biblical Day, and when does it start?

   Dopo la creazione dell’universo (di cui il nostro sistema solare ovviamente fa parte), sulla terra qualcosa dovette accadere. La Bibbia, infatti, dopo aver detto che “in principio Dio creò i cieli e la terra” (Gn 1:1), subito dopo aggiunge: “Ora la terra risultò essere informe e vuota” (v. 2). Altre versioni dicono che la terra “divenne informe e vuota”. Questo “divenne” è una buona traduzione del verbo הָיְתָה (haitàh). Nel nostro studio La terra informe e vuota di Gn 1:2 (nella categoria Scritture Ebraiche della sezione Esegesi biblica) viene spiegato ciò che accadde. Qui interessa solo evidenziare che dalla creazione alla situazione in cui Dio rimise mano alla terra (o, se si vuole, dal versetto 1 al versetto 2 di Gn 1), accadde uno sconvolgimento cosmico dovuto alla ribellione di satana che ridusse il nostro pianeta ad una condizione “informe e vuota”. Prima che Dio si occupasse della terra per ri-creare su di essa l’abitabilità, questo era dunque il suo stato planetario: “La terra risultò essere informe e vuota e c’erano tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] sulla superficie delle acque dell’abisso; e la forza attiva di Dio si muoveva sulla superficie delle acque” (Gn 1:2). Ci domandiamo: è biblicamente corretto affermare che “furono le tenebre in seguito alla ribellione di Satana che oscurarono l’intero universo” (Ibidem)?

   Intanto, sarebbe strano che se quelle tenebre fossero state sataniche si muovesse in esse lo spirito santo di Dio. La Bibbia dice, infatti, che sopra quella stessa “superficie delle acque” c’erano sia le tenebre sia lo spirito di Dio. Del resto, nella Bibbia è scritto che “Dio è luce e che unitamente a lui non ci sono tenebre alcune” (1Gv 1:5). “Quale partecipazione ha la luce con le tenebre?” (2Cor 6:14). È il caso di capire la confusione che Myron Martin fa tra tenebre spirituali e tenebre fisiche.

   Quando la Bibbia dice che tenebre e spirito di Dio erano insieme sulla superficie delle acque, è ovvio che quelle tenebre non potevano essere sataniche. E qui si evidenzia il primo grave errore della teoria. È un errore triplice. Ci sono, infatti, tre aspetti erronei nell’affermazione della teoria. Vediamoli.

  1. Il creatore delle tenebre non fu satana. Il creatore delle tenebre è Dio. Lo afferma chiaramente la Bibbia:

   “Io sono Geova [Yhvh], e non c’è nessun altro. Eccetto me, non c’è nessun Dio. Io ti cingerò strettamente, benché tu non mi abbia conosciuto, affinché conoscano, da dove si leva il sole e da dove tramonta, che non c’è nessuno oltre a me. Io sono Geova, e non c’è nessun altro. Formando la luce e creando le tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)], facendo la pace e creando la calamità, io, Geova, faccio tutte queste cose”. – Is 45:5-7.

   “Ha descritto un circolo sulla faccia delle acque, sin dove la luce finisce nelle tenebre [khòshech; è Dio che ha voluto l’universo così. L’universo è buio. Dio l’ha creato così]”. – Gb 26:10.

   “Egli ha posto una fine alle tenebre [È Dio che ha voluto l’universo così. L’universo è buio. Dio l’ha creato così: khòshech)]”. – Gb 28:3.

   “Dov’è, ora, la via [che porta] dove risiede la luce? In quanto alle tenebre [È Dio che ha voluto l’universo così. L’universo è buio. Dio l’ha creato così: khòshech)], dov’è, ora, il loro luogo […] Hai conosciuto gli statuti dei cieli, o potresti porre la sua autorità sulla terra? […] Chi ha posto la sapienza negli strati delle nuvole, o chi diede intendimento al  fenomeno celeste?”. – Gb 38:19,33,36.

