I negatori dell’autenticità isaiana del Deutero-Isaia hanno dalla loro molti argomenti tratti dall’analisi interna del libro sacro. La loro difficoltà sta solo nello spiegare la tradizione che ha sempre attribuito a Isaia l’intero libro. Vediamo, comunque, questi argomenti interni.

   Orizzonte storico. Isaia esercita il suo ministero nell’8° secolo a. E. V., quando l’Assiria deteneva l’egemonia del mondo orientale e la Babilonia era un suo vassallo. Negli oracoli veramente autentici di Isaia è, infatti, sempre l’Assiria che sta in primo piano. Nella seconda parte, al contrario, non si parla più di Ninive e dell’Assiria, ma della Babilonia. In questa seconda parte l’egemonia babilonese non è predetta, ma supposta. Il Regno di Giuda è sottomesso a una potenza straniera, il popolo è in esilio, Gerusalemme è distrutta, il Tempio è in rovina e questa deplorevole condizione dura già da lungo tempo.

“Io ho trattato come profani i capi del santuario, ho votato Giacobbe allo sterminio, ho abbandonato Israele all’infamia”. – Is 43:28.

   Qui Dio dichiara quello che ha già fatto al suo popolo disubbidiente. Le cose sono già avvenute. Quello di trasformare un avvenimento storico già accaduto in profezia che riguarda il futuro è un tentativo di dubbia correttezza che TNM tenta, traducendo il passo al futuro e in un italiano poco comprensibile: “Profanerò dunque i principi del luogo santo, e di sicuro cederò Giacobbe come un uomo votato alla distruzione e Israele a parole di oltraggio”. Il testo ebraico ha, letteralmente:

וַאֲחַלֵּל שָׂרֵי קֹדֶשׁ וְאֶתְּנָה לַחֵרֶם יַעֲקֹב וְיִשְׂרָאֵל לְגִדּוּפִים

Vaakhalèl sàre qòdeh veetnàh lakhèrem Yaaqòv veysraèl leghidufìm

E profanai prìncipi santuario e posi per lo sterminio Giacobbe e Israele per scherni

   Che la punizione divina sia già stata attuata è indicato anche dal contesto. Poco prima, al v. 25, Dio dice: “Io, io sono Colui che cancello le tue trasgressioni per amore di me stesso, e non ricorderò i tuoi peccati” (TNM). La punizione è avvenuta, Dio cancella le trasgressioni e non ricorda i peccati del popolo. Poi, al v. 26, Dio li invita a giustificarsi: “Fa che io ricordi; mettiamoci in giudizio insieme; narrane il tuo proprio racconto affinché tu sia nel giusto” (TNM). Ma giustificazioni non ne possono dare, tanto che Dio ricorda loro: “Il tuo proprio padre, il primo, ha peccato, e i tuoi propri portavoce hanno trasgredito contro di me” (v. 27, TNM). Dopo aver ricordato loro che hanno peccato e non possono giustificarsi, e dopo aver già detto che li ha perdonati, ecco, sarebbe un controsenso pronunciare una profezia di punizione e distruzione. Piuttosto, il testo procede dicendo: “Perciò io […]”, e prosegue dicendo quello che ha dovuto fare (esporre Israele all’infamia). Se il testo viene letto nella corretta traduzione dall’ebraico, tutto fila in modo logico: “Cancellerò le tue colpe, perché così voglio, e non mi ricorderò più dei tuoi peccati. Andiamo in giudizio. Accusami pure! Porta le tue ragioni per giustificarti! Già il tuo lontano antenato ha peccato e i tuoi rappresentanti mi hanno tradito. Perciò ho condannato i responsabili del mio santuario; ho abbandonato Israele, mio popolo, allo sterminio; i discendenti di Giacobbe agli oltraggi”. – 43:25-28, PdS.

   La stessa considerazione vale per Is 44:26:

“Io confermo la parola del mio servo e realizzo le predizioni dei miei messaggeri; io dico di Gerusalemme: ‘Essa sarà abitata!’. Delle città di Giuda dico: ‘Saranno ricostruite e io ne rialzerò le rovine’.

