Lamentazioni pubbliche e private

 

   In occasione di calamità – siccità, guerra, carestia, pestilenza – gli ebrei, dopo aver digiunato ed essersi rivestiti di sacco e coperti di cenere, si riunivano (possibilmente nel Tempio) per offrire un sacrificio propiziatorio a Dio affinché li liberasse dal pericolo. Il salmista ricordava nelle preghiere alcune manifestazioni passate della potenza divina per meglio invogliare Dio ad intervenire anche nell’attuale pericolo. Spesso il salmo di lamentazione si conclude con un ringraziamento, quasi che il pericolo fosse già scomparso durante la preghiera.

   Salmi di lamentazione: 44, 58, 60, 74, 77, 79, 80, 82, 83, 90, 125.

 

   Lamentazioni pubbliche. Come esempio consideriamo il Sl 80. In questo salmo il poeta piange la misera condizione di Israele e prega Dio onnipotente, Signore e pastore d’Israele (cfr. Sl 23), di venire in aiuto.

 

Sl 80 (Luzzi)

1 Per il Capo de’ musici. Sopra ‘i gigli della testimonianza’. Salmo di Asaf. 1

Porgi orecchio, o Pastore 2 d’Israele,

che guidi Giuseppe 3 come un gregge;

o tu che siedi sopra i cherubini,

fa’ risplender la tua gloria!

2 Dinanzi ad Efraim, a Beniamino 4 ed a Manasse,

risveglia la tua potenza, e vieni a salvarci!

3 O Dio [degli eserciti], 5 ristabiliscici,                                 ♫

fa’ risplendere il tuo volto, 6 e saremo salvati.         ♫

4 7 O Eterno, Dio degli eserciti 8,

fino a quando sarai tu irritato

contro la preghiera del tuo popolo?

5 Tu li hai cibati di pan di pianto,

e li hai abbeverati di lagrime in larga misura.

6 Tu fai di noi un oggetto di contesa per i nostri vicini,

e i nostri nemici ridon di noi fra loro.

7 O Dio degli eserciti, ristabiliscici,                 ♫

fa’ risplendere il tuo volto, e saremo salvati.         ♫

8 Tu trasportasti dall’Egitto una vite; 9

cacciasti le nazioni e la piantasti;

9 tu sgombrasti il terreno dinanzi a lei,

ed essa mise radici, ed empì la terra.

10 I monti furon coperti della sua ombra,

e i suoi tralci furon come cedri di Dio.

11 Stese i suoi rami fino al mare,

e i suoi rampolli fino al fiume. 10

12 11 Perché hai tu rotto i suoi ripari, 12

sì che tutti i passanti la spogliano? 13

13 Il cinghiale del bosco la devasta,

e le bestie della campagna ne fanno il loro pascolo. 14 > prosegue al v. 16

14 O Dio degli eserciti, deh, ritorna;                ♫

[fa’ risplendere il tuo volto, e saremo salvati.] 15     ♫

16 riguarda dal cielo, 17 e vedi, e visita 18 questa vigna;

15 proteggi quel che la tua destra ha piantato,

e il rampollo che hai fatto crescer forte per te. 19

16 Essa è arsa dal fuoco, è recisa;

il popolo perisce alla minaccia del tuo volto. > prosegue al v. 14a

17 Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,

sul figliuol dell’uomo che hai reso forte per te,

18 e noi non ci ritrarremo da te.

Facci rivivere, e noi invocheremo il tuo nome.

19 O Eterno, Iddio degli eserciti, ristabiliscici,

fa’ risplendere il tuo volto, e sarem salvati.          ♫

 

Note:

Prima strofa: invocazione iniziale.

Seconda strofa: il lamento.

Terza strofa: allegoria della vite, divisa in due parti (il passato: vv. 8-11; il presente: vv. 12,13,16,14a).

Quarta strofa (14b-,15,17-19: l’invocazione.

Le quattro strofe sono intercalate dal ritornello che abbiamo evidenziano in grassetto: “O Dio degli eserciti, ristabiliscici, fa’ risplendere il tuo volto, e saremo salvati” (), ai vv. 3,7,14,19.