   Dio il creatore domanda a Giobbe se sappia dove si trovi il luogo della luce e quello delle tenebre. Poi afferma che è lui, Dio, che pone la sua autorità sulla terra; è lui, Dio, che ha stabilito gli “statuti dei cieli” e il “fenomeno celeste”. L’ideatore e il creatore dell’universo, il Supremo Ingegnere, ha voluto l’universo così. A noi non resta che alzare gli occhi al cielo e stupirci con timore reverenziale ammirando la sua creazione. Nel buio, nelle tenebre che Dio ha voluto, è possibile per noi essere sbalorditi di fronte alle sorprendenti miriadi di stelle e galassie. È nel buio che possiamo godere della presenza della luna. È grazie alle tenebre che il sole può far sì che si alterni sul nostro meraviglioso pianeta il dì e la notte. Il creatore delle tenebre è Dio:

Tu causi le tenebre”. – Sl 104:20.

  1. Il secondo aspetto erroneo è quello di confondere la luce spirituale di Dio con la luce fisica. È questo che viene inteso quando si afferma che “poiché il Creatore è Eterno, la Sua luce di conseguenza è eterna; furono le tenebre in seguito alla ribellione di Satana che oscurarono l’intero universo” (Ibidem, corsivo aggiunto). La luce cui si riferisce qui la teoria è la luce presente nell’universo, e questo sarebbe stato oscurato da satana. Si tratta però di luce fisica, visibile. È del tutto blasfemo attribuire l’emanazione di luce fisica a Dio. La luce è una creazione di Dio, non l’emanazione di Dio. Dio è spirito, e Dio non lo possiamo vedere: “Nessuno ha mai visto Dio” (1Gv 4:12). La luce però la vediamo e la luce che vediamo è fisica. La luce non è per nulla eterna. La luce celeste ha una fonte (le stelle; e il sole è una stella); e tale fonte, come ci dimostra la scienza, si va esaurendo.  “Tu sei avvolto di luce” (Sl 76:4), dice il salmista a Dio. Sarebbe sciocco e ridicolo interpretare che Dio sia avvolto da una luce fisica e visibile che emana da lui. Come sarebbe pure ridicolo ritenere che Yeshùa avesse un corpo luminoso, dato che disse: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8:12). La luce di cui parla la Bibbia è luce spirituale. Non va intesa alla lettera. Come non va inteso alla lettera che Dio fece “delle tenebre il suo nascondiglio” (Sl 18:11); s’intende dire solo che Dio è nascosto. Dio non si nasconderebbe certo nel regno di satana, vero? Così però dovremmo concludere stando all’assurda teoria del Martin.
  2. Il terzo aspetto erroneo è quello di attribuire alle tenebre e alla luce di Gn 1 significati simbolici. I sostenitori della teoria, infatti, scrivono: “Il movimento dei corpi celesti, dal 4° giorno creativo, scandiscono ‘il Tempo’ come un monito perpetuo che ci ricorda che la ‘Luce’ del Creatore spezzò le tenebre di Satana. È un segno simbolico quotidiano che ci ammonisce che dobbiamo marciare nella luce della rivelazione di Dio (1Gv 1:6-7) e non perderci nelle tenebre del Tentatore”. – Ibidem, corsivo aggiunto.

   In Gn 1 non c’è assolutamente nulla di simbolico. Tutto quello che vi è narrato è storia accaduta. Si parla di cose fisiche. Fisica è la creazione, fisiche le tenebre, fisica la luce; come fisica è la terra con i suoi mari. La luce di Gn 1 è luce fisica prodotta dal sole. “Si facciano luminari nella distesa dei cieli per fare una divisione fra il giorno e la notte” (v. 14). La Bibbia è chiara sullo scopo del sole e della luna, basta leggere: “luminari” “per fare una divisione fra il giorno e la notte”. Dove mai sarebbe il monito? È vero che la Bibbia dice che sole e luna “dovranno servire come segni” (v. 14), ma “per le stagioni e per i giorni e gli anni” (v. 14). Nulla di simbolico. Sole e luna hanno lo scopo di segnare il tempo e di “servire come luminari [fonte di luce fisica (riflessa nel caso della luna)] nella distesa dei cieli per risplendere sopra la terra” (v. 15). “E così si fece” (v. 15). Lo scopo del sole e della luna, nel progetto d’ingegneria astronomica di Dio, è quello di “dominare di giorno e di notte e per fare una divisione fra la luce e le tenebre” (v. 18). Giorno e notte sono sullo stesso piano, fanno parte del volere di Dio. O si deve stupidamente pensare che di giorno domini la luce divina e di notte dominino le presunte tenebre sataniche? La Scrittura afferma:

“A te appartiene il giorno; inoltre, a te appartiene la notte”. – Sl 74:16.