   Da questo passo è chiaro che Gerusalemme è già disabitata e le città del Regno di Giuda distrutte. I Testimoni di Geova non vi leggono però la chiara dichiarazione biblica di un fatto già avvenuto, ma vi leggono una promessa futura condizionata all’eventuale distruzione di Gerusalemme: “Questa dichiarazione infonderà speranza a Israele. È una garanzia che anche se i babilonesi devasteranno il paese, Gerusalemme e le sue città dipendenti sorgeranno nuovamente e vi sarà ristabilita la vera adorazione “ (Le profezie di Isaia: luce per tutta l’umanità Vol. II, cap. 5, pag. 71, § 21). Ma il contesto, nuovamente, conferma che la punizione è già stata eseguita e che Dio ha già perdonato ed è pronto a riscattare di nuovo il suo popolo: “Io ho fatto sparire le tue trasgressioni come una densa nube, e i tuoi peccati, come una nuvola; torna a me, perché io ti ho riscattato” (44:22). Nonostante i verbi ebraici siano al passato nel testo biblico, TNM li mette al futuro: “Certamente cancellerò le tue trasgressioni proprio come con una nube”, dando così l’impressione che la sciagura doveva ancora avvenire.

   E, ancora, in Is 51:3:

“Il Signore sta per consolare Sion, consolerà tutte le sue rovine; renderà il suo deserto pari a un Eden, la sua solitudine pari a un giardino del Signore”.

   È evidente che gli ebrei sono già in esilio. “Consolerà tutte le tue rovine”. Le rovine ci sono già. “Renderà il suo deserto”: il deserto c’è già. Chiarissimo anche il passo di 52:5:

“Ora che faccio io qui, dice il Signore, quando il mio popolo è stato deportato per nulla?”.

   Il popolo era già in esilio. Si trova anzi già alla fine dell’esilio quando viene detto:

“Essi ricostruiranno sulle antiche rovine, rialzeranno i luoghi desolati nel passato, rinnoveranno le città devastate, i luoghi desolati delle trascorse generazioni”. – Is 61:4.

   Is 63:18,19 testimonia di una situazione già presente e già accaduta: “Per poco tempo il tuo popolo santo ha posseduto il paese; i nostri nemici hanno calpestato il tuo santuario. Noi siamo diventati come quelli che tu non hai mai governati, come quelli che non portano il tuo nome!”. Non ci sono dubbi che quando questi capitoli furono scritti la distruzione di Gerusalemme era già stata attuata:

“Le tue città sante sono un deserto; Sion è un deserto, Gerusalemme è una desolazione. La nostra santa e magnifica casa, dove i nostri padri ti celebrarono, è diventata preda delle fiamme, quanto avevamo di più caro è stato devastato. Davanti a queste cose te ne rimarrai impassibile, o Signore? Tacerai e ci affliggerai fino all’estremo?”. – Is 64:10-12.

   Il profeta non si rivolge più agli abitanti di Palestina, ma agli esuli che sospirano nella prigionia babilonese:

“Io, io sono colui che vi consola; chi sei tu che temi l’uomo che deve morire, il figlio dell’uomo che passerà come l’erba? Hai dimenticato il Signore che ti ha fatto, che ha disteso i cieli e fondato la terra? Tu tremi continuamente, tutto il giorno, davanti al furore dell’oppressore, quando si prepara a distruggere. Ma dov’è il furore dell’oppressore? Colui che è curvo nei ceppi sarà presto liberato: non morirà nella fossa, non gli mancherà il pane. Io infatti sono il Signore, il tuo Dio. Io sollevo il mare, e ne faccio muggire le onde; il mio nome è il Signore degli eserciti. Io ho messo le mie parole nella tua bocca e ti ho coperto con l’ombra della mia mano per spiegare nuovi cieli e fondare una nuova terra, per dire a Sion: ‘Tu sei il mio popolo’”. – Is 51:12-16.

   Era da lungo tempo che si attendeva la salvezza, ma ora essa è finalmente prossima. Gli occhi si volgono fiduciosi a Ciro che ha già realizzato molte vittorie e che abbatterà la potenza caldea liberando gli esiliati:

“Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo della sua schiavitù è compiuto; che il debito della sua iniquità è pagato”. – Is 40:2.

“Io l’ho suscitato dal settentrione ed egli viene; dall’oriente, ed egli invoca il mio nome; egli calpesta i prìncipi come fango, come il vasaio che calca l’argilla”. – Is 41:25.

“Io dico di Ciro: ‘Egli è il mio pastore; egli adempirà tutta la mia volontà, dicendo a Gerusalemme: ‘Sarai ricostruita!’ e al tempio: ‘Le tue fondamenta saranno gettate!’”. – Is 44:28.

“Così parla il Signore al suo unto, a Ciro, che io ho preso per la destra per atterrare davanti a lui le nazioni”. – Is 45:1.

“Io faccio avvicinare la mia giustizia; essa non è lontana, la mia salvezza non tarderà; io metterò la salvezza in Sion e la mia gloria sopra Israele”. – Is 46:13.

