Secondo l’opinione di molti, Israele usava il duplice sistema di un calendario sacro e di uno civile. Questo secondo calendario andava da autunno ad autunno. È un fatto che in oriente i calendari iniziassero in autunno, ma per gli ebrei? Il calendario biblico, stabilito da Dio, doveva iniziare con il 1° giorno di abìb, poi chiamato nissàn, ovvero in marzo-aprile. Ciò è chiaramente detto in Es 12:2: “Questo mese [abìb] sarà per voi il primo dei mesi: sarà per voi il primo dei mesi dell’anno” (Es 12:2). È altrettanto vero che il calendario attuale di Israele inizia in autunno, ma va ricordato che questo calendario non è quello biblico ma quello ideato dai rabbini.

   Crediamo quindi che venga fatta una gran confusione tra calendario sacro biblico (l’unico vero calendario) e quello attuale. Alcuni pretendono perfino che i due calendari fossero già in vigore addirittura prima dell’Esodo. Si legge, infatti, in un’opera religiosa: “La Bibbia indica che in precedenza gli ebrei contavano gli anni da un autunno all’altro. Dio prese atto di questa disposizione, tanto che in effetti il suo popolo continuò a usare il duplice sistema di un calendario sacro e un calendario secolare o agricolo. (Eso 23:16; 34:22; Le 23:34; De 16:13) Dopo l’esilio, il 1° tishri, nella seconda metà dell’anno, segnava l’inizio dell’anno secolare, e tuttora il capodanno ebraico o Rosh ha-Shanàh (capo dell’anno) si celebra in tale data” (Perspicacia nello studio delle Scritture Vol. 1, pag. 392). Tale idea viene perfino sostenuta da due passi biblici: Es 23:16;34:22. È il caso di esaminarli per individuarne il fraintendimento.

   Si legge nella versione di TNM di Es 23:16: “La festa della mietitura dei primi frutti maturi delle tue fatiche, di ciò che avrai seminato nel campo; e la festa della raccolta all’uscita dell’anno, quando avrai raccolto le tue fatiche dal campo”. Con il mese di etanìm o tishrì quasi tutto il raccolto era stato portato a termine, a conclusione del periodo agricolo; poi iniziavano le piogge. La “festa della mietitura” è la Festa delle Capanne: “Il quindicesimo giorno di questo settimo mese [etanìm, poi chiamato tishrì] è per sette giorni la festa delle capanne” (Lv 23:34, TNM; cfr. Nm 29:12-33; Dt 16:15). È detta anche festa della raccolta per il periodo in cui cadeva: “Il quindicesimo giorno del settimo mese, quando avete raccolto il prodotto della terra, dovete celebrare la festa”. – Lv 23:39, TNM.

   Il passo di Es 34:22, similmente, parla della “festa della raccolta al volgere dell’anno” (TNM). Possiamo quindi esaminare i due passi insieme.

   Per prima cosa appare davvero strano che questa Festività biblica, che cade dal 15 al 21 etanìm o tishrì (settimo mese) venga posta alla fine dell’anno, se l’anno secolare inizia il 1° tishrì. Casomai, sarebbe all’inizio del calendario secolare.

   Inoltre, sarebbe davvero strano che proprio in Es, quando Dio insiste nell’affermare nissàn quale primo mese del calendario, nel contempo accetti di mantenere un calendario diverso.

   Come spiegare allora le due espressioni “all’uscita dell’anno” (Es 23:16, TNM) e “al volgere dell’anno” (Es 34:22, TNM) che troviamo nella traduzione? Vediamo cosa dice la Bibbia:

Es 23:16

בְּצֵאת הַשָּׁנָה

betzèt hashanàh

Es 34:22

תְּקוּפַת הַשָּׁנָה

tequfàt  hashanàh

   La parola hashanà (הַשָּׁנָה), come si vede, è comune alle due espressioni e significa “dell’anno”; non pone quindi problemi.

   La parola בְּצֵאת (betzèt) è composta dal prefisso be (בְּ) che significa “in”; ci interessa dunque tzet (צֵאת) che è una forma del verbo יָצָא (yatzà), che significa non solo “uscire” ma anche “mettersi in movimento”; tra l’altro, il verbo è usato anche per l’“uscire” del sole inteso come sorgere (Gdc 5:31). Il significato preciso che qui assume è confermato dalla seconda espressione: תְּקוּפַת (tequfàt) che indica il volgere di un ciclo (anche dopo che è trascorsa la sua metà), come in 2Cron 24:23: “Avvenne al volgere dell’anno che forze militari della Siria salirono contro di lui, e invadevano Giuda e Gerusalemme” (TNM; cfr 1Re 20:22). Qui il “volgere dell’anno” si riferisce alla primavera (2Cron 36:10). Si tratta del “volgere dell’anno, nel tempo in cui i re fanno sortite” (2Sam 11:1, TNM); fu in questo periodo, in primavera, che Davide, uscito di sera sulla terrazza della sua reggia, notò Betsabea che faceva il bagno. – 2Sam 11:2.

   Il “volgere dell’anno” non indica quindi la fine dell’anno ma un passaggio a una nuova fase, che può essere in autunno (Festa della Capanne) o in primavera (tempo di guerre). Non possiamo quindi assumere questa espressione per sostenere un presunto calendario parallelo.

   Che dire allora del nome tishrì dato poi al mese di etanìm (settimo mese)? In nome deriva dall’aramaico shera o sherei, “iniziare”. Si tenga presente che questo nome sostituì quello biblico di etanìm, che era il nome orinario cananeo usato dagli ebrei. Il nome sostitutivo tishrì viene invece dal Talmùd e non compare nella Bibbia. I rabbini cambiarono il calendario biblico voluto da Dio con il loro, in cui l’anno viene fatto iniziare il 1° di tishrì, già etanìm.

   Va detto, comunque, che il nome babilonese nissàn dato al mese di abìb (1° mese) dopo l’esilio, deriva dall’accadico nissanu che significa proprio “iniziare”.  Abìb o nissàn è il primo mese dell’anno secondo il volere di Dio e il 1° abìb o nissàn è dunque il primo giorno dell’anno sacro e, pertanto, l’inizio del nuovo anno.