Tu causi le tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)], affinché si faccia notte”.  – Sl 104:20.

      Questo volle fare Dio, stabilendo il ciclo del dì e della notte. “Quindi Dio vide che [era] buono” (v. 18). In Ger 33:20 Dio parla del  “patto del giorno” e del “patto della notte” da lui stabiliti ‘affinché giorno e notte vengano nel loro tempo’. È il volere di Dio. Come potrebbe esserci la notte senza le tenebre? È la stupefacente e grandiosa opera di Dio.

   Scartate biblicamente le risposte antiscritturali, rimane la domanda: A cosa erano dovute quelle tenebre iniziali sulla superficie delle acque terrestri? “C’erano tenebre sulla superficie delle acque”. – Gn 1:2.

   Con due magistrali, semplici e veloci pennellate la Bibbia descrive prima la creazione dell’intero universo, poi restringe subito il campo al nostro pianeta:

“In principio Dio creò i cieli e la terra”. – Gn 1:1.

   “In principio” (all’inizio della creazione di tutto ciò che è fisico e materiale, compresi tempo e spazio) “Dio” (che quindi già esisteva, perché era già lì, “in principio”) “creò i cieli” (tutto l’universo; con le sue galassie, stelle, pianeti, satelliti e il resto dei corpi celesti).

   Da questo sguardo d’insieme che spazia su tutto l’universo, la visuale si restringe subito a ciò che interessa l’umanità: “E la terra”.

   Due semplicissime pennellate. E non ci basterà l’eternità per conoscere “i cieli e la terra”.

   La visuale è ora ristretta dagli spazi infiniti alla terra, al pianeta terra: “Ora la terra risultò essere informe e vuota e c’erano tenebre sulla superficie delle acque dell’abisso” (v. 2). È a questo punto che “Dio diceva: ‘Si faccia luce’. Quindi si fece luce” (v. 3). Per capire bene la sequenza degli avvenimenti occorre tenete ben presente che “i cieli” erano già stati creati. Ovviamente, esistendo la terra, esisteva il sistema solare e la terra orbitava attorno al sole. Come mai allora “c’erano tenebre sulla superficie delle acque dell’abisso”? La terra era un globo coperto d’acqua. In quello stadio primitivo doveva esserci qualcosa (forse una miscela di vapore acqueo, altri gas e polvere vulcanica) che impediva alla luce del sole di raggiungere la superficie terrestre. La frase tradotta “si faccia luce” va analizzata bene. Mentre al versetto 1 si dice che Dio “creò” (ebraico בָּרָא, barà), qui al v. 3 il testo ha יְהִי אֹור  (yehìy or). La luce, infatti, non venne affatto creata in quel primo giorno creativo: la luce – per quanto riguarda la terra – è emessa dal sole che era già stato creato con “i cieli” “in principio”. Il verbo usato (יְהִי, yehìy), tradotto solitamente “sia”, è meglio tradotto da “si faccia”; tuttavia il senso ebraico non è espresso ancora bene. “Sia” o “si faccia” sembrano dire la stessa cosa; il “si faccia” sembra appropriato solo dopo aver capito bene il significato ebraico. Il significato di quel yehìy (יְהִי) è tradotto appropriatamente da “venne gradualmente all’esistenza” (Gn 1:3, traduzione di James W. Watts). Questo significa che la luce raggiunse gradualmente la superficie della terra.

   La traduzione “venne gradualmente” riflette accuratamente la forma del verbo ebraico impiegato, la quale indica un’azione progressiva che richiede del tempo per essere completata. Nel testo ebraico di Gn questa forma verbale si trova una quarantina di volte nel capitolo 1. Questa è una delle chiavi per capire il capitolo. La luce cominciò a comparire gradualmente il primo “giorno”, ma fu solo nel quarto periodo creativo (o “giorno”) che si poterono distinguere il sole, la luna e le stelle. – Gn 1:14-19.

