Il secondo verbo (προγινώσκω, proghinòsko), di cui si cerca di evitare la traduzione esatta, viene tradotto con un giro di parole: “Diede il suo primo riconoscimento” (Rm 8:29, TNM). Si noti: ben cinque parole per tradurre una sola parola greca. Quando si dice l’arte di glissare. Ma cosa vorrà mai dire ‘dare il suo primo riconoscimento’? Prendendolo per buono – ma solo per amore di ragionamento – cerchiamo di calarlo nel contesto:

“Ora sappiamo che Dio fa cooperare tutte le sue opere per il bene di quelli che amano Dio, quelli che sono chiamati secondo il suo proposito; poiché quelli ai quali diede il suo primo riconoscimento ha anche preordinato ad essere modellati secondo l’immagine del Figlio suo, affinché sia il primogenito tra molti fratelli. Inoltre, quelli che ha preordinati sono quelli che ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati sono quelli che ha anche dichiarati giusti. Infine quelli che ha dichiarati giusti sono quelli che ha anche glorificati”. – Rm 8:28-30, TNM.

   Il soggetto è ovviamente Dio. È Dio che “diede il suo primo riconoscimento”. A chi? Si tratta (anche qui è ovvio) di “quelli che amano Dio, quelli che sono chiamati secondo il suo proposito”. Ma cosa sarebbe questo “primo riconoscimento”? Stando al significato italiano, dovrebbe essere un beneplacito, un’accettazione. Ci dobbiamo riferire al significato italiano, perché ‘dare il primo riconoscimento’ appare in TNM, non nella Bibbia. Comunque, dovrebbe significare – nell’intenzione del traduttore – che Dio avrebbe riconosciuto come approvati coloro che amano Dio e sono stati chiamati. Bene. Sorge ora la domanda: quando Dio avrebbe ‘dato il suo primo riconoscimento’? Sembrerebbe di capire che ciò dovrebbe essere avvenuto quando “quelli che amano Dio” accettarono Yeshùa. Ma qui nasce il problema. Dobbiamo, infatti, seguire l’ordine cronologico che Paolo, ispirato, dà:

Poiché . . .

1. quelli ai quali diede il suo primo riconoscimento 1.

Riconosciuti

2. ha anche preordinato […]. Inoltre, quelli che ha preordinati 2.

Preordinati

3. sono quelli che ha anche chiamati; 3.

Chiamati

4. e quelli che ha chiamati sono quelli che ha anche dichiarati giusti. 4.

Giustificati

5. Infine quelli che ha dichiarati giusti sono quelli che ha anche glorificati”. 5.

Glorificati

(Rm 8:28-30, TNM)

   Questa la sequenza cronologica. Si noti il “poiché” all’inizio. Paolo ha appena detto: “Dio fa cooperare tutte le sue opere per il bene di quelli che amano Dio, quelli che sono chiamati secondo il suo proposito”. Poi aggiunge: “Poiché”, e di seguito dà la motivazione. La sequenza cronologica è scandita da “inoltre” (2.), che separa il prima e il dopo; da “e quelli che” (4.), con cui continua la sequenza degli avvenimenti; da “infine”, con cui termina la sequenza cronologica. Ora si noti questa sequenza:

Riconosciuti > preordinati > chiamati > giustificati > glorificati

   Prima ricevono da Dio “il suo primo riconoscimento” (per dirla con TNM), poi sono preordinati, poi sono chiamati, poi sono dichiarati giusti e infine sono glorificati.

   L’essere chiamati è ovviamente il momento in cui ricevono la buona notizia o vangelo. Dopo di ciò, accettandola, sono giustificati. Ma si noti attentamente che la chiamata viene dopo il cosiddetto riconoscimento e la preordinazione (pre, ordinati prima). Quindi, quel “primo riconoscimento” avvenne già ben prima della chiamata. Insomma, nonostante il gran giro di parole (ben cinque) per evitare di tradurre la sola parola del verbo greco, la logica del testo riporta tutto al significato vero che Paolo dava.

   Vediamolo, allora, questo temuto verbo greco per cui ci si dà tanta briga allo scopo di evitarlo:

ὅτι οὓς προέγνω, καὶ προώρισεν

òti us proèghno, kài proòrisen

poiché coloro che preconobbe, anche predestinò

(Rm 8:29, testo greco)

   Se non si confonde l’idea di preconoscenza con l’idea di predestinazione che le Chiese hanno derivato da Agostino, nel vero pensiero biblico la preconoscenza (come sopra esposto) s’innesta in questa chiara sequenza che la Bibbia dà:

Riconosciuti > preordinati > chiamati > giustificati > glorificati

   Coloro che Dio – nella sua onniscienza e nella massima salvaguardia della libertà individuale – ha preconosciuto, li ha destinati in anticipo alla gloria. Per questo li ha chiamati. Una volta che liberamente hanno risposto di sì alla chiamata, Dio li ha giustificati. Il “destino” finale è la gloria.

   È ciò che accadde allo stesso Paolo. Dio lo conosceva da prima che nascesse, sapeva della sua fede vera; lo chiamò tramite Yeshùa; Paolo accettò la chiamata.

   Il concetto di preconoscenza e di predestinazione da parte di Dio non è un concetto facile per la mente umana limitata e finita. Lo dimostrano i due estremi con cui viene compreso (o, meglio, non compreso): o viene preso alla lettera come se si trattasse di una specie di fato ineluttabile (Agostino, calvinisti, Chiesa dei Fratelli) oppure viene del tutto negato (Testimoni di Geova). L’incapacità di comprendere il concetto biblico non sta soltanto nella limitatezza della nostra mente umana. Sta soprattutto nella non comprensione di cosa sia il tempo. È qui la radice dell’errore dei Testimoni di Geova: nella loro non comprensione di cosa sia il tempo (si veda al riguardo l’Excursus già citato).

   Oggi, se in qualche modo mostriamo interesse per la parola di Dio, significa che la nostra chiamata è in corso. Dipende da noi dire di sì o di no, liberamente, “poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”. – Mt 22:14.