1 Il titolo è alquanto oscuro. “I gigli” dovrebbe indicare la melodia. C’è poi la parola ebraica עֵדוּת (edùt) che significa “precetto” o “testimonianza”, ma non si sa come collegarla con le parole che precedono né con quelle che seguono. TNM la rende con “rammemoratore”, che è una gran bella parola, ricca di suggestioni, ma di cui non si capisce l’attinenza con edùt. La parola ricorre anche in Es 16:34 dove indica l’Arca della Testimonianza. Compare anche nel titolo del Sl 60: “Su ‘il giglio della testimonianza’”. – V. 1.

2 “Pastore” è un concetto caratteristico dei Salmi di Asaf (cfr. 74:1;78:52). Sul concetto di Dio pastore di Israele è magnifico il Sl 23:

 

“Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca.

Egli mi fa riposare in verdeggianti pascoli,

mi guida lungo le acque calme.

Egli mi ristora l’anima,

mi conduce per sentieri di giustizia,

per amore del suo nome.

Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte,

io non temerei alcun male,

perché tu sei con me;

il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza.

Per me tu imbandisci la tavola,

sotto gli occhi dei miei nemici;

cospargi di olio il mio capo;

la mia coppa trabocca.

Certo, beni e bontà m’accompagneranno

tutti i giorni della mia vita;

e io abiterò nella casa del Signore

per lunghi giorni”.

 

3 “Giuseppe” è uno dei nomi di Israele e designava specialmente la Palestina settentrionale, cioè le tribù di Efraim e Manasse ricordate poco dopo (v. 2). Il nome “Beniamino” pare sia una tardiva inserzione giudaica, dato che rompe il ritmo del verso; forse si tratta di una glossa di un beniaminita.

4 Per “Beniamino” vedere la nota precedente.

5 “O Dio [degli eserciti]”: abbiamo ricostruito il testo, perché la parola צְבָאֹות (tzevaòt), “delle schiere”, nel manoscritto è finita al v. 4 dove si trova ma dove impaccia il ritmo. Il v. 3, mancandone, risulta monco e senza ritmo.

6 “Fa’ risplendere il tuo volto”: concedici il tuo favore, la benedizione.

7 La seconda strofa descrive la dura situazione nazionale, attribuita all’ira di Dio (v. 4; cfr. Sl 74:1). Questa ira, secondo il concetto biblico, si manifesta attraverso il fumo dalle narici: “Un fumo saliva dalle sue narici” (2Sam 22:9; cfr. Sl 18:8 ed Ez 38:18). Questa ira divina persiste nonostante che il popolo elevi le sue preghiere: “Fino a quando sarai tu irritato contro la preghiera del tuo popolo?”. – V. 4.

8 “Degli eserciti” (צְבָאֹות, tzevaòt): vedere nota 5. Il versetto 4 ricostruito suonerebbe così:

 

4 O Eterno, nostro Dio,

fino a quando sarai tu irritato

contro la preghiera del tuo popolo?”

 

9 “Vite”. Nella Bibbia Israele è paragonata ad una vigna anche altrove: “La vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele” (Is 5:7). Questa “vite” (Israele) Dio l’ha trapiantata dall’Egitto il Palestina (v. 8). La “vite” ha riempito tutta la terra (v. 9): segno di universalità, sebbene relativa, tanto che raggiunse i cedri del Libano (v. 10) e lambì la costa mediterranea a occidente (v. 11) e il fiume Eufrate (v. 11) ad oriente. Sono prospettati qui i confini ideali del regno davidico: “I vostri confini si estenderanno dal deserto al Libano, dal fiume, il fiume Eufrate, al mare occidentale”. – Dt 11:24.

10 È il fiume Eufrate.

11 Fino al precedente v. 11 si parlava della situazione passata della vite-Israele. Ora, dal v. 12, si parla della vite-Israele attuale: la situazione è mutata.

12 È stato tolto il riparo che custodiva la vigna. Si trattava di muretti eretti utilizzando le pietre tolte dal terreno della vigna: impedivano alle bestie di devastarla. È Dio che ha tolto questo riparo, perché è adirato con Israele.

13 Ora, senza il riparo, non solo le bestie (v. 13) ma addirittura i passanti possono approfittare della vigna.

14 Il testo originale è corrotto, come dimostra il fatto che ci sia poi solo metà del ritornello. Prima del ritornello (intero!) doveva esserci l’attuale v. 16, che si trova fuori posto dov’è adesso. Ecco l’intera seconda parte (che parla della situazione attuale di Israele) della terza strofa ricostruita:

 

12 Perché hai tu rotto i suoi ripari,

sì che tutti i passanti la spogliano?