   Durante i “giorni” creativi le acque superficiali si ritirarono, lasciando emergere la terraferma. Nel secondo “giorno” “Dio proseguì, dicendo: ‘Si faccia una distesa fra le acque e avvenga una divisione fra le acque e le acque’. Quindi Dio faceva la distesa e faceva una divisione fra le acque che dovevano essere sotto la distesa e le acque che dovevano essere sopra la distesa. E così si fece. E Dio chiamava la distesa Cielo” (vv. 6-8). Prima di questa divisione, le acque di “sotto” (allo stato liquido) e quelle di “sopra” (vapore acqueo) erano evidentemente un tutt’uno. Dio le separò, tanto che adesso si poteva chiamare “cielo” quella “distesa” che ora separava le acque allo stato liquido di “sotto” dalle acque allo stato di vapore che stavano “sopra”. La Bibbia non specifica quali processi furono usati da Dio, ma la conseguenza fu che ora la terra era circondata da una coltre di vapore acqueo. La luce solare che già nel primo giorno aveva iniziato a filtrare provocando quello che doveva essere un vago bagliore, ora doveva essere un po’ più percepibile. Ma di certo non si vedevano ancora il sole e la luna, né tanto meno le stelle. Si era ancora al secondo giorno. Sole, luna e stelle appariranno solo al quarto giorno o periodo creativo.

   Non è per nulla detto che i giorni creativi di Gn siano giorni di 24 ore. Non c’è però motivo di credere che essi siano stati periodi di tempo molto lunghi. Il sabato, corrispondente al settimo giorno, fa pensare a veri giorni. Né possiamo dedurre che si trattasse di lunghi periodi dal fatto che tutti i sei giorni creativi sono così riassunti: “Questa è la storia dei cieli e della terra nel tempo in cui furono creati, nel giorno [al singolare] che Geova Dio fece terra e cielo” (Gn 2:4). Il termine “giorno”, come vedremo più avanti, ha diverse valenze nella Bibbia. Qui significa semplicemente “il tempo in cui” e potrebbe essere sostituto da “quando”, come in Sl 110:5 in cui si dice che Dio “farà a pezzi i re nel giorno della sua ira”, che sarebbe assurdo intendere come giorno di 24 ore.

   Il terzo giorno avvennero degli sconvolgimenti: “’Le acque sotto i cieli si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto’. E così si fece. E Dio chiamava l’asciutto Terra, ma chiamò la raccolta delle acque Mari” (vv. 9,10). Forse impiegando forze geologiche che stanno ancora muovendo le zolle tettoniche della terra, Dio sollevò alcune dorsali oceaniche per formare i continenti. In questo modo si sarebbero prodotte le terre emerse e le profonde valli sottomarine, che ora gli oceanografi hanno cartografato e stanno studiando con attenzione. Sl 104:8,9 ci spiega: “I monti ascendevano, le pianure delle valli scendevano — al luogo che hai fondato per loro. Ponesti una linea di confine, al di là della quale non sarebbero dovute passare, affinché non coprissero di nuovo la terra”.

   Comunque, qui interessa il progredire della luce. Nel quarto “giorno” “Dio proseguì, dicendo: ‘Si facciano luminari nella distesa dei cieli per fare una divisione fra il giorno e la notte’” (v. 14). “Si facciano”, ebraico יְהִי (yehìy). Ecco di nuovo quel verbo che non indica affatto il creare, ma il “venire gradualmente all’esistenza”. Il sole e la luna, gradualmente, divennero visibili dalla superficie terrestre. Pian piano apparvero.

   Nulla di simbolico, quindi. Questo è ciò che accadde: fa parte della creazione materiale di Dio.

   La Bibbia, comunque, contiene anche molti simboli. Anzi, il modo semita di pensare è molto refrattario ai discorsi astratti. Per indicare ragionamenti e astrazioni, l’ebraico usa un linguaggio così concreto che è molto lontano – anzi, estraneo – al nostro modo di pensare occidentale. Questo è il motivo principale per cui si sono fatti e si continuano a fare errori clamorosi nell’intendimento della Bibbia. Si sono create dottrine assurde solo per non aver capito quest’aspetto del linguaggio concreto ebraico. Così – per ricordare degli esempi – il pane simbolico dell’ultima cena è diventato “vero corpo” con una presunta transustanziazione; la perdizione simboleggiata da un fuoco che non si spegne è diventato il fuoco eterno di un “inferno” per i dannati. Questo succede a leggere la Bibbia letteralmente anziché prenderla sul serio. Con la teoria che stiamo esaminando succede proprio così.

