Data del componimento di Lc

   Siccome Atti si arresta al biennio di prigionia di Paolo a Roma, alcuni pensano che il Vangelo sia stato scritto da Luca nel periodo tranquillo della sua permanenza a Roma (60-62 circa). Ma a Roma Luca non avrebbe potuto accedere alle tante compilazioni che ‘molti avevano intrapreso per ordinare una narrazione’ (Lc 1:1) né avrebbe potuto intervistare di persona – cosa che certo fece – i testimoni oculari dei fatti per ‘informasi accuratamente di ogni cosa’. – At 1:3.

   Il Vangelo di Luca fu comunque da lui scritto prima del libro di Atti: “Nel mio primo libro […]” dice Luca iniziando At (1:1) e riferendosi al suo Vangelo, dunque il Vangelo è precedente ad Atti. Quando fu scritto Atti?

   Un’opinione condivisa da molti è questa: “Si arriva agli inizi della primavera del 61 come fine del periodo a cui si riferiscono gli Atti. Ne consegue che Atti dev’essere stato scritto allora, perché se fosse stato scritto dopo è ragionevole pensare che Luca ci avrebbe fornito ulteriori informazioni riguardo a Paolo”. – La Torre di Guardia, 15 ottobre 1981, pag. 31, Domande dai lettori, § 3,4.

   Tuttavia, non bisognerebbe insistere sul fatto che At debba essere stato scritto prima del termine della prigionia paolina in quanto non ne descrive l’esito: “E Paolo rimase due anni interi in una casa da lui presa in affitto, e riceveva tutti quelli che venivano a trovarlo, proclamando il regno di Dio e insegnando le cose relative al Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento” (At 28:30,31; qui termina il libro di Atti). La mancanza della narrazione dell’esito dell’appello all’imperatore romano cui Paolo era ricorso non va infatti necessariamente attribuito alla mancanza di ulteriori notizie. Il fatto è che l’esito di quell’appello non rientrava nel fine che Luca s’era proposto, quello cioè di mostrare la diffusione della buona notizia o vangelo fino al centro dell’impero romano. Una descrizione di eventi paolini con la sua morte o il suo ritorno nelle regioni già evangelizzate non rientrava nell’intento lucano. Per lo stesso motivo, va escluso un supposto viaggio di Paolo in Spagna: esso sarebbe rientrato nell’intento lucano di mostrare la diffusione della lieta notizia da Gerusalemme fino agli estremi della terra. La Spagna era ritenuta l’estremo confine del mondo allora noto. Paolo aveva intenzione di andarci: “Quando andrò in Spagna […] Per ora vado a Gerusalemme […]. [Poi] andrò in Spagna” (Rm 15:24,25.28), ma evidentemente non poté, dato che le Scritture non contengono accenni ad un suo viaggio in Spagna se non il suo desiderio di andarci. Forse in Spagna già c’erano dei discepoli che evangelizzavano, dato che Paolo stesso afferma che il vangelo “è stato predicato a ogni creatura sotto il cielo” (Col 1:23). La chiusura di At è quindi conforme allo scopo di Luca, quando conclude dicendo che Paolo stava “proclamando il regno di Dio e insegnando le cose relative al Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento”. – At 28:31.

   Quando fu scritto allora Atti? Dopo il Vangelo di Luca, ovviamente. Non si tratta qui di giocare con le parole, dicendo che siccome At fu scritto dopo Lc, allora Lc è stato scritto prima di At. Il fatto è che è sbagliato, come abbiamo visto, fissare la composizione di At verso il 60-62 e da questa datazione errata far risalire Lc a un periodo precedente. Occorre applicare il procedimento contrario: stabilire quando è stato scritto Lc e poi collocare At dopo quella data.

   Il Vangelo di Luca deve essere stato composto dopo la distruzione di Gerusalemme. Ci sono due ragioni per stabilire questo fatto.

   La prima ragione è la chiara descrizione della fine di Gerusalemme, come si vede dal raffronto dei tre sinottici. Marco riporta la profezia di Yeshùa circa la distruzione di Gerusalemme con poche e oscure parole, proprie della profezia originaria di Yeshùa. Matteo e Luca, che scrivono dopo che la profezia si è avverata, includono retrospettivamente i dati chiari della profezia avverata. Per Marco si tratta della “abominazione della desolazione posta là dove non deve stare”; come in ogni profezia, i termini sono enigmatici: cosa è questa “abominazione della desolazione”?, e che luogo è mai il posto “dove non deve stare”? Matteo, scrivendo dopo la distruzione del 70 e per gli ebrei usa una terminologia a loro nota tratta da Daniele e perciò ben comprensibile; precisa anche che il “là dove non deve stare” è il “luogo santo” ovvero l’area del Tempio. Luca, che scrive per gli stranieri, è completamente chiaro: Gerusalemme, circondata da eserciti, è prossima alla devastazione.