13 Il cinghiale del bosco la devasta,

e le bestie della campagna ne fanno il loro pascolo.

16 Essa è arsa dal fuoco, è recisa;

il popolo perisce alla minaccia del tuo volto.

14a O Dio degli eserciti, deh, ritorna;

[fa’ risplendere il tuo volto, e saremo salvati.]

 

15 Il ritornello è stato ricostruito.

Testo ebraico:

   15

אֱלֹהִים צְבָאֹות שׁוּב־נָא הַבֵּט מִשָּׁמַיִם וּרְאֵה וּפְקֹד גֶּפֶן זֹאת׃

16

וְכַנָּה אֲשֶׁר־נָטְעָה יְמִינֶךָ וְעַל־בֵּן אִמַּצְתָּה לָּךְ׃

17

שְׂרֻפָה בָאֵשׁ כְּסוּחָה מִגַּעֲרַת פָּנֶיךָ יֹאבֵדוּ

   Traduzione letterale:

15

Dio schiere torna orsù guarda da cieli e vedi e visita vite questa

16

e proteggi ciò che piantò destra di te e figlio facesti forte per te

17

bruciata per il fuoco recisa per minaccia di faccia di te periranno

TNM:

14 O Dio degli eserciti*, torna**, ti prego;

Guarda dal cielo e vedi e abbi cura di questa vite,

15 E del ceppo° che la tua destra ha piantato,

E [guarda] il figlio°° che hai reso forte per te stesso.

16 Esso è bruciato col fuoco, troncato.

                        Dal rimprovero della tua faccia periscono.

Note in calce di TNM:

* “Dio degli eserciti”: ebr. ´Elohìm tseva´òhth.

** O, “ancora una volta”, riferito ai verbi del rigo successivo.

° O, “tralcio [della vite]”. Con un cambiamento della prima lettera ebr., “giardino”.

°° “Figlio”, M; LXXSyVgc, “figlio dell’uomo”; T, “re Messia (unto)”.

16 Inizia qui la quarta strofa, che racchiude l’invocazione.

17 Si prega Dio di guardare “dal cielo”: quindi il Tempio non esiste più. – Cfr. v. 16.

18 Visitare nel senso di prendersi cura della vigna.

19 “Proteggi quel che la tua destra ha piantato, e il rampollo che hai fatto crescer forte per te”. Chi sia questo figlio della mano destra di Dio non ci è dato di sapere. Il fatto che venga raccomandato in preghiera a Dio (“proteggi”) nel contesto della vigna indica che è il personaggio più rappresentativo di Israele. Qui è tradotto “quel che” (“la tua destra ha piantato”), ma l’ebraico potrebbe essere reso con “tralcio” (della vite). Inoltre la parola qui resa “rampollo” viene resa più correttamente “figlio” da TNM (l’ebraico ha, infatti, בֵּן, ben, “figlio”). Anzi, i manoscritti LXXSyVgc hanno “figlio dell’uomo” e T ha addirittura “re messia [re unto]”. G. Diodati rende il passo così: “Sia la tua mano sopra l’uomo della tua destra, sopra il figliuol dell’uomo che tu ti avevi fortificato” (in Did è al v. 17). Si tratta insomma del personaggio più rappresentativo su cui si erano appuntate le speranze della nazione. Chi era? Non lo sappiamo. Un re? Un generale? Un profeta? Zorobabele? Giuda Maccabeo? Ma forse si tratta del popolo di Israele preso in senso collettivo: il “figlio della destra” era il prediletto: il padre benediceva il primogenito con la destra. – Gn 48:18; cfr. anche Sl 18:35;48:10;60:5.

   Lamentazioni individuali. Non è sempre facile indicare se una lamentazione sia individuale o pubblica perché spesso l’”io” che si trova nei Salmi può assumere il senso collettivo. Chi prega lo fa a nome del popolo personificato dall’orante. In questi Salmi si parla spesso di nemici che assediano, affilano le spade, tramano, tendono trappole, tolgono ogni scampo al misero, godono della rovina altrui. Tutte queste espressioni vanno prese, in tali lamentazioni individuali, come metaforiche. Ma, pur prendendole metaforicamente, le descrizioni sono così simili e ripetitive che si deve pensare a una maniera (ovvero a uno stile, a un genere letterario) che è propria di questo genere di Salmi. Ogni frase di questi Salmi non va quindi sempre spremuta per interpretarla storicamente. Come esempio di lamentazione individuale abbiamo scelto il Sl 3, che riporta avvenimenti storici.