   Comunque, “tenebre” e “luce” sono anche usati nella Bibbia come simboli (ma non in Gn 1). Esaminiamoli, e vedremo che anche nella simbologia biblica le equazioni proposte di “luce = Dio” e “tenebre = satana” non sono sempre così assolute.

Significati biblici delle tenebre e della luce

   Nel linguaggio molto concreto degli ebrei, spesso degli oggetti (cose e realtà fisiche) sono presi a simbolo di realtà spirituali. Così accade anche per la luce e le tenebre. Le tenebre e la luce, inoltre, sono creazioni di Dio, ed egli può usarle come entità fisiche per i suoi scopi (che sono sempre buoni).

   È intuitivo che le tenebre (il buio, l’oscurità) si prestino molto bene per indicare realtà spirituali negative. Così com’è intuitivo capire che la luce si presta bene per realtà spirituali positive. In genere. Ma non sempre è così. Proprio perché non è sempre vera l’equazione: tenebre = male/satana, le tenebre possono essere usate come simbolo anche in modo non negativo (pur prestandosi meglio, per le sue caratteristiche peculiari, agli aspetti negativi). Ecco non solo i simboli, ma anche gli usi che la Bibbia fa delle tenebre (חֹשֶׁךְ, khòshech):

  • Significati negativi

Sono ovviamente di più, dato che le tenebre si prestano meglio ai significati negativi.

   “La durata della [tua] vita sorgerà più splendente del mezzogiorno; le tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] diverranno come lo stesso mattino. E di sicuro confiderai perché esiste speranza” (Gb 11:17,18). Tenebre come depressione. Giobbe è afflitto, depresso. Gli si prospettano però tempi migliori: se spera, la vita potrà sorridergli di nuovo. I tempi bui (nel nostro linguaggio) ovvero le tenebre (nel linguaggio biblico) si diraderanno, ci sarà luce come al mattino e tutto tornerà a splendere (come nel nostro linguaggio). Situazione negativa, certo, ma che non ha nulla a che fare con satana o il male.

   “Tu sei la mia lampada, o Geova, ed è Geova che fa risplendere le mie tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]” (2Sam 22:29). Il senso è quello di sentirsi sperduti, non sapere come comportarsi. Situazione negativa, anche qui, certo, ma che non ha nulla a che fare con satana o il male.

   “[Dio] Mise intorno a sé tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] come capanne, tenebrose acque, fitte nubi. Dal fulgore di fronte a lui divamparono carboni di fuoco ardenti. Dal cielo Geova tuonava” (2Sam 22:12-14). Qui l’aspetto negativo è dato dal fatto che l’apparire di Dio è, in questa circostanza, minaccioso. Se è vero che “Satana stesso continua a trasformarsi in angelo di luce” (2Cor 11:14), non è mai vero che Dio si trasformi in un demonio di tenebre. Qui Dio stesso, però, in questo linguaggio simbolico, assume una parvenza di tenebre minacciose. Le tenebre qui indicano la sua contrarietà.

   “In quanto a quel giorno, divenga tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]. Non lo cerchi Dio da sopra, né brilli su di esso la luce del giorno. Lo reclamino tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] e profonda ombra. Vi risieda sopra una nuvola di pioggia. Lo terrorizzino le cose che oscurano il giorno” (Gb 3:4,5). Qui le tenebre hanno il senso di annientamento, sparizione. Giobbe è così afflitto che desidera che il giorno della sua nascita sia dimenticato, annullato, sparisca. Nulla di satanico, ovviamente. L’aspetto negativo è dato dal desiderio di annientamento di Giobbe.

   “Prima che io me ne vada — e non tornerò — al paese delle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] e della profonda ombra” (Gb 10:21). “Tenebre” ha qui il significato di morte. Negativo, indubbiamente, ma non satanico. La morte fu causata da satana, certo, ma passare da questo fatto a dire che il “paese delle tenebre” (= luogo dei morti) sarebbe un luogo dominato da un tenebroso regno satanico, sarebbe un passaggio biblicamente non corretto (a meno di voler ammettere l’inferno cattolico – il quale, tuttavia, Giobbe neppure avrebbe meritato perché senza colpa).