“Uscite da Babilonia, fuggite lontano dai Caldei! Con voce gioiosa, annunziatelo, proclamatelo, diffondetelo fino alle estremità della terra! Dite: ‘Il Signore ha riscattato il suo servo Giacobbe’”. – Is 48:20.

   Si noti che ci si rivolge a Ciro come già presente, non come a qualcuno che sarebbe venuto due secoli dopo. Ci si rivolge agli ebrei già prigionieri. A loro si dice di prepararsi a uscire dalla Babilonia.

   Per ben due volte Ciro è chiamato con il suo nome: “Così parla il Signore al suo unto, a Ciro” (45:1), “Io ho suscitato Ciro” (45:13). Si noti come Ciro sia già vivente: Dio parla a Ciro, Dio ha suscitato Ciro. Non si dice che Dio susciterà Ciro, ma che lo ha già suscitato. Non si tratta di una situazione che accadrà due secoli dopo, ma di una situazione attuale.

   Qui va ribadito che l’indicazione di un nome proprio da parte di un profeta vissuto due secoli prima sarebbe un caso assolutamente eccezionale nella storia del profetismo. Se così fosse, non ci sarebbe uguale in tutta la Scrittura. Sarebbe un caso unico.  Il che insospettisce.

   Isaia dice che il ritorno dall’esilio in Palestina sarà seguito da grande prosperità: “Tu che porti la buona notizia a Sion, sali sopra un alto monte! Tu che porti la buona notizia a Gerusalemme, alza forte la voce! Alzala, non temere! Di’ alle città di Giuda: ‘Ecco il vostro Dio!’. Ecco il Signore, Dio, viene con potenza, con il suo braccio egli domina. Ecco, il suo salario è con lui, la sua ricompensa lo precede. Come un pastore, egli pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto, condurrà le pecore che allattano Tu che porti la buona notizia a Sion, sali sopra un alto monte! Tu che porti la buona notizia a Gerusalemme, alza forte la voce! Alzala, non temere! Di’ alle città di Giuda: ‘Ecco il vostro Dio!’. Ecco il Signore, Dio, viene con potenza, con il suo braccio egli domina. Ecco, il suo salario è con lui, la sua ricompensa lo precede. Come un pastore, egli pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto, condurrà le pecore che allattano” (Is 40:9-11). Dio è onnipotente e non può abbandonare il suo popolo, che è il suo “servo”. Ormai l’espiazione delle colpe è completa e la gloria di Dio esige la restaurazione.

   La spiegazione più logica del fenomeno che abbiamo appena considerato va ricercata nel fatto che l’autore fu un profeta vissuto in esilio assieme agli esuli, e quindi distinto dal grande profeta Isaia vissuto due secoli prima. Ma attenzione: con questa soluzione non si vuole negare la profezia. La situazione esilica non è per nulla predetta, è piuttosto supposta e data per scontato. Ciò che viene profetizzato è la liberazione imminente del popolo esule e la sua liberazione ad opera di Ciro. Pur vivendo l’autore al tempo dell’esilio, la sua profezia rimane tale e quale, senza nessuna menomazione.

   Un’altra prova contro l’autenticità isaiana del Deutero-Isaia è costituita dalle tendenze dottrinali diverse. La seconda parte di Isaia presenta una concezione messianica differente da quella del Proto-Isaia. Qui il re-messia era stato descritto in modo caratteristico, come rampollo della radice di Isai (capitoli 7, 9 e 11). Ma nel Deutero-Isaia non appare più così. Invece dell’Emanuele, rampollo di Davide, c’è il servo di Yhvh, mediatore di salvezza spirituale. Le promesse fatte a Davide vengono trasferite probabilmente al popolo: “Porgete l’orecchio e venite a me; ascoltate e voi vivrete; io farò con voi un patto eterno, vi largirò le grazie stabili promesse a Davide”. – Is 55:3.

   La dottrina del “rimanente” d’Israele che si convertirà e che frequentemente appare nel Proto-Isaia, non si mostra che raramente e in modo soltanto implicito nel Deutero-Isaia: “’Un salvatore verrà per Sion e per quelli di Giacobbe che si convertiranno dalla loro rivolta’, dice il Signore” (Is 59:20), “Così parla il Signore: ‘Come quando si trova del succo in un grappolo, si dice: Non lo distruggere perché lì c’è una benedizione, così farò io, per amor dei miei servi, e non distruggerò tutto. Io farò uscire da Giacobbe una discendenza e da Giuda un erede dei miei monti; i miei eletti possederanno il paese, i miei servi vi abiteranno’”. – Is 65:8,9.