   Lamentazioni individuali: Sl 4, 6, 7, 13, 17, 22, 25, 26, 27, 28, 31, 35, 38, 39, 42, 43, 51, 54, 55, 56, 57, 59, 61, 63, 64, 69, 70, 71, 86, 88, 102, 109, 120, 130, 140, 141, 142, 143.

 

Sl 3 (TNM)

Melodia di Davide 1 quando fuggiva a causa di Absalom suo figlio. 2

3 O Geova, 3 perché i miei avversari son divenuti molti?

Perché si levano molti contro di me?

2 Molti dicono della mia anima: 4

“Non c’è salvezza per lui da Dio”. 5 Sela. 6

3 Eppure tu, o Geova, 3 sei uno scudo 7 intorno a me,

La mia gloria 8 e Colui che mi alza la testa. 9

4 Con la mia voce chiamerò Geova 3 stesso,

Ed egli mi risponderà dal suo monte santo. 10 Sela. 6

5 In quanto a me, certamente giacerò per dormire;

Di sicuro mi sveglierò, poiché Geova 3 stesso continua a sostenermi. 11

6 Non temerò dieci migliaia di persone

Che si sono schierate all’intorno contro di me. 11

7 Sorgi, o Geova! 3 Salvami, o mio Dio! 12

Poiché dovrai colpire tutti i miei nemici alla mascella. 13

Dovrai rompere i denti dei malvagi. 14

8 La salvezza appartiene a Geova. 3

La tua benedizione è sul tuo popolo. Sela. 6

 

Note:

Alcuni studiosi ritengono che questo salmo sia un tutt’uno con il Sl 4. Questa idea viene sostenuta per due motivi: l’affinità di contenuto e il termine sela che non si rinviene mai alla fine di un salmo. Per alcuni studiosi il Sl 3 sarebbe una preghiera mattutina (il v. 5, infatti, ha: “Di sicuro mi sveglierò”), mentre il 4 sarebbe una preghiera della sera. Esamineremo poi anche il Sl 4.

1 Il titolo attribuisce il salmo a Davide.

2 Le circostanze della composizione sono riferite al tempo della ribellione di Absalom. Il contesto presenta indizi favorevoli all’affermazione del titolo. La derisione di Simei può essere individuata nella frase al v. 2: “Non c’è salvezza per lui da Dio”. Simei era un beniaminita di una famiglia della casa del re Saul. Dopo la morte di Saul con la conseguente cessazione del potere regale della famiglia di Saul, per anni nutrì forte rancore nei confronti di Davide. Quando Davide fuggì da Gerusalemme a causa della ribellione di Absalom, Simei lo seguì gettando pietre e polvere contro di lui e maledicendolo. “Simei, malediceva Davide, dicendo: ‘Vattene, vattene, uomo sanguinario, scellerato! Il Signore fa ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale tu hai regnato; il Signore ha dato il regno nelle mani di Absalom, tuo figlio; e ora hai le sciagure che ti sei meritato, perché sei un uomo sanguinario’” (2Sam 16:7,8). La moltitudine dei nemici menzionata al v. 6 è in armonia con 2Sam 17:11. La notte menzionata al v. 5 è quella trascorsa da Davide in qualche modo durante la sua fuga. In armonia con 2Sam 17:1,2: “Aitofel disse ad Absalom: ‘Lasciami scegliere dodicimila uomini; partirò e inseguirò Davide questa notte stessa; gli piomberò addosso mentre egli è stanco e ha le braccia fiacche; lo spaventerò e tutta la gente che è con lui si darà alla fuga; colpirò il re solo’”. I “nemici” del v. 7 sono le schiere di Absalom. Non v’è quindi nulla che impedisca l’attribuzione di questo salmo a Davide, purché s’intenda il “monte santo” del v. 4 come il luogo in cui giaceva l’Arca di Dio e il Tabernacolo (il Tempio, infatti, non era ancora stato costruito).