   “Quando faceva risplendere la sua lampada sulla mia testa, [quando] camminavo [per le] tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] alla sua luce;proprio com’ero ai giorni del mio rigoglio, quando l’intimità con Dio era nella mia tenda; quando l’Onnipotente era ancora con me” (Gb 29:3-5). Tenebre come vita vuota e senza direzione se manca la guida di Dio. Giobbe qui rimpiange i suoi giorni migliori, quando aveva “intimità con Dio”. Tutto allora andava bene. Noi diremmo che Giobbe conduceva la sua vita sotto la guida di Dio, trovando così un orientamento esistenziale che altrimenti non ci sarebbe stato. Il linguaggio biblico, molto concreto, parla di luce (= guida divina) e di tenebre (= mancanza di orientamento).

   “Facci sapere ciò che gli dovremmo dire; non possiamo produrre [parole] a causa delle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]” (Gb 37:19). Qui le tenebre hanno il significato d’ignoranza, di non sapere. Le tenebre non sono dovute all’azione satanica, ma semplicemente al non sapere come stanno le cose. È lo stesso senso che troviamo in Sl 18:28: “Poiché tu stesso accenderai la mia lampada, o Geova; il mio Dio stesso farà risplendere le mie tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]”. Dio dà l’intendimento. Senza la sua guida saremmo come ciechi, al buio: “Certamente farò camminare i ciechi per una via che non hanno conosciuto; farò calcare loro un sentiero che non hanno conosciuto. Volgerò davanti a loro il luogo tenebroso in luce, e il terreno scabroso in pianura. Queste sono le cose che di sicuro farò per loro, e certamente non li lascerò” (Is 42:16). Niente a che fare con satana, quindi. Le “tenebre” sono qui sullo stesso piano del “terreno scabroso”. Il paragone è duplice: le tenebre diventano luce e il terreno scabroso diventa pianura. O dobbiamo dire stupidamente che anche i terreni accidentati sono opera diabolica? No davvero. Sono simboli.

   “Quando la sapienza sarà entrata nel tuo cuore e la conoscenza stessa sarà divenuta piacevole alla tua medesima anima, la stessa capacità di pensare veglierà su di te, il discernimento stesso ti salvaguarderà, per liberarti dalla cattiva via, dall’uomo che pronuncia cose perverse, da quelli che lasciano i sentieri della rettitudine per camminare nelle vie delle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]” (Pr 2:10-13). “Le vie delle tenebre” sono qui la cattiva via, in contrasto con “i sentieri della rettitudine”.

   “Esiste più vantaggio per la sapienza che per la stoltezza, proprio come c’è più vantaggio per la luce che per le tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]” (Ec 2:13). Tenebre come stoltezza.

   “Riguardo a qualunque saggio, ha gli occhi in testa; ma lo stupido cammina in assolute tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]” (Ec 2:14). Tenebre come stupidità. Nell’astrazione del nostro linguaggio si direbbe di una persona saggia sa vedere le cose come stanno, ma lo stupido è fuori dalla realtà (o – in un linguaggio giovanile – è “fuori” o è “fuso”). L’ebraico, sempre molto concreto, è più forte: il saggio “ha gli occhi in testa” e lo stupido è “in assolute tenebre”.

   “Esattamente come uno è venuto, così se ne andrà; e che profitto c’è per chi continua a lavorare duramente per il vento? Inoltre, tutti i suoi giorni egli mangia nelle stesse tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)], con una gran quantità di vessazione, con infermità da parte sua e [causa di] indignazione” (Ec 5:16,17). Tenebre sono qui ciò che noi potremmo definire filosoficamente il non sapere il significato della vita. Lo scrittore biblico riflette qui sulla vita e sul senso della vita. Conclude che in sé la vita sarebbe vana, un girare a vuoto (come diremmo noi), uno stare nelle tenebre (come dice la Bibbia con il suo linguaggio concreto).

