“Guardate, io metto oggi davanti a voi la benedizione e la maledizione: la benedizione se ubbidite ai comandamenti del Signore vostro Dio, che oggi vi do; la maledizione, se non ubbidite ai comandamenti del Signore vostro Dio, e se vi allontanate dalla via che oggi vi ordino” (Dt 11:26-28). Benedizione, con l’ubbidienza. L’alternativa è la maledizione. L’ebraico non ha una via di mezzo: o si ama o si odia (cfr. Lc 14:26); noi diremmo amare e amare di meno. Così, la maledizione non è altro che la mancanza di benedizione. Rimane pur tuttavia una carenza di benedizione divina per chi disubbidisce a Dio. Però “Dio è amore” (1Gv 4:8). Egli è “il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato”. Perché allora “non terrà il colpevole per innocente” e “punisce l’iniquità” (Es 34:7)?

   Dio è “speranza d’Israele, suo salvatore in tempo di angoscia” (Ger 14:8). Lo sguardo misericordioso di Dio è “su quelli che sperano nella sua benevolenza, per liberarli dalla morte e conservarli in vita in tempo di fame” (Sl 33:18,19). Come è possibile che il Dio misericordioso che salva perfino dalla morte, renda vana la sua opera salvifica e la sua stessa benedizione punendo?

   Il fatto è che l’essere umano pecca e trasgredisce. Ci si può quindi riferire a Dio solo includendo il giudizio e la punizione. “Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore, non ti ripugni la sua riprensione; perché il Signore riprende colui che egli ama, come un padre il figlio che gradisce” (Pr 3:11,12). “Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti” (Ap 3:19; cfr. Eb 12:6). “Quando siamo giudicati, siamo corretti dal Signore, per non essere condannati con il mondo”. – 1Cor 11:32.

   Se la misericordia e il giudizio di Dio fosse una contraddizione, sarebbe irrisolvibile. Ma se la questione fosse risolta togliendo il giudizio per far posto solo alla misericordia, non sarebbe più misericordia ma permissivismo e noncuranza, lassismo. Il peccato reca sempre danno, immediato o più a lungo termine, ma sempre e solo danno. Ciò appare sin dalle prime pagine della Bibbia, con il peccato della prima coppia e poi con quello dell’intera umanità su cui si abbatté il Diluvio. Dopo la catastrofe che inondò l’intera terra con le acque diluviali, la misericordia di Dio prevale ed egli dichiara solennemente: “Io non maledirò più la terra a motivo dell’uomo” e garantisce: “Non colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno mai” (Gn 8:21,22). Perché? “Poiché il cuore dell’uomo concepisce disegni malvagi fin dall’adolescenza” (Ibidem, v. 21). Dio desidera conservare in vita l’umanità così com’è, a dispetto di ogni sua inclinazione a fare il male. Non è una resa: è pazienza, è sofferta sopportazione. In vista di qualcosa di meglio. Perché Dio è ‘paziente verso di noi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento’ (2Pt 3:9). “Oppure disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento?”. – Rm 2:4.

“Il Signore scruta tutti i cuori e penetra tutti i disegni e tutti i pensieri. Se tu lo cerchi, egli si lascerà trovare da te; ma, se lo abbandoni, egli ti respingerà per sempre”. – 1Cron 28:9.

Il peccato nel popolo di Dio

   Il peccato è fenomeno umano e fa ormai parte dell’esistenza umana. “Non c’è sulla terra nessun uomo giusto che faccia il bene e non pecchi mai” (Ec 7:20). Occorre però distinguere da questo peccato caratteristico dell’uomo, il peccato del popolo di Dio. E bisogna poi ancora distinguere il peccato delle singole persone nel popolo di Dio.

   Ogni peccato nel popolo di Dio riguarda il rapporto reciproco con Dio. La trasgressione di chi fa parte del popolo di Dio, ogni suo possibile peccato è sempre preceduto dall’esperienza fatta con il Dio d’Israele. Trasgredendo, peccando, chi fa parte del popolo di Dio, dimentica. È proprio la dimenticanza delle grandi gesta salvifiche di Dio che rende possibile il peccato e lo rende più odioso, aggravandolo con l’irriconoscenza. “Nessuna ragazza dimentica di mettersi i suoi gioielli, nessuna sposa dimentica l’abito di nozze. Il mio popolo invece si è dimenticato di me da troppo tempo”. – Ger 2:32, PdS.

   Dio non dimentica: “Israele, voglio ricordarti come mi eri fedele negli anni della tua giovinezza, come mi amavi quando eri fidanzata. Camminavi dietro a me nel deserto, là, dove non si può seminare. Eri soltanto mia” (Ger 2:2,3, PdS). Ma il suo popolo dimentica: “’Dimentichi me’, dice il Signore, Dio” (Ez 22:12). “Popolo d’Israele … ricordati bene … Israele, io non ti dimentico”. – Is 44:21, PdS.