   Le speranze messianiche, nella seconda parte di Isaia, sono più grandiose, universalistiche: “Luce delle nazioni” (Is 42:6), “È troppo poco che tu sia mio servo per rialzare le tribù di Giacobbe e per ricondurre gli scampati d’Israele; voglio fare di te la luce delle nazioni, lo strumento della mia salvezza fino alle estremità della terra”. – Is 49:6.

   Il monoteismo è più trascendente: “A chi vorreste assomigliare Dio? Con quale immagine lo rappresentereste?”. –  Is 40:18.

   Il popolo d’Israele è chiamato alla missione: “Rispettate il diritto e fate ciò che è giusto . . . Beato l’uomo che fa così, che osserva il sabato astenendosi dal profanarlo . . . Lo straniero che si è unito al Signore non dica: ‘Certo, il Signore mi escluderà dal suo popolo!’. Né dica l’eunuco: ‘Ecco, io sono un albero secco!’. Infatti così parla il Signore circa gli eunuchi che osserveranno i miei sabati, che sceglieranno ciò che a me piace e si atterranno al mio patto: ‘Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto e un nome, che avranno più valore di figli e di figlie; darò loro un nome eterno, che non perirà più. Anche gli stranieri che si saranno uniti al Signore per servirlo . . . tutti quelli che osserveranno il sabato astenendosi dal profanarlo e si atterranno al mio patto, io li condurrò sul mio monte santo e li rallegrerò nella mia casa di preghiera . . . perché la mia casa sarà chiamata una casa di preghiera per tutti i popoli’. Il Signore, Dio, che raccoglie gli esuli d’Israele, dice: ‘Io ne raccoglierò intorno a lui anche degli altri, oltre a quelli dei suoi che sono già raccolti’”. – Is 56:1-8, passim.

   Viene accentuata l’importanza dell’osservanza del sabato: “Beato l’uomo che fa così, il figlio dell’uomo che si attiene a questo, che osserva il sabato astenendosi dal profanarlo” (Is 56:2), “Se tu trattieni il piede dal violare il sabato, facendo i tuoi affari nel mio santo giorno; se chiami il sabato una delizia e venerabile ciò che è sacro al Signore; se onori quel giorno anziché seguire le tue vie e fare i tuoi affari e discutere le tue cause, allora troverai la tua delizia nel Signore” (58:13,14). E viene accentuata anche l’importanza del proselitismo. – Is 56:3,6.

   Tutte queste preoccupazioni sono quelle di un profeta vissuto al tempo esilico, come ad esempio lo fu Ezechiele.

   Altre prove: stile e vocabolario. Le tendenze stilistiche si rivelano anche in una buona traduzione. Chi, cioè, non è in grado di leggere l’ebraico (e quindi di notare il cambio di stile tra il Proto e il Deutero-Isaia), se ha a ispezionare una buona traduzione si rende conto anche da questa come lo stile muta. Ecco, comunque, sintetizzate le differenze di stile tra le due parti:

Proto- Isaia

(capitoli 1-39)

Deutero-Isaia

(capitoli 40-66)

Meno semplice Più semplice
Scorrevole Più scorrevole
Chiaro Più chiaro
Conciso Prolisso
Energico Meno possente
Sintetico Ripetitivo nelle parole
Maestoso Sentimentale
Possente nell’oratoria Persuasivo nell’eloquenza
L’ebraico è quello classico dell’8° secolo Non è più l’ebraico dell’8° secolo

Le stesse considerazioni valgono per l’esame del vocabolario:

Proto- Isaia

(capitoli 1-39)

Deutero-Isaia

(capitoli 40-66)

Termini mancanti nel Proto-Isaia,

ma che si rinvengono frequentemente

nel Deutero-Isaia

Bachàr = scegliere
Hillèl = lodare
Chafèsh = preferire
Pàsach = esultare
Shamàch = spuntare
Rashòn = compiacersi
“In quel giorno”presente più di 30 volte “In quel giorno”Presente solo due volte
“Si farà”(espressione molto amata da Isaia)

presente decide di volte

“Si farà”presente due volte soltanto
“Santo di Israele”(espressione tipica di Isaia)

presente in 1:4;5:19,24;10:20;12:6;17:7;

29:19;29:23;30:11,12,15;31:1;37:23.

Espressione imitata:“Il santo” (40:25;43:15;57:15)

“Santo di Israele”* (41:14,16,20;43:3,14;45:11;47:4;48:17;

49:7;54:5;55:5;60:9,14.