   “Invano questi [l’uomo] è venuto e se ne va nelle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)], e il suo proprio nome sarà coperto di tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]” (Ec 6:4). Tenebre come dimenticanza e oblio. Indubbiamente molto triste, ma nulla di satanico.

   “Guai a quelli che dicono che il bene sia male e che il male sia bene, quelli che mettono le tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] per la luce e la luce per le tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)], quelli che mettono l’amaro per il dolce e il dolce per l’amaro!” (Is 5:20). Tenebre nel posto sbagliato come male. Ma anche l’amaro è paragonato al male. L’amaro non è in se stesso male: il gusto amaro è apprezzato in certe bevande o in certi cibi; Dio stesso ordina agli ebrei di mangiare l’agnello pasquale con erbe amare (Es 12:8). Così le tenebre non sono in se stesse male: Dio le ha create e l’uomo le apprezza per trascorrere la notte nel sonno o per godere del creato. Il male sta nel mettere le tenebre al posto della luce. Ma, attenzione: è male anche mettere la luce al posto delle tenebre: “Guai a quelli che […] mettono […] la luce per le tenebre”! Se le tenebre fossero il regno satanico non sarebbe biasimato chi mette la luce al posto delle tenebre. Invece è biasimato. Come non va bene il dolce dov’è richiesto l’amaro, come non va bene la luce dove è richiesto il buio, così non va bene il male al posto del bene.

   “E in quel giorno i sordi certamente udranno le parole del libro, e dalla caligine e dalle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] perfino gli occhi dei ciechi vedranno” (Is 29:18). Tenebre come cecità spirituale. Chi è sordo e cieco spiritualmente e non intende l’insegnamento di Dio, capirà. Noi diremmo semplicemente: avrà intendimento. La Bibbia, nel suo linguaggio forte e concreto, dice che il sordo udrà e il cieco vedrà. Dal non capire (tenebre) si passerà al comprendere.

   “Faccia uscire dalla segreta il prigioniero, dalla casa di detenzione quelli che siedono nelle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]” (Is 42:7). I prigionieri non sono gli assatanati, ma gli oppressi. Tenebre come oppressione.

   “Il diritto si è allontanato da noi, e la giustizia non ci raggiunge. Continuiamo a sperare nella luce, ma, ecco, le tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]; nel fulgore, [ma] abbiamo seguitato a camminare nella continua caligine. Continuiamo ad andare tastoni in cerca del muro proprio come i ciechi, e come quelli senza occhi continuiamo ad andare tastoni. Abbiamo inciampato in pieno mezzogiorno proprio come nelle tenebre della sera; tra i vigorosi [siamo] proprio come morti” (Is 59:9,10). Poco prima è detto che “hanno ignorato la via della pace, e non c’è giustizia nei loro sentieri battuti. Hanno reso storte per se stessi le loro strade” (v. 8). “Perciò […]” (v. 9). Gli israeliti, disubbidendo a Dio, sono caduti nell’abbandono. Noi diremmo: senza la guida di Dio siamo persi. Ma gli ebrei, nel loro modo di esprimersi (molto concreto), parlano di tenebre e di caligine e di ciechi che vanno a tastoni e che inciampano perfino nel pieno della luce di mezzogiorno come se fossero nel buio pesto della notte.

   “Sono io che egli ha condotto e fa camminare nelle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] e non nella luce. In realtà, contro di me volge ripetutamente la mano tutto il giorno” (Lam 3:2,3). Tenebre come afflizione. Gerusalemme è punita da Dio e afflitta. Abbandonata, per gli ebrei è “nelle tenebre”.

   “Hai visto, o figlio dell’uomo, ciò che gli anziani della casa d’Israele fanno nelle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)], ciascuno nelle stanze interne del suo pezzo da esposizione? Poiché dicono: ‘Geova non ci vede. Geova ha lasciato il paese” (Ez 8:12). Tenebre significa qui di nascosto.

   “Mediante l’inondazione che passerà farà un assoluto sterminio del luogo di lei, e le tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] inseguiranno i suoi medesimi nemici” (Na 1:8). Tenebre come sterminio. Satana non c’entra nulla. È Dio che causa la cancellazione (= tenebre) dei nemici.