   Il peccato di Israele era inevitabile? Israele non era un popolo peccatore per natura, anzi; il suo rapporto iniziale con Dio fu buono. Nella Bibbia tale rapporto è spesso raffigurato come una relazione matrimoniale: “Il tuo creatore è il tuo sposo” (Is 54:5), e ogni matrimonio è generalmente molto buono all’inizio.

   Nel libro biblico di Dt la permanenza nella Terra Promessa e la benedizione divina sono condizionate all’obbedienza del popolo. Dio non chiede l’impossibile, per cui questa condizione poteva essere serenamente soddisfatta, così che il rapporto tra Israele e Dio poteva rimanere intatto.

“Farai ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore, affinché venga a te del bene ed entri in possesso del buon paese che il Signore giurò ai tuoi padri di darti”. – Dt 6:18.

“Se ubbidirete diligentemente ai miei comandamenti che oggi vi do, amando il Signore, il vostro Dio, servendolo con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima, io darò al vostro paese la pioggia nella stagione giusta: la pioggia d’autunno e di primavera, perché tu possa raccogliere il tuo grano, il tuo vino e il tuo olio; e farò pure crescere l’erba nei tuoi campi per il tuo bestiame, e tu mangerai e sarai saziato. State attenti a non lasciarvi ingannare, a non abbandonare la retta via e a non servire dèi stranieri prostrandovi davanti a loro. Altrimenti si accenderà contro di voi l’ira del Signore ed egli chiuderà i cieli in modo che non vi sarà più pioggia, la terra non darà più i suoi prodotti e voi perirete presto nel buon paese che il Signore vi dà”. – Dt 11:13-17.

   La storia di Israele segna un progressivo allontanamento da Dio, che nel linguaggio figurato della Scrittura è paragonato al prostituirsi di una moglie, vendendosi a tanti amanti: “Tu, inebriata della tua bellezza, ti prostituisti sfruttando la tua fama e offrendoti a ogni passante, a chi voleva. Tu prendesti delle tue vesti, ti facesti degli alti luoghi ornati di vari colori, e là ti prostituisti” (Ez 16:15,16). Tale infedeltà portò alla catastrofe. Tuttavia, la fedeltà è possibile, perché Israele non è peccatrice per natura; può tornare a essere fedele e Dio la riaccoglie: “Non sarai chiamata più Abbandonata, la tua terra non sarà più detta Desolazione, ma tu sarai chiamata La mia delizia è in lei, e la tua terra Maritata; poiché il Signore si compiacerà in te, la tua terra avrà uno sposo” . – Is 62:4.

 

“«Il Signore ti richiama come una donna abbandonata,

il cui spirito è afflitto,

come la sposa della giovinezza, che è stata ripudiata», dice il tuo Dio.

«Per un breve istante io ti ho abbandonata,

ma con immensa compassione io ti raccoglierò.

In un accesso d’ira, ti ho per un momento nascosto la mia faccia,

ma con un amore eterno io avrò pietà di te»,

dice il Signore, il tuo Redentore.

«… Io giuro di non irritarmi più contro di te,

di non minacciarti più.

Anche se i monti si allontanassero

e i colli fossero rimossi,

l’amore mio non si allontanerà da te,

né il mio patto di pace sarà rimosso»,

dice il Signore, che ha pietà di te”. – Is 54:6-10.

 

   Dio salva e giudica, giudica e salva. Lo stesso giudizio, annunciato dai profeti, rientra nell’agire di Dio per la salvezza. Potrebbe sembrare un paradosso, ma la verità è che il giudizio di Dio va di pari passo con la salvezza che Dio opera.

   Le accuse mosse dai profeti a Israele non concernono un giudizio generalizzato in cui Israele è ritenuta peccatrice incorreggibile perché peccatrice per natura. Al popolo di Dio vengono imputate di volta in volta colpe specifiche che mettono in discussione la sua esistenza come popolo di Dio. Nella Bibbia ebraica non esiste il concetto di peccato astratto e sganciato dalle situazioni effettive di trasgressione. Una trasgressione può anche ripetersi, ma il peccato non è sempre lo stesso. Il peccato è tale quando infrange la comunione con Dio, e ciò può avvenire in modi diversi, con peccati diversi. Ecco perché presso i profeti Amos e Michea troviamo peccati di carattere sociale, presso Osea ed Ezechiele peccati d’idolatria, presso Isaia accuse politiche e rimproveri per l’orgoglio, presso Geremia il richiamo per aver dimenticato Dio. Anche presso lo stesso profeta i peccati possono essere diversi, come presso Amos e Geremia, che rimproverano anche il culto senza sincerità.

   I profeti non hanno stilato un catalogo fisso di peccati per mostrare al popolo quanto essi siano malvagi di natura, ma rimproverano di volta in volta le diverse colpe.