Mr 13:14

Mt 24:15

Lc 21:20

“Quando poi vedrete l’abominazione della desolazione posta là dove non deve stare”.

“Quando dunque vedrete l’abominazione della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele, posta in luogo santo”.

“Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina”.

 

   Questa prima ragione fissa dunque la composizione di Lc dopo il 70 della nostra èra. Insistere su preconcetti religiosi diversi non solo fa ignorare l’evidenza, ma obbliga a non capire le ragioni dello studio serio della Parola di Dio. Così accade che si possa sostenere quanto segue: “Molti teologi della cristianità ipotizzano che il Vangelo di Marco e un’altra fonte di informazioni indicata con la lettera ‘Q’ (dalla parola tedesca Quelle, che significa ‘fonte’) siano stati usati come base per la compilazione dei Vangeli di Matteo e di Luca, e che quindi Marco e ‘Q’ siano stati scritti prima. Il motivo per cui molti accettano questa ipotesi è il tentativo di spiegare le somiglianze esistenti fra i Vangeli, dal momento che non credono all’ispirazione divina. Ma tutte queste teorie dovute alla mancanza di fede cadono di fronte ai fatti, come l’incontestabile testimonianza dei primi sorveglianti della chiesa secondo i quali Matteo fu il primo a mettere per iscritto il suo Vangelo. Origène (185-254 E.V.) dice: ‘Il primo Vangelo fu scritto da Matteo’”. – La Torre di Guardia, già citata, § 1.

   Ecco che – non comprendendo che è lo studio serio della Bibbia a dirci come stanno le cose, e non la dottrina religiosa tradizionale a far dire alla Bibbia come vorremmo stessero le cose – l’unica conseguenza possibile è che tutto deve essere attribuito “alla mancanza di fede”. Affermando che è il “tentativo di spiegare le somiglianze esistenti fra i Vangeli” che determinerebbe l’ipotesi che Mr sia stato scritto prima di Mt e Lc, non si capisce che sono invece proprio le somiglianze fra i Vangeli che determinano che Mr è stato scritto per primo. Ragionando così, in un ambito chiuso, non rimane che affermare che gli studiosi “non credono all’ispirazione divina”. Da parte nostra facciamo notare che credere ciecamente ad una società religiosa americana retta da un gruppo dirigente umano non ha alcunché a che fare con il credere all’ispirazione divina, cosa di cui siamo profondamente convinti. – Si vedano al riguardo, nella sezione La Bibbia, i nostri studi nella categoria L’ispirazione della Bibbia.

   In quanto al porre Origène tra i “primi sorveglianti della chiesa” (Ibidem), la cosa è alquanto buffa. Sembra che Origène venga tirato un po’ troppo per la giacchetta da più parti. Origène è già rivendicato, infatti, dai cattolici tra i cosiddetti “padri della Chiesa”. Ora scopriamo che era anche tra i “primi sorveglianti della chiesa” (Ibidem), termine con cui gli editori de La Torre di Guardia chiamano i loro responsabili di congregazione. La verità è che Origène appartiene più all’apostasia che alla chiesa delle origini; occorre vagliare bene ciò che si scrive.

   Origène Adamànzio (Alessandria d’Egitto, 185 – Tiro, 254) fu filosofo e teologo. Nel suo De principiis tratta, tra l’altro, della trinità; questo trattato contiene anche la teologia platonica di Origène. Vi si fa chiaro riferimento alle “tre Persone della Trinità” (De principiis, IV, 27; I, VI, II, II, 2; II, IV 3). Egli credeva che Dio creasse dall’eternità, ammettendo una duplice serie infinita di mondi prima e dopo il mondo attuale; “è assurdo”, affermava, “immaginare la natura di Dio inattiva, o la Sua bontà inefficace, o il Suo dominio senza soggetti” (De principiis, III, V, 3). Secondo lui, gli uomini e gli angeli esistevano nel mondo intellegibile come sostanze spirituali dello stesso genere e solo con la caduta si sono differenziati. Origène sostiene la discesa dell’anima in un corpo umano (Commento al Vangelo di Giovanni 6,14,86; Contro Celso 5,29; cfr. Contro Celso 4,17). Questa infusione dell’anima nel corpo, secondo lui si è realizzata o a causa della caduta iniziale nel peccato (De principiis 1,6,3) o per aiutare gli uomini (De principiis 2,6,3; 4,3,12; Omelie su Ezechiele 1,1; Commento al Vangelo di Giovanni 2,31,186-190); il corpo è assunto in base ai meriti e demeriti antecedenti la nascita (De principiis 2,8,4; 3,3,5-6). Chi conosce un po’ la Bibbia vede già da qui quanto Origène fosse lontano dalle verità bibliche.