   “’Ora, ecco, la mano di Geova è su di te e sarai cieco, non vedendo la luce del sole per un periodo di tempo’. All’istante fitta caligine e tenebre [σκότος (skòtos)] caddero su di lui, e andava in giro cercando uomini che lo conducessero per mano” (At 13:11). Qui le tenebre sono semplicemente la cecità fisica. Nulla di satanico. Si tratta di una punizione causata da Dio.

  • Significati positivi

   “Venne dunque fra il campo degli egiziani e il campo d’Israele. Da una parte essa era una nuvola insieme a tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)]. Dall’altra parte illuminava la notte. E un gruppo non si avvicinò all’altro gruppo per tutta la notte” (Es 14:20). Qui le tenebre sono usate da Dio come difesa del suo popolo. Fu Dio stesso a causare quelle tenebre difensive per Israele: “Essi gridavano a Geova. Egli pose dunque le tenebre fra voi e gli egiziani e fece venire sopra di loro il mare e li coprì”. – Gs 24:7.

   “Ciò che vi dico nelle tenebre [ἐν τῇ σκοτίᾳ (en te skotìa)], ditelo nella luce; e ciò che udite sussurrare, predicatelo dalle terrazze” (Mt 10:27). Qui “nelle tenebre” significa in segreto. Non c’è nulla di negativo. Yeshùa aveva voluto, all’inizio, che la sua missione fosse segreta.

   “Di sicuro ti darò i tesori nelle tenebre [חֹשֶׁךְ (khòshech)] e i tesori nascosti nei nascondigli, affinché tu conosca che io sono Geova” (Is 45:3). Tenebre come nascondigli segreti in cui si ripongono tesori. Dio darà a Israele ricchezze nascoste.

  • Significati neutri (né positivi né negativi)

   “Già c’erano le tenebre [σκοτία (skotìa)] e Gesù non era ancora venuto da loro” (Gv 6:17). Le tenebre qui sono semplicemente la notte, e non certo la presenza satanica.

   “Maria Maddalena venne presto alla tomba commemorativa, mentre c’erano ancora le tenebre [σκοτία (skotìa)]” (Gv 20:1). Anche qui si tratta solo della notte.

   Come si è visto, le tenebre fisiche (create la Dio) possono essere usate nella Scrittura con significati simbolici. Questi significati a volte non sono negativi; per lo più sono negativi: le tenebre si prestano bene a questi significati negativi. Questo non rende però le tenebre qualcosa di satanico: affermarlo denota ignoranza biblica.

   Ci sono tante altre cose materiali che sono usate con significati negativi, ma non per questo sono cose condannate come sataniche. Paolo domanda retoricamente: “Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare l’intera massa?” (1Cor 5:6), poi spiega che sta parlando di “lievito di malizia e malvagità” (v. 8). Il paragone è indubbiamente appropriato, ma non per questo ci si deve astenere dall’usare il lievito nella nostra alimentazione. Il lievito non è satanico. “Il Diavolo che li sviava fu scagliato nel lago di fuoco” (Ap 20:10). Il fuoco pare proprio sia il posto riservato a satana. Ora abbiamo qui due possibilità: possiamo capire letteralmente il testo e inventare un “inferno di fuoco” come fa il Cattolicesimo; oppure possiamo prendere la Bibbia sul serio e capire che nel suo linguaggio semitico che concretizza sempre le astrazioni si sta dicendo che satana sarà eliminato. In ogni caso, il fuoco non diventa qualcosa di dannato e da cui dovremmo sempre stare lontani. “Vidi ascendere dal mare una bestia selvaggia, con dieci corna e sette teste, e sulle sue corna dieci diademi, ma sulle sue teste nomi blasfemi” (Ap 13:1). Questo passo biblico non fa certo del mare in se stesso qualcosa di dannato come luogo della presenza satanica.

   Perché mai le tenebre, il buio, l’oscurità e la notte dovrebbero fare eccezione? E con ciò riteniamo liquidata la strampalata teoria di Myron Martin.

   Nel vasto mondo degli studi biblici si affacciano di tanto in tanto ipotesi e teorie che poco hanno a che fare con lo studio serio della Scrittura. Persone più o meno religiose, forse anche ben intenzionate ma con scarsa cultura biblica, hanno la pretesa di aver capito verità che agli studiosi sfuggono.