Gli alfabeti europei come noi li conosciamo derivano dall’alfabeto greco. Non dobbiamo però pensare che i greci abbiano inventato il loro alfabeto. Essi utilizzarono quello dei semiti, com’è reso evidente da un raffronto delle lettere greche ed ebraiche negli scritti del 7° secolo circa a. E. V.. Perfino l’ordine alfabetico è molto simile. Si notino le somiglianze di molti nomi delle lettere (evidenziate in rosso) nella seguente tabella di raffronto:

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   Nell’adattamento dell’alfabeto semitico a quello greco, i greci usarono certe lettere (di cui non avevano suoni corrispondenti nella loro lingua) per rappresentare i suoni vocalici che i semiti non scrivevano. Eccone la tabella:

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   Come si sa, l’alfabeto fu inventato dai fenici. Il fenicio è una lingua semitica. L’alfabeto fenicio si deve al proto-cananeo. Dal fenicio si evolse l’alfabeto aramaico (divenuto la scrittura ufficiale dell’impero persiano). A quanto pare, è dall’alfabeto aramaico che discendono tutti gli alfabeti moderni. Inizialmente le lettere dell’alfabeto rappresentavano il suono iniziale di una parola. Ad esempio, nel proto-cananeo la parola “ruota” si diceva tet; il suono iniziale “t” era perciò rappresentato da un segno che disegnava la ruota (simile alla nostra O con dentro il segno x, simboleggiante i raggi della ruota); è facile comprendere la somiglianza della lettera ebraica tet (ט) e della lettera greca theta (Θ) con quel segno.

   Il greco è una lingua ricchissima e molto precisa, quindi complessa. Il vastissimo vocabolario greco permette di esprimere tutte le sfumature. Per fare un esempio, in italiano (che pure è lingua molto ricca) abbiamo una sola parola per “amore”, così diciamo di amare i figli, la moglie o il marito, il prossimo, il cinema, gli amici, certi cibi, certi luoghi. Ora, c’è una notevole differenza tra l’amore per il coniuge e l’amore per gli spettacoli, tra l’amore per gli amici e l’amore per la giustizia. Ebbene, il greco ha ben quattro parole diverse per “amore”.

   Il greco è una lingua flessiva. Ciò significa che i vocaboli sono declinati secondo i casi, il numero e il genere. Per fare un esempio, noi diciamo amore fraterno, dare amore, trattare con amore, gesto d’amore, inno all’amore; la parola è sempre “amore”. In greco si dice invece ἀγάπη (agàpe) ovvero “amore”, dare ἀγάπην (agàpen) ovvero dare amore, trattare ἀγάπῃ (agàpe) ovvero “con amore”, gesto ἀγάπης (agàpes) ovvero gesto “d‘amore”, inno ἀγάπῃ (agàpe) ovvero inno “all’amore”. Il greco ha tre numeri: singolare, plurale e duale; tre generi: maschile, femminile e neutro. I verbi sono ricchissimi, potendo esprimere tutte le sfumature. Ad esempio, se noi diciamo “disse” ma vogliamo sottolineare l’inizio dell’azione, dobbiamo ricorrere a un giro di parole e dire “iniziò a dire”; il greco ha invece un tempo specifico (l’aoristo) che esprime l’azione puntuativa: εἶπεν (èipen). Così, in Mt 12:2 si ha che i farisei “si misero a dire [εἶπαν (èipan); attivo indicativo aoristo]”, mentre in At 17:28 i poeti citati “dissero [εἰρήκασιν (eirèkasin); attivo indicativo perfetto]”. In greco i verbi non hanno solo la voce attiva e passiva (come in italiano) ma anche la voce media, che è qualcosa in più del nostro riflessivo, indicando anche un’azione compiuta nel proprio interesse.

   La ricchezza della lingua greca si vede perfino negli accenti che in greco sono ben tre: acuto, grave e circonflesso. Su ogni parola va posto obbligatoriamente l’accento. In greco non possono esserci dubbi: l’accento tonico è sempre indicato. Non può accadere, come in italiano, che i meno istruiti dicano “mòllica” invece di mollìca oppure “persuàdere” invece di persuadère.

   Il greco della Bibbia non è il greco classico ma il greco detto koinè ovvero “comune”. Si trattava della lingua internazionale del tempo (da circa il 300 a. E. V. al 500 della nostra èra). Data la sua internazionalità, il greco comune (koinè) era usato nei decreti imperiali di Roma quando erano diffusi in tutto l’impero. Tale lingua era parlata anche in Israele. “Benché la maggioranza della popolazione ebraica fosse contraria all’ellenismo e alle sue usanze, non rifuggiva dai contatti con i popoli greci e dall’uso della lingua greca . . . Gli insegnanti palestinesi guardavano con favore la traduzione greca delle Scritture, considerandola un mezzo per portare la verità ai Gentili” (N. Bentwich, Hellenism, 1919, pag. 115). Gli ebrei della diaspora non parlavano più ebraico ma capivano il greco, ecco perché la Bibbia fu tradotta in greco (LXX). Con l’espansionismo e le conquiste di Alessandro Magno, nel 4° secolo prima della nostra èra, la cultura greca veniva imposta a tutto il mondo. Così, il greco koinè, la lingua comune, divenne la lingua internazionale in tutto il Medio Oriente. Molti giudei, nascendo, non imparavano a leggere l’ebraico e, di conseguenza, non potevano leggere la Bibbia. Di certo non potevano farlo gli ebrei della diaspora, che ormai non parlavano più ebraico. Fu per questo motivo che verso il 280 a. E. V. ad Alessandria d’Egitto un gruppo di dotti ebrei si diede a tradurre la Bibbia ebraica nel greco comune. La Settanta (LXX; dal numero dei circa 70 traduttori) fu completata verso il 150 a. E. V..

   Gli stessi scrittori delle Scritture Greche usavano questa versione greca della Bibbia, come mostrano le citazioni da loro fatte dalle Scritture Ebraiche, che sono conformi al testo della LXX.

   Una testimonianza del suo uso internazionale lo abbiamo anche nella Bibbia: “Pilato [procuratore romano] fece pure un’iscrizione e la pose sulla croce. V’era scritto: Gesù il nazareno, il re dei giudei . . . l’iscrizione era in ebraico, in latino e in greco”. – Gv 19:19,20.