   La teoria che Mt sia stato il primo Vangelo ad essere scritto è sostenuto in modo particolare dai cattolici, quasi fosse un dogma di fede. Tutto si basa sulla testimonianza di Papia (morto nel 130) che sostiene che Matteo fu il primo a scrivere il Vangelo, ma tale testimonianza di Papia non è diretta, ma si rinviene in uno scritto di Eusebio (morto nel 339, ovvero trecento anni dopo gli avvenimenti evangelici), ovvero in Hist. Eccl. 3,39,16. Eppure, Agostino (il famoso “Sant’Agostino” dei cattolici) già dubitava molto di ciò (De consensu evangelistarum, 1,4). In quanto a Origène e alla sua dichiarazione, va detto che questa è tratta sempre da Eusebio (va ripetuto: morto nel 339, ovvero trecento anni dopo gli avvenimenti evangelici), che la riporta nella sua Hist. Eccl. 6,25 EP 503.

   La seconda ragione per datare Lc dopo Mr e quindi dopo il 70 E. V. è la testimonianza di Ireneo (epìskopos nella congregazione di Lione verso il 120 E. V.). Ireneo scrive: “Marco, discepolo e interprete di Pietro, mise per iscritto ciò che era stato predicato da Pietro. Poi Luca, seguace di Paolo, stese in un libro il vangelo da lui predicato” (Adversus Haer. 3,1,2, PG 7,844; EP 208). E questa è una testimonianza diretta dei primissimi decenni dell’anno 100, non una testimonianza riferita centinaia di anni dopo.

Destinatari del Vangelo di Luca

   Pur essendo dedicato a Teofilo, i veri destinatari del Vangelo lucano sono i gentili (o non ebrei). Per loro Luca spiega le usanze giudaiche che avrebbero potuto rattristarli, come la proibizione da parte di Yeshùa di andare dai gentili (in Mt 10:5) o l’episodio della donna Cananea (in Mr 7:24-30). All’opposto, Luca esalta più degli altri evangelisti la fede del centurione, un gentile: “Gesù restò meravigliato di lui [il centurione]; e, rivolgendosi alla folla che lo seguiva, disse: ‘Io vi dico che neppure in Israele ho trovato una così gran fede!’” (Lc 7:9). Come esalta pure la fede del lebbroso samaritano (quindi un mezzo pagano) che – unico tra dieci, di cui gli altri nove erano ebrei – sentì il dovere di ringraziare Yeshùa per la guarigione ottenuta: “Uno di loro vedendo che era purificato, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; e si gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo; ed era un samaritano. Gesù, rispondendo, disse: ‘I dieci non sono stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato nessuno che sia tornato per dar gloria a Dio tranne questo straniero?’” (Lc 17:15-18). Luca rammenta pure il sentimento favorevole di Yeshùa verso i samaritani, che erano invece detestati dai giudei: “Mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme. Mandò davanti a sé dei messaggeri, i quali, partiti, entrarono in un villaggio dei Samaritani per preparargli un alloggio. Ma quelli non lo ricevettero perché era diretto verso Gerusalemme. Veduto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero: ‘Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?’ Ma egli si voltò verso di loro e li sgridò. E se ne andarono in un altro villaggio”. – Lc 9:51-56.

   Scrivendo per i gentili, Luca evita le parole semitiche che sostituisce con le corrispondenti greche.

 

Mr 9:5

Lc 9:33

Rabbì, è bello stare qua”.

Maestro, è bene che stiamo qui”.

Mr 14:36

Lc 22:42

Abbà, Padre!”

Padre […]”

Mr 10:51

Lc 18:41

Rabbunì, che io ricuperi la vista”.

Signore, che io ricuperi la vista”.