3 C’è il tetragramma (יהוה, yhvh) nel testo ebraico. Gli ebrei leggevano Adonày.

4 “Anima”. Traduce l’ebraico נפש (nèfesh). È un ebraismo. “Anima” non è una parte spirituale del composto umano (dottrina sia cattolica che protestante), ma la persona vivente. Ottima qui la traduzione di TNM: “Dicono della mia anima”. L’ebraico, infatti, ha לְנַפְשִׁי (lenafshìy), in cui il le indica il complemento di argomento: dicono circa la mia vita, la mia anima, me stesso.

5 “Dio”. Ebraico אלהים (elohìm), “dèi”. Non è un plurale di eccellenza, come alcuni erroneamente ritengono. In ebraico non esiste un simile plurale. Lo dimostra anche il fatto che in Gn 1:1, dove elohìm appare per la prima volta, il verbo è al singolare.  Non bisogna però pensare che il plurale indichi più dèi né, tanto meno, una trinità. Anche gli dèi pagani sono chiamati nella Bibbia elohìm. La traduzione greca nei LXX ha θεὸς (theòs), “Dio” al singolare. Perché allora il nome è al plurale? Perché è così. In ebraico ci sono diversi nomi che hanno solo la forma plurale (come “acqua” o “cielo”).

6 Sela: termine tecnico ebraico il cui significato è incerto. Usato nella musica, pare indichi la pausa.

7 “Scudo”: bella immagine per descrivere la protezione divina. Qui si tratta di uno scudo grande, perché l’ebraico ha מָגֵן (màghen). Il maghèn copriva quasi tutto il corpo del soldato ed era arricchito al centro da una cuspide (una punta) che era in grado di ferire un nemico che osasse avvicinarsi troppo. La cosiddetta “stella di Davide”, che compare anche sulla bandiera israeliana, in ebraico non si chiama affatto “stella”, ma “scudo”: “scudo di Davide” (maghèn Davìd). I salmisti usano la parola “scudo” metaforicamente per esaltare la protezione di Dio. Si rammenti che nell’ebraico non esistono astrazioni, e “protezione” è un’astrazione; “scudo” la concretezza. Dio dice ad Abraamo: “Non temere, Abramo, io sono il tuo scudo”. – Gn 15:1.

 

Dt 33:29

 “Te beato, Israele! Chi è pari a te,

popolo salvato dal Signore?

Egli è lo scudo che ti protegge,

e la spada che ti fa trionfare.

I tuoi nemici verranno ad adularti,

e tu calpesterai le loro alture”.

“Tu, o Signore, benedirai il giusto; come scudo lo circonderai”. – Sl 5:12.

“Dio è il mio scudo: egli salva gli uomini retti”. – Sl 7:10.

“Il Signore è . . .  il mio scudo”. – Sl 18:2.

“[Dio] è lo scudo di tutti quelli che sperano in lui”. – Sl 18:30-

“Il Signore è la mia forza e il mio scudo”. – Sl 28:7.

“[Dio] è il nostro aiuto e il nostro scudo”. – Sl 33:20.

“O Signore, nostro scudo”. – Sl 59:11.

– Cfr. Sl 84:9,11;89:18;15:9;115:10,11;119:114;144:2.

8 “La mia gloria”. Etimologicamente כבוד (kabòd), “gloria”, indica “peso”. Il concetto è che tanto più una cosa è pesante tanta più merce si può comprare scambiando quella cosa. Siamo di fronte alla concretizzazione di un’astrazione. Applicata a Dio, la “gloria” indica la nube splendente che segnala le apparizioni divine. È il mezzo con cui Dio si manifesta all’uomo. Se volessimo usare un paragone moderno, è come la luce dei fari che segnala l’avvicinarsi di un’automobile. “Ecco la gloria del Signore apparire nella nuvola”. – Es 16:10; cfr. Es 24:16;40:34,35; Nm 16:42.

9 “Mi alza la testa”. Il rialzare la testa è segno di sicurezza: chi è oppresso se ne sta umilmente a capo chino, chi è stimato s’impone e alza il capo sfidando i nemici. Anche noi abbiamo un modo di dire simile: andare a testa alta.