* Questi passi, in cui compare “Santo di Israele”, sono ben diversi da quelli per Proto-Isaia, dove l’espressione è usata da sola o a volte abbinata al nome Yhvh. Invece, nel Deutero-Isaia, l’espressione “Santo di Israele” accompagna la specificazione “il tuo/vostro redentore” o “il tuo salvatore” o “colui che” o “tuo Dio”, oppure è nel parallelismo classico ebraico del tipo: “Esulterai in Yhvh, ti glorierai nel Santo di Israele”. Un esame accurato mostra quindi che in questo il Deutero-Isaia imita Isaia.

   Geremia sta di mezzo tra Isaia e il Deutero-Isaia. Il Deutero-Isaia profetizza la fine dell’esilio, Geremia invece il suo inizio. Il profeta Geremia fu combattuto perché preannunciava l’esilio e la distruzione di Gerusalemme. Su questo fatto occorre riflettere bene. L’opposizione a Geremia sarebbe stata davvero strana se esilio e distruzione fossero già state profetizzate da Isaia. Questo fatto, a maggior ragione (oltre al resto già considerato), ci induce a concludere che il Deutero-Isaia fu scritto dopo Geremia.

   Lo stesso ragionamento si può fare anche per altri profeti. Si prenda Sof 2:15: “Tale sarà la città festante, che se ne sta sicura e dice in cuor suo: ‘Io, e nessun altro all’infuori di me!’. Come mai è diventata un deserto, un covo per le bestie?”. Qui il profeta Sofonia profetizza la condizione futura di Ninive (v. 13): “Tale sarà”, e già la vede “diventata un deserto, un covo per le bestie”. Questa condizione appare anteriore a quella descritta da Is 47:8,9 e che riguarda la Babilonia; v. 8: “Ora ascolta questo, o voluttuosa, che abiti al sicuro, e dici in cuor tuo: ‘Io, e nessun altro all’infuori di me; io non rimarrò mai vedova e non conoscerò privazione di figli’, ma queste due cose ti avverranno in un attimo, in uno stesso giorno: privazione di figli e vedovanza; ti piomberanno addosso tutte assieme.” Anche qui, si noti che Gerusalemme è già distrutta e gli ebrei sono prigionieri: “Io mi adirai contro il mio popolo, profanai la mia eredità e li diedi in mano tua; tu non avesti per essi alcuna pietà; facesti gravare duramente il tuo giogo”. – V. 6.

   Non c’è nessuna difficoltà nel fatto che il decreto di Ciro sembra riecheggiare espressioni isaiane e nel fatto che Ciro (come testimonia Giuseppe Flavio) si rallegrò nel veder predette le sue gesta gloriose in Isaia. Anche nel caso del Deutero-Isaia, infatti, la profezia è sempre anteriore a Ciro, che perciò poteva rallegrarsene e tenerne addirittura conto nel suo decreto.

   Ma che dire, a questo punto, dell’argomento principale che milita a favore dell’autenticità isaiana del Deutero-Isaia? L’unico argomento, ricordiamolo, è la tradizione. Sembrerebbe un punto debole. Si deve tuttavia notare che gli scrittori sacri sia delle Scritture Ebraiche sia delle Scritture Greche non si diedero a studi di critica letteraria, e certamente non intendevano definire l’autenticità degli scritti biblici circolanti al loro tempo con un certo nome. Essi si esprimevano, come potevano, per farsi intendere.

   La citazione che troviamo nel Siracide (letteratura ebraica non biblica) che riguarda Isaia e che abbiamo già considerato nello studio precedente, serve solo a dimostrare che a quel tempo (circa nel 180 a. E. V.) le due sezioni di Isaia erano già unite assieme in un libro solo.

   Giuseppe Flavio non fa altro che riprodurre la tradizione giudaica, allora circolante in Giudea, che attribuiva a Isaia tutto Isaia.

   Yeshùa e gli apostoli si dovevano pur bene adattare a chiamare i libri sacri con il nome con cui essi erano allora conosciuti. Anche oggi si dice che Omero ha scritto l’Iliade e l’Odissea, ma oggi sappiamo che egli utilizzò dei carmi che certamente esistevano già prima di lui. Ma con questo noi continuiamo a dire che Omero ne è l’autore. È un modo di esprimerci per farci capire. Così, se la seconda parte di Isaia era al tempo di Yeshùa e degli apostoli nota semplicemente come Isaia, insieme alla prima parte, per forza di cose essi dovevano riferirsi a quegli scritti così, se volevano farsi intendere dai contemporanei. Non per questo essi intendevano dare una lezione di critica letteraria. Yeshùa intendeva solo dire che nel libro, noto con il nome di Isaia, si profetizzava la sua missione e attività. Questo è quel che conta, non il nome di chi profetizzava tale fatto.