10 “Suo monte santo”: letteralmente è “monte di santità di lui”. Si tratta del monte dove si trova l’Arca; il Tempio non esiste ancora: lo costruirà Salomone, figlio di Davide. Se il salmo fosse postdavidico indicherebbe il luogo del Tempio, eretto sul monte Moria che è la continuazione settentrionale dell’Ofel. Qui abbiamo una prova che il salmo è proprio di Davide. Il salmista dice che ‘Dio gli risponderà dal suo monte santo’: per Dio non esistono distanze e la preghiera di Davide giunge a lui sul suo monte santo da cui risponderà. Quando Davide fuggì, non volle che l’Arca andasse con lui, ma la rimandò a Gerusalemme. “Il re [Davide] disse a Sadoc: ‘Riporta in città l’arca di Dio. Se io trovo grazia agli occhi del Signore, egli mi farà tornare e mi farà vedere l’arca e la sua dimora; ma se dice: Io non ti gradisco!, eccomi, faccia di me quello che egli vorrà’”. – 2Sam 15:25,26.

11 “Certamente giacerò per dormire; di sicuro mi sveglierò, poiché Geova stesso continua a sostenermi. Non temerò dieci migliaia di persone”: sono espressioni di grande fiducia. Anche in mezzo ai più grandi pericoli, chi confida nel Signore non teme alcun male. Forse qui Davide si riferisce alle folle che avevano seguito il ribelle Absalom e forse si riferisce alla notte della propria fuga che per poco non fu l’ultima notte della sua vita. – 2Sam 17.

12 “Sorgi, o Geova! Salvami, o mio Dio!”: probabilmente questo verso è un’aggiunta liturgica. A favore di questa ipotesi c’è il fatto che il verso appare qui fuori luogo e rompe l’ultima strofa aggiungendovi un verso in più. Si noti che anche nella impaginazione di TNM ogni versetto ha due righe, mentre il v. 7 ne ha tre. Si noti, inoltre, come la composizione scorre bene senza questa aggiunta:

 

“Non temerò dieci migliaia di persone

che si sono schierate all’intorno contro di me,

poiché dovrai colpire tutti i miei nemici alla mascella,

dovrai rompere i denti dei malvagi”.

 

13 Il colpire i nemici alla mascella è linguaggio forte e concreto degli ebrei. PdS rende con: “Tu colpisci in faccia i miei nemici”. Si tratta di uno schiaffo umiliante, come quello di Sedechia a Michea: “Sedechia, figlio di Chenaana, si accostò, diede uno schiaffo a Micaia, e disse: ‘Per dove è passato lo spirito del Signore, quand’è uscito da me per parlare a te?’” (1Re 22:24). Di questo tipo di schiaffo ne parla anche Giobbe dicendo:

 

“Aprono larga contro di me la bocca,

mi percuotono per oltraggio le guance,

si metton tutti insieme a darmi addosso”. – Gb 16:10.

 

È lo stesso tipo di schiaffo ricevuto da Yeshùa davanti al Sinedrio: “Uno degli ufficiali che stava lì accanto diede a Gesù uno schiaffo, dicendo: ‘Così rispondi al capo sacerdote?’” (Gv 18:22, TNM). Il colpire alla mascella indica quindi qui nel salmo l’umiliazione dei nemici, i “malvagi” menzionati subito dopo.

14 “Dovrai rompere i denti dei malvagi”: altra espressione ebraica forte e concreta. Il salmista dice che Dio romperà i denti ai nemici proprio come si faceva alle belve perché non potessero più nuocere. Si veda Sl 58:6: “O Dio, fracassa loro i denti in bocca. Rompi le medesime mascelle dei giovani leoni forniti di criniera” (TNM). Al v. 8 si ha poi l’acclamazione finale, di indole liturgica.

Applicazione. Anche Yeshùa, nel corso della sua passione, fu attaccato da nemici numerosi e accaniti che ritenevano ben altra la liberazione di Dio. “Così pure, i capi dei sacerdoti con gli scribi e gli anziani, beffandosi, dicevano: ‘Ha salvato altri e non può salvare sé stesso! Se lui è il re d’Israele, scenda ora giù dalla croce, e noi crederemo in lui. Si è confidato in Dio: lo liberi ora, se lo gradisce, poiché ha detto: Sono Figlio di Dio’” (Mt 27:41-43). Yeshùa si addormentò nella tomba, ma solo per uscirne trionfante! “Io mi son coricato e ho dormito, poi mi sono risvegliato, perché il Signore mi sostiene”. – Sl 3:5.

   La persona tentata può conservare la calma quando il nemico le si avvicina, a patto che ponga la sua fiducia in Dio. L’Onnipotente è più forte e trionferà.